79 istanti d’un agosto imprescindibile

 

H.ARTURO 13 agosto 2005

 

 

Un uomo che sintetizza tutta la gloria della Patria, quando è la ribellione di Hatuey, che preferì le fiamme del rogo al cielo dove andavano anche i suoi inquisitori con le croci e le spade; è De Céspedes alla Demajagua facendo suonare la campana della libertà per i suoi schiavi che non erano allora solo i negri rapiti dalla loro terra africana, ma anche i figli del Padre di quella Patria che già emergeva con ansie d’indipendenza.

 

Il suo nome si converte in molti ed è Gómez dedito anima e corpo alla battaglia con il machete nella mano per le cariche degli insorgenti e la fiaccola incendiaria con la quale bruciare gli obbrobri e le vessazioni a un suolo dove non era nato, ma che era suo come lo era dei cubani, poiché sapeva che non ci sono frontiere se la dignità è offesa in qualsiasi luogo del mondo.

 

È il coraggio del Maggiore, la sua gagliardia nel riscatto di Sanguily; è Calixto con i suoi nuovi mambises che entrarono a Santiago per sempre.

 

È l’Apostolo dal verbo eloquente, con la parola esatta, la frase precisa, il richiamo all’unita e la creazione d’un solo partito per fare la guerra necessaria che ancora oggi combatte battaglie quotidiane in differenti campi di battaglia da quel luglio dell’anno del centenario, quando divenne l’autore intellettuale dell’opera sognata, che tutti reclamiamo e facciamo nostra.

 

È il Titano di Bronzo con l’intransigenza di Baraguà, occasione nella quale i manghi così dolci si fecero così amari per il nemico, quando quel guerriero con tanta forza nella mente come nel braccio disse, di fronte a una pace senza indipendenza: “Noi non siamo d’accordo”!

 

È Mella che ha saputo fondere le idee martiane con i concetti di Marx, Engels e Lenin, il Guiteras cubano che assieme al venezuelano Aponte affrontò i sicari sino all’ultimo respiro, dopo aver nazionalizzato l’elettricità e i telefoni, colui a cui i pescecani volevano comprare l’onore incorruttibile con un assegno in bianco, gettato nel cestino con un grande stupore da parte dello yankee...

 

È Villena, con la sua malattia così grave, che dirigeva le azioni che culminarono con la fuga di Machado, un dittatore di turno a cui aveva detto di fronte che era un asino con gli artigli, un Mussolini tropicale!

 

È Abel e Frank, José Antonio e Fructuoso, Camilo, il Che, Blas e Lázaro.

 

È il guerriero capace di prendere il cielo di sorpresa più che con le armi, di denunciare crimini e torture durante processi manipolati, con fucili e baionette che minacciavano di strangolare le sue parole e aggiungerlo alla lista dei morti, senza sapere che la storia si sarebbe incaricata d’assolverlo.

 

È lo stratega d’una grande traversata in un mare in tempesta per compiere la promessa d’essere liberi o martiri. Lui che non ha abbandonato il suo compagno caduto in mare, non ha mai abbandonato nessuno degli undici milioni di cubani siano contadini nel mezzo d’una inondazione provocata da un uragano, che un gruppo di umili pescatori sequestrati da pirati del XXº secolo o Cinque giovani reclusi in prigioni separate, per la degna colpa d’aver affrontato il terrorismo.

 

È l’ottimista che con sette uomini e cinque fucili, dopo il primo scontro che sembrava potesse essere l’ultimo, esclamò semplicemente e profondamente: “Adesso sì che vinceremo la guerra”!

 

È l’artefice del trionfo del 1959, chi ha proclamato il socialismo per la prima volta in Nuestra America, il vincitore a Playa Larga e Girón, lo statista che ha sempre brillato al disopra di tutti, quando le ogive nucleari pendevano sulle nostre teste mentre a Cuba nessuno perdeva il sonno, intonando canzoni e ridendo delle minacce.

 

È il costruttore e il machetero, l’alfabetizzatore, il cacciatore di banditi, il professore, il medico, lo scientifico, lo sportivo, l’ingegnere, l’informatico, l’intellettuale, l’operaio e il contadino... è colui che convoca e sempre riceve risposte di milioni di cubani che di fronte al suo richiamo impugnano le armi, che apportano il concorso dei nostri modesti sforzi in altre terre del mondo, che si sommano alla collaborazione nell’educazione, nella medicina e nello sport in tanti luoghi del mondo, che colmano Piazza della Rivoluzione da un estremo all’altro.

 

È chi fa tremare senza stancarsi il Malecón dell’Avana, avanzando a passo fermo tra consegna e consegna davanti alla sede degli yankees per reclamare giustizia.

 

È colui che può cadere incidentalmente una notte e in poche settimane stare di nuovo davanti al suo pubblico con la marzialità che posseggono solo coloro che sanno sollevarsi sempre con la fronte alta.

 

È lui che dice sempre la verità, che non ha mai rubato un centesimo alla nazione, che dorme poco per far sì che altri riposino felici, il critico più tenace e persistente delle sue stesse creazioni, per farle migliori, lo studioso instancabile dei problemi che hanno portato l’umanità al pericolo d’estinzione, il pubblico ministero dell’impero, l’avvocato di tutti i poveri della terra...

 

Insomma l’uomo la cui grandezza si può riassumere in una frase pronunciata con il cuore da suo fratello Raúl: “Che classe di Comandante che abbiamo”!