Soltanto le condoglianze da parte degli
USA per lo spagnolo assassinato in Iraq
Madrid 20 ottobre (PL) - In risposta a un mandato di ricerca e cattura dei tre militari assassini, il Governo degli USA si è limitato a porgere le condoglianze ai parenti di José Couso, ucciso in Iraq dalle truppe d’occupazione.
Ieri un giudice dell’Udienza Nazionale della Spagna ha dettato questo mandato internazionale dopo il reiterato rifiuto delle autorità statunitensi a cooperare per dare principio d’esecuzione alle ordinanze di presentarsi a dichiarare nel processo dirette agli implicati.
Il tenente colonnello Barry Venable, del Dipartimento della Comunicazione del Pentagono, ha risposto che non ci sono commenti immediati sulla decisione del giudice Santiago Pedraz e ha definito il caso come una questione legale complicata.
L’esecrando crimine è avvenuto l’8 aprile 2003 nell’Hotel Palestina, quando il comando di un blindato ha cannoneggiato intenzionalmente la finestra da dove Couso e altri colleghi stavano filmando l’occupazione militare dell’Iraq da parte dell’esercito statunitense.
"Per quanto riguarda una risposta alla decisione del giudice spagnolo, si dovrà aspettare e vedere. Rispetto alla morte dei giornalisti nell’Hotel Palestina, è stata una tragedia e porgiamo le condoglianze più sincere ai parenti di coloro che sono morti", ha dichiarato Venable.
L’ufficiale statunitense non ha nemmeno dimostrato di essere a conoscenza del fatto che i tribunali spagnoli stanno dibattendo da più di due anni le accuse formulate dai parenti di Couso e ha giustificato questa presunta disinformazione segnalando che queste cose vengono fatte pervenire attraverso i canali diplomatici.
La famiglia di Couso ha smentito in ripetute occasioni un comunicato emesso il 12 agosto 2003 dal Comando Centrale, dal quale dipendono le truppe statunitensi in Iraq, assicurante che il carro armato ha aperto il fuoco perché i soldati hanno creduto che ci fossero iracheni nell’albergo.
Esiste un rapporto del Comitato di Protezione dei Giornalisti basato su interviste a una dozzina di reporter che si trovavano nello scenario del crimine, nel quale viene segnalato che l’attacco si poteva evitare perché i militari sapevano che l’albergo era pieno di giornalisti.
Philip Wolford, capitano del commando, ha dichiarato a una rivista francese di aver dato l’ordine perché l’artigliere, il sergente Thomas Gibson, lo aveva informato che c’era qualcuno con prismatici sul tetto dell’albergo.
Javier e David, fratelli di Couso, assicurano che i 3 militari statunitensi sono criminali di guerra e continueranno a lottare contro di loro fino a quando sarà fatta giustizia.
"Vogliamo un’indagine chiara, spiegazioni delle motivazioni che sono state addotte per sparare contro l’Hotel Palestina, dov’era alloggiata la stampa libera e indipendente", ha segnalato David. Perciò egli e la sua famiglia continueranno ad andare avanti con i loro atti di protesta.
Ha sostenuto che non vogliono linciaggi, ma soltanto che i responsabili compaiano in un processo giusto. David ha anche segnalato che la famiglia sa quanto sia difficile che venga compiuto l’ordine del giudice perché Washington non estrada i suoi cittadini. Quindi i tre militari continueranno ad essere liberi, a meno che escano dal territorio statunitense.
"Perché i militari USA continuano ad essere immuni rispetto agli organismi internazionali? Perché altri possono venire processati per crimini contro l’Umanità e loro no?, si è chiesto David. "Speriamo che il caso di mio fratello serva a creare un precedente", ha concluso.
La famiglia di José Couso
assassinato in Iraq, esige giustizia!
• Il crimine è avvenuto a Baghdad nell’aprile del 2003
11 aprile 2005 G.I.
Sono passati già due anni dall’assassinio del cameraman José Couso, ammazzato dalle truppe nordamericane a Baghdad e suo fratello Javier sta promuovendo un’investigazione ufficiale per avere giustizia e punire gli autori del crimine.
Per tre settimane Javier ha percorso varie città degli Stati Uniti nelle quali ha denunciato gli attacchi deliberati dell’esercito del Pentagono contro i professionisti dei mezzi di comunicazione.
Il suo percorso è iniziato il 16 marzo e si è concluso durante una manifestazione davanti a rappresentanti del Congresso e del Senato nordamericano, associazioni civili e la stampa.
Nel suo giro per l’Unione Americana, l’attivista spagnolo ha partecipato a diversi programmi radio e ha tenuto conferenze in varie università di molte città statunitensi come Miami, New York, Chicago, San Francisco e Seattle.
A Madrid è stata organizzata nello stesso giorno una concentrazione davanti all’ambasciata degli Stati Uniti, con una connessione in diretta con Javier Couso a Washington.
Il cameraman spagnolo José Couso è morto l’8 aprile del 2003, quando un carro armato nordamericano gli ha sparato mentre si trovava nell’Hotel Palestina, a Baghdad.
L’ultimo episodio tra i tanti di attacchi delle truppe occupanti contro i professionisti della comunicazione che si trovano in Iraq è avvenuto pochi giorni fa quando vari soldati nordamericani hanno ferito un cameraman della TV CBS nella città di Mosul, a nord dell’Iraq.
Un comunicato del Pentagono ha ammesso che i suoi militari hanno aperto il fuoco contro il reporter, giustificando il fatto "perchè lo avevano scambiato per un membro della resistenza. Purtroppo il giornalista è stato ferito in una situazione confusa e complessa e ora si sta investigando sull’incidente" commenta il comunicato.
Decine di professionisti dei mezzi di comunicazione sono morti o sono stati feriti in Iraq dall’inizio dell’invasione iniziata nel marzo del 2003 e a sparare sono stati quasi sempre i militari nordamericani.
Lo stesso giorno della morte di Couso morì anche un giornalista che si trovava nella sede di Baghdad, della TV del Qatar, Al Jazeera, per un bombardamento degli Stati Uniti.
I giornalisti hanno presentato una versione molto diversa da quella dei portavoce degli Stati Uniti, come è avvenuto nel caso di Giuliana Sgrena, la giornalista italiana del quotidiano il Manifesto, sequestrata l e poi liberata. Un agente della sicurezza italiana è morto per gli spari delle truppe nordamericane per difendere Giuliana Sgrena nel tragitto verso l’aeroporto. Il loro passaggio era stato ampiamente comunicato alle truppe degli USA che hanno sparato alla macchina uccidendo l’agente italiano e ferendone un secondo.