Discorso pronunciato da Miguel Mario Díaz-Canel Bermúdez, Primo Segretario del Comitato Centrale del Partito Comunista di Cuba e Presidente della Repubblica, alla Sessione Costitutiva della X Legislatura dell’Assemblea Nazionale del Potere Popolare, presso il Palazzo della Convenzione, il 19 aprile 2023, “Anno 65 della Rivoluzione”.
Caro Generale dell’Esercito Raúl Castro Ruz, leader della Rivoluzione cubana;
Cari compagni della Generazione Storica che siete con noi;
Nuovi membri del Consiglio di Stato;
Membri del Consiglio dei Ministri;
Ospiti invitati;
Membri del Parlamento:
Le nostre prime parole sono per estendere le nostre congratulazioni ai compagni eletti o nominati oggi, rispettivamente, alla guida dell’Assemblea Nazionale del Potere Popolare, del Consiglio di Stato e del Consiglio dei Ministri.
Congratulazioni a tutti per il Giorno della Vittoria! Il 19 aprile 1961, sulle sabbie di Playa Giron, Cuba ha conquistato il diritto di celebrare questo giorno infliggendo la prima grande sconfitta all’imperialismo americano (Applausi ed esclamazioni di “Viva Fidel!”).
È il trionfo del giusto sull’ingiusto, del piccolo Davide contro il gigante Golia, di una Rivoluzione socialista contro il naso di un impero, come Fidel lo definì nel 23 e 12, nel lutto di addio per le vittime del bombardamento degli aeroporti di Ciudad Libertad, Santiago de Cuba e San Antonio de los Baños, nel preludio all’invasione.
Quella vittoria fu così epica che 62 anni dopo gli sconfitti non sono riusciti a perdonarci. Ed è grazie a quella vittoria che oggi, per la decima volta, insediamo l’Assemblea del Popolo.
I 470 deputati che hanno appena prestato giuramento non hanno vinto il loro seggio perché hanno più soldi o perché sono sostenuti da partiti elettorali il cui unico scopo è quello di mettere un difensore degli interessi di alcuni gruppi di potere nel luogo in cui si decidono le leggi del Paese.
Ognuno di noi è seduto qui per difendere gli interessi della maggioranza e non verrà pagato di più o riceverà vantaggi per essere un deputato, come avviene in molti Paesi che vantano modelli democratici multipartitici.
Cuba difende il partito unico, garanzia di unità da quando José Martí fondò il Partito Rivoluzionario Cubano, perché è alla base della nostra storia e perché le forze di una piccola nazione che 200 anni fa fu ufficialmente dichiarata un’appendice da annettere al potente vicino, quando già si stava creando un impero vorace, non si disgregano né si confrontano.
Tra pochi giorni, il 28 aprile, saranno passati due secoli da quando l’allora Segretario di Stato e poi Presidente dell’Unione, John Quincy Adams, definì per Cuba la sua teoria del “frutto maturo”: “… ci sono leggi di gravitazione politica così come leggi di gravità politica. Ci sono leggi di gravitazione politica come ci sono leggi di gravitazione fisica, e come un frutto separato dal suo albero dalla forza del vento non può, anche volendo, non cadere a terra, così Cuba, una volta separata dalla Spagna e spezzato il legame artificiale che la lega alla Spagna, è incapace di sostenersi da sola, deve necessariamente gravitare verso l’Unione americana, e verso di essa esclusivamente, mentre l’Unione stessa, in virtù della legge stessa, troverà impossibile rifiutare di ammetterla nel suo seno”.
Tra quell’annuncio di aprile e la promulgazione della Dottrina Monroe nel dicembre 1823 trascorsero alcuni mesi. Ma da allora fino ad oggi, per 200 anni, la politica del potente vicino è stata una sola, anche se due partiti si sono alternati al potere. Per Cuba, almeno, è molto difficile distinguerli, mentre, ad esempio, praticamente tutte le misure attuate dal repubblicano Donald Trump per rafforzare il blocco sono mantenute dal suo avversario politico, il democratico Joe Biden.
“Ricordatevi della Baia dei Porci”, ci avvertivano i nostri genitori a ogni nuova minaccia di invasione dopo il 1961. Lo slogan rimane vivo nell’immaginario popolare, perché lo è anche l’atteggiamento mercenario. Senza Nicaragua e senza Somoza, gli invasori ora si allenano nelle Everglades e minacciano dalle loro caverne nelle reti sociali.
Il potente vicino continua a essere generoso con coloro che sono “in prestito” per distruggere la Rivoluzione e ogni anno stanzia decine di milioni di dollari per coloro che si offrono di sovvertire l’ordine interno a Cuba, di persona o via Internet.
In questi anni non abbiamo mai smesso di sentire i colpi di questa guerra non dichiarata contro l’economia e la società, contro la vita quotidiana e i sogni di progresso di un’intera nazione.
Così come ricordiamo la Baia dei Porci, ricorderemo sempre la crudeltà del blocco rafforzato in condizioni pandemiche; l’infame inclusione di Cuba in una lista di presunti sponsor del terrorismo per assediare tutti i canali finanziari; l’ossigeno che si sono rifiutati di darci, mentre stimolavano ribellioni di piazza, in un modo che già ci stavano negando chiudendo ogni possibilità di commercio o finanziamento.
Il popolo sta uscendo vittorioso da tutte queste battaglie e non ho dubbi che, come alla Baia dei Porci, continueremo a vincere! Cuba mantiene la sua linea di principio e la sua disponibilità al dialogo, ma senza pressioni o condizioni.
Ma tanto si va alla fonte finché non si rompe. Un giorno, prima o poi, la politica dell’egemonia dovrà cessare; il multilateralismo prenderà il suo posto e Cuba potrà dimostrare fino a che punto può arrivare una nazione di persone nobili, creative e di talento, unite intorno a obiettivi chiari, se viene liberata da pressioni e blocchi.
Ora concentriamoci su ciò che dobbiamo e possiamo fare, anche quando abbiamo le mani e i piedi legati. È per pensare e lavorare insieme, andando oltre le condizioni che non possiamo cambiare, che si fonda questa X Legislatura.
Tutti noi avremo meno tempo per la famiglia e la professione, meno ore di riposo. Ci aspettano solo maggiori responsabilità e un dovere più alto: servire il popolo cubano, sempre in sintonia con le sue richieste e necessità.
