Le reti del terrorismo neofascista ancora operative
Gli
uomini neri
15
maggio '09 -
www.contropiano.org
La Bolivia-Croazia-Italia connection
Quando è giunta la notizia che le forze di sicurezza boliviane avevano
smantellato una
rete terroristica che intendeva
uccidere il presidente Evo Morales e il vice presidente Garcia Linera,
l’attenzione è andata subito sulla composizione di questa rete. In essa
vi compaiono mercenari e neofascisti europei o boliviani di origine
croata. Una ricerca più approfondita su quello che appare il “capo” del
gruppo liquidato in un hotel di Santa Cruz – da anni regione
praticamente in mano alla destra più violenta e reazionaria – porta
direttamente a incrociare i dati con i gruppi mercenari e neofascisti
che hanno combattuto al fianco dei gruppi fascisti croati nella guerra
di secessione che ha insanguinato la Jugoslavia negli anni ’90.
Questi due fattori così lontani geograficamente - Bolivia e Croazia –
hanno visualizzato un denominatore comune che coinvolge anche l’Italia e
le reti neofasciste che hanno animato la “guerra a bassa intensità”
anticomunista dagli anni Sessanta in poi e che oggi godono di posizioni
di potere e di risorse assicurate dal nuovo quadro politico italiano. Le
forze antifasciste in Italia non possono dunque rimanere indifferenti di
fronte alla gravità dei fatti rivelati da quanto accade in Bolivia. Non
solo per la simpatia e la solidarietà verso il primo presidente indigeno
nella storia recente dell’America Latina e della Bolivia o per il
processo democratico e popolare che la nuova Costituzione boliviana sta
realizzando. Quanto accaduto in Bolivia concretizza agli occhi
dell’opinione pubblica l’esistenza ancora attiva di quella rete
terroristica neofascista che ha insanguinato con attentati e stragi
anche la storia recente dell’Italia e che ha trovato storicamente
rifugio e complicità proprio negli ambienti della destra boliviana che
oggi si oppone violentemente al cambiamento democratico in corso in
Bolivia.
Chi sono gli uomini neri in
Bolivia
La storia di Eduardo Rosza Flores, uno dei tre mercenari uccisi dalle
forze di sicurezza boliviane dopo un violentissimo scontro a fuoco, è
rivelatrice di scenari inquietanti che collegano i gruppi eversivi in
America Latina con reti analoghe anche in Europa.
Eduardo Rosza Flores nasce in Bolivia nel ’60 da padre ebreo comunista
ungherese e madre cattolica boliviana, dopo un passaggio in Cile e uno
in Svezia, a 14 anni ritorna in Ungheria. A Budapest finisce gli studi e
si arruola. Si specializza militarmente in Unione Sovietica, ma dopo
meno di due anni si dimette. «Niente di più noioso che fare il soldato
in tempo di pace», spiegherà. Vivrà per un periodo in Israele «alla
ricerca delle radici».
Nel ’91 Flores era corrispondente per il quotidiano spagnolo Vanguardia
e il giornale di Barcellona lo mandò a seguire gli albori del conflitto
yugoslavo. Osservò due cose. «Che mi trovavo meglio con i soldati croati
che con i miei colleghi» e che «i serbi sparavano deliberatamente sui
giornalisti».Si licenziò con un telegramma. E’ entrato a far parte della
Guardia Nazionale Croata, diventandone il primo volontario estero.
Qualche tempo dopo gli fu affidata la formazione della Prima Unità
Internazionale dell’esercito croato. Ottenne il grado di colonnello e
per ordine personale del presidente croato Tujman è diventato cittadino
della Croazia.
Rosza Flores organizzò la fuga degli ebrei albanesi da un paese ormai in
disfacimento. Operazione di certo gradita al Mossad. Più di recente, fu
avvistato in Iraq; si presume col ‘gradimento’ della Cia. Di passaporti
ne aveva diversi
Eduardo Rózsa Flores ha scritto libri, ed ha girato un film sulla epica
lotta contro i "serbi aggressori" (il film si intitola “Chico”). Ma
Rózsa è stato silenzioso su alcuni episodi della sua biografia. E’ noto
che egli avesse qualcosa a che fare con l'uccisione di due giornalisti -
lo svizzero Wurtenberg e il britannico Jenks. Vi erano prove serie, ma
"la guerra ha cancellato tutto"."Nel ’94, trascorsi un paio di giorni
con lui - racconta sul Resto del Carlino il giornalista italiano Andrea
Cangini - e dopo l’uscita dell’intervista, fummo abbordati da un
fotoreporter. Ci mise in guardia. Considerava Flores responsabile
dell’assassinio di due giornalisti che indagavano su un traffico
d’armi".
