COLPO DI STATO IN HONDURAS

 


NOTIZIE DAL GOLPE

 

 

 

 

30 giugno '09 - www.granma.cu

 

 

La Ministra degli Esteri di Honduras è arrivata in Nicaragua insieme a Calderón

 

 

In seguito al colpo di Stato orchestrato contro il Presidente d’Honduras Manuel Zelaya, la Ministra degli Esteri dello stesso Paese, Patricia Rodas, è arrivata lo scorso lunedì in Nicaragua, dopo essere stata portata in Messico vittima del sequestro organizzato dalle forze militari Hondureñe.

 

La Rodas parteciperà in Messico alla riunione del Sistema d’Integrazione Centro-americana (SICA), nella quale si discuterà la rottura costituzionale avvenuta nella nazione centro-americana.

 

Nelle dichiarazioni rilasciate al suo arrivo in Nicaragua, la Ministra hondureña ha affermato che “Non possiamo accettare una nuova situazione de facto, una situazione criminale”.

 

Ha sottolineato inoltre, che non si può permettere la “Legalizzazione di un governo irregolare, poiché il nostro popolo merita una maggiore fortuna, ed una migliore giustizia”. Rispetto al Presidente Zelaya, ha sostenuto che gode a pieno dei propri poteri, e pertanto “continueremo a governare l’Honduras”.

 

Il Presidente del Messico Felipe Calderón, che ha viaggiato insieme alla Ministra, arrivato in Nicaragua ha reiterato il suo disprezzo contro il Colpo di Stato:“In nome del popolo e del Governo del Messico e del Gruppo di Río, esprimiamo il nostro più energico ripudio al Colpo di Stato verificato domenica in Honduras”.

 

“Il Messico rifiuta categoricamente una tale rottura dell’ordine costituzionale: l’unica maniera per accedere al potere è la consultazione elettorale democratica, e non la forza”, ha affermato Calderón.

 

Patricia Rodas è arrivata in Messico all’alba dello scorso lunedì, ed è stata ricevuta dai rappresentanti del Governo di questa nazione.

 

Al suo arrivo la Ministra ha puntualizzato di trovarsi nello Stato in qualità di invitata.

 

Rodas è stata sequestrata, al pari di altri colleghi, in seguito ad un Colpo di Stato che ha interessato anche il Presidente Manuel Zelaya, portato successivamente in Costa Rica.

 

Dopo aver ricevuto nella propria residenza la visita degli Ambasciatori di Cuba,Venezuela e Nicaragua, la Rodas è stata sequestrata da un commando militare incappucciato, esecutore del Colpo di Stato. A partire d’allora, si sono perse le sue tracce.

 

“In questo momento abbiamo la qualità d’invitati della Repubblica messicana, ricordi che siamo il Governo. Il Presidente Zelaya è il Presidente costituzionale di Honduras”, ha dichiarato la Rodas alla stampa prima di partire per il Nicaragua. “Siamo stati invitati ad una riunione di lavoro con la Ministra degli Esteri Patricia Espinosa”, ha spiegato.

 

“Appartengo ad una generazione che è cresciuta con la speranza di recuperare la democrazia. Credevamo di aver superato l’epoca dei Colpi di Stato e dei Governi de facto, ma evidentemente ci sbagliavamo” ha sostenuto la Ministra.

 

In dichiarazioni precedenti, rilasciate a TeleSUR prima che atterrasse l’aereo presidenziale diretto in Nicaragua, la Rodas aveva segnalato che “La democrazia sarà sempre la chiave universale per risolvere i problemi dei nostri popoli”, ringraziando inoltre la comunità internazionale per la solidarietà dimostrata, soprattutto da parte delle nazioni che, insieme all’Honduras, formano l’ALBA (Alleanza Bolivariana per i Popoli delle Americhe). “Siamo grati alla comunità internazionale per il sostegno al Presidente legittimo Zelaya, in special modo ai governi di Venezuela, Bolivia, Cuba e Nicaragua”.

 

La Ministra ha anche sottolineato la correttezza delle posizioni d’appoggio a Zelaya, le quali serviranno “a consolidare le democrazie dei nostri popoli”.

 

Il Presidente costituzionale di Honduras, Manuel Zelaya, è stato obbligato ad abbandonare il Paese poco prima dell’inizio di una consultazione popolare volta a decidere la convocazione di un’Assemblea Nazionale Costituente, precedentemente respinta dal Parlamento e dal Tribunale Supremo.