Mi soffermo qui per sottolineare ciò che credo debba contraddistinguere la nuova legislatura: il contatto permanente con i quartieri, con le comunità, con coloro che ci hanno eletto, consapevoli che non possiamo fare miracoli, ma possiamo trasformare la difficile realtà della Cuba di oggi se riusciamo a creare l’indispensabile sinergia tra gli sforzi individuali e quelli collettivi; tra i quartieri e i comuni; tra i comuni e la provincia, tra le province e la nazione.
Compatrioti:
Fin dai primi giorni di Potere al Popolo, la parola d’ordine era scegliere il meglio. Ma scegliere il buono tra i buoni sarà sempre un esercizio difficile e incompleto.
Per questo motivo abbiamo invitato una rappresentanza di persone di valori straordinari, come voi, ma che non erano in lizza per un’ovvia ragione: ci sono molti più buoni cubani che posti in Parlamento (Applausi).
Qui sono invitati i soccorritori dell’Hotel Saratoga e della Base Supertanker (Applausi); i creatori dei vaccini e dei farmaci che ci hanno salvato dal COVID-19 (Applausi); gli innovatori e i ricercatori che hanno partecipato alla creazione di ventilatori polmonari, alla creazione di protesi d’anca, di parti per impianti elettrici (Applausi); gli studenti e gli insegnanti che hanno trascorso le loro vacanze lavorando nella Zona Rossa e nella ricostruzione di scuole e case devastate dall’uragano Ian (Applausi). C’è Alexis Leiva Machado, Kcho, con la sua mitica Brigata Martha Machado, che ha costruito una nuova scuola e diverse case nel luogo più devastato, dove è entrato il ciclone, e che continua a lavorare in quella comunità su vari progetti (Applausi); giuristi che ci hanno avvicinato alla comprensione del Codice di Famiglia (Applausi); leader di progetti comunitari, delegati di base che svolgono un buon ruolo, come “Paquito de Cuba” (Applausi), tra molti altri che potrebbero essere qui e che non possono stare in questa stanza (Applausi). È per questo che il popolo di Cuba è qui in questa Assemblea (applausi prolungati).
Difficilmente dimenticheremo quei giorni incerti in cui non dormivamo quasi mai e quando ci svegliavamo, il nostro primo sguardo andava dritto alle cifre del COVID-19.
Sono certo che nessuna simulazione di intelligenza artificiale potrebbe riassumere la forza del popolo cubano negli ultimi anni. La resistenza creativa del popolo di questo Paese, la sua resilienza, supera i limiti di qualsiasi simulazione o previsione. Non esiste un algoritmo in grado di riflettere tutto ciò che viviamo. Questo si può solo sentire.
Cuba è un sentimento, ed è una forza capace di affrontare e superare le peggiori burrasche!
L’economia mondiale, incerta e instabile a tutte le latitudini, rappresenta la prima e più grande sfida per il nuovo Consiglio dei Ministri, che deve contare sul fondamentale appoggio di tutti per affrontare gli ostacoli e risolvere le inefficienze.
Nell’immediato futuro, la direzione principale dovrebbe concentrarsi sulla produzione alimentare, sull’utilizzo delle capacità produttive inutilizzate, sull’aumento dei guadagni in valuta estera, sulle trasformazioni necessarie all’impresa statale socialista, sull’efficienza del processo di investimento, sulla complementarietà degli attori economici e sulla partecipazione degli investimenti stranieri. Tutto ciò è finalizzato ad aumentare l’offerta di beni e servizi e a controllare l’inflazione, che è la principale priorità della battaglia economica. Questa sfida gigantesca deve essere raccolta senza scoraggiarsi.
Con l’intensificarsi del blocco, la crisi mondiale e le nostre incapacità, la situazione economica e sociale del Paese è diventata molto più complessa e i sogni, i piani e i progetti a cui non rinunceremo mai stanno rallentando. A volte sembra che non saranno mai possibili. Ma se rivediamo le dinamiche degli ultimi cinque anni, vedremo che, nelle circostanze peggiori e sotto le pressioni più criminali, siamo diventati uno dei pochi Paesi che si è salvato dalla pandemia con i propri sforzi e il proprio talento.
Quando mi chiedono dove trovo l’ottimismo per affrontare così tanti problemi, penso a queste imprese. A questo e alle centinaia di soluzioni e proposte di soluzione che trovo ogni volta che vedo persone che investono intelligenza ed energia nella ricerca di soluzioni ai problemi che le circondano, invece di riempirsi di lamenti e accuse.
Rispetto profondamente il diritto di ognuno di esprimere le proprie rimostranze, ma non posso fare a meno di contrapporre gli atteggiamenti: quelli che criticano nel modo più efficace, lottando, facendo, mostrando o creando soluzioni, e quelli che vedono solo gli errori e le colpe degli altri.
Membri del Parlamento:
Negli ultimi sei mesi nel Paese si sono svolti tre processi di voto popolare, tutti in un contesto di crisi acuta e sotto l’attacco di una campagna mediatica volta a imporre le matrici di uno Stato fallito a causa di un governo incapace e a diffondere l’odio.
Il vero nemico della nazione cubana scommette su un’esplosione per impadronirsi del Paese e riportarlo all’era neocoloniale che abbiamo già sofferto e conosciuto. Questo nemico ha visto in ognuna delle recenti votazioni: il referendum sul Codice di Famiglia, le elezioni dei delegati e poi dei deputati, un momento chiave per l’attacco alla legittimità del governo e ha riposto le sue speranze nella possibilità di un alto tasso di astensione.
La prova più evidente che questa era l’idea è stata data dai titoli dei giornali del giorno successivo. Tutti, praticamente senza eccezione, hanno parlato di astensionismo storico, sebbene il livello di partecipazione, così come il voto valido e il voto unito, fossero superiori alla media degli altri modelli di democrazia nel mondo.
Coloro che avevano previsto un alto tasso di astensione, consapevoli che il vecchio progetto di Lester Mallory di usare la guerra economica per generare difficoltà per indurre l’apatia politica, sono stati ancora una volta delusi.
Il 75,8% di affluenza non sarebbe stato possibile senza la fiducia del popolo nella Rivoluzione. E questa fiducia si è espressa nella partecipazione. È stata una dimostrazione di senso civico, ma anche di patriottismo e, soprattutto, di consapevolezza politica. Ora non possiamo perdere questa fiducia! Deve renderci tutti più impegnati. Ci obbliga a lavorare per tutto il Paese, a nome di tutta Cuba.