Prima di partire per la Bolivia, intervistato da un giornalista della TV
di stato ungherese MTV, Rosza Flores ha detto: "Siamo pronti a
dichiarare l'indipendenza della (più riottosa provincia autonoma
boliviana) e alla creazione di un nuovo stato". (1)
Gli altri mercenari uccisi o arrestati hanno una storia meno “clamorosa”
ma altrettanto indicativa.
I due mercenari morti insieme a Eduardo Laszlo Flores erano Michael
Dweyer (irlandese) e Arpad Magyarosi (ungherese-rumeno). I due arrestati
sono Tádic Astorga di origini croate e un altro ungherese-rumeno Elöd
Tóásó.
Il giornale Irish Times del 25 aprile, riferisce che l’irlandese Michael
Martin Dweyer era arrivato in Bolivia in compagnia di un cittadino
rumeno di origini ungheresi. Secondo il Sunday Times costui sarebbe
Tibor Revesz che ha soggiornato all’Hotel Asturia di Santa Cruz dal 9
dicembre al 10 gennaio.
L’ungherese Revesz è il fondatore nel 2002 della Loggia Secuiesti (LS),
una organizzazione paramilitare che punta alla secessione della regione
di Szekely Landa dalla Romania. Nel suo statuto è scritto che “LS è una
organizzazione sovrana destinata a formare milizie per difendere i
cittadini e non per servire propositi politici che si finanzia con
risorse private”. Uno dei fondatori di questa organizzazione è proprio
Arpad Magyarosi rimasto ucciso nel blitz della polizia boliviana. Revesz
e Dweyer si sono conosciuti come mercenari quando lavoravano nella
stessa compagnia la Risk Management Services (I-RMS), a protezione di un
gasdotto in Irlanda fortemente contestato dalla popolazione locale e dai
gruppi ecologisti.
Grazie a un uomo della sicurezza boliviana infiltratosi nella cellula,
sono stati individuati altri due componenti della stessa: Gueder Bruno e
Mendoza Mazabi. Gueder Bruno insieme all’infiltrato Ignacio Villa Vargas
facevano parte degli apparati di sicurezza della Unione Giovanile
Crucenista, protagonista degli episodi di violenza antigovernativa e
contro gli indios a Santa Cruz.
I finanziatori di questa rete – alcuni importanti uomini d’affari di
Santa Cruz – si sono già rifugiati all’estero tranne l’ex militare in
pensione Lucio Anez Rivera. Si tratta di Alejandro Melgar (dirigente
della Camera di Commercio, Industria e Turismo di Santa Cruz,
collaboratore della organizzazione statunitense Human Rights Foundation
e attualmente negli USA); Hurtado Vaca (dirigente della società
Telefonica e finanziatore dell’ospitalità a Santa Cruz della cellula
terrorista); Lorgio B. A., conosciuto come “Yoyo” possiede tre emittenti
radio di Santa Cruz e fa parte del comitato civico “Pro Santa Cruz” che
propugna la secessione dalla Bolivia. (2)
Ma se questi sono i pesci al momento finiti nella rete delle indagini,
il vero padrone di Santa Cruz e capofila del movimento secessionista
contro la Bolivia di Evo Morales è un altro boliviano di origine croata:
Branko Goran Marinkovic Jovicevic. Il padre era un ustascia croato
fuggito in Bolivia alla fine della Seconda Guerra Mondiale come tanti
altri che si servirono della rat line messa a disposizione dai servizi
segreti USA in funzione della lotta contro l’URSS. (3)
Branko Marinkovic è accusato di essere diventato uno degli uomini più
ricchi del paese fregando le terre abitate dagli indios Guarayno e di
pensare ad un modello di secessione di Santa Cruz simile a quello che
portò alla secessione della Croazia dalla Jugoslavia.