 

Militari incappucciati hanno catturato il Presidente all’interno della sua residenza, portandolo subito dopo in una base aerea di Tegucicalpa, dalla quale è stato trasferito in Costa Rica.

 

Qui, Zelaya, è stato ricevuto dal Presidente Oscar Arias, come Capo di Stato costituzionale. 

 

 

Il presidente Zelaya ha annunciato

il suo ritorno in Honduras

 

 

Manuel Zelaya, presidente costituzionale dell’Honduras, ha annunciato da Managua, in Nicaragua, che giovedì 2 luglio ritornerà nel suo paese nonostante il colpo di Stato in corso in questa nazione centroamericana.

 

Nella riunione del Gruppo de Río, convocata d’urgenza per unificare le posizioni sulla crisi dell’Honduras, Zelaya ha assicurato che giovedì andrà in Honduras assieme ad una commissione di ritorno composta dai suoi omologhi latinoamericani.

 

“Vado a compiere il mio mandato di quattro anni, che voi siate o meno lì, che voi siate d’accordo o meno”, ha precisato Zelaya, che era stato sequestrato domenica 28 e portato a forza in Costa Rica, da dove ha raggiunto Managua.

 

“Sono state espulso a forza e ritornerò per volontà  mia”, ha detto ancora  il presidente legittimo dell’Honduras, che ha invitato anche José Miguel Insulza, segretario generale dell’Organizzazione degli Stati Americani, ad accompagnarlo nel suo ritorno a Tegucigalpa. 

 

Intanto il Presidente venezuelano Hugo Chávez ha annunciato d’aver tagliato i rifornimenti di combustibili all’Honduras, così come i paesi dell’America Latina e dei Caraibi hanno accordato l’isolamento politico, diplomatico e commerciale del governo golpista

 

 

Manuel Zelaya parlerà nell’

Assemblea Generale dell'ONU

 

 

Il presidente costituzionale dell’Honduras, Manuel Zelaya, parlerà oggi,  martedì  30  nell’Assemblea Generale della ONU, per spiegare la situazione del suo paese dopo il colpo di Stato di domenica 28.

 

Il presidente dell’Assemblea Generale della ONU, Miguel D Escoto,  ha chiamato i 192 paesi membri dell’organismo internazionale a sottoscrivere una condanna universale al colpo di Stato in Honduras.

 

Inaugurando una sessione straordinaria dedicata a valutare la situazione nella nazione centroamericana, l’ex ministro degli Esteri del Nicaragua ha inviato tutti i membri a considerare le vie per assicurare il ritorno pacifico del governo legittimo del presidente Manuel Zelaya.

 

D’Escoto ha segnalato che il colpo di Stato in Honduras è un passo indietro, in un’epoca che si considerava già superata nel continente americano.

 

Le forze della reazione sono allarmate dai poderosi movimenti dei governi progressisti al potere in risposta alle disastrose conseguenze delle politiche neoliberiste.

 

L’ambasciatore di Honduras presso la ONU, Jorge Arturo Reina, intanto ha reclamato dall’Assemblea Generale una condanna globale del colpo di Stato e l’immediato ritorno di Zelaya alle sue funzioni presidenziali.

 

 

29 giugno '09 - www.granma.cu

 

 

La  prima vittima del golpe

 

 

Un manifestante di Honduras è morto, investito da un camion militare vicino all’impresa di telecomunicazioni Hondutel, in un’area prossima a quella delle proteste contro il colpo di Stato, che ha deposto il presidente legittimo Manuel Zelaya.

 

Il segretario generale della Federazione Unitaria dei Lavoratori dell’Honduras, Juan Barahona, ha detto che il cittadino ha ricevuto forti lesioni per l’impatto con il veicolo ed è morto poco dopo divenendo la prima vittima della sommossa golpista.

 

L’incidente è avvenuto durante il primo giorno di sciopero nazionale convocato dal Fronte di Resistenza Popolare, al quale partecipano sindacati, organizzazioni contadine e studentesche.

 

Le proteste si sono estese in varie città dell’interno del paese, tra le quali San Pedro Sula, Tocoa e Progreso, hanno riferito le organizzazioni della manifestazione.

 

A San Pedro Sula, l’attivista Alex Ramos ha informato che  le manifestazioni stanno guadagnando intensità e che l’esercito custodisce solo il quotidiano La Prensa ed i punti di pagamento del pedaggio sulle autostrade.

