degli USA nell’OSA
Fort Lauderdale, Florida
7.6 Evidenziando il fallimento della politica nordamericana nei confronti dell’America Latina, il testo finale dell’Assemblea Generale dell’OEA non menziona la proposta fatta dalla segretaria di Stato USA, Condoleeza Rice, per "monitorare le democrazie" nel continente, ha segnalato AP.
La proposta, che voleva trasformare l’OSA nel vigilante nordamericano dei paesi a sud del Río Bravo per conservare la "democrazia" così come la intende Washington, è terminata in tarda serata, con l’adozione di un testo confuso che fa presente la necessità di prevenire le situazioni di crisi.
Dopo molte ore di discussione e di pressioni da parte dei funzionari nordamericani, l’originaria proposta yankee è stata messa da parte ed il testo ammesso riconosce soltanto che il segretario generale, José Miguel Insulza, deve compiere "consultazioni preliminari" con il Consiglio Permanente degli Ambasciatori per "elaborare proposte di iniziative di cooperazione opportune", di fronte a potenziali crisi.
Washington ha ricevuto un duro colpo con uno dei due articoli, letto a ‘Venezolana de Televisión’ dal ministro degli Esteri venezuelano Alí Rodríguez Araque, che segnala: "L’OSA ha deciso di ribadire il suo pieno rispetto per l’uguaglianza giuridica degli Stati, per la loro sovranità, indipendenza politica, integrità territoriale e per il non intervento, che sono principi del diritto internazionale, che garantiscono la pace regionale e fanno parte dei principi costitutivi dell’organizzazione".
E’
stato presentato un testo alternativo
alla proposta interventista degli USA
Fort Lauderdale (USA)
6.6 Undici nazioni latinoamericane hanno presentato lunedì un testo alternativo a quello degli Stati Uniti, affinché venga adottato come Dichiarazione Finale nella XXXV Assemblea Generale dell’Organizzazione degli Stati Americani (OSA).
Bolivia, Brasile, Cile, Panama, Perù, Canada, Guatemala, Trinidad e Tobago, Colombia, Suriname e Repubblica Dominicana hanno patrocinato il nuovo progetto di dichiarazione che, in caso di approvazione, farebbe naufragare il piano nordamericano, ha reso noto la DPA.
L’agenzia EFE ha indicato che il ministro degli Esteri del Venezuela, Alí Rodríguez Araque, ha criticato la proposta yankee di creare un meccanismo interventista, denominato "per monitorare le democrazie nella regione".
"Nessun paese, nessun gruppo di paesi, nessuna istanza nell’ambito dell’OSA e fuori di questa, può valutare o correggere le situazioni politiche interne delle nazioni", ha sottolineato il ministro degli Esteri, che ha lanciato un’offensiva diplomatica per evitare che la proposta venga approvata.
Per Rodríguez, assumere questa funzione significa trasgredire i fondamenti delle relazioni interamericane ed in particolare la Carta Democratica dell’Organizzazione degli Stati Americani (OSA).
"Sono i paesi, consultando la volontà sovrana dei loro popoli, ad essere chiamati a stabilire i meccanismi corretti quando sia necessario", ha aggiunto.
"Pertanto", ha puntualizzato – "dev’essere rispettato il diritto delle nazioni a scegliere, senza ingerenze esterne, il loro sistema politico, economico e sociale".
"Quest’organizzazione non ha la facoltà di valutare lo stato della democrazia nei differenti paesi. E’ una materia che compete ai popoli delle singole nazioni", ha sottolineato.
Durante la prima sessione plenaria della XXXV Assemblea Generale dell’OEA, dove la segretaria di Stato nordamericana Condoleeza Rice è stata eletta sua presidentessa per esigenze protocollari, il ministro degli Esteri brasiliano, Celso Amorim, ha dichiarato che "la cooperazione ed il dialogo, più che meccanismi interventisti, devono essere i presupposti chiave nell’applicazione della Carta Democratica Interamericana".
Secondo PL, anche il quotidiano ‘The Washington Post’ ha riconosciuto che la maggior parte degli Stati latinoamericani respinge il piano nordamericano di creare un meccanismo nell’OEA per monitorare la democrazia nella regione.
Alcune fondi diplomatiche hanno precisato al giornale che molte nazioni del continente stanno opponendo resistenza alla proposta del presidente Bush.
Se l’OEA non approverà l’iniziativa nordamericana, gli USA avranno subito una nuova sconfitta diplomatica molto importante per la Casa Bianca, ha sottolineato il quotidiano e pertanto i funzionari nordamericani stanno esercitando pressioni nei confronti di chi possono, affinché la loro proposta si materializzi.
