"Posada ha ammazzato

mio papà!"


• Rosalba Alvarez García ha raccontato come fu scoperto il 2 giugno del 1972, nel Parco Washington di Caracas, il cadavere di suo padre

• Ramón Antonio Alvarez, pochi giorni prima, era stato detenuto da Luis Posada Carriles, il sinistro "Commissario Basilio" della DISIP

J.GUY ALLARD - speciale per Granma Internacional

 

 

8.6 "Posada ha ammazzato mio papà!" ha affermato Rosalba Alvarez García ricordando che il cadavere di suo padre, Ramón Antonio Alvarez fu scoperto il 2 giugno del 1972 nel Parco Washington di Caracas, pochi giorni dopo il suo arresto da parte di Luis Posada Carriles, il sinistro Commissario Basilio della polizia segreta venezuelana.

 

"Tutto è avvenuto 33 anni fa", ha detto l’avvocatessa di 35 anni, cubana di padre venezuelano. "Io praticamente non ho conosciuto mio padre, perchè lo hanno ammazzato quando avevo due anni e mezzo!

 

Non ho avuto il privilegio di farmi cullare da lui e se lo ha fatto io non me lo ricordo!"

 

Posada Carriles era consulente della DIGEPOL e poi divenne capo delle operazioni dello stesso organismo divenuto DISIP, dal 1967 sino al 1974. Il criminale, legato alla CIA sin dal 1960, era stato addestrato nelle tecniche di tortura e di repressione negli Stati Uniti dall’agenzia centrale, la stessa CIA.

 

"Le circostanze esatte della morte di mio padre le sa solamente Posada Carriles, che ha diretto l’operazione per la sua eliminazione", racconta Rosalba. "Posada era il capo e gli avevano assegnato il caso!

 

Nel libro che lui dice di avere scritto, "Le strade del guerriero", lui dettaglia il fatto che questo caso gli era stato assegnato e di aver anche girato un filmato giornalistico con prove. Dettaglia l’azione e la forma di risolvere il caso, perchè era stato preparato per fare così: per cacciare e assassinare!"

 

"SI VEDONO LE DITA INSANGUINATE!"

 

"Il corpo di mio padre apparve nel Parco Washington in una macchina, assieme a quello di un altro compagno, Rafael Botini Marín. Le foto dei corpi furono pubblicate da tutti i giornali in quei giorni. Non volevano consegnare i corpi ai familiari" spiega Rosalba, "ma la famiglia a forze di proteste e insistenze riuscì a far cambiare la decisione delle autorità... non avevano altro modo...!Diedero il corpo alla mia famiglia e per questo si vide! Mia nonna si rese conto che era stato mutilato!

 

Il cadavere era mutilato e insanguinato: presentava prove evidenti di torture, molto evidenti. Il racconto di Posada nel libro non ha nulla a che vedere con le foto che lui stesso fornì. Persino nelle foto dei giornali si vedono le dita insanguinate!"

 

"MIO PADRE ERA UN RIVOLUZIONARIO!"

 

Ramón Antonio Alvarez era nato il 25 novembre del 1943 nello stato Falcón, al nord-ovest del Venezuela. "Mio papà conosceva sin dalla più tenera età la miseria e la fame, lo sfruttamento e la discriminazione degli indigeni e per tutto questo ha sempre lottato durante la sua carriera politica. A tredici anni andò a Caracas dove viveva mia nonna Carmen Guadalupe, chiamata Doña, e si interessò a tutte quelle problematiche e a quei movimenti, sempre considerato una persona capace, obiettiva e intelligente. Questo è quello che mi hanno raccontato!"

 

"Mio padre era un rivoluzionario, un combattente, un uomo di principi che voleva il meglio per il suo popolo. Era legato a tutte le cause giuste della sua epoca così convulsa, nella quale gli toccò vivere..."

 

Luis Posada Carriles ha confessato la sua partecipazione agli abusi e i maltrattamenti patiti dagli "ospiti" delle cantine della DISIP nel suo libro pubblicato a Miami nel 1994.

 

"La polizia, la cui forza principale erano i delatori, arrestava, deteneva e interrogava usando i metodi più duri di persuasione", ha scritto cinicamente, aggiungendo, "io li ho aiutati con molta forza e molta, molta gente è stata assassinata!"

 

LE VITTIME DI POSADA SI UNISCONO

 

Jesús Marrero, un economista venezuelano che fu personalmente vittima e testimone di quelle atrocità, ha annunciato recentemente che si sta formando un Comitato delle Vittime di Posada Carilles.

 

Rosalba fa parte del gruppo. Marrero ha spiegato alla stampa come Posada lo sequestrò nei mesi di giugno e luglio del 1973.

 

"Quasi tutte le notti ci torturavano con l’elettricità, ci mettevano in un contenitore metallico e gli davano colpi violenti per stordirci, poi ci ammanettavano a una rete metallica e ci ficcavano pezzi di legno nelle orecchie per forarci i timpani!"

 

Un ex funzionario della polizia politica del Venezuela, DISIP, Regulo Calzadilla, autore del libro "Verità Emergenti (sulla Caserma San Carlos), ha assicurato che durante il suo lavoro nel corpo di repressione dove aveva un incarico molto importante, Posada assassinava a sangue freddo e con il sorriso sulle labbra.

 

Egli ha rivelato che sapeva che il guerrigliero Rafael Botini Marín, il compagno di lotta di Ramón Antonio Alvarez, fu assassinato per ordine di Posada.

 

Il Governo del Venezuela reclama oggi l’estradizione di Posada, detenuto a El Paso, in Texas, dal Dipartimento di Sicurezza della Patria degli USA.

 

LA SUA MISSIONE ERA CREARE UN MONDO MIGLIORE

 

Il padre di Rosalba era un Comandante di Punto Cero, un’organizzazione rivoluzionaria venezuelana e la sua missione era lottare per un mondo migliore, conferma la figlia.

 

"La targa che la gente aveva posto là per ricordare mio padre è stata distrutta alcuni fa perchè si voleva cancellare la memoria del popolo venezuelano, ma le nuove generazioni devono conoscere i loro martiri e non si possono permettere tergiversazioni sul loro onore o la loro dignità!"

 

"Diversi anni dopo la sua morte, nel 1996, sono andata alla sua tomba", ricorda Rosalba. "I problemi di salute di mia nonna mi fecero ritornare in Venezuela e approfittai per iniziare un’investigazione durante il mio soggiorno. Ottenni alcuni documenti e foto che erano state pubblicate nei giornali."

 

La madre di Rosalba, Rosa García Artilde, è morta nel 2000 e negli ultimi momenti di vita ha ricordato alla figlia che doveva fare chiarezza sulle circostanze della morte di suo padre e chiedere giustizia.

 

"Per favore, sollecita questa giustizia, mi diceva", ha ricordato Rosalba Alvarez.