Cuito Cuanavale:
l’inizio dell’indipendenza
africana
G. MINUTI 30 nov.'05
La Repubblica Popolare dell’Angola conservò la sua indipendenza e la Namibia la conquistò, ma soprattutto fu eliminato il sistema di apartheid in Sudafrica liberando milioni di esseri umani da uno dei regimi più crudeli ed umilianti del mondo.
L’epica battaglia di Cuito Cuanavale, un luogo remoto nel sud dell’Angola alla quale parteciparono combattenti angolani e i cubani internazionalisti, cambiò veramente il corso della storia dell’Africa e fu una prova di coraggio e d’eroismo da parte del popolo cubano nell’Operazione Carlotta, che aiutò e non poco, alla liberazione delle popolazioni africane.
Nessuno avrebbe mai pensato che i cubani potevano andare a combattere in Africa! Non si era mai visto un paese povero e del terzo mondo andare a combattere dall’altra parte dell’oceano...ma per noi gli africani sono fratelli, ha detto Jorge Risquet, uno dei migliori conoscitori della presenza cubana in Africa.
Cuito Cuanavale fu una grande vittoria contro un nemico potente che aveva aviazione, artiglieria e mezzi blindati.
I cubani lottarono con la guerra di guerriglia, usando le mine e quando il nemico vide saltare i suoi carri blindati si rese conto che non avrebbe mai vinto quella battaglia, ha detto Jorge Risquet parlando nel XXX Anniversario della Repubblica dell’Angola, nella sede della OSPAAL.
Erano presenti anche l’incaricato commerciale dell’ambasciata angolana, l’ambasciatrice della Namibia, il generale cubano Harry Villegas - Pombo - che ha partecipato a tutte le battaglie di liberazione, dalla Sierra Maestra alla Bolivia a fianco di Che Guevara.
Risquet si è commosso ascoltando il racconto dettagliato di Villegas molto interessante, che ha parlato della partecipazione cubana alle lotte delle nazioni africane e soprattutto alla battaglia per l’indipendenza dell’Angola al fianco delle forze armate popolari per la liberazione del paese contro la UNITA, la controrivoluzionaria Unione Nazionale per l’Indipendenza Totale dell’Angola.
E fu nell’ottobre del 1987 che un’offensiva della FAPLA contro la UNITA fece arrivare i militari sudafricani a Cuito Cuanavale, a 250 Km da Menongue, il capoluogo della provincia di Cuando Cubango.
Le poderose truppe sudafricane volevano dominare lo spazio aereo ma nonostante la loro concentrazione di mezzi furono fermate e battute.
Dapprima fu resistenza e poi l’offensiva che fece ritirare le truppe razziste e permise le conversazioni internazionali che permisero anche alla Namibia di ottenere la propria indipendenza.
L’Africa è Cuba e Cuba è Africa e basta guardarci intorno per vedere quanto sono stretti i nostri legami, ha detto Risquet che aveva tra le mani la copertina di Granma Internacional in italiano con la fotografia della partenza dei vittoriosi, dei cubani, con i camion da Luanda, circondati da una folla di angolani esultanti.
L’amicizia Cuba - Angola è esemplare e lo sarà per sempre...la sconfitta delle truppe razziste provocò finalmente la sconfitta del regime di Pretoria e si pose così fine alla vergognosa applicazione dell’apartheid in Sudafrica.
Operazione Carlotta:
Angola, Namibia e la
fine dell’apartheid
Orlando O.León 28 nov.'05
30
anni fa quasi mezzo migliaio di militari cubani partiva verso Angola per
contribuire a preservare l’incipiente indipendenza di questa nazione e
la sua integrità territoriale.
Quell'epopea ha contribuito, alla fine, alla vittoria dell’Organizzazione del
Popolo dell’Africa Sud occidentale (SWAPO), all’indipendenza della Namibia e a
mettere fine al regime dell’apartheid in Sudafrica. L’11 novembre del 1975 era la
data fissata per la proclamazione della nascita della nuova repubblica africana,
dopo secoli di colonialismo portoghese.
Da subito gli interessi stranieri, con la complicità d’organizzazioni
controrivoluzionarie vincolate alle potenze coloniali, al Sudafrica razzista
e all’Agenzia Centrale d’Intelligenza (CIA), si prepararono a sabotare la
vittoria del Movimento Popolare per la Liberazione dell’Angola (MPLA) e a far
fallire l’indipendenza.
