TRUPPE STATUNITENSI ASSASSINANO UN REPORTER
IRACHENO DELL’ASSOCIATED PRESS
“Giornalisti senza Frontiere” ed “Amnesty International”
mostrano il loro lato più servile nei confronti degli invasori
Un fatto accaduto questo sabato ha crudamente messo in rilievo l'attitudine assolutamente banditesca e criminale delle truppe
d’invasione dell'Iraq, e la vergognosa complicità di organizzazioni che
dicono di difendere le libertà ed i diritti umani.
Saleh Ibrahim, cameraman iracheno di 30 anni che collaborava con la
sezione televisiva dell'agenzia statunitense d’informazione
Associated Press (AP) “ha perso la vita” sabato nella città di Mosul
“presumibilmente” a causa dei colpi sparati dalle truppe nordamericane.
Anche Mohamed Ibrahim, un collega, è rimasto ferito nella sparatoria.
Questa, perlomeno, è la versione fornita dalle scarse agenzie, embedded
con la coalizione degli invasori, che si sono decise ad informare sul
fatto. Sembra che abbia “perso” la vita (e che non l’abbia più
ritrovata) nello stesso modo in cui “presumibilmente” è morto per le
ferite dei proiettili (sebbene forse chissà, è morto per altra ragione).
Perché ciò che è comprovato è che i mercenari statunitensi hanno aperto
il fuoco contro entrambi i reporter. Sono state fonti della polizia
irachena a raccontare, alle catene televisive arabe Al-Jazeera ed
Al-Arabiya, che unità dell'esercito USA hanno sparato contro i
giornalisti mentre si stavano avvicinando al luogo in cui si era
verificata un'esplosione contro un convoglio militare nordamericano,
vicino alla piazza di Al-Yarmuk, nella citata città irachena.
Nonostante questi dati, comprovati e verificati dai testimoni, nessuno
si azzarda ad incolpare della morte del giornalista le truppe
d’invasione. Un altro giornalista iracheno, anch’egli collaboratore
della menzionata agenzia di stampa, ha spiegato: “Saleh era arrivato
insieme al suo autista. Quando si accingeva a filmare, è stato raggiunto
da una pallottola ed è caduto morto”. Fino a questo momento, l'incidente
non è stato confermato né smentito dal comando militare statunitense, né
dalla stessa agenzia. E’ così che difendono i loro lavoratori.
Il presidente e direttore esecutivo di AP, Tom Curley, ha affermato che
tutti nell'azienda si sentivano “costernati per la notizia”, e ne ha
approfittato per inviare le “più sincere condoglianze alla famiglia”.
Curley ha assicurato che vi saranno indagini sulla morte di Saleh
Ibrahim, cosa per la quale si è impegnato anche l'alto comando delle
truppe d’occupazione. Non c'è dubbio che lo faranno, come già fecero nel
caso del cameraman spagnolo José Couso, assassinato dalle stesse truppe.
Secondo un'altra testimonianza, entrambi i reporter, rimasti gravemente
feriti, sono stati condotti fino ad un ospedale. Saleh Ibrahim, con tre
proiettili nel petto, è morto. Secondo quanto affermato da Rabei Yassin,
medico dell'ospedale, (il collega) Mohamed Ibrahim presentava ferite
alla testa, è stato curato ed in seguito trasferito in luogo sconosciuto
sotto scorta militare statunitense.
Da quando nel marzo 2003 è cominciata l'invasione e la guerra di rapina
contro l'Iraq, sono morti in quel paese 55 giornalisti.
Atteggiamento complice
Più vergognose sono risultate le dichiarazioni di “Giornalisti
senza Frontiere”organizzazione finanziata dal Dipartimento di
Stato nordamericano.
In un comunicato emesso ieri RSF ha fatto appello a “tutti i
belligeranti”, affinché garantiscano la sicurezza dei giornalisti in
Iraq. L'organizzazione si è mostrata “atterrita” per la morte di Saleh
Ibrahim, ma ovviamente non ha chiesto conto delle responsabilità agli
aggressori né ha utilizzato parola alcuna che potesse disturbarli.
Secondo RSF “le circostanze della sparatoria che hanno portato alla
morte di Saleh Ibrahim non sono chiare”.
Sono assai diversi il linguaggio utilizzato e le azioni sviluppate da
RSF, se chi affronta è uno dei governi del cosiddetto “asse del male” o
semplicemente opposto agli interessi USA. RSF riserva la virulenza
verbale, le campagne d’insulti e gli atti di violenza per coloro che
indica la CIA. In fin dei conti, chi paga comanda.
D'altro canto, Amnesty International continua sino ad oggi
a mantenere il silenzio su questo fatto. Questo non le ha impedito di
fare una dichiarazione sull'Iraq, durante la XXXI Assemblea Generale
Federale dell'organizzazione (sezione Spagna) celebrata ieri a Pamplona.
In occasione del primo anniversario della pubblicazione delle
“terribili” immagini che mostravano le torture perpetrate da ufficiali
statunitensi nella prigione irachena di Abu Ghraib, il presidente della
sezione spagnola di AI ha assicurato che “a distanza di un anno si
può affermare che questa pratica non è isolata, bensì risponde ad
una strategia nel contesto della lotta contro il terrorismo”.
Che sia dovuto trascorrere un anno perché AI giungesse a questa
conclusione è veramente patetico. Ma, come se ciò non fosse sufficiente,
ha biasimato “che il governo degli Stati Uniti sembri legittimare
pratiche di tortura e trattamenti inumani e degradanti (Iraq,
Afghanistan, Guantánamo). Nel migliore dei casi, ha stabilito le
condizioni perché vengano inflitte, riducendo le misure di salvaguardia
e non rispondendo adeguatamente alle denunce di abusi. Nel peggiore dei
casi, ha autorizzato l'uso di tecniche d’interrogatorio che
inadempiono apertamente l'impegno di questo paese di rifiutare la
tortura ed i maltrattamenti in qualunque circostanza ed in ogni
momento”. È necessario parlare tanto per non dire nulla?
Amnesty International non solo evita una chiara, piena e
contundente denuncia di fatti esecrabili, bensì cerca di trafugare,
sotto una vuota retorica, un alibi per le autorità statunitensi. Che
senso ha affermare che “il governo degli Stati Uniti sembra legittimare
pratiche di tortura e trattamenti inumani e degradanti in Iraq,
Afghanistan o Guantánamo”? Per caso AI ne dubita? Qualcuno può spiegare
che cosa significa che, nel peggiore dei casi, gli USA abbiano
“autorizzato l’uso di tecniche d’interrogatorio che inadempiono
apertamente l'impegno di questo paese di rifiutare la tortura ed i
maltrattamenti in qualunque circostanza ed in ogni momento”? Che cosa
significa per AI l'eufemismo “tecniche d’interrogatorio”? Secondo AI,
sarebbe questa la cosa peggiore che il governo USA ha fatto in Iraq?
Tutto ciò, quando si è saputo che il Pentagono ha sollevato da ogni
responsabilità i comandi e gli ufficiali del suo esercito nello scandalo
delle torture nel carcere di Abu Ghraib. Se hanno impiegato un anno per
arrivare a questa conclusione, credo che coloro che dicono di difendere
i Diritti Umani dovrebbero fare qualcosa. E in fretta.
Tradotto da Adelina Bottero e Luciano Salza