Eric Leser

 Le Monde, 2 febbraio 2005

 

I tribunali militari di Guantanamo sono incostituzionali

 

Un nuova decisione giudiziaria è arrivata a rendere ancora più fragile, lunedì 31 gennaio, la posizione dell’amministrazione Bush sullo statuto dei prigionieri della base Americana di Guantanamo, a Cuba. La Corte Suprema aveva inflitto un primo colpo riconoscendo, il 28 giugno 2004, la possibilità, per i detenuti, di contestare la loro detenzione davanti ai tribunali americani.

Per conformarsi a questa decisione, il Pentagono aveva creato, due settimane più tardi, dei “tribunali di revisione dello statuto di combattenti”. I detenuti ritenuti nella situazione di poter contestare la loro condizione di “combattenti nemici” non beneficiavano dello statuto di prigionieri di guerra e della protezione delle Convenzioni di Ginevra. Davanti a questi “tribunali”, i detenuti non possono tuttavia essere assistiti da un avvocato, e tutti gli elementi di accusa contro di essi non vengono comunicati.

Lunedì 31 gennaio, interpellato dagli avvocati di cinquantaquattro detenuti, un giudice federale di Washington, Joyce Hens Green, ha stabilito che questi tribunali  sono “incostituzionali” e che non rispettano i diritti fondamentali dei prigionieri. “Anche se il paese deve indubbiamente prendere delle misure forti sotto la direzione del suo comandante in capo per proteggersi contro delle minacce considerevoli e senza precedenti, questa necessità non può contravvenire ai diritti fondamentali più elementari per i quali le persone di questo paese si sono battute e sono morte negli ultimi duecento anni”, scrive la giudice, nominata nel 1979, sotto la presidenza di Jimmy Carter.

 “Le procedure messe in atto dal governo per confermare che i querelanti sono combattenti nemici soggetti a una detenzione a tempo indeterminate violano I loro diritti. Alcuni detenuti possono anche essere colpevoli e rappresentare un pericolo per gli Stati Uniti, ma  il governo deve per prima cosa dichiarare le accuse contro essi”, aggiunge.

Il magistrato sottolinea che i prigionieri hanno il diritto di essere difesi da un avvocato e di contestare le accuse. Aggiunge che esistono numerose dichiarazioni e qualche prova di torture e  abusi contro i detenuti. Queste informazioni rendono “estremamente sospette” le confessioni di attività terroristiche sulle quali l’esercito si è appoggiato per determinare se qualcuno è o non è un combattente nemico. La giudice ha formulato una requisitoria contro il sistema Guantanamo, qualificando come “arbitrario e illogico” l’attribuzione da parte dell’esercito dello statuto di combattenti nemici a persone contro le quali, talvolta, non c’è la minima prova.

Ricorda che l’amministrazione Bush afferma di avere il diritto di detenere i prigionieri catturati in Iraq e altrove fino alla “fine della guerra contro il terrorismo”. “Ma il governo non è in grado di spiegare quando potrà determinare che la guerra contro il terrorismo è finita”, spiega la giudice. “ Il governo ha riconosciuto che la guerra potrà durare diverse generazioni, rendendo così possibile che i combattenti nemici siano imprigionati a Guantanamo fino alla fine dei loro giorni”.

Joyce Hens Green  conclude precisando che il suo giudizio “ non deve essere interpretato come una richiesta di remissione in libertà immediata”. Ma contesta un sistema nel quale un detenuto che non è accusato del minimo crimine possa restare così a lungo in prigione quanto un altro che è stato processato e ritenuto colpevole.

“La decisione del giudice Green è una formidabile disfatta per l’amministrazione Bush, una vittoria della legge, dei diritti umani e della nostra democrazia”, hanno affermato gli avvocati rappresentanti dei prigionieri. Ma non è definitiva. A gennaio, un altro giudice federale di Washington, Richard Leon, nominato da gorge Bush, ha preso una decisione opposta a quella di Joyce hens Green. Ha giudicato che le istanze di sette detenuti di Guantanamo erano “irricevibili” . “ Queste contraddizioni dovranno essere risolte da una Corte di Appello e il dipartimento sta studiando le opzioni per dirimere il più rapidamente possibile questi problemi”, ha fatto sapere il Ministero della Giustizia. E’ anche possibile che la questione finisca nuovamente nelle mani della corte suprema.

Eric Leser- 1-0@2-3222,36-396368,0.html">Articolo originale

(Traduzione di Paola Mirenda)