Chiediamo giustizia
MARÍA JULIA MAYORAL, ORFILIO PELÁEZ e ALBERTO NÚNEZ 15 aprile 2005
"Vogliamo rendere noto che noi non chiederemo la consegna di Posada Carriles, nè la pena capitale nei suoi confronti. Vogliamo però che si faccia giustizia e venga inviato in Venezuela in virtù dell’accordo di estradizione in vigore tra questo paese e gli Stati Uniti, oppure che venga giudicato da un tribunale internazionale in un luogo neutrale", ha affermato il Presidente Fidel Castro nel suo Intervento Speciale di giovedì nel Palazzo delle Convenzioni, durante il quale ha affrontato gli ultimi avvenimenti relativi alla richiesta di asilo presentata al Governo nordamericano da questo noto terrorista internazionale.
"Apporteremo prove e smuoveremo l’opinione pubblica mondiale", ha affermato Fidel; "vogliamo che viva e che non se ne vada all’altro mondo senza aver conosciuto la giustizia, perché in questa Terra ed in questa umanità c’è sete di giustizia".
Nel suo intervento, il leader della Rivoluzione ha definito come un vero problema per le autorità nordamericane la presenza di Posada Carriles sul loro territorio e l’aberrazione etica che questo fatto implica per la partecipazione di questo soggetto in numerosi atti criminali.
"Se il Papa ha detto che il blocco è inaccettabile, proteggere un criminale, un terrorista, è eticamente dieci volte più inaccettabile, così come lo è anche l’assassinio di persone innocenti", ha puntualizzato Fidel.
Subito dopo si è chiesto come potrebbe venire giustificata di fronte all’opinione pubblica mondiale la concessione della protezione legale a Posada, in quanto "il senso di responsabilità, il senso comune, indica a chiunque che ciò costituisce una vera e propria porcheria, così come lo fu la prima elezione presidenziale di George W. Bush; tutti sanno che è stata la mafia a fargli vincere quelle presidenziali per mezzo di una frode", ha affermato.
Il Presidente del Consiglio di Stato e di quello dei Ministri ha commentato al rispetto un articolo del quotidiano ‘Washington Post’ datato 13 aprile, nel quale si allude alla lettera del congressista democratico William Delahunt, che esorta il Governo statunitense a rifiutare la domanda di asilo politico di Luis Posada Carriles.
Secondo lo stesso Delahunt, accedere a tale richiesta metterebbe in discussione la credibilità della nazione del Nord nella sua lotta contro il terrorismo internazionale, poiché Posada è un individuo che venne addestrato dalla CIA e che per anni è stato messo in relazione con l’esplosione in pieno volo di un aereo civile cubano, che provocò la morte di 73 persone ed è stato coinvolto anche in attacchi contro degli alberghi nonché in un piano per assassinare nel 2000 il Presidente cubano durante una visita a Panama.
Passando in rassegna altri frammenti della missiva citati nell’articolo del ‘Washington Post’, Fidel ha indicato che il legislatore democratico ha detto che, dati i precedenti di Posada, questi dovrebbe essere ricercato per arrestarlo, invece di fare analisi per offrirgli protezione legale.
"E’ possibile che, visti i suoi legami di vecchia data con le attività anticubane, i funzionari statunitensi abbiano fatto finta di niente o, ancora peggio, abbiano permesso l’ingresso di Posada Carriles. Se così fosse, la credibilità degli Stati Uniti verrebbe ridotta a pezzettini", ha segnalato il congressista.
Su questo argomento, il Presidente cubano si è chiesto come è possibile che, in un paese in guerra che ha visto molti dei suoi figli uccisi in atti terroristici, un criminale come Luis Posada Carriles possa entrare e soggiornare nascosto per così tanti giorni.
Dopo aver commentato vari dispacci delle agenzie internazionali di notizie, Fidel ha criticato in modo sferzante i termini usati da queste, che definiscono un personaggio così ripugnante un "dissidente", un "leggendario combattente per la libertà", un "combattente anticastrista" e via di questo passo, pretendendo di nascondere il suo lungo curriculum di terrorista.
L’ARMA DELL’ETICA
"Adesso", ha denunciato Fidel, "è uscito pubblicamente alla luce un articolo pubblicato in ‘Rebelión’, secondo il quale alcuni funzionari del Dipartimento di Stato USA hanno contattato dei giornalisti di importanti mezzi di comunicazione affinché diffondessero la tesi secondo la quale la presenza di Posada Carriles in territorio nordamericano sarebbe il risultato di un’operazione dei servizi segreti della Maggiore delle Antille, rivolta a screditare gli USA alla vigilia della votazione della risoluzione contro Cuba nella Commissione sui Diritti Umani e "per distrarre l’attenzione sulla violazione di questi diritti nell’Isola".
Fidel si è chiesto se con questa versione si pretende di fare marcia indietro e se ciò sarà possibile.
"Negli USA vivono molte persone consapevoli della vera realtà cubana e dotate di un’etica che, se l’Amministrazione Bush decidesse di cercare un rifugio in un paese terzo per questo terrorista, si chiederebbero se Posada è uscito davvero e come", ha puntualizzato Fidel Castro.