A Santa Cruz agiscono organizzazioni come l’Unione Giovanile Crucenista
(di cui abbiamo parlato ed è agli ordini di Brannko Marinkovic) e la
Falange Socialista Boliviana che si ispira al franchismo spagnolo. “Se
non ci sarà una mediazione internazionale in questa crisi – annuncia
Marinkovic – andremo allo scontro e sfortunatamente ci saranno sangue a
paura per tutti”. (4)
Tra operazione Condor e Lega Anticomunista Mondiale.
Cos’è la Fondazione UnoAmerica?
Ma nelle relazioni tra la cellula terroristica neutralizzata in Bolivia,
emergono anche altre piste che passano attraverso alcuni ex militari
della dittatura argentini (conosciuti come “carapintadas”) che per anni
hanno ostacolato e minacciato i governi civili emersi dalla fine della
giunta militare. Tra questi spicca l’ex militare argentino Jorge Nones
Ruiz che manteneva i contatti con il capo militare della cellula
terroristica Eduardo Laszlo Flores e agiva in Bolivia con un mandato di
altissimo livello: la Fondazione UnoAmerica recentemente costituita (e
con l’appoggio della destra europea, Aznar in testa) per contrastare
apertamente i governi latinoamericani espressione del Foro di San Paulo
(5).
La Fondazione UnoAmerica è stato costituita a metà dicembre dello scorso
anno a Bogotà, in Colombia, uno dei pochissimi paesi latinoamericani
rimasti alleati con gli USA nel continente. Ad esempio i terminali
colombiani della Fondazione UnoAmerica sono la Fondazione di Difesa
della Patria e la Federazione Verità Colombia (che trae origine dal
Centro di Analisi Sociopolitiche, una “Ong” creata dai militari per
contrastare le denunce delle Ong sulla situazione in Colombia). La
Fondazione UnoAmerica è finanziata dalle ormai note organizzazioni
governative statunitensi come l’USAID e il NED (National Endowment for
Democracy) che sono la “facciata sociale” della CIA. Le altre
connessioni sono con la Fondazione per l’Analisi Economica e Sociale (FAES)
fondata dall’ex primo ministro spagnolo Josè Aznar e con la Fondazione
Internazionale per la Libertà presieduta dallo scrittore peruviano Mario
Vargas Llosa convertitosi da anni in un soggetto ultrareazionario. In
Italia, al momento, emergono legami solo con i soliti ambienti
anticomunisti vicini al misterioso giornale “L’Opinione”. Indicativo è
il fatto che nel sito di questa organizzazione gli unici paesi europei
che hanno una propria sezione siano proprio Italia e Spagna (6)
La maggiore preoccupazione dichiarata dalla Fondazione UnoAmerica è che
“L’America Latina è in pericolo perché esistono 14 paesi latinoamericani
che appartengono o sono vincolati al Foro di San Paulo. Benché siano
arrivati al potere per la via democratica, costoro stanno distruggendo
la democrazia e le libertà come è il caso di Hugo Chavez, Evo Morales,
Rafael Correa, Cristina Kirchner e Daniel Ortega”. Obiettivo di questa
organizzazione è “creare un meccanismo di scambio, informazione,
coordinamento permanente e mutuo appoggio tra i settori democratici”.
Secondo alcuni osservatori è la versione rimodernata della micidiale
Operazione Condor che coordinò le dittature militari negli anni ’70 e
che fu creata per affrontare quella che veniva denominata “insorgenza
sopranazionale” (7).
Secondo altre fonti questa rete richiama più da vicino la CAL (Lega
Anticomunista Latinoamerica affiliata alla WACL, la Lega Anticomunista
Mondiale) formata da gruppi neofascisti e di destra. Al congresso della
CAL in Paraguay nel 1977 c’era anche Giorgio Almirante. A quello del
1979 a Buenos Aires partecipò sicuramente Stefano Delle Chiaie che
insieme al Battallon 601 dell’intelligence dell’esercito argentino,
stava preparando il colpo di stato di Garcia Meza in Bolivia che avvenne
l’anno successivo.