 

Le forze di polizia vigilano i partecipanti. La situazione nella capitale Tegucigalpa è molto tesa per l’incremento della presenza militare nella zona e la continua affluenza dei manifestanti che protestano contro il colpo militare.

 

 

 

Creato il Fronte Popolare in

Honduras in difesa di Zelaya

 

 

Organizzazioni politiche e sociali dell’Honduras hanno appena creato il Fronte di Resistenza Popolare in difesa dell’istituzionalità democratica del paese, dopo il colpo di stato contro il presidente Manuel Zelaya.

 

Il candidato presidenziale indipendente Carlos Reina ha annunciato alla folla riunita davanti alla casa presidenziale della capitale Tegucigalpa, che l’organizzazione è formata da tutte le forze sociali che si oppongono ai militari golpisti.

 

“Questa battaglia la stiamo vincendo e la vinceremo, perchè qui chi decide è il popolo dell’Honduras”, ha dichiarato il dirigente politico alla cittadinanza.

 

Reina ha assicurato che uno dei primi accordi del Fronte è che la mobilitazione si mantenga nelle immediatezze della casa presidenziale, sino a quando si restituirà il suo posto al presidente costituzionale del paese, ed ha aggiunto che la decisione del Congresso di designare presidente Roberto Micheletti, non ha la minima legalità.

 

“Noi vogliamo Mel”, gridava la folla riferendosi al presidente Zelaya e domandando anche la dissoluzione del Parlamento.

 

Vari dirigenti popolari hanno ratificato la condanna ai golpisti ed hanno gridato slogan, tra i quali “Il popolo unito non sarà mai vinto”.

 

Il carattere pacifico della resistenza popolare è stato sottolineato e sono state fatte esortazioni ad evitare provocazioni che possono essere usate come pretesto dai militari.

 

Zelaya è stato prelevato da casa sua dai militari golpisti, portato in una base militare e quindi trasferito a forza in Costa Rica.

 

 

Mobilitazione in 37 città

a favore di Zelaya

 

Il deputato del partito Unificación Democrática de Honduras, Marvin Ponce, ha informato che a Tegucigalpa e in altre 37 città del paese sono mobilitate circa 50000 persone che hanno l’obiettivo di  riscattare il presidente Manuel Zelaya alla frontiera del Nicaragua e accompagnarlo a riprendere la presidenza.

 

Il parlamentare ha indicato che queste azioni si porteranno avanti anche se ci sarà repressione, poiché secondo lui la sola strada per uscire dalla crisi è il ritorno del presidente Zelaya alla presidenza dell’Honduras e la fine del governo usurpatore, con un processo ai deputati che stanno usurpando il potere dell’esecutivo.

 

Il deputato Tomas Andino Mencias, del Partido Unificación Democrática, ha precisato che i parlamentari del riferito gruppo non hanno partecipato alla sessione che si è svolta nel Congresso, perchè sono detenuti dall’esercito per non aver voluto l’usurpazione di questo potere legislativo.

 

Mencias ha segnalato che il Congresso sta usurpando il potere esecutivo, perchè, d’accordo con la Costituzione dell’Honduras, questa è un’azione che si cataloga come tradimento alla Patria ed in questo senso il movimento popolare del paese ha indetto uno sciopero generale.

 

A partire da oggi lunedì si fermerà il lavoro o si sbloccheranno le strade, si manterranno le denunce internazionali e la resistenza popolare si riunirà davanti alla casa del presidente Zelaya.

 

Inoltre ha denunciato che il deputato Cesar Ham, che appoggia  il presidente e che era stato dato per morto in una sparatoria con l’esercito.

 

“È stato catturato dall’esercito e apparentemente è detenuto nella Brigata 105 di San Pedro Sula” ha informato il deputato.

 

28 giugno '09 -  www.granma.cu

 

 

Manuel Zelaya  è vivo e ha parlato

con TeleSur da San José di Costa Rica

 

 

 

Manuel Zelaya  è vivo e ha parlato con TeleSur da San José di Costa Rica

Condanna del colpo di

Stato in Honduras

 

La Rete degli Intellettuali e gli Artisti in Difesa dell’Umanità

 

29 giugno (ABN) - La Rete degli Intellettuali e gli Artisti in Difesa dell’Umanità condanna il Colpo di Stato contro il presidente costituzionale della Repubblica di Honduras, Manuel Zelaya e respinge qualsiasi attacco contro la dignità della nazione  honduregna.