Il Fronte Nazionale per la Liberazione dell’Angola (FNLA), alleato con lo Zaire di
Mobuto Sesse Seko e manipolato dalla CIA e l’Unione Nazionale per l’Indipendenza
Totale dell’Angola (UNITA), nel suo ruolo di mercenario del Sudafrica, si misero
contro il MPLA e ordinarono l’assassinio dei suoi membri.
Agenti dell’Agenzia Centrale d’Intelligenza (CIA) parteciparono, sul terreno, alle
operazione e quale conferma della complicità di Washington con il sistema
dell’apartheid Henry Kissinger, in persona, dirigeva l’azione della CIA in
appoggio al FNLA e UNITA.
Si preparava così l’invasione straniera ancora prima d’essere proclamata la
Repubblica Popolare d’Angola (RPA); esteso territorio di più d’un milione di
chilometri quadri situati nella regione occidentale dell’Africa australe, a
migliaia di chilometri dall’Avana.
Così si lanciavano carri armati su Cabinda, separata dall’Angola da una frangia
di territorio dallo Zaire, con l'intento di spezzarla e appropriarsi delle sue
ricchezze petrolifere. Dalla metà di ottobre truppe zairesi con blindati, mercenari
portoghesi, forze del FNLA, ufficiali sudafricani, dotati di armamento pesante,
e paramilitari della CIA minacciavano, dal nord, Luanda.
La capitale angolana era anche l’obiettivo dell’operazione Savannah, lanciata
dal sud dall’esercito dei razzisti sudafricani con una brigata meccanizzata,
spalleggiata da mercenari. Questo raggruppamento iniziò un rapido avanzamento
verso il nord e occupò città importanti, approfittando della supremazia in
blindati e artiglieria. Gli invasori, per la prima volta, trovarono una
resistenza organizzata nei giorni 2 e 3 novembre. Istruttori militari cubani e
le loro reclute angolane fecero fronte alla colonna blindata sudafricana. Per la
prima volta fu sparso sangue cubano.
Il
piano concertato dal nemico era impedire la proclamazione della RPA sotto il
governo presieduto d’Agostino Neto. L'intento era sconfiggere le piccole e
deboli unità del MPLA.
Davanti all’imminente aggressione
straniera e ai piani per congiurare contro la rivoluzione angolana, il MPLA
sollecitava l'aiuto di Cuba e di altri paesi. La risposta antillana non si
fece aspettare.
Negli ultimi mesi del 1975 un piccolo gruppo di ufficiali delle Forze Armate
rivoluzionarie (FAR), ricevette all’Avana il compito di preparare gli effettivi
dell’MPLA per respingere l’aggressione e di prepararsi ad offrir loro
consulenza durante i combattimenti.
Si metteva così in marcia l’Operazione Carlotta, in omaggio ad una schiava
africana, che si presupponeva fosse arrivata a Cuba dall’attuale
territorio angolano e che aveva capeggiato un’insurrezione durante la
colonizzazione spagnola. Da quel momento cominciarono a crearsi, nella maggiore
delle Antille, centri d'addestramento e preparazione per il personale
internazionalista cubano che sarebbe andato in quel paese e nel quale, alcuni,
avrebbero versato il loro sangue.
I cubani contribuirono certamente a preservare l’indipendenza dell’Angola. Però
insieme ai combattenti angolani e namibiani e all’azione dei patrioti del
Congresso Nazionale Africano, cambiarono la storia del cono sud del chiamato
continente nero.
Le battaglie di Cabinda, Quifandongo, il Fronte Nord, Cangamba,
Cuito Canavale, tra altre, sono state combattute con immenso coraggio e
anche aiutarono l’indipendenza della Namibia. Quei colpi fecero tremare le
basi del sistema dell’apartheid e i ferri che racchiudevano Nelson Mandela, che
successivamente diverrà il primo presidente del nuovo Sudafrica.
I cubani andarono in Angola per tener fede ad un principio, l’internazionalismo,
del quale si sono stati beneficiati nelle lunghe lotte indipendentiste.
L’Operazione Carlotta sarebbe durata 15 anni e mezzo, fino al 25 maggio del
1991, data in cui gli ultimi combattenti cubani sono tornati in patria.
Per quella lontana terra passarono circa 300 mila internazionalisti caraibici,
nella maggior parte umili cittadini di diverse professioni civili, che risposero
volontariamente alla chiamata alle armi. Lì non cercarono petrolio né diamanti. Da
là riportarono solo il senso del dovere compiuto e i loro morti, ai cui nomi,
oggi, sono intitolate scuole, ospedali e centri lavorativi.
I nipoti di Carlotta sono stati fedeli alla loro consegna.