Bolivia, Croazia, Italia e reti neofasciste
Come abbiamo visto, contro i governi progressisti dell’America Latina si
stanno rimettendo in moto diverse reti che hanno già sperimentato la
loro sanguinaria attività nella guerra fredda. Gli “uomini neri” che si
sono prestati a tutto campo nella “guerre di bassa intensità” in America
Latina come in Europa, si stanno riattivizzando per impedire la
sperimentazione e la crescita di un progetto socialista nel XXI° Secolo.
Quanto è coinvolta l’Italia in questo risveglio degli “uomini neri”
dormienti? Le stragi fasciste, il ruolo di Gladio, la funzione dei
gruppi neofascisti contro la sinistra e i movimenti, il “noto servizio”
etc. è tutta acqua passata – visto che il progetto neofascista in
qualche modo oggi si esprime a livelli di governi centrale e locali -
oppure questo attivismo merita la dovuta attenzione?
Quando sentiamo parlare di Bolivia possiamo non rammentare che quel
paese è stato il rifugio di neofascisti “pesanti” come Stefano Delle
Chiaie o Pierluigi Pagliai? Il primo collaborò al colpo di stato del
1980 del gen. Garcia Meza e ne divenne collaboratore insieme a Klaus
Barbie, l’ex capo della Gestapo di Marsiglia. Il secondo fu ferito a La
Paz il 9 ottobre 1982 e riportato in Italia – nel quadro dell’operazione
Marlboro/Pall Mall dei servizi italiani - contro la sua volontà. Morì
pochi giorni dopo in un ospedale romano. Il consulente del giudice
Salvini, Aldo Giannuli, racconta che sull’aereo italiano espressamente
inviato in Bolivia c’erano praticamente rappresentanti di tutti i
servizi segreti e gli apparati di sicurezza italiani. Stefano delle
Chiaie si sottrasse all’arresto attraversando il confine tra Bolivia e
Argentina in compagnia di un uomo del Battallon 601 dell'Esercito
Argentino.
Ma le connessioni tra i neofascisti italiani e la Bolivia sono tornate
alla luce anche recentemente e proprio in occasione dei violenti pogrom
contro gli indios e i funzionari governativi avvenuti sempre a Santa
Cruz, il “cuore nero della Bolivia” (8).
Più di qualche testimonianza afferma di aver visto tra i killer che
ammazzarono a settembre del 2008 un gruppo di indios nella località di
El Porvenir, Marco Marino Diodato, un noto neofascista italiano
rifugiatosi in Bolivia negli anni ’80 e oggi più che cinquantenne.
Diodato in Bolivia si è sposato con una nipote del generale golpista
Hugo Banzer, era diventato un uomo d’affari e un consulente militare in
quanto ex paracadutista. Nel 1994/95 mette in piedi una organizzazione
paramilitare la FRIE (Forza di Reazione Rapida dell’Esercito)
Nel 1999 fu arrestato per una serie di truffe e condannato a dieci anni
ma nel 2004 riuscì a “fuggire” dalla clinica Bilbao di Santa Cruz dove
era riuscito a farsi ricoverare. Oggi lo segnalano come consigliere di
Leopoldo Fernandez, governatore di Pando (un’altra delle regioni
secessioniste che si oppongono al governo boliviano di Evo Morales)
arrestato con l’accusa di essere il mandante proprio del massacro degli
indios a El Porvenir (8)
Ma il vero crocevia di questa rete sembra essere la Croazia e la comune
esperienza accumulata nella guerra civile secessionista in Jugoslavia
durante gli anni Novanta. In quel conflitto, fascisti italiani, slavi,
francesi, tedeschi etc si ritrovarono insieme nelle milizie paramilitari
fasciste del Partito del Diritto Croato (HOS).
