LE TORTURE AI PRIGIONIERI


Bush fu avvertito di poter essere

 

imputato come criminale di guerra


Un articolo della giornalista nordamericana Jane Mayer, pubblicato dalla rivista ‘New Yorker’, spiega come la Casa Bianca, violando la convenzione internazionale sui prigionieri di guerra, ha aperto la porta a tutti gli eccessi avvenuti nei centri di interrogatorio del Pentagono



JEAN-GUY ALLARD (speciale per GI) 3 marzo 2005

 

 

Nel gennaio 2002, quando il presidente nordamericano Bush sospese per le sue truppe l’applicazione della Convenzione di Ginevra, il Consigliere giuridico del Dipartimento di Stato chiese agli avvocati della Casa Bianca di avvertire con urgenza il presidente del fatto che avrebbe potuto essere eventualmente perseguito per “crimini di guerra”.

 

Questa notizia assume una particolare importanza nel momento in cui a Ginevra si riunisce la Commissione sui Diritti Umani.

 

E’ stata appena rivelata in un articolo della giornalista nordamericana Jane

22/02/2005

Timore e silenzio in Australia

John Pilger
 

“L'Australia, una volta la terra senza paure, ha collaborato più da vicino di ogni altro governo occidentale con Guantanamo ed è colpevole in proprio di reati contro i diritti umani”.

di John Pilger, Lunedì 7 Febbraio 2005

I miti nazionali di solito hanno un fondamento. In Australia, il mito di una società egualitaria e coraggiosa, ha una storia straordinaria. Molto prima della maggior parte del mondo, l’Australia si era data un salario minimo, una settimana lavorativa di 35 ore, assistenza all’infanzia e voto alle donne. Il ballottaggio segreto fu inventato in Australia. Dagli anni sessanta, gli australiani possono vantare la distribuzione di reddito personale più equa nel mondo.

Oggi, queste sono verità sovversive, rimosse. Mentre nelle scuole è prescritto di sventolare la bandiera (nella quale l’Union Jack beffa ancora dall’alto), viene esaltata la lacrimosa storia dei soldati australiani che a Gallipoli morirono senza motivo per un dominio imperiale, insieme a colonialismo e razzismo appena mascherati. L’Australia, auto-promossa come bastione dei diritti umani, è diventata una rappresentazione del loro rifiuto e della degradazione.

Molti australiani sono consapevoli di questo, almeno quelli che hanno riempito un  
piccolo teatro di Sydney il 26 Gennaio, giorno in cui l’Australia celebra l'esproprio del popolo aborigeno da parte degli inglesi, nel 1770. Si stava rappresentando un lavoro straordinario di Stephen Sewell, ‘Mito, Propaganda e Disastro nella Germania Nazista e nell'America Contemporanea’, che smaschera la democrazia dell’America di Bush: "se vuoi vedere l’America, guarda negli occhi dei suoi prigionieri", dice uno dei personaggi principali. Sewell tratta con grande maestria il tema, raramente discusso in pubblico in Australia, del potere rapace camuffato da democrazia, e la paura e il silenzio dei suoi ceti privilegiati.

In sala ad applaudire c’era anche Stephen Hopper, avvocato di Mamdouh Habib, uno di due australiani imprigionati a Guantanamo Bay, che ha descritto le sofferenze per le torture patite da Habib prima in Egitto, dove fu tradotto dagli americani dopo che lo avevano rapito in Pakistan. In una prigione diretta dalla CIA in Egitto, egli venne sospeso al soffitto con i piedi appoggiati solamente su un barile elettrificato.“Poteva appoggiarsi e ricevere una scossa o appendersi dolorosamente alle sue braccia fino a crollare" dice Hopper. “Bendato, venne segregato in stanze che erano allagate con acqua, percorse da scariche elettriche. A Guantanamo Bay poi le guardie continuarono i maltrattamenti, anche rivolti contro la sua dignità. Nella stanza degli interrogatori erano stati appesi ai muri ingrandimenti fotografici di suoi famigliari e i torturatori dicevano: “ E’ un peccato che ora dobbiamo uccidere la tua famiglia”

