Il 28 maggio 2006 fu
realizzato un evento
pubblico presso il Parco
Schuetzen, New York,
organizzato da un gruppo di
immigrati cubani,
appartenenti a una
confraternita che porta il nome
"Michael Teurbe Tolon".
Fu
invitato come oratore
principale, alla cerimonia,
il congressista
Lincoln Diaz Balart, uno dei più rabbiosi
nemici della Rivoluzione
Cubana, che oltre alla sua
responsabilità come oratore
principale doveva ricevere
una targa riconoscimento,
assegnato dalla società in
considerazione dei suoi
"alti
meriti di instancabile
combattente per la
Libertà e la Democrazia a
Cuba".
Gli organizzatori della
manifestazione chiesero al
Dr. Jose Manuel Collera
Vento, di consegnare a
Lincoln Diaz Balart la targa
di riconoscimento e dire
qualche parola di elogio,
mettendo in evidenza i
meriti patriottici e l'alto
lavoro parlamentare
dell'ospite d'onore.
Collera ebbe un attimo di
esitazione, sentiva che lo
invadeva un profondo
disagio.
Gli attraversavano la mente,
in pochi secondi, le molte
ragioni che avevano i cubani per
aborrire il suddetto
politico.
Diaz Balart, l'uomo che in
uno show televisivo
"Maria Elvira Confronta", in
onda su Canale 22 nel 2005,
affermò, senza arrossire,
che aveva chiesto
all'amministrazione Bush,
niente di più e niente di
meno, che un blocco navale
contro Cuba.
Lincoln Diaz Balart autore,
organizzatore o sostegno di
ogni atto violento si
pianifichi o si effettui
contro Cuba.
Collegato al terrorismo,
alla guerra economica, più
di una volta ha espresso il
suo desiderio di un'aggressione militare contro
l'isola da parte del governo
degli Stati Uniti.
Desidera che Cuba abbia un
destino simile all'Iraq, con
le sue città distrutte e
decine di migliaia di civili
assassinati, ciò può stare solo
nella mente di un senza
patria, sempre disposto a
mandare alla morte gli
altri, in attesa dal suo
fresco
ufficio, du raccogliere
dalla terra intrisa di
sangue, i frutti del
tradimento.
Questo era l'uomo su cui
doveva riflettere Collera.
La sua prima intenzione fu
quella di rifiutare
l'offerta, per due grossi
motivi, il primo già é stato
detto, il secondo, tale
azione poteva creare dubbi e
mettere a rischio la vera
identità di
Gerardo
come
combattente rivoluzionario
alla luce di coloro che
sicuramente misuravano e
valutavano
le sue azioni e sapevano
benissimo che doveva
mantenere una condotta di
non diretto confronto
politico con il governo
del suo paese.
Collera contemplò i
presenti, scrutò la folla e
rapidamente un'idea si fece
forte nella sua mente e nel
suo cuore.
Accettò l'incarico con un
sorriso malizioso sulle
labbra.
Non potevo perdere
l'occasione di colpire un
nemico tanto "eccezionale".
Alcuni dei promotori
dell'idea, volevano
ingenuamente verificare il
suo valore, altri forse
volevano comprometterlo, un
caro amico voleva
dimostrare, a coloro che
sempre avevano avuto naso
per dubitare circa il suo
protagonismo in certi
ambienti, che era davvero
uno dei loro.
Si apprestò all'azione, si
rendeva conto che aveva
accettato una lotta su un
terreno apparentemente
sfavorevole.
Ma non esitò e si diresse
verso il luogo, indicato
dagli organizzatori.
Giunto il momento
l'arrogante politico prese
il suo posto sull'ornato
podio del Parco Schuetzen.
Il
Maestro di cerimonie fece le
presentazioni; tutti i sensi
di Collera erano in tensione
cercando il punto
vulnerabile.
Il problema difficile era in
quale momento prima
dell'epilogo, egli non
sapeva come andare a dare il
colpo, pensò anche che si
fosse lasciato prendere da
un entusiasmo passeggero che
lo compromettesse, fu allora
che il presentatore fece
riferimento ad un cubano
sull'isola
(per distinguerlo da quelli
dell'emigrazione), che disse
testualmente: "questo cubano
dirà ora qui ciò che non può
dire a Cuba".
Ci fu un applauso come
tentandolo alla temeraria
sfida.
In quel momento vide
chiaro il cammino.