Secondo l’agenzia EFE, il Messico ha disconosciuto la proposta degli USA di creare il meccanismo interventista. "Siamo contrari per principio alla tutela esercitata da chicchessia nei confronti di chiunque", ha affermato il portavoce della presidenza messicana, Rubén Aguilar.
All’inizio dell’Assemblea ha parlato anche il presidente Bush che, stranamente, ha fatto riferimento al "destino comune" d’America, dimenticandosi delle enormi disparità tra i "due fattori continentali", come Martí denominò l’America Latina e l’America anglosassone.
Bush si è limitato a sostenere che il destino comune era commerciale, citando i TLC annessionisti firmati con diversi paesi, mentre il cileno José Miguel Insulza, nuovo Segretario Generale, si è schierato a fianco degli USA nel sostenere la proposta interventista e segnalando che l’iniziativa yankee "non è stata respinta dai ministri degli Esteri".
Viene respinto da diverse nazioni il
meccanismo interventista proposto da
Washington nell’OSA
Fort Lauderdale - USA
5.6 L’Assemblea Generale dell’Organizzazione degli Stati Americani (OSA), ha iniziato domenica le sue riunioni, incentrate su una controversa formula proposta da Washington per monitorare a fini interventisti le democrazie della regione.
Secondo PL, i rappresentanti delle 34 nazioni facenti parte dell’organismo emisferico, analizzeranno per tre giorni in questa città l’iniziativa interventista patrocinata dagli Stati Uniti e criticata da diversi paesi sudafricani, in particolare il Venezuela.
Il progetto è stato annunciato dall’Amministrazione Bush due settimane fa, sotto la veste di piano di monitoraggio ed edulcorato successivamente da José Miguel Insulza, nuovo segretario generale dell’OSA che, sostenendolo senza riserve, lo ha chiamato meccanismo di valutazione permanente.
In una parola, si tratta di dare carta bianca all’impero affinché possa intervenire, con l’assenso degli accoliti che gli restano nella regione, in nazioni la cui legittima conduzione non sia di loro gradimento. Il Venezuela, si sa, è nel mirino di Washington.
La rappresentante dell’impero Condoleeza Rice ed il segretario generale dell’OSA, José Miguel Insulza, sono stati gli oratori principali nell’inaugurazione di questa XXXV Assemblea Generale del forum regionale ed hanno coinciso nel mettere in rilievo la necessità di dotare l’America di "democrazie forti", intese come copie in carta carbone del modello unico di democrazia rappresentativa imposta da Washington.
"I paesi d’America che non rispettino i principi democratici, devono risponderne all’OSA", ha detto la Rice, prima di sottolineare che "la grande sfida" del forum regionale è quella di portare i benefici della democrazia ai popoli d’America.
Insulza ha affermato da parte sua che l’OES "è tenuta ad avanzare" nella democrazia, che è un requisito "indispensabile" per appartenere all’organismo regionale americano.
Da parte sua l’agenzia DPA ha riportato che Brasile, Messico, Uruguay, Argentina e Venezuela sono contrari a che l’OSA adotti "meccanismi di intromissione" come proposto dagli USA, ha detto il ministro degli Esteri brasiliano Celso Amorim.
"Vogliamo rafforzare la democrazia nella regione, ma anche evitare meccanismi di intromissione", ha detto Amorim, riferendosi alla proposta yankee di creare un meccanismo di monitoraggio delle democrazie del continente.
"Stiamo esaminando la questione. Esiste una controproposta allo studio del Gruppo ALADI" che, ha spiegato, cerca di sostituire la bozza che gli Stati Uniti vorrebbero fosse adottata come dichiarazione finale. Amorim ha detto che il Gruppo ALADI presenterà la sua "proposta alternativa", della quale ha rifiutato di dare ulteriori dettagli.
Altre fonti diplomatiche hanno indicato alla DPA che il testo della dichiarazione alternativa era stato originariamente elaborato dall’Argentina, che sta agendo come mediatore tra Washington ed il blocco di paesi che si oppone alla proposta, guidato da Brasile, Messico, Uruguay e Venezuela.
Alcuni Stati hanno considerato – secondo la fonte – che la proposta argentina "contiene troppe concessioni" a Washington.
senza l’OSA
J.C.Martin (speciale per GI)
18.5 Potremmo raccontare la storia fin nei minimi dettagli e fare marcia indietro fino al punto in cui il popolo cubano cantava in coro in strada, al ritmo dei tamburi, vivacizzando il motto: “Con l’OSA o senza l’OSA vinceremo la battaglia”. Questi quarantasei anni passati portando avanti una Rivoluzione di tutti e per tutti, ci hanno dato ragione.