Conosciamo queste atrocità dai racconti dei primi prigionieri britannici. Ma mai  nessun governo che si autoproclami democratico, ha collaborato così completamente col regime Guantanamo come quello di John Howard (premier dell’Australia, ndr). Stephen Hopper ha detto che un Ufficiale australiano stava lì in piedi mentre Habib veniva torturato dagli americani e trascinato su un aereo; ci sono documenti che lo provano. Il Procuratore generale australiano, Philip Ruddock, ha affermato di non sapere niente del fatto ed ha implacabilmente calunniato Habib e l'altro prigioniero australiano, David Hicks come sospetti terroristi, senza che fosse prodotto un solo brandello di prova. Fu solo quando parve alla Corte Suprema degli Stati Uniti di esaminare il suo caso che Habib fu affrettatamente rispedito a casa.

Gareth Peirce, che rappresenta i britannici di Guantanamo, mi disse: "La circostanza che  David Hicks si trovi davanti ad una commissione militare è completamente dovuta al fatto che il Governo australiano non fa niente per lui." Anche l'avvocato militare americano di Hicks dice che il suo processo, con un’inconsistente accusa di cospirazione, è una farsa. Ora Ruddock, il cui lavoro è usare le restrizioni di libertà concesse dalla legge, ha permesso ad un processo giudiziale farsa, di essere brutalmente usato contro cittadini australiani. Avendo messo Habib sotto continua sorveglianza e avendogli impedito di lasciare il paese, ora sta tentando di impedirgli di parlare pubblicamente delle atrocità che gli hanno fatto. E’ chiaro che questo squallido politicante teme la verità che ora Habib è libero di rivelare.

Questa paura è fedelmente riflessa nella maggior parte dei media australiani. Il Sydney Morning Herald  ha vergognosamente permesso ad un propagandista di Israele, Ted Lapkin, di dire che Habib, innocente per ogni giusto sistema legale, aveva pagato il prezzo per le sue azioni con la carcerazione da parte delle Autorità americane. Uno dei principali commentatori ‘liberal’, Michelle Grattan, ha descritto Habib, che è stato chiaramente danneggiato e ingiuriato, come uno che è “entrato nella categoria delle celebrità, e che non può ragionevolmente lagnarsi delle autorità australiane (rimanendo tuttavia sotto controllo)”. Non ci si può stupire, dal momento che, secondo Reporter sans Frontieres, la stampa australiana figura al  41° posto nella graduatoria per la libertà di stampa del mondo, la sua l'ossequiosità al potere supera anche gli stati autocratici e totalitari. Molti giornalisti australiani, come quelli nel lavoro teatrale di Sewell, rimangono in silenzio; così come la maggioranza degli accademici australiani. I principali giornalisti formano un corte adorante attorno ad un primo ministro che è più blairiano di Blair nella sua sequenza di bugie e va oltre il suo mentore a Washington, Bush, nel suo evidente disprezzo per i diritti umani.

Sotto Howard e Ruddock, l’Australia, imprigionando dietro a filo spinato iracheni ed altri scampati a dittature, ha costruito un suo proprio Gulag.  Persone innocenti, compresi bambini, sono tenute in alcuni dei luoghi più isolati sulla terra, come l’Isola di Manus e Nauru. Un  rifugiato del Kashmir, Peter Qasim è imprigionato da quasi sette anni. Il capo di un gruppo di lavoro ONU sulla Detenzione Arbitraria, Louis Joinet, che ha fatto più di 40 ispezioni alle installazioni per la detenzione coatta in tutto il mondo, dice di non avere mai visto peggiore insulto dei diritti umani che in Australia.

I primi australiani sperimentarono per molto tempo queste condizioni. Sotto il governo Howard, il sostegno a salute e servizi legali  per gli aborigeni è diminuito. Nella parte occidentale del New South Wales, l'attesa di vita per gli uomini aborigeni è di 33 anni; l’Australia è l'unico paese industrializzato in una ‘lista nera’ delle Nazioni Unite, tra i paesi che non hanno vinto il tracoma, una malattia prevenibile della povertà, che porta ancora cecità soprattutto ai bambini aborigeni.