Salì risoluto sulla
tribuna,
in piedi davanti al
microfono e senza dirigersi
alle personalità come
richiesto dal protocollo,
disse forte e chiaro: "Ora
voglio dire qui ciò che
posso dire là, perché la
libertà è dentro ciascuno di
noi,
la libertà non dipende
dall'ambiente". Contemplò
che
alcune facce erano dubbiose,
quelle al suo angolo
esprimevano una
certa delusione, si
aspettavano un inizio meno
conservatore.
Fece una breve pausa, la
cosa importante era dare il
colpo all'uomo alto.
Le
grinze della fronte del
congressista sembravano
suggerire che non aveva
perso la sottigliezza.
Collera elencò i risultati
conseguiti nel lavoro
parlamentare da Diaz Balart,
disse, il nostro deputato,
ha presentato, difeso e
fatto approvare dalla Camera
dei Rappresentanti una legge
relativa agli immigrati
centro americani, in realtà
una delle molte manovre in
tempo di elezioni, anche se
questo non lo disse,
almeno chiaramente.
Fu
il primo Congressista di
origine ispanica che ha
presieduto una Commissione
considerata tra le più
importanti in questa Camera
dei rappresentanti, tutto
ciò che fu detto di
passaggio, con gesto
indifferente,
sbrigativamente.
Eretto sul palco,
alzò la voce, fino a quel
momento tenue, sfumata, per
finire, col segnalare che il
più importante in lui era
essere uno dei poli in un
antichissimo confronto tra
una grande nazione e una
piccola isola, nessun
riferimento su chi
aveva ragione
in questo conflitto tra
Davide e Golia, in cui
questo signore è al posto di
Golia.
Giunto il suo turno,
Diaz Balart pronunciò un
frenetico discorso contro la
Rivoluzione Cubana, senza
che mancassero vene
ingorgate e colorito
rubicondo.
Di ritorno al tavolo
principale dove Collera
evitò di prendere posto,
disse a quelli che con lui
condividevano lo champagne e
olive, "il vostro gallo sa
nuotare e conservare le vesti".
Nel frattempo, non furono
pochi quelli che non capendo
quello che era realmente
accaduto o fingendo di non
averlo capito,
congratularono il dottor per
il suo coraggio.
Collera, tuttavia, si
lamentava in silenzio di non
aver detto a quel soggetto,
da quei microfoni, ciò
avrebbe voluto dire con
crudezza, perché come disse
José Martí: In silenzio
doveva essere...
A solas con el enemigo
Por Raúl Antonio Capote
El día 28 de Mayo de 2006 se realizó un acto público en el Schuetzen
Park, de New York, organizado por un grupo de emigrados cubanos,
pertenecientes a una sociedad fraternal que lleva por nombre “Miguel
Teurbe Tolón”. Fue invitado como orador central en dicho acto el
Congresista Lincoln Díaz Balart, uno de los más rabiosos enemigos de
la Revolución Cubana, quien además de su responsabilidad como orador
principal debía recibir una placa de reconocimiento, otorgada por
dicha sociedad en consideración a sus “altos merecimientos como
incansable luchador por la Libertad y la Democracia en Cuba”
Los organizadores del acto solicitaron al Dr. José Manuel Collera
Vento, le entregara a Lincoln Díaz Balart la placa de reconocimiento
y pronunciara unas palabras de elogio, destacando los méritos
patrióticos y la destacada labor parlamentaria del invitado de honor.
Collera tuvo un momento de vacilación, sintió que una profunda
desazón le invadía. Por su mente pasaron, en segundos, las muchas
razones que tenían los cubanos para aborrecer al susodicho político.
Díaz Balart, el hombre que en un programa de TV. “María Elvira
Confronta”, transmitido por el Canal 22 en el año 2005, afirmó, sin
rubor, que había solicitado a la administración Bush, nada más y
nada menos que un bloqueo naval contra Cuba.
Lincoln Díaz Balart autor, organizador o apoyatura de cuanto acto
violento se planifica y se lleva a cabo contra Cuba. Vinculado al
terrorismo, a la guerra económica, más de una vez ha manifestado su
deseo de una agresión militar contra la isla por parte del gobierno
de los Estados Unidos.
Desear que Cuba tenga un destino similar al de Irak, con sus
ciudades destruidas y decenas de miles de civiles asesinados, sólo
puede estar en la mente de un apátrida, siempre dispuesto a enviar a
la muerte a los demás, mientras espera, desde su refrigerada oficina,
para recoger de la tierra anegada en sangre, los frutos de la
traición.