La Commissione Parlamentare d’inchiesta sulle stragi, a cavallo tra il
2000 e il 2001, chiese al Ministero degli Interni e al ROS dei
Carabinieri l’acquisizione dei “Dossier balcanici” contenenti una
ventina di nomi di neofascisti che avevano combattuto in Croazia e
Bosnia durante la guerra civile che dilaniò la Jugoslavia negli anni
’90. (9)
In quelle settimane si stava indagando sull’attentato dinamitardo contro
Il Manifesto che portò al ferimento e all’arresto dell’attentatore – il
noto neofascista Andrea Insabato. Quest’ultimo, nel 1991 aveva promosso
l’arruolamento in Italia di mercenari disposti ad andare a combattere
per “la sorella Croazia che ora ha un nemico più grande. Si deve
difendere dai serbi e dai comunisti”. Per la polizia c’erano almeno una
trentina di neofascisti esperti di esplosivi e una ventina di loro aveva
combattuto in Jugoslavia. (10)
Il sito antifascista francese “Reflex” riferisce che neofascisti
francesi, italiani e tedeschi, furono integrati in Croazia e Bosnia
nella “Legione Nera”, derivazione balcanica messa in piedi
dall’organizzazione fascista francese Nuova Resistenza nell’estate del
1991, ossia nello stesso periodo dell’arruolamento avviato da Andrea
Insabato e dal suo gruppo “Rinascita Nazionale”. Ma se il progetto di
Insabato si arenò – il suo progetto era una sorta di linkage con la
destra croata che prevedeva l’aiuto militare italiano in cambio delle
zone croate rivendicate dall’Italia – i fascisti italiani rimasero lo
stesso a combattere nelle milizie paramilitari in Croazia e Bosnia
contro serbi e musulmani (11).
In quel contesto si ritrovarono insieme un vasto raggruppamento di
“uomini neri” non solo dell’Europa occidentale ma anche ungheresi,
rumeni, ultracattolici irlandesi, personaggi del tutto simili a quelli
che abbiamo trovati coinvolti nella vicenda boliviana.
Un ruolo centrale nel finanziamento dei gruppi fascisti nei Balcani,
chiama in causa quella che possiamo definire la “Holding nera” cioè il
complesso impero finanziario messo in piedi in Gran Bretagna da Fiore,
Morsello e dai fuoriusciti neofascisti che gravitavano intorno a Terza
Posizione e che oggi animano la più forte tra le organizzazioni
neofasciste italiane: Forza Nuova.
Varie fonti britanniche – sia antifasciste che giornalistiche –
segnalano l’impetuosa crescita finanziaria delle attività gestite in
Gran Bretagna dal leader di Forza Nuova, Roberto Fiore. Ma segnalano
anche come questa attività dei neofascisti italiani abbia potuto godere
della copertura dei servizi segreti britannici Mi 6(copertura acquisita
nei campi di addestramento dei falangisti in Libano) (12).
Le più note società che fanno capo ai neofascisti italiani in Gran
Bretagna sono le agenzie turistiche Easy London e i circa 1.300 negozi
della catena Meeting Point. . «Altre importantissime fonti di
finanziamento del movimento sono due organizzazioni ultra cattoliche,
che fin dagli inizi della latitanza hanno offerto a Fiore e Morsello
protezione, ma soprattutto danaro, sono la St.George Educational Trust e
la St.Michael Arcangel Trust, vale a dire enti per la promozione degli
insegnamenti della chiesa cattolica. Della prima – afferma l’autore del
libro “Trame Nere” Giuseppe Scaliati - Fiore è amministratore ed è
direttamente collegata alla St.George League, un piccolo e ricchissimo
gruppo nazista in contatto con personaggi e fondi delle ex SS; la
seconda, al pari della prima in quanto a ricchezza, prende il nome
dall’Arcangelo Michele, santo patrono dei miliziani della Guardia di
ferro del leader fascista rumeno Corneliu Codreanu». E’ inquietante il
nome scelto. Infatti dietro un rassicurante e molto cristiano nome come
quello dell’Arcangelo Michele agiva proprio la Legione dell’Arcangelo
Michele nella Romania fascista degli anni trenta e quaranta. E in tempi
più recenti (il 2004) i fascisti rumeni di Noua Dreapta hanno fatto
parte del coordinamento neofascista europeo messo in piedi da Forza
Nuova con NDP (Germania); Noua Dreapt (Romania); Alleanza Patriottica
(Grecia) e La Falange (Spagna). Mentre ne fanno parte semplicemente come
affiliati: Renouveau Francais (Francia); Partido Nacional Renovador
(Portogallo); Nationale Alliantie (Olanda) e Alleanza Nazionale Bulgara
(Bulgaria).