Ma l’Organizzazione degli Stati Americani, alla quale venne affibbiato giustamente il nomignolo di Ministero delle Colonie Yankees – credo dal ‘Che’ –, rinnova in questi giorni la sua ragione fondante di reprimere qualsiasi dissidenza rispetto ai diktat di Washington riguardanti questo emisfero, che gli USA considerano da moltissimo tempo come il loro giardino di casa.
Nel 1959 il guatemalteco Juan José Arévalo descrisse questo rapporto aberrante in un libro che dovrebbe essere letto e riletto, nonostante sia stato scritto quasi mezzo secolo fa: La favola dello squalo e delle sardine. La storia di sudditanza politica, sfruttamento economico e collaborazione militare si ripete oggi con modelli e nomenclature all’apparenza nuove: Plan Colombia, Plan Puebla-Panamá, ALCA, Trattati di Libero Commercio...
Risuscitano l’OSA e sperimentano altri strumenti di intervento. Adesso la cosiddetta Carta Democratica, avvalendosi della quale pretendono di giudicare a destra e sinistra guardandosi allo specchio incrinato della democrazia made in USA, è un asso nella manica che l’Amministrazione Bush mette sul tavolo a suo piacimento.
Ci hanno provato col Venezuela bolivariano, lo pretendono con l’Ecuador, dove il popolo ha appena rovesciato un presidente considerato traditore e corrotto, la stanno applicando (per mezzo di forze militari sub-regionali) in una Haiti in preda al caos e lo annunciano nei confronti di una Rivoluzione che ha dimostrato più che a sufficienza di saper imporre solamente la volontà del suo popolo, quella Cubana.
Tuttavia, nemmeno dentro l’OSA soffiano gli stessi venti di quando quest’organizzazione venne creata come ente subordinato a Washington, né tanto meno si salva dal discredito che accompagna non pochi Governi dell’area.
Da un po’ di tempo a questa parte l’Organizzazione degli Stati Americani registra movimenti “tellurici” al suo interno. Ha scelto come segretario generale un ex presidente del Costa Rica, Miguel Ángel Rodríguez, che non è durato il tempo di un valzer, nel suo caso per corruzione.
L’impero si è messo poi a guardare estasiato Francisco Flores, figlio adottivo prediletto di Bush, ma l’ex presidente di El Salvador è dovuto uscire di scena. Semplicemente non avrebbe raccolto i voti necessari. Dopo questa prima sconfitta, Washington ha cercato di rifarsi proponendo il ministro degli Esteri messicano Luis Ernesto Derbez.
La disputa per la guida dell’OSA ha messo in contrasto il nuovo prescelto con il ministro dell’Interno cileno José Miguel Insulza. Dopo una serie di votazioni finite in pareggio, la segretaria di Stato nordamericana Condoleeza Rice ha mediato sulla questione cercando di evitare un secondo e vergognoso rovescio per l’impero. Derbez ha fatto marcia indietro e, con un apparente gesto cavalleresco, ha ceduto il passo al cileno, il quale non è comunque riuscito ad ottenere l’unanimità, perchè il Messico non ha votato a suo favore, dimostrando di aver accettato a denti stretti il ritiro del suo candidato. E così Insulza occupa la poltrona dell’OSA con 31 voti a favore, 2 astensioni ed 1 in bianco.
Tuttavia, lungo tutto questo tortuoso percorso per trovare un segretario generale, l’ombra degli Stati Uniti non ha mai abbandonato l’organismo, che il gigante del Nord concepisce come mero strumento per mettere in pratica le sue politiche militari, poliziesche, preventive, di ingerenza negli affari interni, di saccheggio delle risorse e d’imposizione di mercati.
Anche il cileno, in una riunione con Condoleeza Rice tenutasi a Santiago del Cile a fine aprile, ha dovuto cedere o, più semplicemente, mettersi d’accordo. Com’era da aspettarsi, Insulza si è sentito immediatamente in dovere di pronunciare insulsi e servili commenti a favore di una presunta “democrazia” per Cuba.
Occorrerebbe fare uno sforzo di memoria e ricordare che, quando era ministro degli Esteri del Governo di Eduardo Frei, Insulza ostacolò il ripristino dei rapporti diplomatici tra Cile e Cuba, propiziando il voto sfavorevole nella Commissione dei Diritti Umani dell’ONU a Ginevra. Niente di nuovo insomma nel curriculum del fiammante segretario generale dell’OSA.
