Nel gennaio 2002, quando il presidente nordamericano Bush sospese per le sue truppe l’applicazione della Convenzione di Ginevra, il Consigliere giuridico del Dipartimento di Stato chiese agli avvocati della Casa Bianca di avvertire con urgenza il presidente del fatto che avrebbe potuto essere eventualmente perseguito per “crimini di guerra”.
Questa notizia assume una particolare importanza nel momento in cui a Ginevra si riunisce la Commissione sui Diritti Umani.
E’ stata appena rivelata in un articolo della giornalista nordamericana Jane
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22/02/2005
Timore e
silenzio in Australia
“L'Australia, una volta la terra senza paure, ha collaborato
più da vicino di ogni altro governo occidentale con Guantanamo ed è
colpevole in proprio di reati contro i diritti umani”. |
Mayer, pubblicato dalla rivista ‘New Yorker’, con il titolo “Outsourcing Torture” (Dare in appalto la tortura), dove spiega come, mettendo da parte le convenzioni internazionali relative ai prigionieri di guerra, compresa la Convenzione contro la tortura dell’ONU, la Casa Bianca dette il via libera a tutti gli eccessi verificatisi successivamente nei centri di interrogatorio del Pentagono.
In un memorandum datato 11 gennaio 2002 e diretto a John C. Yoo, Consigliere giuridico del presidente Bush su questo tema, il Consigliere giuridico del Dipartimento di Stato William Taft IV, chiese allo stesso Yoo e ad Alberto Gonzáles, attuale Segretario alla Giustizia, di avvertire urgentemente il presidente che “potrebbe essere considerato dal resto del mondo come un criminale di guerra”, a seguito della decisione di sospendere l’applicazione della Convenzione di Ginevra per quanto riguarda il trattamento dei prigionieri delle sue truppe.
Bush aveva annunciato questa decisione tre giorni prima.
Nel documento di 40 pagine che non è mai stato pubblicato, Taft argomentò che l’analisi di Yoo su questo tema è “seriamente imperfetta”.
Segnalando che la pretesa di Yoo che il presidente possa non applicare la Convenzione di Ginevra è “insostenibile”, “scorretta” e “confusa”, Taft respinse anche l’argomentazione che l’Afghanistan fosse uno “Stato fallito” e che pertanto non fosse coperto dai trattati.
L’avvocato del Dipartimento di Stato avvertì poi Yoo “che se gli Stati Uniti partecipano alla guerra contro il terrorismo al di fuori della Convenzione di Ginevra, non solo i soldati statunitensi potrebbero venire processati per crimini comprendenti l’assassinio, ma che lo stesso presidente Bush potrebbe essere accusato di ‘violazione grave’ (di queste Convenzioni) da altri paesi e venir giudicato per crimini di guerra”.
Taft inviò una copia della sua lettera ad Alberto González per essere sicuro che George Bush venisse informato.
L’avvertimento di Taft non ebbe alcun effetto su Bush, che mantenne la sua decisione.
Secondo la giornalista del ‘New Yorker’, le opinioni legali degli avvocati della Casa Bianca sul tema della tortura sono sempre state redatte lasciando “buchi”. Nel febbraio 2002 Bush emise una direttiva scritta dicendo che, a prescindere dalla sospensione dell’applicazione della Convenzione, tutti i detenuti dovevano essere trattati “umanamente”. Tuttavia, leggendo attentamente il documento, uno si rende conto che è diretto solamente ai militari e non agli ufficiali della CIA. Questo ha permesso che gli addetti agli interrogatori dell’Agenzia continuassero ad utilizzare una vasta gamma di tecniche abusive.
In agosto, lo stesso Yoo emise un’orientamento dove la tortura veniva definita come un tentativo di infliggere sofferenze “equivalenti in intensità al dolore che accompagna una ferita fisica seria, tale come la mancanza di un organo, l’impedimento di funzioni corporali, o anche la morte”. Un altro memorandum segreto redatto dagli avvocati di Bush ha poi autorizzato la CIA ad usare “nuovi” metodi di interrogatorio, compreso il “water-boarding”, con il quale il “sospetto” viene legato per poi sommergerlo nell’acqua, allo scopo di fargli provare la sensazione di annegare.
