Dichiarazione finale della conferenza
mondiale contro le Basi Militari Straniere
Avana, 7-10 novembre 2005
(Traduzione dal castigliano a cura del
“Comitato Nazionale per il ritiro dei militari italiani dall’Iraq”, che ha
partecipato alla conferenza internazionale)
Noi delegate e delegati di 22 paesi, riuniti a L’Avana in occasione della “II
Conferenza Internazionale contro le Basi Militari Straniere”, convocata dal
Movimento Cubano per la Pace e la Sovranità dei Popoli dal 7 al 10 di novembre
del 2005, coscienti dei pericoli che incombono sul pianeta,
CONDANNIAMO:
- La crescente ondata di violenza ed ingiustizia sociale che causa immense
sofferenze alla stragrande maggioranza della popolazione mondiale, la quale si
manifesta attraverso guerre di aggressione, sfruttamento economico, diverse
espressioni di terrorismo e danni arrecati all'ecosistema che hanno provocato
negli ultimi tempi disastri naturali con un saldo di centinaia di migliaia di
vittime oltretutto abbandonate da parte delle autorità.
- Il sistema delle basi militari straniere, specialmente quelle
dell'imperialismo statunitense, molte volte imposte ai governi e sempre contro
la volontà dei popoli e in violazione della sovranità nazionale e del diritto
all'autodeterminazione.
- L'offensiva tattica imperialista di ridislocazione delle sue basi militari nel
mondo, all’interno del cosiddetto “arco di instabilità mondiale” (Terzo Mondo),
che mira al controllo delle principali riserve di petrolio e delle altre risorse
strategiche.
- Le attuali versioni della strategia imperialista che possono rendere non
necessarie nuove basi militari, a partire dalla loro sostituzione con altre,
diverse manifestazioni della presenza militare attraverso enclavi di nuovo tipo,
come l'utilizzo di porti ed aeroporti, di postazioni operative avanzate e di
installazioni di sicurezza cooperativa.
- La nefasta politica di contrasto del terrorismo attraverso la guerra e il
terrore.
Dopo una minuziosa analisi, convinte e convinti che l'umanità non è mai stata
tanto minacciata ed aggredita come ora,
DENUNCIAMO:
- L'utilizzo della presenza militare imperialista con l'obiettivo di controllare
le grandi riserve di acqua, petrolio e biodiversità.
- La strategia di dominazione degli USA basata sulla militarizzazione dello
spazio cosmico e sul cosiddetto scudo spaziale di difesa antimissilistica.
- Le costanti aggressioni all'ecosistema naturale causate dalla presenza
militare imperialista, che mettono in pericolo l'equilibrio ecologico mondiale.
- La violazione dei diritti umani da parte dei militari statunitensi, attraverso
varie forme, come gli oltraggi alle popolazioni, le violenze ai danni di milioni
di donne, bambini e bambine, in particolare le aggressioni sessuali ed altri
delitti che non sono puniti nei paesi dove essi avvengono a causa dell’immunità
concessa alle truppe statunitensi.
- Le conseguenze negative sulla vita sociale generate dalla presenza militare
statunitense in diverse zone del pianeta: prostituzione infantile e giovanile,
espulsione di intere comunità dai loro territori, stress tra la popolazione
civile per i movimenti di truppe, le esercitazioni, il suono delle sirene ecc.
- Il carattere di prigione internazionale e centro di tortura in cui
l'imperialismo USA ha convertito la base militare di Guantánamo a Cuba e che
pratica in altri centri segreti ed illegali di detenzione sparsi in tutto il
mondo.
- L'attività del Comando Meridionale USA in America Latina.
- La presenza della cintura militare statunitense intorno alla zona amazzonica.
- La presenza di militari statunitensi in Paraguay che mira a convertire la
Tripla Frontiera in una zona occupata militarmente allo scopo di controllare le
maggiori riserve di acqua del mondo.
- La Base di Manta in Ecuador come progetto complementare al Plan Colombia che,
insieme alle basi di Aruba e Curaçao rappresenta la punta di lancia del progetto
aggressivo contro il Venezuela bolivariano.
