I gulag americani diventano permanenti

 

di Ted Rall 15 gennaio 2005

La normalizzazione dell’orrore. L’Amministrazione Bush non ha più in programma di detenere semplicemente “a tempo indeterminato” centinaia di prigionieri musulmani che marciscono nei campi di concentramento di Guantánamo, Abu Ghraib e Bagram; ora sta pensando a “un approccio più definitivo, con detenzioni potenzialmente a vita”.

 

 

Un nuovo documentario, “La hit parade di Hitler”, scorre per 76 minuti senza narrazione; costituito interamente di materiale d’archivio. Il film stimola i suoi recensori a commentare la famosa osservazione di Hannah Arendt sulla banalità del male. Le truppe tedesche soggiogavano l’Europa e ammassavano nei forni milioni di persone; intanto, i civili tedeschi andavano al cinema, seguivano concerti e spettegolavano sui loro vicini. Le persone vivevano vite mondane, normali, mentre i loro governi compivano indicibili mostruosità.
Vi suona familiare?

Mentre il Congresso si preparava ad approvare a scatola chiusa la nomina di un
aficionado della tortura come Alberto Gonzales per la carica di primo pubblico ministero della nazione, il Washington Post ha diffuso una notizia che avrebbe dilaniato qualsiasi paese più sensato di questo. L’Amministrazione Bush, ha riferito il giornale il 2 gennaio, non ha più in programma di detenere semplicemente “a tempo indeterminato” centinaia di prigionieri musulmani che al momento marciscono nei campi di concentramento statunitensi a Guantánamo, Abu Ghraib e Bagram; il Dipartimento della Difesa e la CIA stanno ora pensando a “un approccio più definitivo, con detenzioni potenzialmente a vita” per questi innocenti.

Li rinchiudiamo per sempre. Senza il dovuto processo.

Prima che gangster come Alberto Gonzales ci allettassero, spingendoci ad abbandonare i nostri valori, una persona veniva considerata innocente fino a che non veniva dimostrata la sua colpevolezza. Ora mettiamo sotto chiave delle persone perché “il governo non ha abbastanza prove per incriminare [i prigionieri] in tribunale”. E a tutti, compresi i democratici, questo sta bene.

Migliaia di prigionieri, in numero incalcolabile, vengono detenuti senza accuse formali, torturati e spesso uccisi nel sistema dei
gulag frettolosamente creato da CIA, FBI, Immigrazione e Pentagono. Secondo lo stesso governo, solo una dozzina scarsa di reclusi è costituita da ex ufficiali di Al Qaeda; gran parte di questi misérables postmoderni sono contadini, camionisti, soldati semplici della milizia e nemici politici, venduti come schiavi dai signori afgani della guerra e da altri simili individui in cambio di taglie in contanti, senza che nessuno abbia mai sollevato alcuna domanda.

Sappiamo che non hanno alcun legame con il terrorismo, ma hanno già trascorso diversi anni a farsi pestare. Rilasciarli potrebbe contribuire ad ammettere tacitamente che sbaglivamo a descriverli come “i peggiori tra i peggiori”, per usare le parole di Dick Cheney. Potrebbero fare causa al nostro governo, e potrebbero persino vincerla. La cosa peggiore è che hanno storie 'sgradevoli' da raccontare a proposito delle sistematiche pratiche di sodomia e delle altre innumerevoli, terrificanti forme di abuso perpetrate a spese dei contribuenti. Non potremo mai farli uscire.

Bush ha in progetto di dividere in due gruppi le vittime dei campi di concentramento statunitensi. Una parte di “ergastolani” andrà a finire nei
gulag gestiti dagli Usa come il nuovo Camp 6 di Gitmo (Guantánamo), costruito per rinchiudere 200 “detenuti che,secondo gli ufficiali della Difes, "per mancanza di prove, difficilmente verranno processati da un tribunale militare”. Ma niente paura: il Camp 6 “ammetterà la socializzazione tra i reclusi”.

Altri individui catturati durante la “guerra al terrorismo” verranno trasferiti “in paesi terzi, resisi disponibili a detenerli a tempo indeterminato e senza procedimenti legali” in
gulag a gestione straniera, che si impegnano a preparare le vittime per la tortura degli inquisitori americani negli interrogatori. Questa pratica, sostengono alcuni, è “un metodo efficace per disgregare le cellule terroriste e convincere i detenuti a rivelare informazioni”.

“Minacciare di mandarne qualcuno in uno di quei paesi [in cui verranno probabilmente torturati] è molto importante”, ha dichiarato Rohan Gunaratna, autore di “Inside Al Qaeda: Global Network o Terror” [“All’interno di Al Qaeda: la rete globale del terrore”, NdT].

Tuttavia, la cosiddetta motivazione logica della “bomba a orologeria innescata”, usata per giustificare la tortura, è palesemente ingannevole. Abbiamo ripetutamente sentito questo copione: non varrebbe forse la pena di torturare qualcuno che conosceva il luogo in cui si trovava una bomba nucleare in procinto di distruggere Manhattan? La risposta immediata, per una persona dotata di principi morali, è ovviamente no; per di più, la logica su cui si basa quest’argomentazione è assurda.

Immaginate che avessimo catturato Osama bin Laden il 10 settembre e che ci fossimo immediatamente messi al lavoro su di lui con le nostre droghe psicotrope approvate da Alberto Gonzales e la nostra tecnica di “immersione forzata”, sempre approvata dallo stesso Gonzales. Gli amici di Osama non ci avrebbero messo molto ad accorgersi che aveva sbagliato a mostrarsi alla famosa grotta del terrore: avrebbero creduto che lo avessimo noi e che lo stessimo torturando, avrebbero creduto che lui ci avrebbe detto tutto quello che sapeva. Quindi avrebbero posticipato l’11 settembre all’11 ottobre, o al 12 novembre, o all’11 settembre 2002, o sarebbero passati al Piano B, o avrebbero elaborato il Piano C. In un’organizzazione clandestina nessuno è indispensabile, neppure il suo leader; gli arresti sono un inconveniente, ma di certo non la indeboliscono.

Le informazioni che un individuo possiede al momento della sua cattura invecchiano come un formaggio stagionato al sole. Anche se quello che ha detto all’inizio è vero, qualsiasi cosa gli si estorca giorni, settimane, mesi, anni dopo diventerà assolutamente inutile.

Aspettate un momento.

Osservate ciò di cui stiamo parlando, considerate la maniera vivace in cui noi americani (americani!) stiamo discutendo i pro e i contro della tortura e meravigliatevi del nostro fallimento morale. Una volta, la motivazione di natura liberale addotta contro la tortura era che fosse sbagliata; ora, invece, è che non funziona.

Proprio così.
Avete letto qualche bel libro di recente?


www.nuovimondimedia.it
© 2005 Ted Rall

Fonte: http://www.commondreams.org/views05/0112-35.htm
Traduzione di Silvia Magi per Nuovi Mondi Media