Riconoscimento
ai marinai
internazionalisti
W. Figueroa Enríquez - 15 nov.'05
"Vecchio, vai in Angola e fai il tuo dovere, che io resisterò!" Fu questa la frase d’incoraggiamento della moglie malata del marinaio Pedro Juan Armona, prima della sua imminente partenza, la frase che lo accompagnò nei suoi quattro viaggi nel continente africano e nei difficili giorni in cui vennero perseguitati in alto mare.
"Di fronte al pericolo di attacco, decidemmo tutti di affondarci insieme alla nave invece di consegnarla al nemico", ha assicurato Pedro, che ritiene quei giorni il suo tesoro più pregevole come rivoluzionario.
Storie simili sono state i temi d’obbligo dei più di 300 ufficiali e marinai dell’iniziativa marittima-portuale e della Flotta Peschereccia dell’Alto che, riuniti nel Parco Maceo della capitale, hanno ricevuto un Diploma di Riconoscimento per la loro partecipazione allo spostamento di truppe e tecnica in Angola ed Etiopia.
La perizia e la professionalità di questi marinai è stata sottolineata da Carlos Manuel Pazos Torrado, ministro dei Trasporti, che ha segnalato che la fermezza di quegli uomini e donne rese possibile il puntuale arrivo dei combattenti e dei mezzi in Angola e agevolò la vittoria in questo paese fratello.
Adria Hernández Roque, cameriere, ancora ricorda il rumore assordante delle granate che, per precauzione, facevano esplodere vicino alle navi.
Per Mario Cruz Galeano, marinaio di coperta, il momento più teso fu essere testimone dell’operazione al cuore a un membro dell’equipaggio, che gli salvò la vita.
Tutti e due, nel nome dei loro compagni, hanno dedicato questo riconoscimento a coloro che morirono nella difesa dell’internazionalismo e ai nostri Cinque Eroi.
Erano presenti all’omaggio il viceammiraglio Pedro M. Pérez
Betancourt, capo della Marina Militare Rivoluzionaria; Alfredo López Valdés,
ministro dell’Industria Peschereccia; Jorge Risquet Valdés, membro del Comitato
Centrale, Jorge Luis Dorta, vicecapo del Dipartimento del Turismo e del
Trasporto del Comitato Centrale; il generale di brigata Harry Villegas Tamayo,
vicepresidente dell’Associazione dei Comabtenti della Rivoluzione Cubana (ACRC)
e Alberto Marchante Fuentes, segretario generale del Sindacato Nazionale dei
Lavoratori della Marina Mercantile, dei Porti e della Pesca.
Angola: trent’anni
di sovranità
L.Luque Álvarez - 11 nov.'05
L’indipendenza dell’Angola, proclamata l’11 novembre 1975 e la sconfitta delle truppe d’invasione del Sudafrica dell’apartheid avvenuta nello stesso mese, dimostrarono al mondo che la supremazia bianca era solo un mito.
Nella cerimonia svoltasi giovedì nella sede dell’Istituto Cubano di Amicizia con i Popoli (ICAP) per commemorare i 30 anni da quella dichiarazione di sovranità Jorge Risquet Valdés, membro del Comitato Centrale del Partito Comunista di Cuba (PCC), ha evocato i giorni precedenti a quella data, nei quali il contributo di Cuba e la decisione dei combattenti angolani respinsero le aggressioni che il regime fantoccio di Mobutu Sese Seko, il governo razzista di Pretoria e i gruppi mercenari, tutti quanti sotto la tutela finanziaria di Washington, lanciarono dallo Zaire.
L’eroismo dei cubani e degli angolani, ha sottolineato, venne riconosciuto perfino dagli avversari sudafricani, che definirono "furiosi" i combattimenti con le forze internazionaliste.
L’ambasciatore della Repubblica d’Angola, Antonio José Condesse de Carvalho, ha precisato che "fu nel mio paese dove l’aiuto di Cuba acquistò una dimensione politica e umanista senza precedenti, in Africa e nel mondo" e ha espresso il suo omaggio "a tutti gli uomini e le donne che in Angola scrissero pagine di eroismo".
"Con la stessa determinazione che conquistammo la nostra indipendenza", ha aggiunto, "il popolo angolano conquistò la pace e saprà vincere le grandi sfide per la ricostruzione e la riconciliazione nazionale allo scopo di raggiungere un’Angola in pace, unita, con amore e fiducia".
Nella cerimonia commemorativa erano anche presenti il
presidente dell’ICAP, Sergio Corrieri, e Rodolfo Puente Ferro, presidente
dell’Associazione di Amicizia Cuba-Africa, così come rappresentanti del corpo
diplomatico africano accreditato a Cuba, membri delle Forze Armate
Rivoluzionarie e del Ministero degli Interni.