Secondo Yoo, la Costituzione degli USA conferisce al Presidente tutti i poteri per sopprimere l’applicazione della Convenzione sulla Tortura delle Nazioni Unite. Per l’avvocato della Casa Bianca il Congresso non ha il potere di legare le mani al presidente sulla tortura e le tecniche di interrogatorio. “E’ nell’essenza stessa delle funzioni di Comandante in Capo. Non possono impedire al Presidente di ordinare la tortura”, ha detto il Consigliere giuridico di Bush.
L’articolo di Jane Mayer è incentrato sull’uso della procedura di “resa”, che ha permesso alla CIA di consegnare un numero sconosciuto di prigionieri a paesi dove sapeva che questi sarebbero stati torturati, allo scopo di lasciare ad altri il lavoro sporco ed ottenere informazioni.
Mayer cita il caso di Ibn al-Sheikh al-Libi, un presunto alto dirigente di Al Qaeda, catturato in Pakistan e consegnato alla CIA. Libi era considerato il dirigente di un campo di addestramento del gruppo estremista a Khamden, in Afghanistan.
Mentre il FBI si diceva soddisfatto della “collaborazione” di Libi negli interrogatori, la CIA non condivideva questa opinione. Libi per l’Agenzia era “scomparso”, consegnato ad un paese amico per essere interrogato... E l’FBI aveva perduto le sue tracce.
E’ riapparso mesi dopo nel Campo per interrogatori nordamericano di Guantánamo.
Colin Powell aveva usato nel febbraio 2003, davanti al Consiglio di Sicurezza, le sue “confessioni” ottenute per mezzo della tortura, per “dimostrare” che l’Iraq possedeva “armi chimiche o biologiche” e giustificare l’invasione e l’occupazione di questa nazione.
Certamente, come oggi è stato comprovato, quelle “informazioni” ottenute a forza di maltrattamenti erano totalmente false.
Nel campo per interrogatori nordamericano di Guantanamo è anche riapparso, in modo simile, un altro “desaparecido” della CIA, Marndouh Habib, un cittadino australiano di origine egiziana, arrestato in Pakistan nell’ottobre del 2001 e consegnato alla CIA.
I nordamericani gli hanno messo una maschera opaca, un pigiama arancione e lo hanno fatto salire su un aereo privato per portarlo in un paese “amico” e consegnarlo agli addetti all’interrogatorio.
“L’interrogatorio” è durato 6 mesi, racconta Mayer.
“Ha detto di essere stato picchiato frequentemente con strumenti contundenti, incluso un oggetto che lui ha descritto come uno strumento di tortura che trasmette scosse elettriche e che viene utilizzato con il bestiame. Gli hanno detto che se non confessava di appartenere a Al Qaeda, sarebbe stato violentato nell’ano da cani addestrati per questo. (...) Habib ha detto di essere stato ammanettato e costretto a stare in piedi in tre camere di tortura: una stanza piena d’acqua che gli arrivava fino al mento costringendolo a stare in punta di piedi per ore, un’altra camera piena d’acqua fino ai ginocchi con il tetto così basso che era costretto a stare coccoloni per un tempo prolungato, mentre nella terza l’acqua arrivava alle caviglie e lui poteva vedere un interruttore elettrico e un generatore che secondo quel che gli dicevano le guardie sarebbe stato utilizzato per ammazzarlo se non confessava. L’avvocato di Habib ha detto che il suo cliente si è arreso alla volontà dei suoi aguzzini e ha fatto confessioni molteplici, tutte quante false”.
Habib, un uomo d’affari, è stato finalmente liberato da Guantanamo un mese fa, su insistenza del governo australiano, dopo tre anni di detenzione e maltrattamenti, senza che sia stata formulata contro lui la benchè minima accusa.
Secondo il servizio di Mayer, 150 individui sono stati spostati per la loro “resa” dal 2001, molti di loro in un piccolo aereo bianco di 14 posti appartenente alla CIA, di marca Gulfstream V, con le lettere di identificazione N8068V. Un numero indeterminato di prigionieri, la cui identità è sconosciuta, rimangono sequestrati nella rete di prigioni segrete della CIA.
Mentre a Ginevra la Commissione dei Diritti Umani dell’ONU è riunita, il servizio del ‘New Yorker’ suona come una confessione. E un atto di accusa.