Ma non è tutto, un‘altra inchiesta giornalistica porta alla luce
l’esistenza del “Gruppo dei Quaranta”. Il gruppo che utilizza anche i
fondi della “Third Position International” doveva acquisire un intero
paese in Spagna per farne una sorta di zona liberata nera. “Le tracce
del gruppo” scrive Guido Olimpio, l’esperto di intelligence del Corriere
della Sera “sono state individuate nella ex Jugoslavia, in Italia e
ovviamente in Gran Bretagna. Usando come copertura ditte e società, i
neonazisti hanno arruolato lo scorso anno volontari da inquadrare nelle
unità paramilitari della milizia croata HOS. Aiuti alla fazione sono
stati inviati da Third Position International che ha patrocinato
raccolte di denaro “in favore dei bambini croati”. Ed ancora “E’
probabile che attraverso il centro di reclutamento i neofascisti siano
riusciti a raccogliere miliziani dell’ultradestra europea disposti a dar
manforte ai camerati croati”. Sempre secondo Olimpio, il terminale
italiano del “Gruppo dei Quaranta” è una rete che raccoglie i resti di
varie formazioni (neofasciste, NdR) come i NAR, Ordine Nuovo e Terza
Posizione (14).
La “sicurezza dei cittadini” come schermo della
rete degli “Uomini neri”
Connettendo insieme questi pezzi, emerge un quadro che in Italia – e non
solo in Bolivia e America Latina – nessuno farebbe bene a sottovalutare.
La rete degli “uomini neri” che hanno combattuto tutte le guerre sporche
della “lotta al comunismo”, appare piuttosto attiva, ben finanziata e
organizzata. Le relazioni tra gli uomini neri in America Latina,
Croazia, Italia etc. appaiono molto strette tra loro e ancora attrezzate
per intervenire lì dove nuove campagne li chiamino in attività per i
loro servigi: ieri in Jugoslavia, oggi in Bolivia, magari sotto il volto
rassicurante di Ong o di una organizzazione religiosa europea (15).
E' emblematica la similitudine tra gli obiettivi della FIER costituita
dal fascista italiano Diodato in Bolivia ("proteggere i cittadini dai
narcotrafficanti) con la Loggia Secuiesti di Arpad Magyarosi e di Tibor
Revesz in Romania (“La LS è una organizzazione sovrana destinata a
formare milizie per difendere i cittadini e non per servire propositi
politici che si finanzia con risorse private”) e il progetto per
l'Italia elaborato in Gran Bretagna dai leader Forza Nuova. In Italia
uno degli obiettivi è quello di "dar corso ad azioni di contrasto alla
micro e macrocriminalità e allo spaccio di stupefacenti, mediante la
formazione di gruppi di tipo paramilitare non armati che dovrebbero
operare dopo aver acquisito il necessario consenso della cittadinanza".
Obiettivi così e parole del tutto simili le stiamo verificando da mesi
nell’agenda politica del nostro paese.
Fonti:
(1) Andrea Cangini su “Il Quotidiano
nazionale/Resto del Carlino” del 21 aprile 2009 ma anche Nik Nikandrov
in http://en.fondsk.ru/article.php?id=2111 tradotta in italiano da
http://www.bollettinoaurora.da.ru e pubblicata nella newsletter del
Coordinamento per la Jugoslavia dell’11 maggio “Balkan Connection en
Bolivie”
(2) http://www.laprensa.com.bo/noticias del 10 maggio 2009
(3) La Rat Line o sentiero dei topi fu la via di fuga che i servizi
segreti USA e il Vaticano organizzarono nell’immediato dopoguerra per
far fuggire in America Latina e Spagna i criminali nazisti e i loro
collaboratori italiani, francesi, jugoslavi, polacchi, ucraini, rumeni
etc. Snodo fondamentale della Rat Line era Genova
(4) New York Times del 26 settembre 2008
(5) Il Foro di San Paulo è il forum annuale della sinistra
latinoamericana fondato nel 1990 nella città brasiliana e che è stato
l’incubatoio dei processi di cambiamento popolare e democratico in tutto
il continente.
