L’"EMBARGO" DEGLI STATI UNITI CONTRO CUBA
canadese Sabzali • La sua ostinata resistenza e l’appoggio mondiale per ben
otto anni Filadelfia - S.ECKARDT
28.5 Otto anni di battaglia sul tema chiave dell’embargo sono terminati all’inizio del 2005, quando il governo nordamericano ha ritirato discretamente il suo ultimo attacco contro l’impresario canadese James Sabzali, dopo uno sforzo per deportarlo dal suo paese adottivo: gli Stati Uniti.
Washington aveva insistito nella sua deportazione nonostante un accordo precedente di dichiarazione di colpevolezza di Sabzali.
"Il governo USA aveva revocato la sua offerta", ha spiegato l’impresario in un’intervista.
Però adesso la deportazione si è sommata a 76 accuse imputate a Sabzali tra le scorie di un processo che è stato il più grande a Washington per le violazioni all’embargo contro Cuba.
Sabzali ha rischiato l’ergastolo e una multa di circa 19 milioni di dollari per aver venduto degli apparecchi per purificare l’acqua ad alcuni ospedali cubani.
Mentre le accuse contro di lui richiamavano l’attenzione, quello che era in gioco divenne ancora più interessante. Gli Stati Uniti possono applicare il blocco in una forma di obbligo giuridico al mondo intero?
Il fatto che Sabzali fosse un cittadino canadese che faceva affari dal Canada nella maggioranza delle occasioni è stato cruciale, ma lui è stato accusato di aver violato la "Trading with the Enemy Act". la legge del commercio con il nemico.
Contrastando con questo, la Canadian Extraterritorial Measures Act gli proibiva simultaneamente la cooperazione con l’embargo degli Stati Uniti.
E così il problema sembrava un semplice impiccio. Quali leggi erano superiori in Canada: quelle di Ottawa o quelle di Washington? Gli USA potevano annullare le leggi di un’altra nazione sovrana ?
UN FATTO CERTO
Non importa quanto era straordinaria quella possibilità, perchè sembrava fosse in gioco solo il piccolo dubbio che Sabzali era caduto negli ingranaggi dell’instancabile blocco degli USA contro Cuba.
Il caso contro di lui fu svolto con la stessa brutale intensificazione del blocco di Washington contro l’Isola, anticipando l’imminente scomparsa di Cuba dopo la disintegrazione dell’Unione Sovietica.
Imporre sanzioni criminali draconiane a stranieri e ai propri cittadini era solo una componente logica di quella scalata, una versione del diritto penale delle Leggi Torricelli e Helms-Burton.
In ogni caso Sabzali non sembrava un buon candidato per essere il primo uomo in quel conflitto internazionale. Era semplicemente un uomo di famiglia, un cittadino canadese nato a Trinidad, un impresario con un titolo in chimica...
"I canadesi hanno sempre avuto buone relazioni con i cubani" ha detto Sabzali che adesso ha 46 anni. "Io sono canadese, lavoro privatamente e Cuba fu un’opportunità e cosi feci un affare con i cubani!"
Era poco probabile che gli accusati come la Bro Tech Corporation con base negli Stati Uniti e i suoi gerenti Stefan e Donald Brodie divenissero i difensori di una battaglia contro il blocco.
Le strategie di difesa erano avere avvocati molto influenti, includendo l’avvocato personale di Clinton, per evitare che il caso continuasse così vivace, esattamente come fanno i ricchi per evitare la prigione anche se i loro crimini includono somme di milioni di dollari e anche la morte...
Questo modo di agire si chiama "old boy’s network" (solidarietà di classe di stile capitalista) e comunemente permette di avere una disistima di tutte le accuse e nel peggiore dei casi condanne a pene brevi in prigioni speciali, con alloggio, gestite da imprese private e senza "reclusione", le prigioni comunemente chiamate Club Feld, in riferimento ai servizi di tutto compreso che gestisce la corporazione del turismo Club Med.