Sei anni fa, intervistando Ruddock- quando era il ministro federale responsabile per assicurare che gli australiani neri non creassero imbarazzi al governo in occasione delle Olimpiadi di Sydney- gli domandai: " Come si sente ricevendo rapporti di Amnesty sulle violazioni dei diritti umani, con ‘Australia’ scritto in cima alla lista, dal momento che ‘gli Aborigeni stanno ancora morendo in prigione e la custodia di polizia è a livelli di trattamento che potrebbero essere considerati crudeli, inumani e degradanti?"

Sorridendo, lui rispose: “Perché usano la parola ‘potrebbero’?”
La terra senza paura australiana merita di meglio di un’arrogante cinismo.


Traduzione dall’inglese Bf

 Mayer, pubblicato dalla rivista ‘New Yorker’, con il titolo “Outsourcing Torture” (Dare in appalto la tortura), dove spiega come, mettendo da parte le convenzioni internazionali relative ai prigionieri di guerra, compresa la Convenzione contro la tortura dell’ONU, la Casa Bianca dette il via libera a tutti gli eccessi verificatisi successivamente nei centri di interrogatorio del Pentagono.

 

In un memorandum datato 11 gennaio 2002 e diretto a John C. Yoo, Consigliere giuridico del presidente Bush su questo tema, il Consigliere giuridico del Dipartimento di Stato William Taft IV, chiese allo stesso Yoo e ad Alberto Gonzáles, attuale Segretario alla Giustizia, di avvertire urgentemente il presidente che “potrebbe essere considerato dal resto del mondo come un criminale di guerra”, a seguito della decisione di sospendere l’applicazione della Convenzione di Ginevra per quanto riguarda il trattamento dei prigionieri delle sue truppe.

 

Bush aveva annunciato questa decisione tre giorni prima.

 

Nel documento di 40 pagine che non è mai stato pubblicato, Taft argomentò che l’analisi di Yoo su questo tema è  “seriamente imperfetta”.

 

Segnalando che la pretesa di Yoo che il presidente possa non applicare la Convenzione di Ginevra è “insostenibile”, “scorretta” e “confusa”, Taft respinse anche l’argomentazione che l’Afghanistan fosse uno “Stato fallito” e che pertanto non fosse coperto dai trattati.

 

L’avvocato del Dipartimento di Stato avvertì poi Yoo “che se gli Stati Uniti partecipano alla guerra contro il terrorismo al di fuori della Convenzione di Ginevra, non solo i soldati statunitensi potrebbero venire processati per crimini comprendenti l’assassinio, ma che lo stesso presidente Bush potrebbe essere accusato di ‘violazione grave’ (di queste Convenzioni) da altri paesi e venir giudicato per crimini di guerra”.

 

Taft inviò una copia della sua lettera ad Alberto González per essere sicuro che George Bush venisse informato.

 

L’avvertimento di Taft non ebbe alcun effetto su Bush, che mantenne la sua decisione.

 

Secondo la giornalista del ‘New Yorker’, le opinioni legali degli avvocati della Casa Bianca sul tema della tortura sono sempre state redatte lasciando “buchi”. Nel febbraio 2002 Bush emise una direttiva scritta dicendo che, a prescindere dalla sospensione dell’applicazione della Convenzione, tutti i detenuti dovevano essere trattati “umanamente”. Tuttavia, leggendo attentamente il documento, uno si rende conto che è diretto solamente ai militari e non agli ufficiali della CIA. Questo ha permesso che gli addetti agli interrogatori dell’Agenzia continuassero ad utilizzare una vasta gamma di tecniche abusive.

 

In agosto, lo stesso Yoo emise un’orientamento dove la tortura veniva definita come un tentativo di infliggere sofferenze “equivalenti in intensità al dolore che accompagna una ferita fisica seria, tale come la mancanza di un organo, l’impedimento di funzioni corporali, o anche la morte”. Un altro memorandum segreto redatto dagli avvocati di Bush ha poi autorizzato la CIA ad usare “nuovi” metodi di interrogatorio, compreso il “water-boarding”, con il quale il “sospetto” viene legato per poi sommergerlo nell’acqua, allo scopo di fargli provare la sensazione di annegare.