Un comunicato recita che la riferita Rete  è solidale con lo spirito democratico del fraterno paese centroamericano e reitera l’impegno con la libera determinazione dei popoli, esigendo il rispetto delle istituzioni legittimamente costituite.

Inoltre indica che, seguendo la moderna ricetta imperialista per sferrare colpi di Stato, un gruppo di militari sollevati, ha sequestrato all’alba di domenica 28 il presidente legittimo della Repubblica, Manuel Zelaya, obbligandolo con le armi ad abbandonare il territorio honduregno.

Vanno sommati il taglio dell’elettricità, l’interruzione dei segnali dei media statali e le denunce delle violazioni dei diritti umani dei cittadini dell’Honduras, dei funzionari di governo e dei diplomatici stranieri accreditati nel paese, da parte del governo di fatto.

Esigiamo  l’interruzione dell’aggressione e accusiamo pubblicamente i militari golpisti che usano le armi contro il popolo, denunciando i media di comunicazione complici, che infangando il loro lavoro e si vendono agli interessi egemonici, si legge ancora nel testo.

Il richiamo è rivolto alla comunità internazionale, ai movimenti sociali e ai popoli del mondo,  perchè condannino e manifestino in massa contro il colpo di Stato, esigendo il ritorno della legalità e dell’istituzionalità in Honduras.

La Rete disconosce qualsiasi governo che pretende d’installarsi al potere con la forza, e convoca il popolo dell’Honduras a resistere contro il fascismo e la borghesia reazionaria e conservatrice sino a che non ritorni la democrazia

Liberati gli ambasciatori di Cuba, Venezuela e Nicaragua in Honduras

Sequestrato per un certo tempo  dalle forze militari in Honduras nella residenza della ministra degli Esteri, Patricia Rodas, l’ammiraglio Armando José Laguna, ambasciatore venezuelano in questo paese, ha dichiarato al canale TeleSur che sia lui che i diplomatici di Cuba, Juan Carlos Hernández e del Nicaragua, Mario Duarte sono stati rilasciati in libertà.

Laguna ha informato che i militari hanno sequestrato e portato via in una camionetta la ministra Rodas, con destinazione la base aerea di Tegucigalpa,   come si legge in El Nacional di Caracas, nel sito web.

L’ambasciatore venezuelano ha anche detto che i militari lo hanno picchiato e hanno ignorato la sua immunità diplomatica.

Durante la riunione straordinaria della OEA, convocata per via della situazione irregolare che si vive in Honduras, dopo il colpo di Stato, l’ambasciatore del Venezuela  presso questa istituzione, Roy Chaderton, aveva denunciato il sequestro dei diplomatici da parte dei militari golpisti di Tegucigalpa.

Il segretario generale della OEA, José Miguel Insulza, e l’ambasciatore dell’ Honduras presso questo organismo, Carlos Sosa, hanno condannato il colpo di Stato ed hanno reclamato il ritorno all’ordine costituzionale in questo paese.

I    militari     golpisti   sono   entrati  nel  Palazzo    ed    hanno  sequestrato il presidente Manuel Zelaya che ora è in luogo sconosciuto; le truppe dell’esercito hanno circondato la casa del Presidente, hanno detto i dirigenti sindacali, parlando telefonicamente a TeleSur.

 

I gruppi sociali chiamano gli organismi internazionali, perchè intervengano di fronte a questo colpo di Stato militare.

 

Il figlio del Presidente di Honduras ha denunciato, parlando con TeleSur, che suo padre, Manuel Zelaya, è stato portato a forza fuori dal paese.

 

“Circa 200 militari sono entrati in casa del Presidente  e lo hanno prelevato, a bordo di veicoli bianchi. Abbiamo perso ogni comunicazione e l’ultima notizia è stata che avevano sequestrato mio padre” ha detto. “Io mi trovo in un luogo sicuro”, ha aggiunto.

 

La moglie di Manuel Zelaya, Xiomara Castro de Zelaya, ha dichiarato a TeleSur che  nella mattina di questa domenica hanno portato via a forza il Presidente, lo hanno picchiato fisicamente, ma soprattutto hanno colpito la democrazia.  