Se lavoriamo sistematicamente in ogni comune o distretto, se accompagniamo le autorità locali senza sostituirci alle loro funzioni, se continuiamo ad ascoltare la gente e a portare a livelli più alti i problemi che vanno oltre le possibilità dei territori, sono sicuro che faremo progressi quotidiani nella risoluzione di queste questioni.
Hanno anche cercato di negare la trasparenza del nostro processo elettorale, ma non hanno una sola prova che possa mettere in dubbio la sua pulizia.
A partire dalle proposte dei precandidati nelle sessioni plenarie delle organizzazioni sociali e studentesche, si inizia a esprimere la trasparenza, che prosegue con l’analisi e l’approvazione delle candidature nelle assemblee municipali.
È stato dimostrato che quando si interagisce costantemente con la base, di cui tutti facciamo parte e a cui siamo tutti debitori, si può contribuire a risolvere i problemi prima che diventino più gravi e fastidiosi.
Quante difficoltà e carenze accumulate non sono state risolte nei giorni di scambio con gli elettori? Ecco perché insisto sulla necessità di mantenere e migliorare questo sistema di lavoro e di farne una priorità per la nuova legislatura.
Dobbiamo rispondere a tutti i punti sollevati dai cittadini nelle riunioni delle settimane precedenti il 26 marzo e a quelli che si presenteranno in seguito.
Il progresso del Paese, in mezzo alle profonde difficoltà causate dagli ostacoli esterni alla nostra economia, ma anche dalla burocrazia, dall’indifferenza e dalla corruzione – inaccettabili per principio – dipende in larga misura dal fatto che ogni deputato raccolga con impegno e dedizione la sfida storica che ci siamo posti: superare il blocco senza aspettare che venga tolto!
Miei connazionali:
Sono molto lieto di constatare il ringiovanimento del nostro Parlamento, quando una delle maggiori preoccupazioni degli ultimi mesi e anni è l’invecchiamento della popolazione e la forte emigrazione che coinvolge i segmenti più giovani della nostra società.
Vorrei ringraziare i giovani cubani per la loro ispirazione e il loro incoraggiamento, ma anche per la loro dedizione e il loro esempio, che sono stati decisivi per rendere possibile tutto ciò che abbiamo raggiunto, tutto ciò che abbiamo avanzato in mezzo alla burrasca di molte crisi: quella che ci inducono quando ci bloccano; quella che ci viene incontro perché viviamo in un mondo in crisi, e quella che noi stessi generiamo con le nostre inadeguatezze.
I giovani cubani sono tra coloro che creano questo Paese, tra coloro che sostengono questa Rivoluzione e il sogno di ciò che facciamo e faremo in futuro. Come tutto il popolo cubano, soffrono le necessità economiche e le loro terribili conseguenze. Ma sono anche i giovani che scavalcano il blocco, le carenze, quelli che vanno avanti nella loro vita quotidiana, con idee di futuro, pronti a fare di Cuba un Paese migliore, dall’interno o dall’esterno.
L’idea che sarà sempre possibile costruire un Paese migliore non può essere abbandonata, soprattutto in tempi difficili o sotto l’influenza di messaggi scoraggianti. Noi cubani abbiamo imparato a non arrenderci, perché non vediamo le difficoltà come un ostacolo, ma come una sfida. E le affrontiamo. Questo coraggio è una caratteristica della nostra idiosincrasia.
Come ho detto un anno fa, parlando ai giovani, nei miei anni di direzione della Lega dei Giovani Comunisti, Fidel una volta ci avvertì che in una Rivoluzione assediata e bloccata come la nostra, alcuni compagni si stancano, si burocratizzano, perdono l’entusiasmo dei primi tempi, e che noi dovevamo svolgere il ruolo di trampolino, di stimolatori, rivoluzionando la Rivoluzione.
Erano gli anni ’90, anni molto duri, con prezzi alle stelle per il poco che si poteva comprare; con blackout molto più lunghi di quelli di oggi, anche se con poche code ai distributori di benzina perché non c’era quasi mai carburante da servire.
Ci siamo preparati allora all’opzione zero, ma non abbiamo mai rinunciato a costruire un Paese migliore. Come l’eroico popolo vietnamita che, nel bel mezzo di una guerra terribile, progettava di costruire un Vietnam dieci volte più bello.
“Sono ancora i sogni che uniscono le persone, / come una calamita che le unisce ogni giorno”, cantava in quegli anni Gerardo Alfonso in un verso che definisce magnificamente il desiderio collettivo di costruire un Paese migliore. Per questo posso affermare che oggi possiamo fare meglio e che domani i giovani faranno ancora meglio, perché chi è nato da questi sogni non permetterà che sia altrimenti! (Applausi).
I giovani sono i migliori rivoluzionari perché riconoscono le difficoltà quotidiane, le affrontano e cercano di cambiarle, e molte volte ci riescono. Perché nonostante le avversità continuano a sorridere, ad amare e a credere nella possibilità di un Paese migliore, nonostante alcuni li invitino a non partecipare, a distruggere, a odiare.
Capiscono che, affinché un mondo migliore sia possibile, è necessario accettare le differenze degli altri, essere inclusivi, abolire ogni tipo di discriminazione e comprendere che l’equità è un valore di conquista che merita di essere coltivato in ogni società.
Lo hanno dimostrato difendendo come proprio il Codice di Famiglia e sostenendo tutte le giuste battaglie contro l’esclusione e le molestie, perché sono femministe, ambientaliste e antirazziste. E hanno rinnovato la loro passione per il baseball nazionale quando hanno messo insieme la Squadra Asere, del Clasico, continuando a seguire le loro squadre di calcio, e continuano a ballare e ad ascoltare la migliore musica cubana.
Spetta a ciascuno di noi, da parte sua, incoraggiare questo spirito giovanile a esprimersi e a mostrare ciò che può dare e ciò che può contribuire, evitando le manifestazioni che spesso colpiscono questo potenziale e sono legate alla mancanza di attenzione, alla vanità, alla gelosia, al pregiudizio e, ciò che è peggio, a schemi mentali superati dal tempo.
Dobbiamo convincere, ma soprattutto dimostrare ai nostri giovani che sarà possibile realizzarsi nella loro patria. Che propongano idee, progetti e dimostrino nella pratica la loro efficacia in termini di un Paese migliore.
