L'economia
cubana
un modello distinto
29 novembre 2005
L'economia
cubana segue un trend positivo nella costruzione di un modello distinto,
lontano dal consumismo e fuori dai dettami del Fondo Monetario
Internazionale (FMI).
L'annuncio fatto dal ministro d'Economia e Pianificazione, José Luis
Rodríguez, che il Prodotto Interno Lordo (PIL) dell'isola potrebbe
crescere nel 2005 di un più 9%, conferma la tendenza degli ultimi
anni.
La decade finale del passato secolo fu estremamente dura per Cuba che si
vide privata, all'improvviso, dei suoi nessi col campo socialista ed in
particolare con l'Unione Sovietica (URSS), coi quali manteneva un
commercio dove prevalevano prezzi giusti secondo le asimmetrie.
In questo modo, al paese caraibico smisero di arrivare le
somministrazioni di combustibile sovietico che nell'anno 1991, quando si
disintegrò l'URSS, erano fissate in 14 milioni di tonnellate. In quei
difficili giorni, l'isola produceva appena 500 mila tonnellate del
greggio che le serviva e, per il suo alto grado di zolfo, il
combustibile cubano é essenzialmente adatto alla generazione di
elettricità. Incominciò così il chiamato periodo speciale, ulteriormente
indurito dal rafforzamento delle leggi e proibizioni del blocco
mantenuto fino ad oggi dagli Stati Uniti. Se nel 1991 l'economia
nazionale retrocesse di un 11,6%, nell'anno 1993 il tasso negativo
affondò fino al 14,9% che segnò il fondo della crisi.
Un modesto +0,7%, nel 1994, fu visto con speranza dai cubani, mentre, a
Miami e a Washington, si vedevano allontanare le speranze di coloro che
avevano le valigie pronte per tornare a controllare il vicino
arcipelago.
Con la sconfitta del socialismo nell'Europa dell'Est e nell’URSS, ci fu
perfino chi decretò la fine della storia, condannando lo sviluppo umano
al modello capitalista, nella sua fase neoliberale. Sotto l'egemonia di
Washington, come unica alternativa ai problemi del mondo, non mancarono
alcuni pensatori che si definivano progressisti e perfino altri supposti
rivoluzionari che non davano un centesimo per il futuro cubano.
Nonostante tutto, L'Avana si decise a resistere alla congiuntura avversa
e preservare l'obiettivo primario di costruire un modello economico e
sociale per l'uomo ed il suo benessere come primo obiettivo.
In tale maniera ed a dispetto di severe limitazioni le dure misure, che
le circostanze resero obbligate, furono frutto del consenso e
dell'approvazione di assemblee popolari, lontane dalle politiche di
scontro imposte in quegli anni in altre latitudini. Bisognò chiudere
industrie e centri lavorativi ma i lavoratori non rimasero abbandonati.
Il paese si aprì al capitale straniero ma senza privatizzazioni e con
regolazioni in difesa del patrimonio nazionale.
Furono anni di privazioni, carenze e lunghi blackout, benché servissero
anche per orientare nuovamente l'economia ed imparare lezioni di
sopravvivenza che continuano ad essere valide per portare avanti il
recupero economico.
Tali circostanze si videro aggravate dalla più dura pressione del blocco
nordamericano, che obbligò a stabilire priorità quotidiane nell'utilizzo
delle limitate risorse materiali, con una visione globale ed una base di
giustizia sociale.
Il paese non solo ha superato il momento peggiore ma, negli ultimi anni,
nonostante gli effetti distruttivi di successivi uragani e di
un'ostinata siccità con effetti negativi nell'agricoltura, é avanzato.
Ma su questa difficile strada si sono moltiplicati errori e
deformazioni su cui, in questi giorni, si concentra una battaglia
rettificatrice con implicazioni economiche, sociali e morali. Frattanto,
Cuba ha rinforzato i suoi vincoli con Venezuela e Cina, ma ha
anche sviluppato il settore dei servizi che, nel 2004, ha raggiunto il
57,6% del totale delle entrate della bilancia commerciale del paese.
Questi dati derivano dalla raccolta dei frutti di una politica, che dal
gennaio del 1959, ebbe come premessa priorizzare l'avanzamento del più
importante capitale nazionale: quello umano. Se qualcosa fu subito
chiaro per i cubani è che strade già percorse da altri avrebbero reso
impossibile la sopravvivenza della Rivoluzione.
Così, senza i prestiti e le ricette dell’FMI ed a dispetto del ferreo
blocco degli Stati Uniti, i cubani danno sostegno ad un modello
socioeconomico diverso che ha superato la prova della sopravvivenza e ha
trovato la luce alla fine del tunnel.
L’economia cubana crescerà
quest’anno del 9%
RAISA PAGES – 25 nov.'05
L’economia cubana
potrebbe crescere quest’anno del 9%, secondo quanto annunciato da José
Luis Rodríguez, ministro dell’Economia e della Pianificazione, in apertura
del 4º Congresso dell’Associazione Internazionale degli Economisti e dei
Contabili di Cuba (ANEC), iniziata giovedì 24 novembre nel Palazzo delle
Convenzioni alla presenza di 450 specialisti tra delegati e invitati.
Anche se il paese ha dovuto affrontare diversi
inconvenienti climatici, il recupero economico iniziato nel 1995 potrebbe
presentare quest’anno il suo maggior incremento. Negli ultimi 4 anni gli
uragani, l’ultimo dei quali Dennis che ha colpito il paese nel luglio di
quest’anno, hanno causato perdite per quasi 6,125 miliardi di pesos, senza
includere i costi determinati dal ciclone Wilma nella costa nord
dell’Avana.
"I problemi climatici"- ha detto José Luis Rodríguez –
"hanno danneggiato 6.579.574 abitazioni, 73.169 delle quali sono andate
totalmente distrutte". Il Ministro ha segnalato che la siccità ha causato
perdite valutate in 1,2 miliardi di pesos negli ultimi 2 anni (fino al
maggio 2005).
Nonostante ciò l’economia cubana sta avanzando,
appoggiandosi sull’aumento dei servizi turistici e sanitari e il futuro si
basa sul capitale umano creato dalla Rivoluzione.
La determinazione degli economisti e dei contabili di
combattere i vizi radicatisi nella società negli ultimi anni, segnalati
dal presidente Fidel Castro nei suoi ultimi discorsi, è stata riaffermata
in una lettera inviata al leader della Rivoluzione, approvata nel
Congresso e letta da Roberto Verrier, presidente dell'ANEC.
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