Edmundo García https://lapupilainsomne.wordpress.com
In giugno entriamo nella metà del 2015 e più si avvicinano le elezioni presidenziali 2016 negli USA; per questo mi piacerebbe rivedere i suoi possibili risultati, le alternative che apre o chiude, in quanto vi sono forze oscure che stanno scommettendo su una svolta reazionaria a destra.
Io non sono un fanatico della politica USA, ma considero che si debba pensare a ciò più conveniente, che da loro risultati, per Cuba, l’America Latina ed il futuro di questo mondo.
I votanti USA già videro in tv, durante la campagna presidenziale 1992, un match che si annunciava come Bush vs Clinton. E’ altamente probabile che lo ritornino a vedere, nel 2016, se come molti credono si affrontino per la Casa Bianca l’ex governatore della Florida, Jeb Bush, e l’ex senatrice ed ex Segretaria di Stato Hillary Clinton.
Si scrive uguale (Bush vs Clinton) ma solo sembra, poiché l’eredità di Bill pesa meno a Hillary che il peso che Jeb deve trascinare ogni volta che la stampa gli chiede della relazione che ha con la politica di suo padre George H. W.; e soprattutto con la nefasta storia di suo fratello George W.
L’elettore USA si trova ha di fronte a sè una nutrita lista di pretendenti del Partito Repubblicano alla presidenza USA. Anche se Jeb Bush non ha ufficialmente lanciato la sua campagna, di fatti viene considerato come uno dei candidati. E non un altro candidato, ma piuttosto come quello, che presumibilmente, sarà nominato dalla convenzione del suo partito per affrontare la nominata Democratica.
La rancorosa destra cubano-americana della Florida sente un pò pena per il senatore Marco Rubio e non lo confessa apertamente, ma da un pò ha deciso di sostenere Jeb Bush, che in un recente incontro organizzato nel salone Jorge Mas Canosa di Sweetwater in Miami, è stato dichiarato come il prossimo presidente USA dall’ex congressista Lincoln Diaz-Balart.
Dopo il ritorno dei Cinque, dell’incontro tra il presidente cubano Raul Castro ed il presidente Barack Obama nel VII Vertice di Panama, della serie d’incontri tra Roberta Jacobson e Josefina Vidal, e dell’esclusione di Cuba dall’arbitraria lista di Paesi promotori del terrorismo, la destra cubano-americana ha tre arrugginiti chiodini a cui aggrapparsi per cercare di sopravvivere alla propria debacle.
Il primo di questi chiodini è che Jeb Bush vinca le elezioni presidenziali del 2016 e adempi le “promesse” d’invertire i passi storici che in relazione a Cuba ha fatto il presidente Obama.
Un altro chiodino è che il senatore Bob Menendez abbia fortuna ed i suoi avvocati riescano a farlo uscire il meno danneggiato possibile dalle accuse di corruzione che affronta. E il terzo chiodino è che il rappresentante Carlos Curbelo, l’amanuense legislativo delle atrocità anticubane che elabora la congressista Ileana Ros-Lehtinen, possa essere rieletto nel 2016, nonostante il salto a congressista di una sola mossa che comincia a distaccare da quando a lui li è venuto in mente di modificare la Legge di Aggiustamento Cubano e cercare di limitare i viaggi verso l’isola, a Miami, che è tanto cambiata e vede come qualcosa di non negoziabile il diritto di comunicare liberamente con Cuba.
Il 2 dicembre 2014, nell’Hotel Biltmore di Coral Gables, Jeb Bush ha tenuto un discorso davanti ad un pubblico per lo più di cubano-americani del Partito Repubblicano, dove ha elencato una serie di condizioni politiche apparentemente obbligatorie per Cuba, se voleva avere relazioni con gli USA e ottenere che il blocco fosse rimosso. Jeb Bush ha cercato di sollevare il morale di quello che lui chiamò il suo “esercito per la democrazia cubana” ed è tornato a scommettere sull’ipotesi che Cuba cambierebbe quando scomparirà la generazione storica della Rivoluzione. “Alla fine, i Castro moriranno e questo è un buon momento per portare la democrazia e la libertà a Cuba, con i leader che sono, in questo momento, in questa salone”, ha detto quel giorno Bush.
La congressista Ileana Ros-Lehtinen uscì con le batterie tanto cariche da queste illusorie promesse di Jeb Bush, che alla cerimonia di giuramento di Carlos Curbelo come congressista eletto, che ebbe luogo presso la Corte Federale di Miami, ha dichiarato: “Con Jeb Bush andiamo a riconquistare il potere politico e la Casa Bianca, è giunto il momento che il Partito Repubblicano assuma le redini di questo paese già che l’amministrazione Obama non ha fatto altra cosa che portare la nazione alla perdita di prestigio politico e mondiale”.