 

Secondo Yoo, la Costituzione degli USA conferisce al Presidente tutti i poteri per sopprimere l’applicazione della Convenzione sulla Tortura delle Nazioni Unite. Per l’avvocato della Casa Bianca il Congresso non ha il potere di legare le mani al presidente sulla tortura e le tecniche di interrogatorio. “E’ nell’essenza stessa delle funzioni di Comandante in Capo. Non possono impedire al Presidente di ordinare la tortura”, ha detto il Consigliere giuridico di Bush.

 

L’articolo di Jane Mayer è incentrato sull’uso della procedura di “resa”, che ha permesso alla CIA di consegnare un numero sconosciuto di prigionieri a paesi dove sapeva che questi sarebbero stati torturati, allo scopo di lasciare ad altri il lavoro sporco ed ottenere informazioni.

 

Mayer cita il caso di Ibn al-Sheikh al-Libi, un presunto alto dirigente di Al Qaeda, catturato in Pakistan e consegnato alla CIA. Libi era considerato il dirigente di un campo di addestramento del gruppo estremista a Khamden, in Afghanistan.

 

Mentre il FBI si diceva soddisfatto della “collaborazione” di Libi negli interrogatori, la CIA non condivideva questa opinione. Libi per l’Agenzia era “scomparso”, consegnato ad un paese amico per essere interrogato... E l’FBI aveva perduto le sue tracce.

E’ riapparso mesi dopo nel Campo per interrogatori nordamericano di Guantánamo.

 

Colin Powell aveva usato nel febbraio 2003, davanti al Consiglio di Sicurezza, le sue “confessioni” ottenute per mezzo della tortura, per “dimostrare” che l’Iraq possedeva “armi chimiche o biologiche” e giustificare l’invasione e l’occupazione di questa nazione.

 

Certamente, come oggi è stato comprovato, quelle “informazioni” ottenute a forza di maltrattamenti erano totalmente false.

 

Nel campo per interrogatori nordamericano di Guantanamo è anche riapparso, in modo simile, un altro “desaparecido” della CIA, Marndouh Habib, un cittadino australiano di origine egiziana, arrestato in Pakistan nell’ottobre del 2001 e consegnato alla CIA.

 

I nordamericani gli hanno messo una maschera opaca, un pigiama arancione e lo hanno fatto salire su un aereo privato per portarlo in un paese “amico” e consegnarlo agli addetti all’interrogatorio.

 

“L’interrogatorio” è durato 6 mesi, racconta Mayer.

 

“Ha detto di essere stato picchiato frequentemente con strumenti contundenti, incluso un oggetto che lui ha descritto come uno strumento di tortura che trasmette scosse elettriche e che viene utilizzato con il bestiame. Gli hanno detto che se non confessava di appartenere a Al Qaeda, sarebbe stato violentato nell’ano da cani addestrati per questo. (...) Habib ha detto di essere stato ammanettato e costretto a stare in piedi in tre camere di tortura: una stanza piena d’acqua che gli arrivava fino al mento costringendolo a stare in punta di piedi per ore, un’altra camera piena d’acqua fino ai ginocchi con il tetto così basso che era costretto a stare coccoloni per un tempo prolungato, mentre nella terza l’acqua arrivava alle caviglie e lui poteva vedere un interruttore elettrico e un generatore che secondo quel che gli dicevano le guardie sarebbe stato utilizzato per ammazzarlo se non confessava. L’avvocato di Habib ha detto che il suo cliente si è arreso  alla volontà dei suoi aguzzini  e ha fatto confessioni molteplici, tutte quante false”.

 

Habib, un uomo  d’affari, è stato finalmente liberato da Guantanamo un mese fa, su insistenza del governo australiano, dopo tre anni  di detenzione e maltrattamenti, senza che sia stata formulata contro lui la benchè minima accusa.

 

Secondo il servizio di Mayer, 150 individui sono stati spostati per la loro “resa” dal 2001, molti di loro in un piccolo aereo bianco di 14 posti appartenente alla CIA, di marca Gulfstream V, con le lettere di identificazione N8068V. Un numero indeterminato di prigionieri, la cui identità è sconosciuta,  rimangono sequestrati nella rete di prigioni segrete della CIA.

 

Mentre a Ginevra la Commissione dei Diritti Umani dell’ONU è riunita, il servizio del ‘New Yorker’   suona come una confessione. E un atto di accusa.