Cangamba: una pietra miliare del coraggio
4 novembre (PL)
L'operazione Carlotta, per la quale migliaia
di cubani contribuirono all'indipendenza ed l’integrità territoriale della
Repubblica Popolare dell'Angola, registrò pietre miliari di coraggio e impegno,
come è successo nella località di Cangamba.
Il 2 agosto 1983 le forze dell'Unione Nazionale per l'Indipendenza Totale
dell'Angola (UNGHIA) attaccarono il villaggio di Cangamba, posizione che gli
faciliterebbe la posteriore occupazione dell'importante città di Luena.
L'UNGHIA, con vincoli da prima dell'indipendenza coi colonialisti portoghesi, si
mise a disposizione della CIA e dei razzisti del Sudafrica dell'apartheid.
Il suo capoccia, Jonas Savimbi, pretendeva proclamare Luena la capitale della
sua allegata Repubblica Nera.
Una sfrenata valanga di fuoco composta da 16 battaglioni irregolari, sei
batterie di artiglieria, mortai di 60, 81 e 120 millimetri, razzi terra-aria
caddero sui ridotti effettivi delle forze armate Popolari di Liberazione
dell'Angola (FAPLA) e gli internazionalisti cubani.
Circa 818 combattenti angolani e 92 cubani difendevano il posto, dove, per 10
giorni, scrissero un episodio di coraggio.
I
difensori non avevano armi antiaeree né artiglieria pesante, perché costituivano
una forza leggera di lotta contro banditi.
La truppa unita di entrambe le nazioni, gemellata nell'Operazione Carlotta,
sopportò l’attacco a dispetto della superiorità di effettivi ed armamenti degli
aggressori che beneficava gli attaccanti in proporzione di uno a sei.
Durante il confronto di Cangamba il nemico usò metodi regolari di lotta ed
utilizzò strategie per ingannare il suo avversario, come le cartucce e
proiettili di doppia esplosione, col fine di simulare attacchi di fronte e alla
retroguardia.
Ugualmente misero in pratica altri inganni con l'impiego di uniforme FAPLA e
l'avvicinamento di mercenari bianchi che inalberavano bandiere angolane e
cubane, per simulare l'arrivo di rinforzi.
Nonostante le sue trappole, l'atteggiamento delle truppe della nazione africana
e l'isola caraibica fu un fattore sfavorevole per gli attaccanti. L'esempio
personale e la prodezza dei combattenti permisero di affrontare e sconfiggere le
unità di Savimbi.
Nella loro rapida fuga gli effettivi dell'UNGHIA lasciarono sul campo di
battaglia a centinaia di morti che sommati ai feriti elevarono oltre a due mila
il numero totale di perdite.
Come in molte azioni di quelle realizzate in territorio angolano, in Cangamba
caddero preziosi soldati in difesa di questo paese e la nobiltà
dell'internazionalismo cubano.
La vittoria dimostrò la superiorità morale della causa dell'Angola e Cuba,
perché in questo piccolo villaggio si difese non solo un pezzo dalla terra di
Agostinho Neto, bensì la convinzione, l'onore, la dignità e la fermezza di
principi di due paesi.
L’Avana, 2 nov (AIN)
Antonio Jose Carvalho, ambasciatore angolano a Cuba, ha deposto un omaggio floreale nel pantheon dei caduti in difesa della Patria, dove riposano gli internazionalisti cubani morti in Africa.
L’omaggio nel cimitero di Colón di questa capitale ha dato inizio al programma di commemorazioni della missione diplomatica africana per il 30º anniversario dell’indipendenza di quella nazione, proclamata l’11 novembre 1975 dopo gli Accordi d’Angola, firmati nel gennaio di quell’anno.
Assieme a Rodolfo Puente Ferro, presidente dell’Associazione d’Amicizia Cuba-Africa, Carvalho ha ricordato che in questo sito si trovano le spoglie di uomini e donne che lottarono e morirono per la liberazione dell’Angola, dissanguata da una guerra imposta dai razzisti sudafricani con l’appoggio degli USA.
Ha ritenuto l’omaggio un dovere nei confronti di coloro che parteciparono alla liberazione del Congo, dell’Etiopia e di altri paesi del Terzo Mondo e in particolare del suo paese, che ha definito la grande Patria.
Ha messo in risalto la permanenza cubana in questo territorio per più di un decennio con uomini e mezzi di combattimento e logistici.
La commemorazione della data prevede incontri con internazionalisti cubani e conferenze sul consolidamento della pace in quel territorio.