- La presenza illegale della Base di Guantánamo a Cuba, in violazione dei
diritti del popolo cubano e della sua sovranità.
- La crescente ed illegale militarizzazione del Giappone e l'utilizzo delle basi
militari di Okinawa per il controllo dell'Asia e del Pacifico e come minaccia
nei confronti della Repubblica Popolare Democratica di Corea e della Repubblica
Popolare Cinese.
- L'utilizzo della NATO come gendarme dell'imperialismo e soprattutto degli USA
nella sua strategia di accerchiamento della Russia e della Cina e nel tentativo
di liquidare qualunque possibile ribellione dei paesi membri dell’alleanza, con
la giustificazione della difesa della democrazia, dei diritti umani, della lotta
contro il terrorismo e degli “interventi umanitari".
- Le aggressioni di ogni tipo che si realizzano a partire dalle basi militari
USA e NATO dislocate in Italia ed in particolare in Sardegna, dove è seriamente
danneggiata la salute della popolazione, specialmente dei bambini.
- L'occupazione illegale dell'Iraq.
- Le costanti violazioni dei diritti del popolo palestinese.
- La crescente presenza militare degli USA in Africa con l'obiettivo, tra gli
altri, di controllare le risorse minerarie del continente.
- La corsa al riarmo e l'aumento delle spese militari attraverso la crescente
sottrazione di risorse economiche alla cooperazione per lo sviluppo sostenibile
e dai piani di lotta contro la povertà.
Noi partecipanti a questa Conferenza,
DICHIARIAMO:
Che di fronte ai cambiamenti nel panorama mondiale, date le nuove strategie di
dominazione imperialista per contrastare le forze che lottano per un mondo
migliore in tutto il pianeta, riaffermiamo la nostra volontà di continuare a
lavorare sistematicamente per frenare e liquidare la crociata terroristica
portata avanti dall'imperialismo col pretesto di combattere il terrorismo.
Contro le basi militari e le diverse forme di presenza militare straniera,
occorre rafforzare le Basi Nazionali ed Internazionali della Pace ampliando gli
sforzi per ottenere l'unità di tutte le forze che lottano per la pace nel mondo.
Per conseguire tale obiettivo, proponiamo l'adozione di un piano di azione che
tenga conto dei seguenti aspetti:
- Mobilitare tutte le forze che lottano per creare un mondo migliore per la
piena riuscita della Giornata Mondiale contro le Basi Militari e la Presenza
Militare Straniera.
- Continuare a lavorare in tutti i Forum internazionali per denunciare questa
politica criminale e genocida.
- Rafforzare il movimento mondiale per la pace, ampliando e rafforzando i nostri
vincoli con organizzazioni internazionali a noi affini.
- Definire strategie comuni in vista del Foro Sociale Mondiale Policentrico di
Caracas affinché si possa incidere anche sugli appuntamenti in Africa e in Asia
previsti per il gennaio del 2006.
- Partecipare attivamente alla Conferenza Mondiale contro le Basi Militari
Straniere che si celebrerà in Ecuador nel marzo del 2007.
- Lavorare per ampliare i movimenti per la pace ed eliminare la presenza
militare straniera nel mondo, soprattutto quella degli Stati Uniti e della NATO.
- Rendere sistematica la celebrazione di eventi internazionali inerenti questa
tematica.
- Mantenere alta la bandiera dell'unità per difendere la sovranità.
- Propiziare la formazione di “Comitati Nazionali contro le Basi Militari”
straniere in tutti i paesi dove esse sono presenti.
- Sostenere lo sviluppo di un movimento contro le Basi e la presenza militare
straniera in Medio Oriente puntando alla partecipazione di diverse forze e
fornendogli un adeguato spazio all’interno dei consessi internazionali.
- Lottare contro i progetti di militarizzazione dello spazio cosmico.
- Stimolare la realizzazione di grandi mobilitazioni sociali contro la strategia
imperialista sullo stile di quelle realizzate recentemente in Argentina e in
altri paesi della regione per protestare contro il “Vertice delle Indie” e la
visita del Presidente degli USA.
- Continuare la lotta per il disarmo e l'eliminazione delle armi nucleari.
