Il lavoro dei medici cubani che assistono i disastrati dal terremoto in Perù è
oggi risaltato dai media locali, a due mesi dalla tragedia che causò quasi 600
morti.
I 77 medici e gli altri lavoratori della salute che, pochi giorni dopo la
catastrofe, arrivarono nella meridionale città di Pisco lavorano negli
ospedali di campagna "Ernesto Che Guevara" ed "Antonio Maceo", che hanno
portato da Cuba, ed hanno curato, ad oggi, più di 61000 pazienti.
Di questi, informano i responsabili della brigata medica cubana, il 41,7% ha ricevuto assistenza al di fuori degli
ospedali, in tutto il territorio dell’interno della zona di Pisco e di Ica.
Negli ospedali cubani si sono anche realizzate più di 500 operazioni,
40% di esse di chirurgia maggiore, e più di 10000 prove diagnostiche, tra
esami di laboratorio, ultrasuoni, raggi x ed elettrocardiogrammi.
Il giornale "La Primera" sottolinea che l'attenzione non si limita ai feriti
per i crolli causati dal sisma, e riferisce il caso di Cristian Nieves,
paziente dell'ospedale "Che Guevara", che arrivò da Sullana, all'estremo nord
del paese.
Nieves ha dichiarato di essersi fratturato la tibia ed il perone per una
caduta, in un ospedale di Lima gli avevano chiesto quasi 2000 dollari per
l'operazione e gli diedero l'opzione, per una cifra minore, di amputargli la
gamba.
"Io mi ero già rassegnato a perdere la mia gamba, ma un medico mi parlò
dell'ospedale che i cubani avevano installato a Pisco e venni immediatamente",
racconta.
Aggiunge che "non mi hanno chiesto niente per operarmi, mi hanno salvato la
gamba; sono molto grato per quello che hanno fatto".
I cooperanti internazionalisti antillani dicono di essere disposti a rimanere
in Perù tutto il tempo che le autorità di questo paese considerino necessario
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