Ma i problemi e le difficoltà finanziarie di questa decrepita istituzione sovrabbondano. Si dice che, per funzionare, le manchino 17 milioni di dollari. Immaginiamo che Washington dia un apporto sostanziale ed applichi il principio secondo il quale chi paga comanda.
Ma la storia degli ultimi tempi mette in evidenza la divisione esistente in un continente che vede già più di una pecora uscita dall’ovile statunitense. Chissà se Insulza si troverà ad affrontare nell’OSA la stessa ingovernabilità che sta scuotendo non pochi paesi dell’emisfero ma, di sicuro, dovrà impegnarsi a fondo per far trangugiare ai popoli di questo continente l’amara pastiglia dell’ALCA e dei Trattati di Libero Commercio, una delle pretese ed ordini dell’impero.
Più di un commento della stampa in lingua spagnola lo ha definito il “maggiordomo”, il “nuovo allevato”, “l’amministratore” degli interessi politici, militari ed economici degli USA, assicurando che il neo-segretario ha ricevuto “istruzioni chiare e precise per guidare la destabilizzazione politica di Venezuela e Cuba”.
E’ sufficiente citare le prime dichiarazioni del signor Insulza per dare ragione a questi analisti: “quasi tutti i paesi della regione hanno autorità ‘elette democraticamente’ e ci aspettiamo che il processo di transizione vissuto oggi da Haiti e la situazione prodottasi in Ecuador, si indirizzino rapidamente verso un analogo sbocco”. A questa dichiarazione ha aggiunto, con la visione contorta dalla Carta Democratica Interamericana ed alludendo a Venezuela e Cuba: “i governi eletti che non governano democraticamente, devono rispondere all’OSA”.
Cuba intera, per bocca del suo Presidente Fidel Castro, ha ricordato ad Insulza di non far parte dell’OSA né di avere l’intenzione di entrarci e che non le interessa minimamente ciò che un organismo così screditato possa fare o pensare su una Rivoluzione che mantiene fermezza e dignità.
L’inutilità dell’OSA è proverbiale e poco può fare a favore della “democrazia” un personaggio che le stesse organizzazioni in difesa dei diritti umani ed i familiari degli assassini e scomparsi in Cile considerano come uno dei promotori delle leggi di ‘Punto Final’, che ratificano l’impunità dei militari che commisero migliaia di crimini durante il regime di Augusto Pinochet.
Praticare di questi tempi la respirazione artificiale all’OSA è un’esercitazione inutile. Washington avrà bisogno di ben altro per controllare un continente in ebollizione.
BATTAGLIA NELL' OSA
Flores, il prediletto degli Stati Uniti
L.Valenzuela - speciale per Granma Internacional
18.2 Gli Stati Uniti, di nuovo, fanno pressioni sull’Organizzazione degli Stati Americani, OEA, un ente regionale che sta vivendo ancora una volta una crisi interna da quando, nell’ottobre scorso il segretario generale Miguelangel Rodríguez si dimise perché lo accusarono di corruzione quando era presidente in Costa Rica.
Quattro mesi dopo l’incarico è ancora vacante e Washington vuole un suo uomo in questo posto. I candidati sono tre, per rimpiazzare Rodríguez, che ha svolto il ruolo per soli 15 giorni:
il ministro degli esteri messicano Luis Ernesto Derbez,
il ministro degli interni cileno José Miguel Insulza e
l’ex presidente di El Salvador, Francisco Flores, il prediletto di Washington, la cui etica politica è stata criticata fortemente da molti settori che temono anche che si ripeta l’episodio precedente con il politico del Costa Rica.
Per nessuno dei 34 paesi che formano la OSA - Cuba è stata esclusa nel 1962 - è un segreto che Flores è stato un alleato fedele alla politica degli USA e adesso esprime la sua dipendenza e il suo sostegno alle posizioni più reazionarie dell’attuale amministrazione repubblicana.
Basta ricordare che il politico centro americano è stato il solo governante della regione che ha approvato il colpo di stato orchestrato e diretto da Washington contro Hugo Chávez nell’aprile del 2002 e che si era offerto di lavorare con gli usurpatori, in un chiaro accordo con chi porta avanti le ingerenze dall’impero.
Per il governo di Bush che apporta ogni anno 59,5 milioni di dollari al bilancio di 79,5 milioni di dollari della OSA, è importante avere un fedele alleato nella segreteria generale, per poter maneggiare a proprio piacere questo organismo.