- Propiziare il dialogo tra le organizzazioni nazionali che lottano per la pace
col fine di neutralizzare possibili conflitti tra paesi confinanti.
- Sostenere la campagna internazionale contro l’occupazione dell’Iraq.
L’Avana, 10 novembre 2005
www.resistenze.org - osservatorio - mondo - politica e società - 18-11-05
da: P.R.C. - area ESSERE COMUNISTI - 16/11/2005
Conferenza Internazionale
sulle Basi Militari Straniere
Il Movimento Cubano per la Pace e la Sovranità dei Popoli, con il patrocinio delle Organizzazioni Non Governative di Cuba e di altri Paesi, ha tenuto la Conferenza Internazionale sulle Basi Militari Straniere (7 - 10 novembre 2005).
Ricercatori, organizzazioni di professionisti, politologi, giuristi, storici, economisti, scienziati e altre persone interessate, hanno esposto le proprie riflessioni nel corso del dibattito relativo alla prova che le Basi Militari Straniere costituiscono una minaccia permanente alla pace.
Nell'ambito dell'evento, si e' riunito il Comitato Organizzatore Internazionale della Conferenza Mondiale contro le Basi Militari che si costituirà nel 2006, dove verrà decisa la sede e la data della stessa.
Alla Conferenza erano presenti delegati di: Austria, Belgio, Brasile, Canada, Congo, Cuba, Ecuador, Spagna, USA, Filippine, Grecia, Italia, Giappone, Messico, Olanda, Paraguay, Portogallo, Repubblica Domenicana, Svezia, Svizzera, Venezuela, Vietnam
PROGRAMMA DELLE RELAZIONI E DELLE INIZIATIVE
7 novembre '05
Situazione e prospettive delle basi militari straniere in America
Intervento speciale della D.ssa Olga Mirando, Presidente della Associazione Cubana di diritto internazionale della Unione Nazionale Giuristi Cubani
Sezione 1
Relazione tenuta dal dr. Luis M. Cuñarro, Vicepresidente del Centro di Studi di Informazione della Difesa sul tema:
"Le basi militari nello schema del riordinamento militare dell'imperialismo contemporaneo"
Relazione tenuta da David Alvarez Dieppa (AUNA) sul tema:
"Basi militari e risorse naturali in America Latina"
Sessione plenaria sull'America
Sezione 2
Relazione tenuta dalla prof. Melanine Ziegler, Miami University (Ohio, U.S.A.) sul tema:
"La base navale di Guantanamo e la cooperazione statunitense/cubana"
Relazione tenuta da Rebeca Pérez Ramos, dell'Istituto Superiore di Relazioni Internazionali sul tema:
"Violazioni del diritto internazionale umanitario verso i prigionieri internati nella base navale di Guantanamo"
8 novembre '05
Problemi attuali delle basi militari straniere in Asia e Oceania
Intervento speciale di Hebert Dozena, Presidente del Comitato organizzatore internazionale contro le basi militari
Sezione 3
Relazione tenuta da Tadaaki Kawata, Presidente del comitato per la pace giapponese, membro del segretariato del Consiglio Mondiale per la Pace sul tema:
"Basi militari in Giappone"
Relazione tenuta da Bianca Rodríguez Suero (CEAO) e Ulman Carmona Ramos (MOVPAZ) sul tema:
"Okinawa: la politica di sicurezza nippo-statunitense e la resistenza popolare"
Relazione tenuta da Leyde E.Rodríguez Hernández, professore dell'Istituto Superiore di Relazioni Internazionali "Raul Roa García" sul tema:
"Le armi nello spazio e l'unilateralismo della politica estera di G.W. Bush"
Sessione plenaria sull'Europa:
Problemi attuali delle basi militari in Europa
Intervento speciale di Pol De Vos, Presidente della Lega Antimperialista del Belgio
Sezione 4
Relazione tenuta da Alfio Nicotra (dip. Esteri PRC) sul tema:
"Le basi militari in Italia"
Relazione tenuta da Roland Marounek, Belgio sul tema:
"Le tre basi militari della NATO in Belgio: Bruxelles (amministrativa), Shape (militare) Oleine Brogel (armi nucleari)"
