Semente della Rivoluzione

 

L.Riera 22 luglio

 

In mezzo a un clima di terrore e di putredine politica imperante nel 1953, la gioventù cubana, la Federazione degli Studenti Universitari e altre organizzazioni patriottiche come il Fronte Civico delle Donne Martiane , assieme ai lavoratori s'incaricarono di dire chiaramente al regime di Fulgencio Batista che le idee di José Martí a 100 anni dalla su nascita erano più vigenti che mai.

 

Quel 28 gennaio, tra le manifestazioni in omaggio all’Eroe, partirono dalla scalinata universitaria per raggiungere la Fragua martiana, 1200 giovani, portando le torce e le bandiere cubane. I giovani marciavano ed erano tutti vicini al giovane avvocato Fidel Castro, perchè condividevano le sue ide di eliminare la tirannia con le armi, per promuovere poi la trasformazione economica e sociale nell’Isola.

 

Era la generazione del Centenario.

 

Sei mesi dopo, il 26 luglio, l’avanguardia di quella generazione selezionata da Fidel assaltava con azioni simultanee le caserme Guillermón Moncada, a Santiago di Cuba e Carlos Manuel de Céspedes, a Bayamo, le due nell’oriente dell’Isola .

 

Fidel sapeva che il colpo di stato perpetrato da Batista il 10 marzo del 1952 non lasciava altre alternative che la lotta armata e lo disse nel suo messaggio al popolo poche ore dopo l’attacco "...quest’ora è di sacrificio e di lotta ...

 

L’azione era stata preparata nel più stretto silenzio in un appartamento in 25 y O, nel quartiere Vedado della capitale, dove abitavano i fratelli Haydée e Abel Santamaria. Abel e Fidel si erano conosciuti nell’ambito del Partito Ortodosso e condividevano le idee politiche.

 

In quel luogo discutevano d’economia, politica, filosofia, tattica militare e sul programma sociale da sviluppare, basato sul legato di Martí, dopo la vittoria.

 

Scelsero la caserma Moncada perchè era la seconda fortezza militare dell’Isola, la meno vigilata per il fatto di essere in provincia, dove la dittatura non prevedeva un attacco e considerava che comunque lo avrebbe facilmente respinto.

 

I rivoluzionari volevano conquistare la caserma, come disse Fidel, senza sparare, avvalendosi del fattore sorpresa.

 

Inoltre avevano considerato che era epoca di carnevale a Santiago di Cuba, fatto che richiamava molti viaggiatori stranieri e nel giorno del Patrono, Santiago Apostolo, era più facile per i rivoluzionari trasferirsi da diversi punti dell’Avana sino ai punti convenuti a Santiago, senza richiamare l’attenzione.

 

Dopo l’assalto avrebbero diffuso la notizia via radio con il programma rivoluzionario e avrebbero ricevuto l’appoggio del popolo. Una volta conquistata la città orientale avrebbero decretato le leggi di base del programma, tra le quali: ridare al popolo la sua sovranità e ristabilire la Costituzione del 1940. Concedere la proprietà della terra a tutti coloro che occupavano parcelle di 67 o meno ettari. Confiscare tutti i beni sottratti con la truffa, da usare per beneficiare le pensioni degli operai, gli ospedali, gli asili e le case di beneficenza. La politica cubana in America sarebbe stata di stretta solidarietà con i popoli democratici del continente.

 

Da allora il movimento rivoluzionario divenne l’erede dell’invasione dei Mambì nell’Isola, da oriente a occidente, realizzata nel XIX secolo.

 

Al termine della guerra il Movimento avrebbe proclamato altre leggi e misure, come la Riforma Agraria, la Riforma Integrale dell’insegnamento e la nazionalizzazione del trust elettrico e telefonico.

 

Il 25 luglio, di notte, si diressero a piccoli gruppi verso la Granjita Siboney che era il punto di partenza della carovana di 16 automobili, con 158 uomini e due donne, Melba Hernández e Haydée Santamaría, verso la caserma Moncada.

 

Raúl Castro fu nominato comandante di coloro che avrebbero attaccato il Palazzo di Giustizia che per la sua altezza e la sua posizione a un lato della caserma era un punto strategico; il secondo capo del comando era Abel Santamaria, con la missione di occupare l’ospedale civile, che si trovava di fronte a una delle entrate della caserma.

 

L’azione principale era quasi suicida: prendere la caserma di sorpresa. Tutti si erano offerti e Fidel fece la selezione perchè lui guidava questo gruppo. Le armi erano poche, ma speravano di appropriarsi di quelle dell’arsenale della caserma.

 

Tutto era stato accuratamente pianificato.

 

Una pattuglia mobile imprevista distrusse l’operazione.

 

I due militari armati con mitragliatrici si fermarono davanti alla caserma proprio dove gli attaccanti pensavano di passare con la prima automobile.

 

Fidel che stava sulla seconda decise di disarmarli e si scagliò con l’auto contro il veicolo che andò a sbattere contro uno ostacolo del marciapiedi e iniziò così la sparatoria con un combattimento impari davanti a una guarnigione di 1000 uomini, dentro e fuori dalla caserma Moncada.