Le misure adottate non possono morire a causa di ritardi ingiustificati nella loro attuazione. La vita di ciascuno non è eterna, e il tempo e le esigenze di tutti trafiggono lo spirito della nazione. Ogni volta che si presenta una soluzione, dobbiamo porre davanti a essa la dinamica dell’urgenza.
D’altra parte, non possiamo partecipare alla politicizzazione dell’emigrazione cubana, con la quale il nemico traffica. Dobbiamo difendere un rapporto con gli emigranti cubani che faccia capire loro che ammiriamo i loro trionfi e che la loro patria li rispetta, li guarda con orgoglio e attende il loro ritorno, semplicemente aspirando che rispettino e difendano la terra che li ha visti nascere e li ha formati con amore (Applausi).
Non sto parlando, ovviamente, di coloro che hanno venduto l’anima al diavolo, approfittando del dolore del popolo cubano in patetici spettacoli maccartisti. Sto parlando di coloro che, vivendo in qualsiasi parte del mondo, conservano l’amore per il proprio Paese d’origine e il desiderio che esso progredisca, nonostante le montagne di ostacoli che incontrano nelle relazioni con Cuba per una serie di ragioni e di motivi per non farlo.
Quelli di noi che resistono e costruiscono qui contano su quei cubani che non si vergognano delle loro origini per aiutare a sostenere la nazione.
Il socialismo è la cosa più vicina alla gioventù, perché non è un’opera finita, ma viene realizzata ogni giorno e l’energia e l’ambizione naturale dei giovani sono fondamentali per questo lavoro.
Ma perché la rivoluzione, perché il socialismo? A volte lo vediamo come il fine, l’obiettivo. La rivoluzione è il mezzo, il modo per raggiungere il massimo grado possibile di giustizia sociale e felicità per tutti.
Questo non può essere raggiunto in altri sistemi, dove il benessere è associato all’opulenza, dove alcuni hanno poco o praticamente nulla perché altri si appropriano della maggior parte della ricchezza creata da chi ha meno.
Il progetto Paese che abbiamo proposto mira a trovare una sinergia migliore, diversa da quella di altri modelli, che porti a maggiori livelli di equità e realizzazione, sia individuale che collettiva, che abbia l’impronta dei valori che condividiamo come società e che incorpori anche sostenibilità e prosperità. In un contesto così avverso come quello in cui viviamo, un’idea del genere può sembrare molto ambiziosa.
Ma è sempre difficile intraprendere qualcosa di nuovo, soprattutto quando si tratta di costruire un diverso paradigma di società. Mancano i punti di riferimento per il confronto, oppure quelli utili sono per certi aspetti in linea con esso, ma per altri non sono compatibili per questioni culturali o assiologiche. Il fatto che sia difficile non deve farci pensare che sia rinunciabile. La nostra storia è piena di impossibilità. È una tradizione superare le sfide; più e più grandi sono le sfide, maggiore è lo slancio e l’ansia di superarle. Dobbiamo sapere che possiamo e che dobbiamo raggiungerle! (Applausi).
Non è stato un miracolo a portarci in questo momento storico. È stata una rivoluzione iniziata nel 1868, combattendo quasi senza armi contro il più potente impero del suo tempo, per l’indipendenza, la sovranità e la fine della schiavitù.
È stata la lotta di un uomo piccolo, malato e povero, ma illuminato da idee umaniste universali, per unire tutte le generazioni che non erano riuscite a realizzare quei sogni.
Furono altri uomini e donne a soffrire la frustrazione di quegli aneliti e a dare continuità alla lotta, allora contro la nuova dipendenza e un altro grande impero.
E fu una generazione, erede di tutte quelle che l’avevano preceduta, a riassumere l’eredità in uno zelo libertario che finalmente conquistò con le armi l’indipendenza e la sovranità. E nel possesso definitivo di queste conquiste, si è impegnata ed è riuscita a far crescere una nazione libera, rispettata e ammirata nel resto del mondo per la sua dignità, la sua voce, la sua solidarietà con tutte le cause giuste e l’educazione e il talento dei suoi figli.
Si tratta, insomma, di un popolo eroico che non si è mai stancato di lottare e il cui eroismo ha dato origine a leader che, quasi due secoli dopo, continuano a ispirarlo. Martí e Fidel emergono come simboli di questa straordinaria ricchezza nazionale.
A Raúl, il leader della Rivoluzione cubana, il continuatore delle tradizioni di lotta e la guida di quelli di noi che assumono le più alte responsabilità nel Paese, grazie per il suo sostegno e la sua fiducia, che non deluderemo mai (Applausi).
A Cuba, al popolo cubano, il nostro riconoscimento per il vostro coraggio, per la vostra dignità, per la vostra lealtà come protagonisti di un altro aprile di vittorie! (Applausi).
Caro popolo a cui sono orgoglioso di appartenere, ricevi il rispetto, l’ammirazione e l’immenso affetto di chi si sente sempre in debito con te. Oggi ratifico che vi servirò con passione, impegno, senza reticenze, fino alle ultime conseguenze (Applausi).
Compagni, l’avete detto: l’unità e la vittoria sono la speranza, l’unità e la vittoria sono il presente e il futuro della patria e del socialismo!
¡Patria o Muerte!
¡Venceremos!
Fonte: Granma
Traduzione: italiacuba.it
Discurso pronunciado por Miguel Mario Díaz-Canel Bermúdez, Primer Secretario del Comité Central del Partido Comunista de Cuba y Presidente de la República, en la Sesión Constitutiva de la X Legislatura de la Asamblea Nacional del Poder Popular, en el Palacio de Convenciones, el 19 de abril de 2023, “Año 65 de la Revolución”
Querido General de Ejército Raúl Castro Ruz, líder de la Revolución Cubana;
Queridos compañeros de la Generación Histórica que nos acompañan;
Nuevos miembros del Consejo de Estado;
Miembros del Consejo de Ministros;
Invitadas e invitados;
Diputadas y diputados:
Nuestras primeras palabras son para extender la felicitación a las compañeras y compañeros hoy elegidos o designados, respectivamente, para ocupar la dirección de la Asamblea Nacional del Poder Popular, el Consejo de Estado y el Consejo de Ministros.
¡Felicidades a todos en el Día de la Victoria! El 19 de abril de 1961, en las arenas de Playa Girón, Cuba ganó el derecho a celebrar este día, al propinarle su primera gran derrota al imperialismo en América (Aplausos y exclamaciones de: “¡Viva Fidel!”).
