Yoani Sanchez: come vincere premi letterari con articoli da 140 battute |
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10.06.2012 - www.globalresearch.ca Michell Chossudowsky da El Moncada www.italia-cuba.it
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Yoani Sánchez emigrò in Svizzera nel 2002 e lì visse per due anni. Nessun problema per uscire da Cuba e nessuno per rientrare. Nei suoi brevi articoli non è emerso cosa andò a fare e dove si stabilì di preciso in quel paese. Al rientro a La Habana non seminò tracce degne di nota, ma poi magicamente nel 2006 venne alla luce il suo blog su internet.
Nell’ottobre del 2007, a neppure un anno dalla creazione del blog, un giornalista dell’ agenzia Reuters fece cadere, come per caso, in un trafiletto che parlava di Cuba, una valutazione accattivante sul blog della Sánchez, denominato Generación Y.
Le due righe di menzione vennero subito riportate dai mezzi di comunicazione di tutto il mondo. Dopo alcuni mesi le citazioni riferite al blog continuavano a rimbalzare e The Wall Street Journal invitò a seguirne i brevi articoli. A che pro il quotidiano finanziario per antonomasia diede tale consiglio ancora oggi non è dato sapere. Il 3 gennaio 2008 infine, lo spagnolo El País pubblicò un’intervista con la stella nascente del firmamento letterario.
Nell’aprile successivo, con sorpresa di molti, alla Sánchez, comunque una emerita sconosciuta, venne assegnato in Spagna il Premio Ortega y Gasset, condito con 15000 Euro. Il Premio è una emanazione del gruppo Prisa, l’editore di El País. Il quotidiano spagnolo è uno di quelli che in Europa da anni tuona contro la Rivoluzione cubana. In ogni caso dopo quel primo premio, sulla bloguera cubana ne sono piovuti altri, come per alzarne le quotazioni da parte di comitati letterari di tutto il mondo.
Queste commissioni giudicatrici sono finanziate da fondazioni che a loro volta ricevono aiuti da altre che, per il modo operativo, potrebbero fare capo alla NED (National Endowment for Democracy – Agenzia statunitense per la crescita e lo sviluppo della democrazia nel mondo), con nota dimestichezza nell’aggirare i divieti di finanziamento all’interno di altre sovranità statali. “E’ risaputo che questa agenzia aveva contribuito a finanziare ad esempio le cosiddette rivoluzioni colorate nei paesi post sovietici, sovvenzionando dissidenze ed opposizioni, vere o create ad arte”.1
Comunque il nome della Sánchez divenne noto in occidente anche se tuttora è praticamente sconosciuto a Cuba. Solo raramente qualcuno fece notare che sarebbe bastato leggere i suoi articoli per capire che le “grandi doti letterarie” erano in realtà proprio poca cosa. Nel maggio 2008 Time Magazine arrivò a indicarla tra le 100 persone più influenti del mondo. Un anno dopo il lancio del suo blog era quindi già menzionata e citata come pochissimi personaggi dello spettacolo. Infine, a ottobre del 2009 il colpo maestro, la Sánchez venne inserita tra i premiati del Maria Moors Cabot, prestigioso riconoscimento della Columbia University. Questo è fra l’altro il più antico premio del giornalismo internazionale, con ennesimo cospicuo assegno abbinato. Beh, passiamo ora alla parte buffa della storia, quella che coloro che ne pubblicano, traducono o riportano i testi non si vergognano a tenere nascosta.
La Sánchez sostiene tuttora (è riportato sul suo profilo Twitter) di lavorare tramite messaggi sms di 140 caratteri e di non poter accedere a una connessione stabile su internet, ma di usare il collegamento con scadenza settimanale da un Hotel vicino a casa sua a La Habana. Basterebbe proprio solo questa affermazione tratta dalla testata della sua pagina (Blogger, resido en La Habana y cuento mi realidad en trozos de 140 caracteres Twitteo via sms sin acceso a la web. Para comunicar conmigo mejor x sms +5352708…), per chiedere alla rivista italiana Internazionale e all’edizione digitale di La Stampa, come credono che sia possibile prendere sul serio questa autrice che si ostinano a proporre. Tanto più che sopra a questa scritta, sempre sulle sue pagine web, risaltano ben venti bandierine colorate, che rimandano con i link ipertestuali ad altrettante edizioni tradotte in venti lingue nel mondo. Fino al 2011 erano “solo” diciotto.
Quindi ora, oltre al sito Generación Y, Yoani Sánchez ha anche un account Twitter dove si rileva che sostiene di avere più di 214mila nominativi registrati - (febbraio 2012) -. Caspita! Ben 32 di questi sono cubani! Dal 2010 si è infilata elettronicamente in più di 200 account al giorno, con punte di 700 in alcune fasi. Sempre solo con i suoi messaggini sms! A Cuba devono sicuramente produrre una buona crema per curare i polpastrelli arrossati. Dunque, è da intolleranti filo-castristi definire la Sanchez un’operatrice del web mercenaria e al soldo di poteri esterni a Cuba, anche se non sembra proprio che scriva per fare opinione in patria.
Per finire, segnaliamo che il blog della Sánchez è registrato su GoDaddy la stessa “Web hosting company” usata dal Pentagono e con il server in Germania (Cronos AG Regesburg). Su @Alexa Inc. (Azienda collegata ad Amazon.com che tratta statistiche sul traffico Internet) viene riportato che la Sanchez è l’unico caso di autore di blog tradotto in così tanti idiomi. Solo pochissimi altri autori nel mondo – grandi della politica, della letteratura o dello spettacolo – raggiungono queste possibilità di contatto planetario.
Sia su El Moncada come nel supplemento Notiziario AmiCuba abbiamo riportato le dichiarazioni di Wikileaks che rivelavano a più riprese le bugie della Sánchez nei suoi resoconti. In passato, ad un incontro pubblico si era presentata con un ridicolo travestimento consistente in una parrucca biondo platino. Una volta presa la parola si era tolta platealmente la parrucca sostenendo di essere costretta a muoversi in incognito.
Questo è il livello delle denuncie “politiche” della bloguera.
P.S.- Il testo che avete appena letto è composto da oltre 5.000 tra caratteri e spazi vuoti; praticamente un tomo da rilegare in più volumi separati se messo a confronto con i poemi bonsai anticubani da 140 battute della pluripremiata bloguera triste.
Nota - 1 - Michel Chossudovsky, professore canadese, noto economista ed esperto di geopolitica - Fonte: www.globalresearch.ca
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