 

Dopo circa due ore e 45 minuti di battaglia, vedendo che non era possibile vincere in una situazione così sfavorevole, quasi senza munizioni, Fidel ordinò la ritirata verso la Granja Siboney da dove sarebbero partiti per la Sierra Maestra per continuare la lotta in montagna.

 

La terza parte del comando riuscì a riunirsi di nuovo e con le poche armi rimaste occuparono la parte alta della Gran Piedra, alla cui base si mise l’esercito. Lo stesso Fidel dice nella sua autodifesa "La storia mi assolverà": Noi non potevamo scendere e loro non si decidevano a salire. Non sono state le armi, ma la fame e la sete che hanno vinto l’ultima resistenza".

 

L’esercito si era lanciato come una belva rabbiosa sulla popolazione indifesa di Santiago. L’ordine dall’Avana era di uccidere dieci prigionieri per ogni soldato morto e il massacro non si fece aspettare.

 

"I feriti furono prelevati dall’ospedale e persino dalle sale operatorie e ammazzati immediatamente" aveva denunciato Fidel.

 

Utilizzarono invano la tortura per far tradire: triturarono testicoli e strapparono occhi, ma nessuno parlò.

 

"Anche senza i loro organi virili continuavano ad essere mille volte più uomini di tutti quei boia messi insieme!" disse Fidel nel processo e inoltre aggiunse che: "Non riuscendo a piegare il coraggio di quegli uomini provarono con le donne. Con un occhio sanguinante nella mano si presentarono alla cella dove avevano rinchiuso Melba e Haydée e parlando a quest’ultima, le dissero: "Quest’occhio è di tuo fratello. Se non dici quello che lui non ha voluto rivelare, gli strappiamo anche l’altro" e lei rispose "Se voi gli avete strappato un occhio e lui non ha parlato, tanto meno parlerò io"!

 

La maggioranza dei sopravvissuti fu processata tra il 21 settembre e il 5 ottobre, condannata e detenuta in prigione. Poi in quattro ore, il 6 ottobre, avvenne il processo più importante della storia di Cuba.

 

L’accusato Fidel Castro assunse la sua difesa personale, una posizione di ribellione e di denuncia che costituì il programma di lotta della Rivoluzione cubana.

 

Le idee di Martí ripresero vita con l’azione della Caserma Moncada che fu l’inizio di una nuova tappa nella lotta e la semente della Rivoluzione che germinò sei anni dopo.

 

Cambiamento di vita

 

PEDRO DE LA HOZ 20/7

 

Ci sono date che cambiano le rotte dei popoli. Ci sono uomini che cambiano il corso dei loro giorni. Ci sono popoli che cambiano vita.

 

Il Moncada, il 26 Luglio, la Generazione del Centenario, Fidel sono eventi storici imprescindibili che sostentano la più straordinaria trasformazione della storia della nazione. Senza di loro i cubani e le cubane di oggi non saremmo stati quello che siamo adesso. Non avremo nemmeno potuto riconoscerci come tali.

 

La misura del salto di qualità delle nostre vite viene data dalla conquista della dignità e dal ristabilimento della virtù come valori civici.

 

Gli uomini che intrapresero allora il cammino dellinsurrezione non lo fecero soltanto spronati dalle circostanze. Erano in mezzo a un regime tirannico imposto con la forza il 10 marzo 1952, con la violazione perpetrata contro la Costituzione repubblicana del 40, la moltiplicazione delle rapina e della corruzione nelle questioni politiche, il peggioramento degli indici elementari di educazione, sanità, impiego e alimentazione, e laccentuazione della deformazione strutturale della società.

 

Ma non si trattava di ritornare a quella realtà che precedeva il colpo di stato, alla finzione repubblicana, allistituzionalità neocoloniale. La direzione emergente del 26 Luglio proponeva e ci riuscì- una prospettiva storica basata sulla culminazione del progetto di nazione enunciato da Martí e la rivelazione della vera identità dellessere nazionale, pervertita da lunghi anni di frustrazione.

 

Fidel, nellallegato di autodifesa nel processo del Moncada precisò i riferimenti sociali dellimpegno rivoluzionario quando disse che "quando parliamo di popolo non intendiamo per tale i settori privilegiati e conservatori della nazione, coloro ai quali va bene qualsiasi regime di oppressione, qualsiasi dittatura, qualsiasi dispotismo piegandosi al padrone di turno fino a rompersi la fronte contro il pavimento."

 

"Intendiamo per popolo, quando parliamo di lotta, la grande massa irredenta alla quale tutti offrono e che tutti ingannano e tradiscono. Quella che anela una patria migliore e più giusta e più degna; quella che sente da ansie ancestrali di giustizia per aver patito lingiustizia e la burla, generazione dopo generazione. Quella che brama grandi e sagge trasformazioni in tutti gli ordini ed è disposta a dare per raggiungerlo, quando crederà a qualcuno o a qualcosa, soprattutto quando crederà sufficientemente a sé stessa, fino allultima goccia di sangue".