Un comunicato diceva chiaramente che gli USA sosterranno un candidato centro americano di consenso, preferibilmente un ex presidente... Non ci sono dubbi sul significato!
Il timore che l’ex presidente diriga la OSA è stato espresso lo scorso 11 febbraio a Washington dal Centro di Giustizia e di Diritto Internazionale CEJIL, uno dei più importanti gruppi dell’emisfero per la difesa dei diritti umani e la cui posizione ha anche avuto l’appoggio di molti altri gruppi.
La direttrice dell’ufficio del CEJIL a Washington, Viviana Kristicevich, ha considerato che i precedenti di Flores sono pessimi nel campo dei diritti umani, per cui la sua presenza nella OEA non aiuterebbe certo l’immagine politica di questa entità poco favorita in altre situazioni politiche della regione.
La Kristicevich ha precisato che durante la gestione presidenziale di Flores sono state scartate risoluzioni e raccomandazioni della Commissione inter - americana per i diritti umani CDH, relazionati con il suo paese, tra le quali la riapertura del caso dell’assassinio del Vescovo Oscar Romero, avvenuto nel marzo del 1980 e imputato agli squadroni della morte della destra estremista.
Ci sono stati segni molto negativi nel tema della democrazia, ha insistito. Il direttore del consiglio degli affari emisferici COHA, Larry Birns, ha ricordato che l’ex presidente Flores aveva rifiutato di aprire la porta al legato dei diritti umani proteggendo vari tra i principali fondatori del Partito Arena, implicati nelle attività di appoggio finanziario agli squadroni della morte.
Birns ha anche esposto i suoi dubbi sulla possibilità che Flores sia, come Rodríguez, accusato di corruzione durante il suo operato e questo, dicono gli specialisti, potrebbe essere una realtà in qualsiasi momento.
Più di una trentina di ONG’s vincolate ai diritti umani e civili hanno inviato una lettera nel novembre scorso ai presidenti del Centro America riuniti in un Summit in Costa Rica per far sì che respingessero la candidatura dell’antico collega.
Le ONG’s hanno sostenuto che l’etica di Flores parla da sola, guardando il suo operato come presidente, piagato da fatti che contraddicono lo spirito e la Carta della OEA.
La candidatura dell’ex presidente non riscuote la simpatia dei paesi del Centro America, come nel caso di Honduras, il cui presidente Ricardo Maduro ha detto che si pronuncerà per il candidato del Messico, poiché Flores non è il candidato del consenso centro americano e non ha nemmeno il sostegno del Belice.
Il presidente di El Salvador, Antonio Saca, ha assicurato che egli rispetta la decisione di Honduras di appoggiare la candidatura messicana e questa posizione non danneggerà le relazioni bilaterali e il processo di integrazione di questa regione impoverita.
Il Paraguay è il presidente temporaneo del consiglio permanente dell’entità e pochi giorni fa il governo di questo paese ha sostenuto che il nuovo segretario verrà eletto il 3 marzo prossimo, tre mesi prima dell’assemblea generale prevista a Fort Lauderdale, in Florida.
L’organizzazione ha vissuto e continua a vivere una crisi profonda che deve avere una soluzione dopo l’elezione di un nuovo segretario, ha detto Leila Rachid, ministro degli esteri del Paraguay a una radio di Asunción. Vogliamo che l’elezione avvenga in maniera indipendente alla futura elezione del segretario generale, che è programmata per la prima settimana di giugno, ha detto.
I tre candidati stanno svolgendo un’intensa campagna diplomatica tra i votanti; per vincere ci vogliono 18 su 34 voti. Gli osservatori considerano che i Caraibi sono molto importanti per gli aspiranti poiché ci sono varie nazioni chiave.
Sino ad ora la maggioranza delle nazioni del CARICOM, stando alle informazioni, mantiene segreto a chi darà il suo voto, eccettuando San Vicente e Belice che sostengono Derbez, con il beneplacito, sinora, di Paraguay, Canada, Bolivia, Granadinas e Santa Lucia.
Insulza si è assicurato i voti del Cile, Argentina, Brasile, Venezuela, Suriname, Ecuador e Uruguay, mentre Flores, può contare, come indicano alcune dichiarazioni, con El Salvador, Stati Uniti, Costa Rica, Guatemala, Nicaragua, Colombia e Repubblica Dominicana.
Senza dubbio l’ultima parola
non è ancora detta e chissà mai forse agli Stati Uniti stavolta lo sparo gli
salirà dalla culatta!