Relazione tenuta da un rappresentante del Centro di Iniziativa Proletaria di Sesto San Giovanni (MI - Italia) sul tema:
"Le basi militari straniere e il loro impatto negativo ambientale e sociale nelle zone del paese dove sono dislocate"
Sezione 5
Relazione tenuta da Valter Lorenzi (circ. Agorà Pisa) del Comitato Italiano per il Ritiro immediato delle truppe dall'Iraq sul tema:
"Contro il sistema delle basi USA - NATO in Italia - Chiudere le retrovie della guerra infinita"
Intervento di Bruno Steri (Prc Essere Comunisti) del Comitato Italiano per il Ritiro immediato delle truppe dall'Iraq,
IL RIASSETTO DELLA PRESENZA MILITARE NATO E USA NEL BACINO DEL MEDITERRANEO
(allegato in fondo)
Relazione tenuta da Michele Michelino del Centro di Iniziativa Proletaria "G. Taganelli" (MI - Italia) sul tema:
Necessità dell'unione internazionale del proletariato e dei popoli oppressi nella lotta contro il capitalismo e l'imperialismo"
Relazione tenuta da Mariella Cao di "Gettare le basi", Sardegna sul tema :
"Sardegna, un'isola in lotta contro le basi italiane, NATO e USA"
Relazione tenuta da Christiane Drumel e Lena Vanderbruggen(Belgio) sul tema:
"Stop USA come movimento per la pace in Belgio ed in Europa"
9 novembre '05
Visita alla base militare USA di Guantanamo ed alle brigate di difesa dell' esercito cubano
10 novembre '05
Situazione e prospettive delle basi militari straniere in Africa e Medio Oriente e la lotta delle donne contro le basi militari
Intervento speciale del dr. Rodolfo Puente Ferro, presidente dell'Associazione di amicizia Cuba- Africa
Sezione 6
Relazione tenuta dal Generale di brigata in pensione Juan B. Pujol Sánchez sul tema:
"Attualità delle basi militari e la presenza militare straniera in Africa"
Relazione tenuta da Ana Milagros Martínez (Federazione Donne Cubane) sul tema:
"Donne, basi militari e conflitti armati"
Relazione di Lidia Parra e Aleida Legón (FDIM) sul tema:
"La Federazione Democratica Internazionale delle Donne nella sua lotta contro le basi militari"
Approvazione del "piano di azione"
Approvazione della Relazione
Dichiarazione Finale
CONFERENZA INTERNAZIONALE CONTRO LE BASI MILITARI STRANIERE NEL MONDO
L’AVANA, 7/10 NOVEMBRE 2005
IL RIASSETTO DELLA PRESENZA
MILITARE NATO E USA
NEL BACINO DEL MEDITERRANEO
Intervento di Bruno Steri
1- Voglio innanzitutto esprimere il mio convinto apprezzamento per questo Forum internazionale contro la presenza di basi militari straniere nel mondo, tempestivamente e accuratamente organizzato dal Movimento Cubano per la Pace e la Sovranità dei Popoli. Si tratta di un tema che torna oggi ad assumere un’importanza sempre maggiore e ad occupare un posto di primo piano nell’agenda della mobilitazione antimperialista.
Mi pare opportuno insistere sul ruolo strategico dell’area mediterranea, nel contesto della guerra “preventiva e permanente” e in relazione alla riorganizzazione delle strutture logistiche e delle truppe Usa e Nato dislocate in Europa. L’establishment statunitense sta operando cambiamenti significativi nella dislocazione planetaria dei suoi contingenti militari. Gli Usa ritirano o riducono le truppe da alcune zone dell’Europa Occidentale, per esempio dalla Germania. Ma, al contrario, incrementano la loro presenza in altri punti strategici, costruendo nuove basi militari nell’Est Europa (in Ungheria, nei Paesi Baltici), mantenendo importanti insediamenti militari nelle repubbliche asiatiche ex sovietiche, in Afghanistan. Né dobbiamo dimenticare che, se oggi l’Iraq è un paese devastato dalle bombe (senza ospedali, senza energia elettrica, senz’acqua), esso tuttavia può già contare su un buon numero di basi statunitensi.