 

In questo paragrafo rivelatore si prefigurava il contenuto etico del processo emancipatore che coronò la gesta ricominciata nel Moncada: di buona parte, lappaiamento inseparabile tra libertà e giustizia sociale; dallaltra, la necessità di concepire uno spazio di partecipazione cittadina autenticamente popolare come condizione indispensabile per ricondurre i destini della nazione.

 

PARTECIPAZIONE, CONSENSO, TRASPARENZA

 

Una nuova etica politica cominciò dallora a farsi strada. "La prima condizione della sincerità e della buona fede in un proposito è far proprio quello che nessuno fa, cioè parlare con totale chiarezza e senza paura. I demagoghi e i politici di professione vogliono compiere il miracolo di star bene in tutto e con tutti, ingannano necessariamente tutti in tutto. I rivoluzionari devono proclamare le loro idee coraggiosamente, definire i loro principi ed esprimere le loro intenzioni affinché nessuno inganni, né amici né nemici", disse Fidel davanti ai suoi accusatori nel 1953.

 

La direzione rivoluzionaria è stata fedele a questo principio e lo ha inculcato alle generazioni successive. Se la Rivoluzione ha sormontato per più di 9 lustri le aggressioni militari, gli attacchi terroristi, il blocco e la guerra economici, le pressioni imperiali e le squalifiche ideologiche, lo ha fatto in buona parte data la consistenza di un sistema politico articolato sulla base dellunità, lidentificazione del popolo con lavanguardia uscita dal suo seno e la costruzione permanente e sistematica di un consenso popolare che garantisce la governabilità e linedito modello democratico che prende senso e dobbiamo perfezionare.

 

La trasparenza nella presa di decisioni, la coniugazione della responsabilità e del controllo popolare, la nitidezza con la quale sono stati risolti errori e il fomento di molteplici canali di comunicazione attraverso un tessuto sociale continuamente rafforzato, sono diventati fattori che rendono legittimo il processo rivoluzionario.

 

Queste esperienze partono e, a sua volta, nutrono una cultura politica resistente allidea della resa, ma anche a quella di rimanere inattivi davanti allerosione sempre più marcata dei valori etici nella pratica politica della maggior parte del mondo e i pericoli esterni e interni che si derivano dal culto al consumismo, alla doppia morale, allindividualismo, allinerzia, al si salvi chi può.

 

 

VERSO IL TRIONFO DELLA RAGIONE ETICA

 

 

Quella cultura politica non si spiega senza una sensibile comprensione del modo in cui il pensiero martiano fecondò lideale rivoluzionario dellavanguardia politica del Moncada. Per Martí era consustanziale al processo di emancipazione completare lessere umano, il predominio del decoro e la coltivazione dellamore. Per la Rivoluzione sempre è stato importante, ancora in più adesso, la trasformazione dellessere umano.

 

Con acutezza poetica e profondità concettuale Roberto Fernández Retamar ha profilato quella rotta per la quale ha dovuto transitare il cubano di ieri e di oggi "tra la certezza che tutto è una grande trappola, uno scherzo enorme (...) e la speranza che le cose posso essere differenti, devono essere differenti, saranno differenti; tra quello che non vogliamo essere più e avremmo preferito di non essere e quello che ancora vogliamo essere, e quello che vogliamo, che speriamo di riuscire a essere un giorno".

 

Per fare definitivamente effettivo il trionfo della ragione etica sulla ragione strumentale quella che scommette su unaccumulazione di cose, sullavere sopra lessere, sulla finalità materiale, sul mero pragmatismo la Rivoluzione nel suo operato e la sua proiezione attuali fomenta la crescita spirituale, la solidarietà piena, la modestia, la razionalità, il disinteresse, laltruismo. E non lo fa a partire da denominazioni astratte ma con un particolareggiato grado di particolarizzazione di circostanze e di ricerca di soluzioni specifiche a problemi vecchi e nuovi presenti nella pratica sociale. Questo, e non altro, è il senso più profondo dei programmi che la Rivoluzione ha messo in moto nelleducazione, la sanità, limpiego, lassicurazione sociale, la cultura e lo sport in questi tempi.

 

Sappiamo vedere la radice moncadista di questi nuovi assalti al cielo. E abbiamo la certezza che coloro che hanno aperto la strada fino al nostro presente, ma soprattutto verso il nostro lavvenire, seppero compiere con la volontà trasformatrice proiettata da Martí con queste parole: "Nel mondo deve avere certa quantità di decoro, come deve avere certa quantità di luce. Quando ci sono molti uomini senza decoro, ci sono sempre altri che hanno in sé il decoro di molti uomini. Sono quelli a ribellarsi con forza terribile contro coloro che rubano ai popoli le loro libertà, che è rubare agli uomini il loro decoro. In quegli uomini vanno migliaia di uomini, va un intero popolo, va la dignità umana. Quegli uomini sono sacri".