Il 26 marzo Jeb Bush ha rilasciato un’intervista a Fox News, dove circa una domanda sull’accusa di diserzione fatta contro lui dal sergente USA Bowe Bergdahl, ha detto che la Base navale di Guantanamo deve mantenere le sue funzioni attuali, con cui scartava le giuste rivendicazioni di sovranità di Cuba su quel territorio illegalmente occupato.
Davanti al recente annuncio da parte del Dipartimento di Stato dell’ esclusione di Cuba dalla lista arbitraria di paesi sponsor del terrorismo, Jeb Bush ha reagito definendolo un “errore” e “concessione unilaterale a L’Avana”.
Pertanto, se tra la lunga lista di aspiranti alle presidenziali Repubblicane Jeb Bush è il candidato con più probabilità di vincere la nomina del suo partito (nella settimana terminata il Fox News ha pubblicato un sondaggio con le seguenti intenzioni di voto: Jeb Bush 14.8 %, Walker 13%, Rubio 12,2%, Huckabee 9,2%, Carson 9,2%, Paul 9% e Cruz 8%); e se quella descritta sin qui è la politica che Jeb Bush intende seguire per quanto riguarda Cuba, se risultasse eletto presidente, allora non abbiamo altra scelta che giocarcela con Hillary Clinton, “obligao carabina” (o così o così).
È vero, non dobbiamo dimenticare che Hillary è parte dell’establishment politico USA e che ad essere eletta farà politiche che le persone progressiste non accetteranno. Ma non possiamo neppure dimenticare che Hillary ha condiviso tutta l’esperienza, del problema cubano, che accumulò Bill Clinton quando era governatore dell’Arkansas, e presidente USA per due mandati. Questo, insieme alla sua esperienza personale come studente universitaria, avvocatessa, senatrice e Segretaria di Stato dell’amministrazione Obama, formano un percorso che sicuramente le consiglierà, di procedere con Cuba, con rispetto e buon senso. A differenza di quanto farebbe Jeb Bush se arriva alla Casa Bianca.
Senza che sia una garanzia o impegno inviolabile, è sicuramente incoraggiante che nel suo libro biografico “Hard Choices” (Scelte difficili) Hillary Clinton abbia confessato che al termine del suo mandato come Segretaria di Stato disse al presidente Obama che mantenere la politica dell’embargo a Cuba non stava dando risultati, e che lungi da ciò era un ostacolo per mantenere adeguate relazioni con il resto dei paesi dell’America Latina.
Naturalmente, ciò che avverto in questo articolo ha validità se, definitivamente, Hillary ottiene la nomina dal Partito Democratico. Se ciò non accade, continueremo avvisando e condividendo idee affinrché le cattive pietre si dicostino dal cammino di Cuba.(www.latardesemueve.com)
Con Hillary Clinton, “obligao carabina”
Edmundo García
Con el mes de junio entramos en la mitad del año 2015 y se aproximan más las elecciones presidenciales del 2016 en los Estados Unidos; por eso me gustaría ir repasando sus posibles resultados, las alternativas que abre, o que cierra, pues hay fuerzas oscuras que están apostando por un vuelco reaccionario a la derecha. Yo no soy fanático de la política norteamericana, pero considero que hay que pensar en lo más conveniente que de ella resulte para Cuba, América Latina y el futuro de este mundo.
Los votantes norteamericanos ya vieron en sus televisores, durante la campaña presidencial de 1992, un match que se anunciaba como Bush vs Clinton. Es altamente probable que lo vuelvan a ver en el 2016, si como muchos piensan se enfrentan por la Casa Blanca el ex gobernador de Florida Jeb Bush y la ex senadora y ex Secretaria de Estado Hillary Clinton.
Se escribe igual (Bush vs Clinton) pero es solamente parecido, ya que el legado de Bill le pesa menos a Hillary que el fardo que Jeb tiene que arrastrar cada vez que la prensa le pregunta por la relación que guarda con la política de su padre George H. W; y sobre todo con el nefasto historial de su hermano George W.
El elector norteamericano tiene ante sí una nutrida lista de pretendientes del partido Republicano a la presidencia de Estados Unidos. Aunque Jeb Bush no ha lanzado oficialmente su campaña, de hecho se le trata como uno de los candidatos. Y no un candidato más, sino como el que presuntamente será nominado por la convención de su partido para enfrentar a la nominación Demócrata.
La rencorosa derecha cubanoamericana de Florida siente un poco de pena por el senador Marco Rubio y no lo confiesa abiertamente, pero desde hace bastante rato ha decidido apoyar a Jeb Bush, quien en una reciente reunión organizada en el salón Jorge Mas Canosa de Sweetwater, en Miami, fue declarado como el próximo presidente de Estados Unidos por el ex congresista Lincoln Diaz-Balart.
Después del regreso de Los Cinco, de la reunión entre el presidente cubano Raúl Castro y el presidente Barack Obama en la VII Cumbre de Panamá, de la serie de encuentros entre Roberta Jacobson y Josefina Vidal, y de la exclusión de Cuba de la arbitraria lista de países promotores del terrorismo, la derecha cubanoamericana tiene tres herrumbrosos clavitos de los que agarrarse para tratar de sobrevivir a su propia debacle.