Se trata del triunfo de lo justo sobre lo injusto, del pequeño David frente al gigante Goliat, de una Revolución socialista frente a las narices de un imperio, tal como la definió Fidel en 23 y 12, en la despedida de duelo por las víctimas del bombardeo a los aeropuertos de Ciudad Libertad, Santiago de Cuba y San Antonio de los Baños, en el preludio de la invasión.
Es tan épica esa victoria que 62 años después los derrotados no han podido perdonarnos. Y es gracias a esa victoria que hoy instalamos, por décima vez, la Asamblea del Pueblo (Aplausos).
Las 470 personas que recién juramos como diputadas y diputados no ganamos el curul por tener más dinero o el respaldo de partidos electorales, cuyo único fin es colocar en el lugar donde se deciden las leyes del país a un defensor de los intereses de determinados grupos de poder.
Cada uno de nosotros está sentado aquí para defender los intereses de la mayoría y no vamos a cobrar más ni vamos a recibir prebendas por ejercer como diputada o diputado, como sí ocurre en tantos países que presumen de modelos democráticos multipartidistas.
Cuba defiende el Partido único, garantía de la unidad desde que José Martí fundó el Partido Revolucionario Cubano, porque está en la raíz de nuestra historia y porque no se disgregan ni se confrontan las fuerzas de una pequeña nación que hace 200 años fue oficialmente declarada como apéndice para anexar al poderoso vecino, cuando ya se gestaba un voraz imperio.
En unos días, el 28 de abril, se cumplirán dos siglos de que el entonces secretario de Estado y más tarde presidente de la Unión, John Quincy Adams, dejara definida para Cuba su teoría de la “fruta madura”: “…hay leyes de gravitación política como las hay de gravitación física, y así como una fruta separada de su árbol por la fuerza del viento no puede, aunque quiera, dejar de caer en el suelo, así Cuba una vez separada de España y rota la conexión artificial que la liga con ella, es incapaz de sostenerse por sí sola, tiene que gravitar necesariamente hacia la Unión Norteamericana, y hacia ella exclusivamente, mientras que a la Unión misma, en virtud de la propia ley, le será imposible dejar de admitirla en su seno”.
Desde aquel anuncio de abril hasta la promulgación de la Doctrina Monroe, en diciembre de 1823, transcurrieron meses. Pero desde entonces hasta los días que corren, durante 200 años, la política del vecino poderoso ha sido una sola, aunque se alternen dos partidos en el poder. Para Cuba, al menos, es muy difícil distinguirlos, mientras, por ejemplo, prácticamente todas las medidas aplicadas por el republicano Donald Trump para reforzar el bloqueo las mantenga su adversario político el demócrata Joe Biden.
“Remember Girón”, advertían nuestros padres ante cada nueva amenaza de invasión que hubo después de 1961. La consigna permanece viva en el imaginario popular, porque la actitud mercenaria también lo está. Sin Nicaragua y sin Somoza, ahora los invasores entrenan en los Everglades y amenazan desde sus cuevas en las redes sociales.
El poderoso vecino sigue siendo generoso con los “prestados” para destruir a la Revolución y cada año destina decenas de millones de dólares a quienes se ofrecen para subvertir el orden interno en Cuba, ya sea de modo presencial o vía Internet.
Ni un solo día en estos años, hemos dejado de sentir los golpes de esa guerra no declarada contra la economía y la sociedad; contra la vida cotidiana y los sueños de progresos de toda una nación.
Así como recordamos Girón, recordaremos siempre la crueldad del bloqueo reforzado en condiciones de pandemia; la infame inclusión de Cuba en una lista de supuestos patrocinadores del terrorismo para sitiar todas las vías financieras; el oxígeno que se negaron a darnos, mientras estimulaban rebeliones callejeras, de algún modo nos lo negaban ya al cerrar cada posibilidad de comercio o financiamiento.
De todas esas batallas va saliendo vencedor el pueblo y no tengo ninguna duda de que, como en Girón, ¡seguiremos venciendo! Cuba mantiene intacta su línea de principios y su disposición al diálogo, pero sin presiones ni condicionamientos.
Pero, tanto va el cántaro a la fuente hasta que se rompe. Un día, más temprano que tarde, tendrá que cesar la política de la hegemonía; el multilateralismo ocupará su espacio y Cuba podrá probar hasta dónde puede llegar una nación de gente noble, creativa y talentosa unida en torno a objetivos claros, si se le libera de presiones y bloqueos.
Ahora, concentrémonos en lo que nos toca y podemos hacer, incluso atados de pies y manos. Para pensar y trabajar juntos, pasando por encima de esas condiciones que no podemos cambiar, se funda esta X Legislatura.
Todos nosotros tendremos ahora menos tiempo para nuestras familias y profesiones, menos horas de descanso. Solo nos esperan mayores responsabilidades y un elevado deber: servir al pueblo de Cuba, conectados siempre con sus demandas y necesidades.
Me detengo aquí para puntualizar lo que considero que deberá distinguir a la nueva legislatura: el contacto permanente con los barrios, con las comunidades, con los que nos eligieron, conscientes de que no podemos hacer milagros, pero sí podemos transformar la desafiante realidad de Cuba hoy si logramos crear la sinergia indispensable entre los esfuerzos individuales y colectivos; entre los barrios y los municipios; entre los municipios y la provincia, entre las provincias y la nación.
Compatriotas:
Desde los primeros tiempos del Poder Popular, la consigna fue elegir a los mejores. Pero elegir buenos entre buenos, siempre será un ejercicio difícil e incompleto.
Es por eso que invitamos a una representación de personas de extraordinarios valores, como ustedes, pero que no estuvieron en las candidaturas por una razón obvia: hay muchos más buenos cubanos que escaños en el Parlamento (Aplausos).
Aquí están invitados rescatistas del hotel Saratoga y de la Base de Supertanqueros (Aplausos); creadores de vacunas y medicamentos que nos salvaron de la COVID-19 (Aplausos); innovadores e investigadores que han participado en la creación de ventiladores pulmonares, en la creación de prótesis de cadera, piezas para plantas eléctricas (Aplausos); estudiantes y profesores que pasaron sus vacaciones trabajando en Zona Roja y en la reconstrucción de escuelas y casas arrasadas por el huracán Ian (Aplausos). Está Alexis Leiva Machado, Kcho, con su mítica Brigada Martha Machado, que levantó una escuela nueva y varias casas en el lugar más devastado, por donde entró el ciclón y que continúa trabajando en esa comunidad en varios proyectos (Aplausos); juristas que nos acercaron a la comprensión del Código de las Familias (Aplausos); líderes de proyectos comunitarios, delegados de base que desarrollan un buen papel, como “Paquito de Cuba” (Aplausos), entre otros muchos que podían estar y que no caben en este recinto (Aplausos). ¡Por eso, en esta Asamblea está el pueblo de Cuba! (Aplausos prolongados.)