Alla luce delle nuove esigenze strategiche, l’asse di questa riorganizzazione viene a interessare, innanzitutto, quella vasta area che dai Balcani passa per le regioni caucasiche e arriva al Golfo: un’area strategicamente preziosa, dal punto di vista della produzione delle risorse energetiche e della loro distribuzione. Come sosteneva già qualche anno fa l’ex segretario americano Brzezinski, nella “grande scacchiera” del mondo il controllo di questa area gioca un ruolo decisivo per il controllo dell’intero pianeta, poiché essa si trova in posizione centrale, a ridosso di Russia, Cina e della stessa Europa. Chi controlla quest’area condiziona l’estrazione del petrolio (e in questo modo, determinando il volume del petrolio estratto, può determinarne la formazione del prezzo). Così, si esercita un grande potere di condizionamento non solo su chi produce petrolio (Russia, paesi dell’OPEC), ma anche su chi si approvvigiona di petrolio (Cina, Europa). L’asse geografico di cui parliamo si allarga ad includere il continente africano, altro sconfinato territorio che si affaccia da Sud sul Mediterraneo, ricco di materie prime e risorse energetiche: anche in questa parte del mondo la crescente sete di energia ha acuito la concorrenza tra i poli imperialisti (USA e Europa, in particolare); e i conflitti sempre più frequenti (spesso etero diretti) che coinvolgono i Paesi africani ne sono precisa testimonianza.
E’ del tutto chiaro, in definitiva, che parlare di eserciti comporta immediatamente parlare di fonti energetiche: non a caso i primi seguono e proteggono invariabilmente le rotte di queste ultime.
2- In questo quadro generale, così rapidamente tratteggiato, la penisola italiana continua a costituire una formidabile rampa di lancio in direzione di quelli che oggi sono – e purtroppo domani potrebbero essere – i principali teatri di guerra. Non è dunque un caso se l’Italia è oggi oggetto di un generale rafforzamento della presenza USA e NATO. Va sottolineato che – rispetto alla classificazione proposta in una delle relazioni introduttive di ieri mattina – il potenziamento riguarda la presenza di basi militari tradizionalmente intese, cioè siti permanenti e di consistenti dimensioni. Non è un caso che il comando strategico della cosiddetta “forza di reazione rapida” sia stato trasferito da Londra a Napoli, a riprova del fatto che l’asse dell’impegno bellico in Europa si va spostando verso Est e verso Sud. Come è noto, il suddetto nuovo nucleo di intervento armato risponde ai nuovi canoni offensivi e non meramente difensivi dell’ordinamento atlantico ed è chiamato ad intervenire in ogni punto del globo in tempi rapidi e con l’apporto di mezzi tecnologicamente avanzati.
Tutte le principali basi militari, situate in particolare nella parte centro-meridionale della penisola italiana, sono oggetto di lavori di ristrutturazione ed ampliamento: da Camp Darby (in Toscana) e La Maddalena (da 35 anni parcheggio di sommergibili nucleari nell’isola della Sardegna) a Taranto e Sigonella (nell’estremo Sud del territorio italiano). Queste basi sono aree “off limits”, del tutto sottratte alla sovranità territoriale italiana. Ad esempio, la base sarda de La Maddalena-S. Stefano è adibita a base appoggio per sottomarini nucleari Usa sulla base di un accordo segreto siglato da Roma e Washington nel 1972, un accordo mai ratificato dal Parlamento italiano e tuttora sottoposto a segreto militare.
3- A maggio di quest’anno, su un’agenzia di stampa è comparsa una nota - ovviamente del tutto trascurata dalla grande stampa nazionale - con cui si è iniziato a squarciare il velo di silenzio attorno ad un negoziato concernente la creazione di nuove basi militari in Italia e il potenziamento di quelle già esistenti, nonché la loro destinazione d’uso. A 60 anni dalla fine della seconda guerra mondiale, anziché recuperare la sovranità violata del nostro Paese contrattando la chiusura o quanto meno il drastico ridimensionamento delle strutture militari straniere attive sul territorio, il governo italiano ha dunque continuato e continua a lavorare perché l’Italia resti la portaerei degli Usa nel Mediterraneo.