(6) Vedi il sito della Fondazione: www.unoAmerica.org. Nel sito – nella
sezione italiana - compare una intervista di uno dei maggiori
commentatori de “L’Opinione” – Dimitri Buffa - al neofascista
venezuelano Alejandro Pena Esclusa in visita in Italia. L’Opinione conta
tra i suoi editorialisti anche il neofascista Giusva Fioravanti
fondatore dei NAR, autore di numerosi omicidi e condannato per la strage
alla stazione di Bologna
(7) Bruno Matapay in Virtin/Red Informativa del 24 aprile 2009
(8) Maurizio Chierici. Il nodo Bolivia, su l’Unità del 14 maggio 2008
(9) La Repubblica del 19 settembre 2008. Vedi anche l’inchiesta di
www.selvas.org “Il caso Diodato”, l’italiano più famoso in Bolivia e
l’inchiesta di Wilson Garcia Merida tradotta e pubblicata su:
http://www.tlaxcala.es/pp.asp?reference=6084&lg=it
(10) Gianni Cipriani, Il Nuovo 23 dicembre 2000/ Indymedia Lombardia
(11) Atti della Commissione Parlamentare di inchiesta sulle Stragi,
seduta di martedi 9 gennaio 2001
(12) Sia il sito antifascista “Searchlight” sia The Guardian
pubblicarono ampi servizi su questo
(13) Giuseppe Scaliati, “Trame Nere”, edizioni Frilli 2005
(14) Guido Olimpio, in Corriere della Sera del 24 novembre 1997
(15) "Inside the League: The Shocking Expose of How Terrorists, Nazis,
and Latin American Death Squads Have Infiltrated the World
Anti-Communist League", by Scott and Jon Lee Anderson, 1986,
http://www.namebase.org/sources/HB.html
Human Right operava illegalmente
7 maggio '09 -
www.granma.cu
Il governo boliviano ha confermato che la
Fondazione Human Right (HRF in inglese),
vincolata in Bolivia ad un
caso di terrorismo,
operava senza essere registrata legalmente.
La situazione illegale di questo gruppo è stata
verificata dal vice ministro agli Investimenti Pubblici e Finanziamenti,
che controlla il Registro Nazionale delle Consulenze, Donazioni ed
Organizzazioni Non Governative.
In accordo con il vice ministro al Coordinamento con i
Movimenti Sociali, Sacha Llorenti, anche il Consiglio Economico e
Sociale (ECOSOC)) delle Nazioni Unite ha respinto un sollecito di HRF
che chiedeva d’essere riconosciuta come entità consultiva.
ECOSOC ha diffuso un comunicato, nel quale respinge
ogni manifestazione di appoggio, da parte di organismi nazionali o
stranieri, ai gruppi separatisti che vogliono la disintegrazione della
Bolivia.
L'indagine della situazione legale di questa
organizzazione è stata realizzata, dopo che il testimone Juan Carlos
Gueder, membro dell'Unione Giovanile Cruceñista (UJC) vincolato alla
cellula terroristica
scoperta a Santa Cruz lo
scorso 16 aprile, ha accusato Hugo Achà, dirigente di HRF, d’avere dei
vincoli con la banda.
In una dichiarazione ai media statali, lo stesso
Llorenti ha ricordato che HRF ha cominciato a lavorare nel paese,
apparentemente, in difesa dei diritti umani.
“Ma tutte le sue relazioni sono dichiarazioni
d’ideologie che non hanno nulla a che vedere con i diritti umani. Non è
casuale che questa fondazione sia inclusa negli atti terroristici appena
denunciati”, ha affermato.
Inoltre, ha denunciato che questa Fondazione ha
inviato dei funzionari come ipotetici osservatori in un referendum
illegale per l’autonomia, con interessi separatisti nella regione di
Santa Cruz, il 4 maggio 2008.
La Procura ha annunciato che potrebbe interrogare le
principali autorità della regione orientale, e tra loro il prefetto
Ruben Costas, sospettato d’avere vincoli con la cellula terrorista
neutralizzata.
Il Pubblico Ministero Marcelo Sosa, investigatore del
caso, ha detto alla stampa, dopo l’interrogatorio di vari detenuti, che:
“Possiamo dimostrare che gli estremisti comandati dal boliviano Eduardo
Rozsa Flores, hanno avuto inoltre dei contatti con l'ex presidente del
comitato civico, il ricco imprenditore Branko Marinkovic, d’origine
croata ed anche con Guido Nayar, attuale dirigente degli imprenditori
allevatori di bestiame privati di questa regione orientale, considerata
un bastione dell'opposizione al governo di Evo Morales.
