CUBA:
La "Battaglia
Mediatica"
e il "caso Battistini"
La disinformazione su
Cuba.
Osvaldo Payà smentisce
l'intervista con Fabrizio Battistini
Vi ricordate di Battistini, il giornalista del Corriere espulso -
poveretto - da Cuba?
Ricordate anche il suo articolo sul Corriere della
Sera del 23 maggio in cui dava voce "al più autorevole
oppositore del regime" Oswaldo Payà?
Bene, quell'articolo è pieno di menzogne e a rivelarlo
e nientedimeno che lo stesso Payà dalle pagine del
sito del suo movimento.
Scrive Battistini citando Payà: " La mia vita in
questi tre anni è diventata ancora più dura. Da quando
gli americani sono distratti dall'Iraq, e hanno
bisogno di Guantánamo, Castro fa quel che vuole."
Precisa Payà: Non dissi mai "la mia vita in questi tre
anni è diventata ancora più dura. Da quando gli
americani sono distratti dall'Iraq, e hanno bisogno di
Guantánamo, Castro fa quel che vuole". Non ho nemmeno
mai sfiorato il tema".
Continua Battistini: " Hanno incarcerato me e la mia
famiglia. La sicurezza dello Stato m'è entrata perfino
in camera da letto, mentre dormivo con mia moglie"
Precisa ancora Payà: Non ho mai detto "hanno
imprigionato me e la mia famiglia......non dissi mai
la sicurezza dello Stato m'è entrata perfino in camera
da letto, mentre dormivo con mia moglie".
Insomma è tutto un "non dissi mai". Potete leggere
l'articolo di Battistini sul Corriere:
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/2005/05_Maggio/23/paya.shtml
e la smentita di Osvaldo Payà
http://www.mclpaya.org/pag.cgi?page=viewnot&id=not.8549988.1552
Mi viene da piangere se penso a tutte le verità su
Cuba di cui sono stato privato con l'espulsione di
Battistini. Quando si dice la qualità e l'imparzialità
dell'informazione!!!
la Jena dei Giovani e Comunisti |
25.05
Quello che è successo a Francesco Battistini poteva accadere a chiunque, in
molti altri paesi del mondo dove vi siano in corso conflitti armati o
conflitti mediatici. Giornalisti (inviati di comodo o meno) fotografi, cameramen o videomakers indipendenti, non protetti o garantiti da un
accredito ufficiale tramite ambasciata, un visto temporaneo di lavoro, o di
"prensa extranjera in transito", che entrino "da turisti infiltrati" nel
territorio di nazioni particolarmente controllate, per motivi di guerra,
narco traffico o terrorismo, sono potenzialmente soggetti a controlli
rigorosi, da parte delle autorità migratorie e di polizia.
Ormai dopo l'11 Settembre, quasi in nessuna parte del mondo si accettano
cittadini stranieri od "extracomunitari" a scatola chiusa.
Negli USA (dove sono severissimi) , come a Portorico, in Venezuela, in
Cecenia, come in Cina, in Libia, Iraq, Afghanistan, Palestina, Israele come
anche in Italia (se si è extracomunitari) così come ormai dappertutto, nel
clima imperante di "paranoia globale" che si respira.
Le autorità cubane hanno esercitato un diritto legittimo applicando
coerentemente le loro norme sull'immigrazione, nel rimpatriare Francesca
Caferri di Rebblica e Rocco Cotroneo del Corriere della Sera, come nel
"fermare" o "trattenere" temporaneamente per accertamenti, un cittadino
italiano (Battistini) sul cui passaporto siano apparsi visti degli Stati
Uniti (dato il suo lavoro abituale d' inviato) o di paesi arabi, in un
momento in cui il paese sta combattendo una vera e propria battaglia
mediatica contro le manipolazioni e il terrorismo di stato made in USA.
Arrivare all'Avana, "mascherato da turista", con lo scopo effettivo di
realizzare un reportage, in coincidenza di un'assemblea della dissidenza,
che nonostante tutti i punti di vista più libertari, rappresenta una
minoranza quasi clandestina rispetto all'estabilishment di un potere
dominante basato sul 90% del consenso popolare, significa sfidare le regole
del gioco, ovvero tentare di "fare i furbi", in un contesto dove tale
atteggiamento non è consentito.
Il Corriere della Sera, come testata giornalistica non ha mai voluto né
pensato di tenere un corrispondente, né fisso, né saltuario, all'Avana; così
come il 90% dei quotidiani e dei canali televisivi italiani. Anzi, come del
resto ha fatto in molte occasioni La Repubblica (vedi gli articoli faziosi e
discriminanti di Omero Ciai), ha sempre ultimamente cercato di attaccare,
quando possibile, le posizioni del Governo di Fidel Castro o di tacerne i
meriti. Pertanto è logico che un proprio inviato, piombato all'improvviso ed
in incognito, a caccia di "pubblicità negativa" sul paese che dovrebbe
amichevolmente accoglierlo, rischi di essere malvisto o considerato un
"indesiderato ospite".