Esa era el hombre al que debía ponderar Collera. Su primero
intención fue rechazar el ofrecimiento, por dos razones de peso, le
primera ya fue dicha, la segunda, tal acción podía crear dudas y
poner en riesgo la verdadera identidad de Gerardo como combatiente
revolucionario a la vista de los que seguramente medían y evaluaban
sus actos, y sabían muy bien que debía mantener una conducta de no
enfrentamiento político directo con el gobierno de su país. Collera
contempló a los presentes, pasó la vista por la concurrencia y
rápidamente una idea se hizo fuerte en su mente y en su corazón.
Aceptó el encargo con una sonrisa pícara en los labios
No podía perder la oportunidad de golpear a tan “destacado” enemigo.
Algunos de los promotores de la idea, lo que pretendían ingenuamente
era poner a prueba su valor, otros quizás querían comprometerlo,
alguien cercano quería demostrarle a los que siempre tuvieron olfato
para dudar acerca de su protagonismo en ciertos círculos, que era
realmente uno de los suyos.
Se aprestó a la acción, comprendía que había aceptado un combate en
terreno aparentemente poco propicio. Pero no dudó y se abrió paso al
sitial que le indicaron los organizadores. Llegado el momento el
ensoberbecido politiquero ocupó su lugar en la engalanada tribuna
del Schuetzen Park.
El Maestro de ceremonias hizo las presentaciones; todos los sentidos
de Collera estaban en tensión buscando el punto vulnerable. La
cuestión complicada radicaba en que momentos antes del desenlace, él
no sabía cómo iba a dar el pretendido golpe; pensó incluso que se
había dejado llevar por un entusiasmo pasajero que le comprometía,
fue entonces que el presentador hizo referencia a un cubano de la
Isla (para diferenciarlo de los de la emigración) que según dijo
textualmente: “ese cubano va a decir ahora aquí, lo que no puede
decir en Cuba”. Hubo aplausos como tentándole al temerario reto.
En ese momento vio claro el camino. Subió resuelto a la tribuna, de
pie ante el micrófono y sin dirigirse a las personalidades como
manda el protocolo, dijo alto y claro: “Ahora voy a decir aquí lo
mismo que puedo decir allá, porque la libertad está dentro de uno
mismo, la libertad no depende del entorno”. Contempló que algunos
rostros denotaban dudas, otros, los de su esquina, cierta decepción,
esperaban un inicio quizá menos conservador. Hizo una breve pausa,
lo importante era darle el golpe al hombre alto.
El fruncido de la frente del congresista hacía suponer que no había
pasado por alto la sutiliza. Collera enumeró los logros en la labor
parlamentaria de Díaz Balart , dijo, nuestro congresista, presentó,
defendió y logró aprobar en la Cámara de Representantes una ley
referente a los inmigrantes centroamericanos, en realidad una de
tantas maniobras en épocas de elecciones, aunque esto no lo dijo, al
menos claramente. Fue el primer Congresista de origen hispano que
presidió una Comisión considerada entre las más importantes en dicha
Cámara de Representantes, todo eso lo dijo al paso, con gesto
indiferente, como restándole importancia.
Erguido en el estrado, alzó la voz, hasta entonces tenue, matizada,
para finalizar, al señalar, que lo más destacado en él era ser uno
de los polos en una antiquísima confrontación entre una gran nación
y una pequeña isla; ninguna referencia sobre quién tiene la razón en
ese conflicto entre David y Goliat, en el cual este señor está en el
lugar de Goliat. .
Llegado su turno, Díaz Balart pronunció un frenético discurso en
contra de la Revolución Cubana, sin que faltaran venas ingurgitadas
y tez rubicunda. De regreso a la mesa presidencial en la que Collera
disimuladamente evitó ocupar plaza, le dijo a los que con él
compartían el champagne y las aceitunas: “el gallito de ustedes sabe
nadar y guardar la ropa”. Entre tanto, no fueron pocos los que sin
entender lo que realmente había sucedido o fingiendo no haberlo
comprendido, felicitaban al Dr por su valentía. Collera, en cambio,
se lamentaba en silencio de no haberle dicho a aquel sujeto, por
aquellos micrófonos, lo que hubiera querido decir con crudeza,
porque como dijo José Martí: En silencio ha tenido que ser…
(Tomado de: El Adversario Cubano) |