Difícilmente olvidaremos aquellos días inciertos en que apenas dormimos y al despertar la primera mirada iba directo a las cifras de la COVID-19.
Estoy bastante seguro de que ninguna simulación de Inteligencia Artificial podría resumir la proeza del pueblo cubano en los últimos años. La resistencia creativa de la gente de este país, su resiliencia, supera los límites de cualquier simulación o predicción. No hay algoritmo capaz de reflejar todo lo que vivimos. Eso solo puede ser sentido (Aplausos).
¡Cuba es un sentimiento, y es una fuerza capaz de enfrentar y vencer los peores vendavales!
La economía mundial, incierta e inestable en todas las latitudes, plantea el primer y mayor desafío para el nuevo Consejo de Ministros, que debe contar con el acompañamiento fundamental de todos para enfrentar obstáculos y resolver ineficiencias.
En lo inmediato, la dirección principal debe centrarse en la producción de alimentos, el aprovechamiento de las capacidades productivas ociosas, el incremento de los ingresos en divisas, las transformaciones que requiere la empresa estatal socialista, la eficiencia del proceso inversionista, la complementariedad de los actores económicos y la participación de la inversión extranjera. Todo ello en función de incrementar la oferta de bienes y servicios y controlar la inflación, lo que se constituye en la principal prioridad de trabajo en la batalla económica. Hay que asumir ese gigantesco desafío sin desalientos.
Con el recrudecimiento del bloqueo, la crisis mundial y nuestras incapacidades la situación económica y social del país se ha complejizado mucho, y los sueños, planes y proyectos a los que nunca renunciaremos se ralentizan. A veces parece que nunca serán posibles. Pero si repasamos la dinámica de los últimos cinco años, comprobaremos que, bajo las peores circunstancias y las más criminales presiones, nos convertimos en uno de los pocos países que se salvó a sí mismo de la pandemia con sus propios esfuerzos y talento.
Cuando me preguntan de dónde saco el optimismo para enfrentar tantos problemas, yo pienso en esas proezas. En eso y en cientos de soluciones y propuestas de soluciones que encuentro cada vez que veo a personas que invierten inteligencia y energías en el afán de encontrar soluciones a los problemas de su entorno, en lugar de llenarse de lamentos y acusaciones.
Respeto profundamente el derecho de cada cual a expresar sus quejas, pero no puedo dejar de contrastar actitudes: la de los que critican del modo más efectivo, luchando, haciendo, mostrando o creando soluciones, y la de aquellos que solo ven los errores y las culpas de otros.
Diputadas y diputados:
En los últimos seis meses se han realizado en el país tres procesos de votación popular, todos en un contexto de aguda crisis y bajo el ataque de una campaña mediática orientada a imponer las matrices de un Estado fallido debido a un gobierno incapaz y a diseminar el odio.
El verdadero enemigo de la nación cubana apuesta al estallido para apoderarse del país y devolverlo a la era neocolonial que ya sufrimos y conocemos, ese enemigo vio en cada una de las votaciones recientes: el Referendo del Código de las Familias, las elecciones para delegados y luego para diputados, un momento clave para el ataque a la legitimidad del Gobierno y cifró sus esperanzas en la posibilidad de un alto abstencionismo.
La prueba más fehaciente de que esa era la idea fueron los titulares del día siguiente. Todos, prácticamente sin excepción, hablaban de abstencionismo histórico, aunque tanto el nivel de participación como el voto válido y el voto unido, estaban por encima de la media de otros modelos de democracia en el mundo.
Los que vaticinaban una alta abstención, conscientes de que el viejo diseño de Lester Mallory de emplear la guerra económica a fondo para generar dificultades que induzcan a la apatía política, volvieron a quedarse con las ganas.
Ese 75,8 % de participación no hubiera sido posible sin la confianza del pueblo en la Revolución. Y esa confianza se expresa en participación. Fue una muestra de civismo, pero también de patriotismo y, sobre todo, de conciencia política. ¡Ahora esa confianza no la podemos defraudar! Nos tiene que comprometer más a todos. Nos obliga a trabajar por todo el país, en representación de toda Cuba.
Si trabajamos sistemáticamente en cada uno de los municipios o distritos, si acompañamos a las autoridades locales sin suplantar funciones, si seguimos escuchando a la gente y llevamos a instancias superiores problemas que sobrepasan las posibilidades de los territorios, estoy seguro de que lograremos avances cotidianos en la solución de estos asuntos.
La transparencia de nuestro proceso electoral han tratado de negarla también, pero no tienen ni una sola prueba que pueda poner en duda su limpieza.
Desde las propuestas de los precandidatos en los plenos de las organizaciones sociales y estudiantiles comienza a expresarse la transparencia, que prosigue con el análisis y aprobación de las candidaturas en las asambleas municipales.
Se demostró que cuando se interactúa constantemente con las bases populares, de las cuales todos somos parte y a las cuales nos debemos, podemos ayudar a resolver los problemas antes de que se hagan más graves e irritantes.
¿Cuántas dificultades y deficiencias acumuladas no se resolvieron en los días de intercambio con los electores? Por eso insisto en que debemos mantener y perfeccionar ese sistema de trabajo y que sea una prioridad de la nueva Legislatura.
Hay que dar respuesta a todos los planteamientos hechos por el pueblo en los encuentros de las semanas previas al 26 de marzo y a los que se originarán después.
El avance del país en medio de las profundas dificultades que generan los obstáculos externos a nuestra economía, pero también el burocratismo, la indiferencia o la corrupción –inaceptable por principio–, depende en mucho de que cada diputada y diputado asuma con entrega y compromiso, el histórico desafío que nos hemos planteado: ¡vencer al bloqueo sin esperar que lo levanten! (Aplausos.)
Compatriotas:
Me complace mucho ver cuánto se ha rejuvenecido nuestro Parlamento, cuando una de las mayores preocupaciones de los últimos meses y años es el envejecimiento poblacional y la alta emigración que involucra a los segmentos más jóvenes de nuestra sociedad.