Anche in una discoteca o in un ristorante alla moda. "la direzione si
riserva di accettare o rifiutare la presenza di determinata clientela".
Figuriamoci in una Repubblica Socialista diffidente e intransigente come
Cuba.
Per quanto riguarda i risentimenti di Gianfranco Fini e lo ''sdegno'' per il
fermo espresso da Paolo Mieli, direttore del Corriere della Sera, la
posizione suona alquanto ipocrita, quanto dichiarare che ''Giungono da Cuba
notizie allarmanti per la libertà d'informazione'', come avrebbe asserito il
segretario generale della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, Paolo
Serventi Longhi, sapendo benissimo che a Cuba la libertà d'informazione non
è mai stata assoluta (per ovvi motivi) ed è da sempre filtrata e limitata,
soprattutto per chi cerca di abusarne in maniera superficiale, faziosa e
scorretta, da mestierante dell'informazione in cerca di facili
sensazionalismi o che ami "pescare nel torbido" (e alla fine viene
"pescato").
Qualcuno si è forse preoccupato di riferire una corretta informazione sul
caso Posada Carriles ed Orlando Bosch, o sugli interventi dei leaders
politici latinoamericani nella giornata del 1 Maggio? Né tanto meno di
analizzare seriamente la politica monetaria o gli importanti accordi
commerciali stretti ultimamente tra Cuba, Venezuela, Argentina e Cina ed il
progressivo deterioramento degli affari ed accordi commerciali tra gli
imprenditori italiani presenti sull'Isola e il Governo di Cuba? A qualcuno
dei quotidiani italiani interessa più di tanto approfondire le vere
motivazioni e dinamiche perverse del terrorismo cubano-americano per cui ha
perso la vita nell'attentato del '97 all'Avana Fabio Di Celmo? Eppure era un
nostro giovane connazionale e suo padre Giustino è qui e appoggia la "Batalla
de Ideas".
C'è qualche quotidiano italiano che in questi ultimi 10 anni si sia finora
mai preoccupato di realizzare un'inchiesta approfondita sul "fenomeno
demografico" delle migliaia di famiglie miste italo-cubane senza scadere
nella banale, scontata storiella del turista con la "jinetera" o nel falso
moralismo di denuncia voyeristica del turismo sessuale?
E allora, perché fanno tanto e solo gola i "disidentes", se in fondo, per la
spietata e cinica logica dei grandi e piccoli numeri, Cuba e la
riunificazione del Continente Latino-Caribeno, ai nostri media non
interessa?
Da chi dipende il fatto che il Comandante en Jefe sia ancora convinto che le
truppe italiane ancora presenti in Iraq siano una "forza occupante alleata
dell'Impero USA" e non un corpo scelto di militari professionisti, che si
sacrificano in missione di pace e operano in quei territori lacerati per
proteggere (nei limiti del possibile) e portare aiuto alle popolazioni
civili, dilaniate dalle privazioni e dal terrorismo? Non è forse prova
d'incapacità delle nostre autorità di relazionarsi correttamente?
''La decisione delle autorità di espellere numerosi giornalisti, tra cui
l'inviato del Corriere della Sera, Francesco Battistini, rappresenta un
ennesimo attacco alla libertà di espressione e al diritto-dovere di
informare esercitato dai giornalisti", continua il comunicato di Serventi
Longhi; ma ci permettiamo di osservare che negli ultimi mesi (e forse anni)
questo "diritto-dovere" la stampa italiana, anche quella di sinistra,
rispetto ad un paese complesso come Cuba, l'ha esercitato molto poco.
Inoltre chi non simpatizza o non ha la voglia né il tempo d'instaurare un
livello dialettico adeguato, di "critica costruttiva", con questo sistema (o
"regime") non ha certo bisogno di venire personalmente a verificare il
livello di opposizione, o malcontento espresso dalla "dissidenza", che
risulta tuttora molto frammentata e ambigua nelle proprie strategie
programmatiche. Può farlo comodamente dal terminale della propria redazione
(senza andare allo sbaraglio per provocare il "caso") e sul web troverà
tutte le fonti "alternative" d'informazione, utili per proporsi come "cassa
di risonanza" di tale opposizione, senza nemmeno la necessità di
"mimetizzarsi".
La dichiarazione di Valerio Calzolaio (Ds-l'Ulivo) lascia ugualmente dedurre
un atteggiamento di "falso buonismo", viziato dalla disinformazione e
dall'ipocrisia quando asserisce che “A Cuba c'e' assoluto bisogno che
l'informazione si interessi alla seppur minima dialettica politica in atto.
Il fermo del giornalista italiano non aiuta certo la possibilità di
comprendere la complessa realtà di quel paese. Al contrario, contribuisce a
isolare Cuba dal contesto internazionale di quanti hanno a cuore la
democrazia”.