Lo scorso 16 aprile, in un operativo della polizia,
hanno perso la vita il boliviano ungherese-croato, Eduardo Rozsa,
Magyarosi Arpad (ungherese-croato) e Michael Martin Dwyer (irlandese).
Inoltre, sono stati fermati Mario Francisco Tadic
Astorga (boliviano con passaporto croato) ed Elad Tóásó (ungherese) che
sono detenuti preventivamente a La Paz.
|
Confermato il vincolo di Human Rigths
e il terrorismo in Bolivia
Le
denunce di Eva Golinger e del presidente Evo Morales
4 maggio '09 -
www.granma.cu (ABN)
Le autorità boliviane e l’avvocatessa statunitense
Eva Golinger hanno confermato i vincoli
della Fondazione Human Rights (FHR) con i gruppi
terroristi neutralizzati alla metà d’aprile in Santa Cruz.
In una dichiarazione alla statale Radio Patria Nueva,
trasmessa da Prensa Latina, il vice ministro del coordinamento con i
movimenti sociali, Sacha Llorenti, ha detto che uno dei detenuti
nell’operativo di polizia, Juan Carlos Gueder, ha segnalato che Hugo
Achá Melgar, presidente in Bolivia di questo Gruppo dei diritti umani, è
il finanziatore delle attività sovversive.
Llorenti ha ricordato che è stato lo stesso presidente
Evo Morales a riferire l’accusa pubblicamente, nella manifestazione
centrale per il 1º Maggio, quando ha avvisato che provando questi vicoli
gli stranieri che integrano questa ONG degli USA dovranno abbandonare il
paese e che i boliviani andranno in carcere.
Il funzionario ha ricordato che il segretario generale
della FHR, il cubano
Armando Valladares, smascherato come presunto poeta dissidente dal
governo dell’Isola delle Antille e noto per le sue relazioni con la CIA,
è stato osservatore dell’illegale referendum a Santa Cruz
sull’autonomia, del 4 maggio del 2008.
Inoltre Llorenti ha ricordato che il solo libro che
Valladares ha
scritto, intitolato ironicamente “Dalla
mia sedia a rotelle” (quando fingeva d’essere paralitico NdT) è
stato scritto in realtà dal suo socio e complice
Alberto Montaner.
Nel caso della Bolivia lo stesso Procuratore Generale,
Marcelo Sosa, direttore delle investigazioni, ha identificato Achá,
alias 'Superman', e Alejandro Melgar, 'El Lucas', quali integranti e
finanziatori del complotto per assassinare il presidente Evo Morales ed
altri dirigenti del paese delle Ande.
Dagli Stati Uniti dove si trova, in una dichiarazione
ad un canale privato TV di La Paz, Achá ha respinto le accuse, ma ha
confessato d’aver incontrato il capo della banda assassina, l’ungherese
boliviano
Eduardo Rózsa-Flores, in quattro o
cinque occasioni.
Lo scorso 16 aprile, in un operativo giudiziario,
hanno perso la vita Rózsa, il leader della banda, Magyarosi Arpád
(ungherese-croata) e Michael Martin Dwyer (irlandés).
Inoltre sono stati detenuti Mario Francisco Tadic
Astorga (boliviano con passaporto croata) con Eld Tóásó (ungherese ),
che sono in carcere preventivo a La Paz. Due giorni dopo sono stati
arrestati, in Santa Cruz, Juan Carlos Gueder, membro della Unione
Giovanile Cruceñista (UJC), l’elemento per gli scontri usato
dall’opposizione e il cittadino del Paraguay, Alcides Mendoza.
La scrittrice nordamericana residente in Venezuela,
Eva Golinger, ha spiegato i piani sovversivi di Washington in Bolivia,
coperti dall’Agenzia per la Cooperazione Internazionale (USAID, in
inglese).
Nel suo libro “Ragnatela imperiale”, la Golinger
denuncia che la FHR è stata creata da Thor Halvorssen Mendoza, nel 2005,
per attaccare e screditare i governi di Venezuela, Bolivia ed Ecuador.
Figlio di una delle famiglie più ricche del Venezuela,
Halvorssen ha lavorato con la CIA in El Salvador ed in Nicaragua.
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