Di fatto, come Granma Internacional scrisse in un articolo di Gabriel Molina tempo fa, i negoziati su questo caso si svolsero con il procuratore generale degli USA, il più alto rappresentante giuridico e non con l’ufficio locale incaricato dell’accusa.
Ovviamente le considerazioni geopolitiche storiche, la profonda ostilità dei presidenti degli USA contro la Rivoluzione cubana e la certezza della sua caduta imminente, annullarono i vantaggi abituali che conferiva l’accesso diretto al procuratore generale e anche la rappresentanza dell’avvocato del presidente.
Il livello più alto del governo degli Stati Uniti aveva deciso che Sabzali e gli altri accusati con lui dovevano andare in prigione e forse anche per molto tempo.
IL BERSAGLIO
Questa intransigente posizione diede la possibilità a Washington di concentrare le pressioni sulla persona più debole tra gli accusati: James Sabzali e cominciò a sottrargli il passaporto, quello della moglie e dei figli, detenendo praticamente tutta la famiglia.
Washington si impadronì della proprietà della casa di Sabzalai in modo che comunque la famiglia avrebbe perduto una proprietà che rappresentava la maggioranza dei suoi risparmi, anche in caso di un improbabile allontanamento del caso dagli USA.
Sabzali non poteva certo fuggire, perchè aveva un bracciale elettronico a una caviglia permanentemente controllato per sapere dove si trovava. Un viaggio di sole dieci miglia da casa sua avrebbe dato l’allarme e provocato l’invio degli agenti federali nel luogo preciso indicato dal bracciale.
Sabzali doveva accettare di testimoniare contro gli altri accusati per far sparire le 76 accuse contro di lui o, per lo meno, assicurarsi un futuro più promettente di una vita in una prigione federale.
Allora, alla fine del millennio, sembrava che Washington avesse in mano tutte le pedine e, sicuramente, grazie all’impulso guadagnato dall’impero negli anni ’90, sarebbero scomparsi prima Sabzali, poi la Bro Tech, poi le leggi canadesi, la resistenza a un blocco mondiale e finalmente l’economia cubana e la stessa Rivoluzione. Forse. 45 anni di guerra sembravano al punto di dare dei frutti.
IL PROBLEMA
Il primo indizio della possibilità che le cose però non potevano avanzare senza complicazioni venne proprio dalla pedina numero 1, Sabzali, che non si curò delle minacce e delle promesse e non volle collaborare con il governo USA contro gli altri accusati.
Ma non era un atto eroico come Sabzali spiegò a Granma: la cosa era semplice, il governo si stava sbagliando e non aveva senso cooperare con lui perchè, disse Sabzali, io non ho fatto niente di male!
Il significato di quell’atteggiamento non fu considerato da Washington che andò avanti pensando che il maggior peso e potere del governo degli Stati Uniti, comunque avrebbe sancito le condanne.
In realtà la determinazione di Sabzali aveva fatto cambiare corso al caso e invece di una silenziosa capitolazione ci sarebbe stata una battaglia pubblica, una lotta per far cadere tutte le pedine dal lato contrario a quello previsto.
Le notizie delle 76 accuse contro Sabzali provocarono quello che un giornale di Filadelfia chiamò una "tormenta di proteste in Canada", dove si stava violando la sovranità del paese, da parte del vicino del sud. Gli editorialisti canadesi definirono le accuse orrende e chiesero al loro governo di opporsi a quelle. Molti cittadini canadesi mandarono lettere di sostegno a Sabzali e poco dopo Ottawa inviò la prima e poi la seconda protesta diplomatica a Washington.
Dopo le proteste del Canada iniziò una protesta internazionale contro il blocco degli USA, una condanna contro Washington che voleva imporre le sue leggi contro Cuba anche dentro gli altri paesi e così, mentre si diffondevano le notizie del caso nel mondo, cresceva anche l’appoggio mondiale per Sabzali.