Quiero dar gracias a los jóvenes cubanos por la inspiración y el estímulo, pero también por la consagración y el ejemplo, que fueron decisivos para hacer posible todo lo que hemos logrado, lo que hemos avanzado en medio del vendaval de muchas crisis: la que nos inducen cuando nos bloquean; la que nos llega porque sí, porque vivimos dentro de un mundo en crisis, y la que generamos nosotros mismos con nuestras insuficiencias.
Los jóvenes cubanos están entre los que hacen este país, los que sostienen esta Revolución y el sueño de lo que hacemos y haremos en el futuro. Como todo el pueblo cubano, sufren las necesidades económicas y sus terribles consecuencias. Pero son jóvenes también los que saltan por encima del bloqueo, de las carencias, los que hacen su día a día, con ideas de futuro, dispuestos a hacer de Cuba un país mejor, desde dentro o desde afuera.
La idea de que siempre será posible levantar un país mejor jamás puede abandonarse, menos en los tiempos difíciles o bajo el influjo de los mensajes desalentadores. Los cubanos hemos aprendido a no darnos por vencidos, porque no vemos en la dificultad un obstáculo, sino un desafío. Y lo enfrentamos. Ese temple es una característica de nuestra idiosincrasia.
Como expresé hace un año hablando con jóvenes, en mis años de dirigente de la Unión de Jóvenes Comunistas, en una ocasión Fidel nos advirtió que en una Revolución asediada y bloqueada como la nuestra algunos compañeros se cansan, se burocratizan, pierden el entusiasmo de los primeros tiempos y que nosotros teníamos que hacer el papel de resorte, de estimuladores, revolucionando la Revolución.
Fue en los noventa, años muy duros, con los precios disparados al infinito para lo poco que se podía comprar; con apagones mucho más largos que los actuales, aunque con pocas colas en las gasolineras porque casi nunca había combustible para servir.
Nos preparamos entonces para la Opción Cero, pero jamás renunciamos a construir un país mejor. Como el heroico pueblo vietnamita que, en medio de una guerra terrible, se planteaba levantar un Vietnam diez veces más hermoso.
“Son los sueños todavía, los que tiran de la gente, /como un imán que los une cada día”, cantaba por aquellos años Gerardo Alfonso en un verso que define bellamente el afán colectivo de levantar un país mejor. Por eso puedo afirmar que lo podemos hacer mejor hoy y que mañana los jóvenes lo harán mejor aún, ¡porque quien nació de esos sueños no permitirá que sea de otra manera! (Aplausos.)
Son los jóvenes los mejores revolucionarios porque reconocen las dificultades diarias y se enfrentan a ellas y tratan de cambiarlas, y lo logran muchas veces. Porque a pesar de la adversidad siguen sonriendo, amando y creyendo en la posibilidad de un país mejor, a pesar de que algunos los conviden a no participar, a destruir, a odiar.
Entienden que para que un mundo mejor sea posible hay que aceptar las diferencias del otro, ser inclusivos, abolir las discriminaciones de cualquier clase y comprender que la equidad es un valor de realización que merece cultivarse en cualquier sociedad.
Lo demostraron defendiendo el Código de las Familias como algo propio y apoyando todas las batallas justas contra la exclusión y el acoso, porque son feministas, ambientalistas y antirracistas. Y renovaron la pasión por el béisbol nacional cuando se armó el Team Asere, del Clásico, sin dejar de seguir a sus equipos de fútbol y siguen bailando y disfrutando la mejor música cubana.
A cada uno de nosotros, por nuestra parte, nos toca estimular que ese espíritu juvenil se exprese y que demuestren lo que pueden dar y lo que pueden aportar, evitando las manifestaciones que muchas veces afectan esas potencialidades y están relacionadas con la falta de atención, la vanidad, los celos, los prejuicios y, lo que es peor, esquemas mentales vencidos por el tiempo.
Hay que convencer, pero sobre todo probarles a nuestros jóvenes que sí les será posible realizarse en su patria. Que propongan ideas, proyectos y prueben en la práctica su eficacia en función de un país mejor.
Las medidas que se aprueben no pueden morir por demoras injustificadas en su aplicación. La vida de cada persona no es eterna y el tiempo y las necesidades de todos taladran el espíritu de la nación. Cada vez que una solución aparezca, debemos colocarle delante la dinámica de lo urgente.
Por otro lado, no podemos ser parte de la politización de la emigración cubana, con la que trafica el enemigo. Debemos defender una relación con los emigrados cubanos que les deje claro que admiramos sus triunfos y que su patria los respeta, los mira orgullosa y los espera de regreso, aspirando simplemente a que respeten y defiendan el suelo que los vio nacer y los formó con amor (Aplausos).
No estoy hablando, por supuesto, de los que le han vendido el alma al diablo, lucrando con el dolor del pueblo cubano en patéticos shows macartistas. Hablo de esos que, viviendo en cualquier lugar del mundo, conservan el amor hacia su país de origen y los deseos de que progrese, a pesar de las montañas de obstáculos que les representa relacionarse con Cuba por diversidad de razones y sinrazones.
Los que aquí estamos resistiendo y construyendo contamos con esos cubanos que no se avergüenzan de sus orígenes para ayudar a sostener la nación.
El socialismo es lo más cercano que hay a la juventud, porque no es una obra acabada, se va haciendo todos los días y la energía y la ambición natural de los jóvenes son fundamentales en esa obra.
Pero ¿por qué la Revolución? ¿Por qué el socialismo? A veces lo vemos como el fin, la meta. La Revolución es el medio, es la vía de conquistar para todos el mayor grado de justicia social posible y también de felicidad.
Eso no es posible lograrlo en otros sistemas, donde el bienestar se asocia a la opulencia, donde unos tienen muy poco o no tienen prácticamente nada porque otros se apropian de la mayor parte de la riqueza creada por los que menos tienen.
El proyecto de país que nos hemos propuesto pretende encontrar una mejor sinergia, diferente a la de otros modelos, que conduzca a mayores niveles de equidad y de realización, tanto a nivel individual como colectivo, que tenga el sello de los valores que compartimos como sociedad y que además incorpore sostenibilidad y prosperidad. En un contexto tan adverso como en el que nos ha tocado vivir, tal idea puede sonar muy ambiciosa.