L’oggetto della suddetta trattativa, svoltasi finora nel segreto più totale, è la concessione del diritto d’uso degli insediamenti presenti e in via di costruzione a forze speciali di pronto intervento statunitensi che, nelle intenzioni del Pentagono, potrebbero lanciare attacchi nei confronti di paesi terzi. I contatti tra Roma e Washington su tale tema sono avvenuti nel corso di quest’anno ai più alti livelli dei vertici militari della difesa italiana e del Pentagono; ma di ciò avrebbero discusso a suo tempo anche i rispettivi ministri della difesa.
In effetti, la delibera del Consiglio supremo di difesa italiano datata 19 maggio 2003 – frutto di discussioni iniziate due mesi prima, proprio a ridosso dell’inizio dell’intervento contro Saddam – stabilisce esplicitamente che nessuna struttura italiana possa essere impiegata per operazioni militari all’estero, a meno che l’intervento non sia stato autorizzato dall’ONU. Tuttavia, come ha spiegato ad esempio Gianandrea Galiani, direttore della rivista specializzata ‘Analisidifesa’, “fino a che gli Stati Uniti avranno un massiccio impegno in Iraq, non potranno gestire operazioni militari di ampio respiro ma si concentreranno sulla capacità di colpire obiettivi ridotti (siti di armi di distruzione di massa, cellule terroristiche) con raid, impiegando forze speciali. Per fare questo hanno disposto accordi con numerosi Paesi, anche in Africa Centrale, per potervi schierare unità di forze speciali per missioni specifiche. Forze che, per essere impiegabili, hanno necessità di avere ‘basi madre’ più ampie in territori alleati in Paesi come l’Italia, dalle quali potersi muovere liberamente verso qualunque area operativa”. Come detto, le zone di crisi descrivono una curva ideale attorno al bacino del Mediterraneo: Medio Oriente, Caucaso e regione del Golfo, continente africano. Ben si comprende quindi come e perché Italia e Spagna (più la Turchia) siano gli unici Paesi europei dove gli Usa intendono potenziare, invece che ridurre, le loro infrastrutture militari. Come lo stesso sottosegretario di stato statunitense, Nicholas Burns, ha affermato: “Auspichiamo di poter continuare a lavorare con il governo italiano, a cui siamo grati, e basare in Italia le nostre truppe militari, dell’aeronautica, dell’esercito e della marina”.
4- Così, la base di Taranto (che si affaccia sul mar Ionio, davanti alla costa africana) ha visto ampliato il suo sito portuale ed è destinata a diventare la principale sede navale di riferimento per la VI° flotta americana. La base Italia/Usa di Sigonella (in Sicilia) - che ufficialmente è adibita a funzioni di difesa terrestre, con missili “a corto raggio” ed ospita munizioni (ma, secondo una formulazione ufficiale, anche armamento nucleare “in transito”) - è destinata ad espandersi, in base al piano Mega III, con investimenti per 675 milioni di dollari. Parimenti, a Camp Darby - la grande struttura logistica tra Pisa e Livorno, anch’essa base di rifornimento di forze navali ed aeree - si sta trattando per costruire una seconda base, gestita da un contrattista privato del Pentagono, che dovrebbe sorgere nei pressi di quella già esistente, da cui a suo tempo sono partiti mezzi e armamenti per le guerre nell’ex Jugoslavia e in Iraq. Da ultimo (non certo per importanza), anche la base per sommergibili atomici de La Maddalena, situata a nord della Sardegna, è oggetto di trattativa per un suo sostanziale potenziamento, così da renderla in grado di aggiungere alla dotazione già operativa altri 6 sommergibili nucleari e 10 mila militari Usa.