A quest'affermazione si potrebbe rispondere invece che il "silenzio stampa"
di questi ultimi mesi, da parte dei media italiani e un giornalismo
"impigrito", ottuso e incapace di valutare il flusso di cambiamenti
socioeconomici che caratterizzano la società cubana del terzo millennio, non
favoriscono certo la solidarietà, il dialogo e la comprensione della
complessa realtà in movimento.
Una realtà dinamica in accelerazione sinergica, che vede di fatto Cuba e il
suo modello (senz'altro discutibile) di "democrazia partecipativa", sempre
meno isolato dal contesto internazionale, anzi inserito in un processo di
riunificazione, con (Venezuela, Argentina, Brasile, Uruguay) e in
espansione, con Cina, Paesi Arabi e con quella stessa parte del Congresso
Americano che ha sostenuto Kerry e lotta contro la politica aggressiva e
demenziale di G.W.Bush. Perché allora non sforzarsi di analizzare e
smascherare le false credenze di un contesto internazionale dominato dalla
"insicurezza informativa", che non rispetta né garantisce veramente le
preoccupazioni, i dubbi e le speranze di quanti hanno a cuore davvero la
democrazia?
A quanto pare l'esito del primo «Congresso per la democrazia a Cuba»,
accompagnato da tanto ingiustificato clamore internazionale, si è
dimostrato
inferiore alle aspettative; anzi ha evidenziato fatalmente la frammentazione
e le divisioni interne dei gruppi dell'opposizione cubana. «È una
provocazione» ed una «frode contro l'opposizione», è stato il commento negativo
del presidente del Movimiento Cristiano de Liberacion Oswaldo Payà (leader
del Proyecto Varela), che nel suo comunicato ha ribadito: «è pubblico che
Martha Beatriz Roque Cabello (l'economista leader della Apsc, Asamblea para
promover la sociedad civil, la piattaforma che ha convocato il Congresso) ed
i suoi aiutanti sono coordinati da agenti della Seguridad del Estado e
appoggiati dai settori duri dell'esilio di Miami».
In realtà a sostenere e promuovere l'incontro, al quale non ha partecipato
una delegazione ufficiale della Unione Europea, è stato lo "zoccolo duro"
del senato nordamericano ed i settori più estremisti della comunità cubana
in Florida, compreso Alpha 66, un noto gruppo terrorista anticastrista.
Anche Manuel Costa Morua dell'Arco progressista ed Eloy Gutierrez Menoyo,
presidente di Cambio Cubano si sono dissociati dall'assemblea, che non ha
avuto la forza di riunire più di 200 persone. Mentre nello stesso momento ce
n'erano più di 200.000 riunite nella Tribuna Antimperialista davanti a Fidel,
ad ascoltare la lettura delle rivelazioni contenute nel memoriale del Nobel
Gabriel Garcia Marquez, sulla sua missione diplomatica e di mediazione
antiterroristica del '98, durante l'amministrazione Clinton, di cui la
"premurosa" stampa italiana non ha voluto finora riportare la benché minima
informazione.
D'altro canto, un'opposizione veramente autonoma, responsabile e in
buonafede, soprattutto in un momento di tensione e "guerra mediatica" come
questo, non avrebbe mai accettato di ricevere un videomessaggio di saluto
del presidente Bush, inviato attraverso un "laptop" di James Cason,
l'«ambasciatore» della "Oficina de Interes" USA all'Avana che da anni si fa
in quattro nel coordinare i dissidenti: «Continueremo a fare pressioni fino
a quando i cubani non avranno lo stesso livello di libertà degli
statunitensi», ha detto George W.
Per quanto riguarda Arnold Vaat, deputato Ue e membro dell'opposizione
cristiano democratica alla Camera
bassa del parlamento tedesco, e il deputato cecoslovacco, senatore Karel
Schwarzenberg espulsi dal paese, pare che "l'incidente diplomatico" abbia
scatenato le ire dei ministri degli Esteri, rispettivamente tedesco e ceco.
Se la sorte toccata a due eurodeputati polacchi, Bogulaw Sonik e Jacek
Protasiewcz, anch'essi del Ppe, bloccati martedì all'aeroporto Juan
Gualberto Gomez di Varadero, e quella del polacco Jerzy Jurecki, editore e
giornalista del Tygodnik Podhalanski, prelevato nel suo albergo da agenti
cubani e trasportato nel centro di detenzione vicino all'aeroporto, ci fa
riflettere ulteriormente sulle dinamiche di "mimetizzazione e infiltrazione"
e sulle metodologie reattive adottate delle autorità rivoluzionarie.
Bisognerà capire nelle prossime settimane quanto questi "incidenti
diplomatici" verranno ridimensionati o alimenteranno invece il "calderone
dell'indignazione", giustificando pretestuosamente un ripristino forzato di
eventuali sanzioni europee contro Cuba.
Marco Sacchetti (La Habana 2252005)
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