 

Chiediamo la libertà del Presidente; esigiamo dalle Forze Armate che liberino il Presidente e necessitiamo notizie che ci garantiscano che è in vita”, ha detto ed ha aggiunto che “Mentre si sta cercando di cambiare la storia del paese, stanno cercando di far tacere le persone. Io so che nemmeno un honduregno è d’accordo con un colpo di Stato militare “,ha sottolineato. 

 

La ministra degli Esteri, Patricia Rodas, ha confermato che militari incappucciati hanno sequestrato e fato sparire il Presidente Zelaya.

 

La Rodas non può uscire da casa sua,  circondata da franchi tiratori. 

 

L’inviata speciale di TeleSur ha informato che i militari armanti, si crede abbiano portato Zelaya nella sede delle Forze Aree “La sede del canale 8 è occupata, ha aggiunto Patricia Rodas, e non so sino a quando potremo comunicare con voi”.

 

“Questo è un crimine contro la nostra democrazia e sappiamo bene che sono i gruppi di potere che hanno impoverito il paese, che non vogliono lasciar  passare il nostro popolo per i sentieri della libertà e della giustizia,  Hanno assassinato di nuovo la speranza di democrazia, della lotta contro il terrorismo contro il nostro popolo. La consultazione popolare per determinare se si convocherà un’Assemblea Nazionale Costituente doveva iniziare oggi, svolgendosi nei parchi della città principali del paese centroamericano.

 

La consultazione, convocata dopo la firma di  400000 cittadini, è stata oggetto di un rifiuto da parte di certi settori politici e sociali che hanno portato ad un tentativo di Colpo di Stato contro il Presidente costituzionale Manuel Zelaya, ed poi il colpo di Stato Militare.

 

 

Sequestrato

 

 

Il Presidente Manuel Zelaya è stato sequestrato da forze militari e il Canale 8 è stato occupato, come il Palazzo Presidenziale.

 

Hector Zelaya, figlio del Presidente, ha informato che non ha potuto comunicare con suo padre, ma che sa che il Presidente è stato sequestrato alle 8 di mattina e condotto fuori dal paese.

 

Il Presidente di Honduras, Manuel Zelaya è stato sequestrato da forze dell’esercito che lo hanno portato via a forza dal Palazzo Presidenziale, proprio quando si stava per realizzare una consultazione non vincolante attorno alla realizzazione di un’Assemblea Costituente, ha detto il suo segretario privato, Eduardo Enrique Reina.

 

TeleSur ha informato che molte persone che appoggiano il Presidente si stanno avvicinando al Palazzo Presidenziale protestando e gridando “Traditori” ai militari.  

 

Juan Barona ha informato che il presidente è stato portato nella sede delle Forze Aree del paese, ma l’informazione non è stata confermata. 

 

Il presidente della Bolivia, Evo Morales Ayma, ha fatto alcune dichiarazioni  in appoggio al Presidente Zelaya.

TeleSur e Venezuelana de Televisión, in Venezuela, informano dal vivo. È impossibile collegarsi con i giornali e le emittenti di Honduras e alcuni testimoni hanno detto che è stata tagliata la luce in tutto il paese e che aerei militari sorvolano tutto il territorio.

 

Néstor Zelaya, figlio del Presidente, ha informato che la casa del Capo dello Stato è stata circondata alle 5/6 della mattina di domenica 28, da circa 200 militari che lo hanno sequestrato usando veicoli bianchi.

 

“Non sappiamo se sta bene, non abbiamo comunicazione... la sola cosa che hanno detto è che lo hanno sequestrato e che si ritrova fuori dal paese. La mia casa è circondata dai militari e sono sotto il tiro dei francotiratori” ha avvisato la ministra degli Esteri di Honduras, Patricia Rodas.

 

 

 

COLPO DI STATO IN HONDURAS:

IL PRESIDENTE MANUEL ZELAYA CON AL

FIANCO I MOVIMENTI SOCIALI, RESISTE

 

 

26 giugno '09 -  G.Carotenuto fonte www.gennarocarotenuto.it

 

 

Le parole drammatiche nella notte del presidente dell’Honduras Manuel Zelaya: “È in corso un colpo di stato nel paese” sono state confermate e supportate dall’ONU. Il presidente dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, Manuel D’Escoto, nella notte ha condannato con parole fermissime il tentativo di colpo di stato in corso in Centroamerica: “condanniamo fermamente il colpo di stato in Honduras contro il governo democraticamente eletto di Manuel Zelaya” dove i poteri di fatto di sempre, le élite, l’esercito, le alte gerarchie cattoliche, le casta politica, sono disposti a tutto perché nel paese neanche si parli di Assemblea Costituente. È infatti questo l’oggetto del contendere che ha scatenato la sedizione: un referendum che domenica prossima dovrà decidere se convocare o no l’elezione di un’assemblea Costituente voluta secondo i sondaggi dall’85% della popolazione.