El principal de esos clavitos es que Jeb Bush gane las elecciones presidenciales del 2016 y cumpla las “promesas” de revertir los pasos históricos que en relación con Cuba ha dado el presidente Obama.
Otro clavito es que el senador Bob Menéndez se ponga de suerte y sus abogados logren sacarlo lo menos dañado posible de los cargos por corrupción que enfrenta. Y el tercer clavito es que el representante Carlos Curbelo, el amanuense legislativo de las barbaridades anticubanas que elucubra la congresista Ileana Ros-Lehtinen, pueda reelegirse en el 2016, a pesar del tufo a congresista de un solo término que empieza a desprender desde que se le ocurrió modificar la Ley de Ajuste Cubano y tratar de limitar los viajes a la isla, en un Miami que ha cambiado mucho y ve como algo innegociable el derecho a relacionarse libremente con Cuba.
El 2 de diciembre del 2014, en el Hotel Biltmore de Coral Gables, Jeb Bush pronunció un discurso ante un público formado mayormente por cubanoamericanos del Partido Republicano, donde enumeró una serie de condiciones políticas supuestamente de obligatorio cumplimiento por Cuba, si esta deseaba tener relaciones con Estados Unidos y conseguir que se eliminara el bloqueo. Jeb Bush trató de levantarle el ánimo a lo que llamó su “ejército por la democracia cubana”, y volvió a apostar a la hipótesis de que Cuba cambiaría cuando desapareciera la generación histórica de la revolución. “Eventualmente los Castro morirán y ese es un buen momento para llevar la democracia y la libertad a Cuba, con líderes que se encuentran ahora mismo en este salón”, dijo Bush ese día.
La congresista Ileana Ros-Lehtinen salió con las pilas tan cargadas por esas ilusas promesas de Jeb Bush, que en el acto de juramentación de Carlos Curbelo como congresista electo, que tuvo lugar en la Corte Federal de Miami, aseguró que “Con Jeb Bush vamos a reconquistar el poder político y la Casa Blanca, ha llegado el momento para que el Partido Republicano asuma las riendas de este país ya que la administración de Obama no ha hecho otra cosa que llevar a la nación al desprestigio político y mundial”.
El 26 de marzo Jeb Bush concedió una entrevista a Fox News, donde a propósito de una pregunta sobre imputaciones de deserción hechas contra el sargento norteamericano Bowe Bergdahl, afirmó que la base naval de Guantánamo debe mantener sus funciones actuales, con lo que descartaba las justas reclamaciones de soberanía de Cuba sobre ese territorio ilegalmente ocupado.
Ante el reciente anuncio del Departamento de Estado de la exclusión de Cuba de la arbitraria lista de países promotores del terrorismo, Jeb Bush reaccionó calificándolo de “error” y “concesión unilateral a La Habana”.
Por tanto, si entre la larga lista de aspirantes presidenciales Republicanos Jeb Bush es el candidato con más probabilidades de lograr la nominación de su partido (en la semana que terminó Fox News dio a conocer una encuesta con la siguiente intención de voto: Jeb Bush 14.8% , Walker 13%, Rubio 12.2%, Huckabee 9.2%, Carson 9.2%, Paul 9% y Cruz 8%); y si la descrita hasta aquí es la política que Jeb Bush piensa seguir respecto a Cuba si resulta electo presidente, entonces no tenemos otra opción que jugárnosla con Hillary Clinton, “obligao carabina”.
Es cierto que no debe olvidarse que Hillary forma parte del establishment político norteamericano y que de salir electa implementará políticas que las personas progresistas no aceptaremos. Pero tampoco podemos olvidar que Hillary ha compartido toda la experiencia en el tema cubano que acumuló Bill Clinton cuando fue gobernador de Arkansas, y presidente de los Estados Unidos por dos periodos. Esta, sumada a su propia experiencia personal como estudiante universitaria, abogada, senadora y Secretaria de Estado de la administración Obama, conforman una trayectoria que seguramente le aconsejará proceder con Cuba con respeto y sentido común. A diferencia de lo que haría Jeb Bush si llega a la Casa Blanca.
Sin que sea una garantía o un compromiso inviolable, sí es indudablemente alentador que en su libro biográfico “Hard Choices” Hillary Clinton haya confesado que al final de su periodo como Secretaria de Estado le dijo al presidente Obama que mantener la política de embargo a Cuba no estaba dando resultados, y que lejos de eso era un obstáculo para mantener adecuadas relaciones con el resto de los países de América Latina.
Por supuesto, lo que advierto en este artículo tiene validez si definitivamente Hillary logra la nominación por el partido Demócrata. Si eso no sucede, seguiremos alertas y compartiendo ideas para que las malas piedras se aparten del camino de Cuba. (www.latardesemueve.com)