Il caso di quest’ultima struttura è emblematico, anche sotto il profilo della mobilitazione popolare. Già in altre parti dell’isola, disseminata di poligoni militari, i pescatori sardi hanno più volte ostacolato coi loro pescherecci le manovre navali della Nato per chiedere la fine della militarizzazione della loro terra e del loro mare, la bonifica del territorio e delle acque antistanti gravemente inquinate dal materiale bellico, il risarcimento dei danni arrecati al loro lavoro. Oggi, è lo stesso presidente della regione sarda a chiedere ufficialmente lo smantellamento della base de La Maddalena, dietro la pressione di un problema che ancora una volta tocca punti sensibili per la vita delle popolazioni locali: lavoro e ambiente. Il movimento contro la guerra, i comitati che si battono per lo smantellamento della base sarda, le associazioni pacifiste e ambientaliste da tempo hanno denunciato una presenza 100 volte più elevata di nuclei di uranio 238 in alghe marine prelevate nei pressi della Maddalena. La questione è stata oggetto di interpellanze nel Parlamento italiano e in quello francese: la Maddalena fa parte infatti di un piccolo arcipelago situato tra la Sardegna e la Corsica e conseguentemente chiama in causa i governi di entrambi i paesi. Il 23 ottobre del 2003 un sommergibile nucleare ha urtato violentemente contro gli scogli della costa sarda: si è rischiato la catastrofe. Ma gli organi di stampa nazionali si sono ben guardati dal dare risalto all’episodio. Nelle tabelle del Genio della Marina (Naval Facilities Engineering Command) la base è classificata a “livello 1”, ovvero tra gli “impianti produttori di grandi quantità di rifiuti pericolosi”: si tratta di sostanze tossiche, che si infiltrano nelle falde acquifere, come solventi cancerogeni, idrocarburi, vernici, composti altamente pericolosi quali le diossine e i composti di cloro. Non a caso, la base madre di Groton, nel Connecticut, da dove partono i sottomarini diretti in Sardegna, è stata chiusa perché altamente contaminata: proprio in tale diversità di trattamento si sintetizza il rapporto tra i padroni Usa e i loro docili servi.
5- Non va tra l’altro dimenticato che l’Italia ospita nelle basi militari dislocate sul suo territorio nazionale, a insaputa della cittadinanza, armamento nucleare. Ne abbiamo avuto una conferma ulteriore e diretta dalla stessa documentazione di fonte statunitense, da cui si può concludere che 90 atomiche sono custodite nelle basi di Ghedi (Brescia) e Aviano (Pordenone). In tali documenti - noti come procedura WS3 per la manutenzione, lo stoccaggio e il trasporto di armi nucleari - viene specificato il tipo di bomba atomica presente nelle due basi militari in questione: B61. Del resto, il sottosegretario alla difesa Giuseppe Drago, in risposta all’interpellanza parlamentare del 1 marzo 2005 promossa dalla deputata del Prc Elettra Deiana, ha sottolineato che “(…) il nuovo concetto strategico dell’Alleanza atlantica vede nella deterrenza nucleare lo scopo politico del rafforzamento della pace, della stabilità e della sicurezza, cardine della nostra politica internazionale (…). La deterrenza nucleare e il dispiegamento di forze nucleari in Europa costituiscono il vincolo che lega gli alleati tra di loro e gli Usa alla sicurezza del nostro continente (…)”. Va ricordato in proposito che la presenza di armi nucleari statunitensi in Italia, oltre a violare la legge del nostro Paese, costituisce flagrante violazione delle leggi internazionali, in particolare dell’art. 2 comma 4 della Carta dell’Onu, ove è sancita l’illegalità della minaccia (principio di deterrenza) e dell’uso di armi nucleari.
6- A quanto detto si deve, in ultimo, aggiungere che il bilancio italiano (e dunque ciascun cittadino italiano contribuente) sopporta il peso di una parte rilevante dei costi delle basi statunitensi: senza tener conto di sgravi fiscali, sconti e forniture gratuite di trasporti, tariffe e servizi, l’Italia è - con il 37% delle spese complessive - il Paese Nato che ha versato agli Usa la quota maggiore di contributi (al secondo posto la Germania con il 27%). Accanto al tema più generale della lotta contro la guerra e il progetto imperialista, c’è - come si vede – un duro confronto che concerne le più elementari istanze di indipendenza e sovranità nazionale.