È bastato solo l’odore di una Carta costituzionale che per la prima volta mettesse nero su bianco diritti civili e strumenti per ottenerli in un paese per molti versi ancora premoderno come l’Honduras, perché si mettesse in moto la macchina golpista che durante tutta la storia ha impedito giustizia sociale e democrazia in tutto il Centroamerica. Il presidente Manuel Zelaya, “Mel”, con una storia di centro-destra nel partito liberale che durante il suo mandato ha virato con molta dignità verso il verso il centro-sinistra, aveva indetto per dopodomani domenica 28 giugno una consultazione con la quale si chiedeva ai cittadini se nel prossimo novembre si dovesse convocare o meno un’Assemblea Costituente nel paese contemporaneamente alle elezioni presidenziali, legislative e amministrative già previste a fine anno.

Quella per l’Assemblea costituente sarebbe stata, sarà, la “quarta urna”, una svolta che secondo i sondaggi è voluta da almeno l’85% del paese ma indesiderata dalle élite tradizionali, dal sistema dei partiti incluso quello del presidente che oramai si oppone apertamente, dai media di comunicazione, che in Honduras come nel resto del continente sono dominio esclusivo del potere economico, dalla Corte Suprema e dall’esercito. Queste non solo non vogliono contribuire al processo eleggendo propri rappresentanti all’Assemblea Costituente nel prossimo novembre, ma né vogliono una nuova Costituzione né accettano di verificare se la maggioranza della popolazione la desidera. La scrittura di Costituzioni partecipative, condivise con gli strati popolari della popolazione, dal Venezuela, alla Bolivia all’Ecuador è stata vista nell’ultimo decennio con crescente rifiuto da parte delle oligarchie tradizionali che, soprattutto nel caso boliviano, si è trasformato apertamente in eversione.

Di conseguenza settori numericamente preponderanti dell’esercito di Tegucigalpa, che rispondevano al Capo di Stato Maggiore Romeo Vázquez, si sono rifiutati di operare per permettere la consultazione di domenica, distribuendo le urne e permettendo il regolare svolgimento della stessa adducendo che il referendum sarebbe illegale e che sarebbe propedeutico all’installazione di una dittatura di Mel Zelaya nel paese.

A quel punto al presidente non è restata che la destituzione del generale Vázquez che nella giornata di ieri non è stata però confermata dalla Corte Suprema che ha così appoggiato la sedizione. A questo punto le informazioni nella notte honduregna si fanno confuse. Di fronte al rifiuto di Zelaya di reintegrare Vázquez come Capo di Stato Maggiore parti importanti dell’esercito avrebbero occupato punti nevralgici del paese. I movimenti popolari, indigeni e sociali che appoggiano un presidente, divenuti unici riferimenti per Zelaya osteggiato da tempo dal proprio partito, sarebbero scesi al contrattacco, avrebbero occupato sotto la pioggia battente la base militare della Forza Aerea nell’aeroporto internazionale di Tocontín, sottratto a questa le urne e le schede referendarie con l’intenzione di distribuirle comunque nel paese.

Nel corso delle ultime ore sono successi due fatti nuovi che fanno inclinare all’ottimismo. Il presidente Zelaya ha parlato alla nazione, circondato da rappresentanti dei movimenti sociali del paese, confermando il recupero del materiale elettorale e riaffermando che domenica si terrà comunque il referendum. Intanto almeno il comandante dell’Aviazione, Generale Javier Price, si è schierato con il presidente democraticamente eletto. Intanto i movimenti sociali honduregni, di fronte al silenzio dei media rispetto al colpo di stato in corso nel paese, invitano a far circolare al massimo l’informazione e la solidarietà internazionale sul golpe in Honduras. Le prossime ore saranno decisive per capire se il golpe prospererà o se siamo di fronte ad un nuovo 13 aprile 2002 quando a Caracas in Venezuela i movimenti sociali e popolari sconfissero pacificamente il golpe dell’11 aprile contro il governo democraticamente eletto di Hugo Chávez.

 

notizie di luglio