Guantanamo: sempre
più detenuti digiunano
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Martedì 20 Settembre 2005 - 7:29
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Luca Galassi
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A Guantamano 128 detenuti sono da un mese in sciopero
della fame. Protestano contro le condizioni di prigionia. Contro
le squadre di picchiatori che nella notte penetrano in gruppi di
30 nelle loro celle. Ma soprattutto, contro il fatto che da tre
anni, da quando sono stati incarcerati come ‘combattenti nemici’,
nessuna accusa è ancora stata formalizzata nei loro confronti.
David Remes è il legale di alcuni detenuti yemeniti.
Signor Remes, in che condizioni si trovano i prigionieri?
In pericolo di vita. Sono stato nel carcere di Guantanamo dal 31
agosto al 4 settembre e ho visitato sei dei miei clienti. Due di
loro stanno facendo lo sciopero della fame. Lo posso dire perché
dall’ultima mia visita, alla fine di luglio, erano palesemente
dimagriti. Erano praticamente a pezzi.
Quanta gente rappresenta in totale?
Il mio studio, il ‘Covington and Burling’ di Washington,
rappresenta 19 prigionieri yemeniti. Il 20 per cento dei circa 500
reclusi di Guantanamo sono di nazionalità yemenita.
Oltre alla loro prigionia indefinita, con l’ultimo sciopero della
fame i detenuti vogliono anche protestare contro una pratica
sconcertante, ovvero quella di venir picchiati durante la notte da
speciali squadre incaricate di ‘sedare’ intemperanze e schiamazzi.
Nel carcere esiste una squadra che si chiama Irf, ‘Immediate
Response Force’. Sono uomini vestiti con terribili uniformi nere,
elmetti come quelli da motociclista, hanno manganelli e scudi di
plastica. Penetrano nelle celle e picchiano i prigionieri.
Li picchiano per sedare i disordini o anche a scopo intimidatorio?
La mia impressione è che all’inizio, di solito, vi sia un
pretesto. Qualche ‘presunta infrazione’, qualche forma di
irriverenza nei confronti delle guardie.
Un pretesto...
La questione è se la punizione sia commisurata all’offesa. Quando
si inviano 30 membri della Irf nella cella per picchiare un
prigioniero che ha piantato qualche grana con qualche guardia, a
me questo appare come un pretesto.
Sono in molti, quindi, a picchiare un singolo detenuto.
Sì, e questo è stato il motivo per il primo sciopero della fame.
L’ultima protesta, che tutt’ora vede due dei miei clienti in fin
di vita, è motivata dal fatto di essere stati incarcerati sulla
base di prove segrete, senza accuse formali, e per un periodo di
tempo illimitato. E’ una protesta di carattere generale, non
chiedono semplicemente cucchiai o forchette di plastica per il
pranzo, non chiedono più tempo libero. Protestano per il fatto di
essere confinati in particolari circostanze. Non scioperano per
dettagli relativi alle evenienze quotidiane, scioperano perché
sono frustrati oltremisura dall’essere prigionieri ad libitum
sulla base di ‘prove segrete’, senza la possibilità di avere
accesso a un tribunale civile che possa confutare le motivazioni
alla base della loro incarcerazione.
Non esiste una sentenza della Corte Suprema del 2004 che ha reso
giudicabili i detenuti da una corte federale americana? Il governo
federale ha sostenuto che le corti federali non hanno competenza
su Guantanamo perché Guantanamo non è parte del ‘territorio
sovrano degli Stati Uniti’.
è stata addotta la questione dell’extra-territorialità.
Esatto. Ma la Corte Suprema ha riconosciuto che Guantanamo è - a
tutti gli effetti - territorio americano, perché lì viene
applicata la legge americana. Una legge federale, per esempio, la
Federal Endangered Species Act, protegge le specie a rischio
dell’isola, come gli iguana. Non è stato trovato un motivo in base
al quale differenziare Guantanamo da ogni altro territorio o Stato
degli Stati Uniti. La Corte Suprema ha così decretato nell’aprile
2004 che i prigionieri avevano il diritto di inoltrare ricorso al
Governo affinché questo giustificasse la loro ingiusta detenzione.
Ma il governo ha interpretato in termini assai restrittivi la
sentenza della Corte Suprema, basandosi sul fatto che i
prigionieri non hanno diritti tutelati per legge, ovvero non hanno
diritti garantiti dalla Costituzione Usa né diritti garantiti dal
diritto internazionale. A causa di questa ‘inconsistenza
giuridica’ della loro posizione, c! ioè dell’impossibilità di
contestare l’illegalità della loro situazione, non appena un
prigioniero presenta ricorso davanti a un tribunale civile, quest’ultimo
non ha altra scelta se non quella di rigettarlo. In sostanza, i
detenuti possono presentare sì ricorso, ma questo non è altro che
un inutile pezzo di carta, perché i prigionieri non hanno diritti.
Così, il governo ha reso la sentenza della Corte Suprema una vuota
formalità.
Che succede adesso? I prigionieri non hanno possibilità di
appello?
Questo è il punto. Stiamo combattendo, stiamo scalando il sistema
giudiziario USA. Il giudice federale Joyce Hens Green ha stabilito
che la possibilità di far ricorso non è solo il poter presentare
un pezzo di carta che verrà automaticamente rifiutato. Il giudice
ha sostenuto che la Corte Suprema ha dato loro anche il diritto di
esigere dal governo una giustificazione alla detenzione, e che i
prigionieri hanno diritti tutelati per legge. Un altro giudice è
invece arrivato alla decisione opposta, e ha dato ragione al
governo. Entrambi hanno fatto appello, e la Corte d’appello del
distretto della Columbia sta esaminando entrambe le tesi.
Quando ci sarà una risposta?
Tra mesi, forse anche tra un anno.
Intanto i detenuti si rifiutano di mangiare.
Alcuni di loro sono in condizioni molto gravi. Sono nell’ospedale
militare e vengono forzatamente nutriti con flebo. Inoltre, la
prigione continua ad utilizzare l’isolamento come forma di
punizione.
E le squadre di ‘picchiatori’.
Si immagini, in 30 armati di manganelli che entrano in una piccola
cella...
Lei ha detto al Washington Post che, a causa dello sciopero della
fame ‘qualcuno dei detenuti potrebbe morire’.
è vero. Lo sciopero di luglio è terminato quando il governo ha
promesso che avrebbe considerato la questione dei detenuti.
Promesse disattese. I prigionieri sono stati presi in giro,
beffati. Stavolta sono determinati a scioperare fino alla morte,
se necessario. Alcuni di loro sono assolutamente intenzionati a
fare un tale sacrificio per la causa generale. Nello stesso tempo,
il governo è molto determinato nel cercare di evitare che qualcuno
muoia, per evitare irreparabili danni all’immagine degli USA. Io
però non so come possano continuare a mantenere in vita gente che
si rifiuta di mangiare. Gente che vuole lasciarsi morire.