Il “Comitato per il ritiro dei militari italiani dall’Iraq” - che al suo interno raccoglie diverse forze politiche, sociali e di movimento ed è parte del movimento italiano contro la guerra - insieme all’obiettivo della fine di tutte le missioni belliche che vedono impegnato il nostro Paese (anche in palese contraddizione con la sua carta costituzionale), intende coordinare e generalizzare la lotta contro la presenza delle basi militari straniere sul territorio italiano. Lavoriamo perché tutto ciò possa servire a rilanciare la più generale mobilitazione contro la guerra e per il disarmo nucleare e convenzionale, nel nostro paese e fuori di esso.
Roma, 25 ottobre 2005
Comincia a Cuba conferenza
contro basi militari
8 novembre (PL) - Da oggi personalità e
pacifisti, di varie parti del mondo, si riuniscono nella capitale
per partecipare alla Conferenza Internazionale contro le Basi Militari.
Durante la giornata inaugurale si analizzerà la situazione e le prospettive di
queste installazioni straniere in America Latina e nel resto del mondo, ed un
gruppo di specialisti dibatterà circa la situazione della Base Navale di
Guantanamo, territorio cubano occupato illegalmente dagli Stati Uniti.
Altri punti di dibattito saranno i movimenti di opinione pubblica nazionali ed
internazionali e la lotta contro questi insediamenti, la guerra e la Pace
Mondiale, oltre alla lettera delle donne di fronte al militarismo.
Il presidente del Consiglio Mondiale per la Pace, Orlando Fundora, in
dichiarazioni alla stampa ha osservato che l'evento ha come oggetto creare un
organismo internazionale che si opponga a queste installazioni belliche sul
pianeta.
“Nel mondo esistono circa 700 basi, elementi aggressivi che si riproducono come
un male ed espandono la prepotenza e le barbarie del sistema”.
“Dette basi si estendono in varie regioni, mettono in pericolo la pace e
l’integrazione dei paesi e aggrediscono l’ambiente, perché con gli armamenti
chimici si inquina l'atmosfera”.
Riferendosi alle personalità che assisteranno, Fundora menzionò Jaime Ballestero
e Tadaaki Kawata rispettivamente presidenti dell'Organizzazione di Solidarietà
dei Paesi dell'Africa, Asia ed America Latina (OSPAAL) e del Comitato per la
Pace del Giappone.
Conferenza Internazionale
sulle Basi straniere
• Organizzata dal
Movimento cubano per la Pace e la Sovranità dei Popoli
4 novembre 2005 - Il Movimento Cubano per la Pace e la Sovranità dei Popoli, con il patrocinio delle Organizzazioni Non Governative di Cuba e di altri Paesi, si propone di organizzare la Conferenza Internazionale sulle Basi Militari Straniere dal 7 al 10 novembre 2005. La Conferenza potrebbe essere di grande interesse per tutte quelle persone che riconoscono nelle Basi Militari Straniere luoghi di violazione dei diritti e delle libertà dei paesi dove esse sono ubicate. Ricercatori, organizzazioni di professionisti, politologi, giuristi, storici, economisti, scienziati e altre persone interessate, potranno esporre le proprie riflessioni e partecipare al dibattito relativo alla prova che le Basi Militari Straniere costituiscono una minaccia permanente alla pace. Vi invitiamo a partecipare insieme a noi alla analisi e alla discussione dei temi che rappresentano le fonti principali delle aggressioni che costituiscono un pericolo, inclusa la sopravvivenza della specie umana. Insieme alla tematica che si propone, si offrono altre informazioni di interazione.
Nell’ambito di questo evento, si riunirà il Comitato Organizzatore Internazionale della Conferenza Mondiale contro le Basi Militari che si costituirà nel 2006, dove verrà decisa la sede e la data della stessa.
Per ulteriori informazioni, rivolgersi al Comitato Organizzatore della
Conferenza Internazionale contro le Basi Militari Straniere nel Mondo.
Tel: (00537)832 0506/07/08/09 – (00537) 832 1492- (00537) 832 0490.
Fax: (00537) 833 3860
e-mail:
movpaz@enet.cu
Fraternamente:
Orlando Fundora Lopez
(Presidente del Movimento Cubano per la Pace e
la Sovranità dei Popoli e Consiglio Mondiale per la Pace)