Pero siempre es arduo cuando se emprende algo novedoso, más cuando se trata de construir un paradigma diferente de sociedad. Escasean los referentes para comparar, o los que sirven se ajustan en algún sentido, pero en otros carecen de compatibilidad por cuestiones culturales o axiológicas. Que sea difícil, no nos puede conducir a pensar que es renunciable. De imposibles está llena nuestra historia. Es una tradición superar retos; mientras más y mayores sean, más ímpetu y ansiedad por superarlos. ¡Tenemos que saber que podemos y que debemos lograrlo! (Aplausos.)
No fue un milagro lo que nos trajo hasta este momento de la historia. Fue una Revolución que comenzó en 1868, peleando casi sin armas contra el imperio más poderoso de su época, por obtener independencia, soberanía y el fin de la esclavitud.
Fue la pelea de un hombre menudo, enfermo y pobre, pero iluminado de ideas universales humanistas, para unir a todas las generaciones que no habían logrado cumplir aquellos sueños.
Fueron otros hombres y mujeres que sufrieron la frustración de aquellos anhelos y le dieron continuidad al combate, entonces contra la nueva dependencia y otro gran imperio.
Y fue una generación heredera de todas las que le antecedieron que resumió el legado en un afán libertario que conquistó por fin la independencia y la soberanía con las armas. Y en posesión definitiva de esas conquistas, se propuso y logró levantar una nación libre, respetada y admirada en el resto del mundo por su dignidad, su voz propia, su solidaridad con todas las causas justas y la educación y el talento de sus hijos.
Es, en síntesis, un pueblo heroico que jamás se cansó de luchar y de cuyo heroísmo brotaron líderes que casi dos siglos después lo siguen inspirando. Herederos de todos y enlace entre todas las generaciones emergen Martí y Fidel como símbolos de esa extraordinaria riqueza nacional.
A Raúl, líder de la Revolución Cubana, continuador de las tradiciones de lucha y guía de quienes asumimos las más altas responsabilidades en el país, ¡gracias por el apoyo y la confianza que no defraudaremos jamás! (Aplausos.)
¡A Cuba, al pueblo cubano, nuestro reconocimiento por su valor, por su dignidad, por su fidelidad como principal protagonista de otro abril de victorias! (Aplausos.)
Querido pueblo al que me enorgullece pertenecer, recibe el respeto, admiración y el inmenso cariño de quien se siente deudor siempre. Hoy ratifico que te serviré con pasión, compromiso, sin desgano, hasta las últimas consecuencias (Aplausos).
Compañeras y compañeros, ustedes lo han dicho: ¡La unidad y la victoria son la esperanza, la unidad y la victoria son el presente y el futuro de la patria y el socialismo!
¡Patria o Muerte!
¡Venceremos!
Díaz-Canel sottolinea il ruolo dei giovani nelle vittorie di Cuba
Il presidente cubano Miguel Díaz-Canel ha evidenziato ieri il ruolo guida del popolo e dei giovani cubani nella resistenza della nazione alle aggressioni esterne e negli sforzi per lo sviluppo.
Intervenendo alla Sessione Costitutiva dell’Assemblea Nazionale del Potere Popolare (Parlamento) nella sua X Legislatura, dove è stato eletto per un secondo mandato, ha assicurato che risponderà alla fiducia riposta con passione, impegno e senza riluttanze, fino alle ultime conseguenze.
Ha fatto riferimento alle continue vessazioni dei nemici della Rivoluzione per invertire il processo di trasformazione che l’isola sta promuovendo.
Ha affermato che prova inconfutabile di queste intenzioni è l’intensa campagna mediatica con cui si cerca di delegittimare i recenti processi elettorali sviluppatisi nell’isola, in cui si parlava di astensionismo, quando in realtà queste elezioni hanno avuto una percentuale di presenze superiore alla media di altri modelli di democrazia nel mondo.
Sono stati frustrati nel loro desiderio, l’alto livello di partecipazione ha dimostrato la fiducia del popolo nella Rivoluzione. È stata una dimostrazione di civiltà, patriottismo e soprattutto consapevolezza politica, ha detto.
Ora non possiamo deludere questa fiducia, dobbiamo coinvolgere sistematicamente tutti noi in ognuno dei comuni e delle frazioni del paese, ascoltare le preoccupazioni della popolazione, sostenere gli enti locali, senza soppiantarne le funzioni, ed elevare i problemi che vanno oltre il potere dei territori.
Il progresso del paese -ha detto- dipende molto da ogni deputato che assume con dedizione e impegno la sfida che ci siamo posti: superare il bloqueo degli Stati Uniti senza aspettare che venga soppresso.
Il presidente cubano ha evidenziato l’alta partecipazione dei giovani nel nuovo parlamento, ed ha ringraziato le nuove generazioni per essere ispirazione, incoraggiamento e protagoniste delle battaglie della Rivoluzione.
Sono i più giovani i migliori rivoluzionari, perché riconoscono le difficoltà quotidiane e le affrontano e provano a cambiare la situazione, perché nonostante le avversità continuano a sorridere, amare e credere nella possibilità di un paese migliore nonostante alcuni li invitino a non partecipare, distruggere, odiare, essere controrivoluzionari.
Sta a noi, ha affermato Díaz-Canel, incoraggiare questo spirito giovanile ad esprimersi; dobbiamo convincere, ma soprattutto dimostrare ai nostri giovani che sapranno e potranno realizzarsi nella loro patria.
Nel suo discorso, il capo dello Stato cubano ha assicurato che il progetto cubano comprende la sua emigrazione impegnata a costruire un paese migliore; coloro che -ha fatto notare- conservano l’amore per la terra d’origine ed il desiderio che essa progredisca.
Non possiamo essere parte della politicizzazione dell’emigrazione cubana, con chi il nemico traffica spudoratamente. Dobbiamo difendere un rapporto che faccia capire loro che ammiriamo i loro trionfi e che la loro patria li rispetta, li ammira con orgoglio e attende il loro ritorno, semplicemente aspirando a che rispettino e difendano il suolo dove sono nati e dove sono stati cresciuti con amore.
Ha espresso che il progetto paese proposto vuole raggiungere una migliore sinergia, diversa da quella di altri modelli, che porti a livelli più elevati di equità e realizzazione individuale e collettiva, “che abbia il sigillo dei valori che condividiamo come società e incorpori sostenibilità e prosperità”.
“Questo è un popolo eroico, che non si è mai stancato di combattere, e da questa stirpe sono nati uomini di cui, il popolo, continua a trarre ispirazione”, ha concluso.
da Prensa Latina, traduzione di Ida Garberi