Il parlamento scozzese approvò una risoluzione di protesta e decine di migliaia di cubani dimostrarono il loro appoggio mentre gli attivisti della solidarietà con Cuba negli USA stessi scatenarono una cascata di pubblicità elettronica.
L’opposizione crescente e la quantità di pubblicità internazionale rivelarono che, ancora una volta, i governanti degli USA avevano mal calcolato la propria abilità nel tentativo di asfissiare Cuba.
Il piano di usare Sabzali per stabilire la legge degli Stati Uniti al di fuori dei limiti del paese era in pericolo.
Sabzali e gli altri accusati furono condannati all’inizio del 2002 per una dozzina di accuse e la ritirata cominciò rapidamente nel giungo del 2003. La stessa Corte revocò i suoi stessi verdetti di colpevolezza e il giudice riconobbe che il governo degli Stati Uniti aveva esagerato, citando una cattiva condotta da parte della procura generale, che altrimenti poteva passare inosservata.
Quello che è successo dopo è stato un accordo tra la difesa e la procura, con una dichiarazione di colpevolezza e di un solo delitto minore e senza parlare di una condanna in carcere. Così si evitò una vergogna maggiore per Washington e un nuovo processo per Sabzali, con la possibilità di una condanna all’ergastolo.
Sabzali aveva commentato che la differenza tra le 76 accuse e la sola accusa accordata era come una condanna all’ergastolo e un’altra a un anno di libertà condizionata: un abisso che parla della durezza del governo in questo caso.
PASSANDO LA FIACCOLA
Mentre Sabzali parlava dell’accordo come di una vittoria, la storia non ere ancora terminata, con il mancato rispetto di Washington dell’accordo e i suoi sforzi per deportare Sabzali e il successivo abbandono di questo sforzo.
Dopo quasi cinque anni di una lotta corrosiva che lo ha lasciato isolato dalla società e nell’impossibilità di fare qualsiasi altra cosa, Sabzali oggi desidera riprendere una vita normale, essere finalmente libero.
Dopo cinque anni senza un passaporto, non sorprende che quello di viaggiare sia uno dei primi desideri.
"Sfortunatamente non posso continuare nelle mie buone relazioni con Cuba perchè come tutti i residenti degli USA - non importa la cittadinanza - è proibito andare a Cuba per via delle nuove misure imposte da Bush, una postilla dopo il blocco, che continua ad essere valido!"
In realtà i problemi nel caso Sabzali non sono del tutto risolti.
La dichiarazione di colpevolezza, anche se per un solo delitto, fatta da Sabzali, era solo una transazione realizzata nel 1994, quando era un uomo daffari indipendente che viveva in Canada.
Questa dichiarazione stabilisce - in accordo con il procuratore nordamericano Joseph Poluka in un intervista – che uno non può violare le leggi di questo paese solo perchè vive in un altro ...
Sabazli rifiuta la semplicità di questo ragionamento.
"Io sono stato condannato non per quello che ho fatto, ma per quello che non ho fatto! Io avrei, si presume, dovuto informare l’autorità degli USA che alcuni cittadini stavano violando le leggi degli Stati Uniti commerciando con Cuba. Io mi dichiarai colpevole di sapere che c’erano degli elementi contro la legislazione degli Stati Uniti, ma non contro quella canadese o di qualsiasi altro paese e non avevo avvisato le autorità di Washington di quel che stava succedendo."
"Fare affari con Cuba dal Canada è assolutamente legale, dice Mel Martin, consigliera per le compagnie che vogliono fare affari con Cuba. L’importanza di questo caso e gli 8 milioni di dollari che è costato agli accusati ha un affetto da brivido sulla gente che vuole fare affari con Cuba!"
La storia di Sabzali giunge a un finale un pochino equivoco che rivela solo un capitolo di un volume di decenni di storia e di lotte che continuano ogni giorno.
Questo capitolo va molto al di là delle sue pagine ed espone la debolezza dell’impero davanti al sostegno internazionale dato a un uomo che ha rifiutato di rassegnarsi davanti all’ingiustizia.
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