Ha affermato che non avrebbero dovuto inventare la teoria che coinvolge i servizi segreti cubani nella permanenza di Posada Carriles sul territorio nordamericano ed ha ricordato che il nostro popolo è stato educato nell’etica e nella verità.
Ha anche ricordato che durante la guerra di liberazione contro la tirannia batistiana, l’Esercito Ribelle fece migliaia di prigionieri e nessuno di questi fu mai oltraggiato, percosso o assassinato. Questa etica si manifestò anche a Playa Girón, quando nessuno dei mercenari catturati fu maltrattato né vessato.
"Gli assassini ed i criminali di guerra si che li giudicammo con tutte le garanzie e li condannammo per le loro ribalderie", ha asserito. "La pena di morte non ci piace per niente e l’applichiamo solo in casi molto estremi come arma in difesa della Rivoluzione. Invece negli Stati Uniti minorenni ed infermi mentali vengono condannati alla pena capitale e lo Stato del Texas, del quale l’attuale inquilino della Casa Bianca è stato governatore, figura tra quelli con il più alto numero di esecuzioni", ha indicato il Presidente cubano.
Fidel si è chiesto cosa sarebbe avvenuto se durante la guerra contro Batista fosse successo il contrario e le migliaia di prigionieri fossero appartenuti alle file rivoluzionarie. Ha ricordato a questo proposito quel che fecero ai combattenti del ‘26 Luglio’ dopo i fatti del ‘Moncada’, quel che fecero ad Abel Santamaría, a Frank País, ai combattenti della clandestinità. "Quell’esercito, che assassinò così tanti compagni valorosi, fu educato ed addestrato dagli imperialisti", ha sottolineato Fidel.
"Varrebbe anche la pena di chiedersi cosa sarebbe avvenuto a Playa Girón se il nemico avesse trionfato. Ci avrebbero fatto come in Guatemala, dove morirono, sotto differenti governi dittatoriali, più di centomila persone ed altrettante scomparvero", ha puntualizzato.
"Noi, che facemmo una guerra in maniera cavalleresca, abbiamo dimostrato che per lottare e vincere quel che serve è un’etica ed una morale. Mai, nemmeno se sottoposti alla peggior invasione, insegneremo ai nostri soldati ad uccidere un uomo che si è arreso", ha manifestato.
ARGOMENTI CONVINCENTI
All’inizio del suo intervento, pronunciato di fronte a quadri del Partito e dello Stato, dirigenti delle organizzazioni politiche e di massa, combattenti delle FAR e del MININT, ai familiari dei Cinque Eroi, ai sopravvissuti delle innumerevoli azioni terroristiche degli Stati Uniti contro Cuba, Fidel ha considerato di notevole importanza continuare a trattare il tema della nostra denuncia dell’evidente tentativo dell’Amministrazione USA di accogliere sul suo territorio il noto terrorista Luis Posada Carriles.
Ha ricordato la chiamata in causa fatta al presidente Bush lunedì scorso e le domande per chiarire le manovre portate avanti allo scopo di proteggere il suddetto criminale ed i suoi complici; ha riferito sulle ripercussioni, a Miami ed altrove, della denuncia fatta da Cuba ed ha manifestato la sua impressione che siano stati sorpresi dalla nostra accusa.
Ha riferito la reazione immediata del portavoce del Dipartimento di Stato Richard Boucher, che ha dichiarato di non prendere in considerazione le osservazioni fatte dal Presidente cubano e di essere sicuro dell’assenza di novità in questo senso.
Il leader della Rivoluzione si è soffermato sulle versioni della CNN in spagnolo, che presentano Posada come un "dissidente accusato di aver organizzato un presunto piano per attentare contro Castro" durante il Summit Ispanoamericano di Panama del 2000. "Affermano questo nonostante che, nelle mani di questi assassini, siano stati trovati ogni tipo di armi ed esplosivi".
Subito dopo ha detto che, guardando da quel punto di vista, tutto è "presunto". "Abbiamo vissuto per 46 anni in un ‘presunto’ pericolo di aggressione al nostro paese, in un ‘presunto’ blocco economico; Posada Carriles è il ‘presunto’ autore dell’attentato che provocò l’esplosione in volo di un aereo, il ‘presunto’ autore di numerosi assassini; avrebbe dovuto partecipare alla ‘presunta’ invasione di Playa Girón. Sono ‘presunti’ i morti che, a decine, centinaia e migliaia ha provocato la criminale politica yankee".
"Stando alle dichiarazioni dell’impero", ha enfatizzato, "Bin Laden è un terrorista e Posada Carriles no; in questo caso si tratta di un "veterano combattente anticastrista".
Ed ha proseguito dicendo che, seguendo la stessa logica, "l’imperialismo non è imperialismo, la guerra in Iraq non esiste, le torture ed i bombardamenti non sono mai avvenuti".
Fidel ha segnalato che, dopo tanti anni che uno lotta contro un avversario, può più o meno prevederlo. Ha denunciato la mancanza di giustizia negli Stati Uniti, dove i nostri Cinque compatrioti, autentici eroi e simboli della dignità e dell’onore di questo paese, sono stati condannati a dure pene, mentre criminali riconosciuti camminano liberi per la strada.
"A quanto pare", ha ironizzato, "mai un governo così ‘onesto, pulito ed efficiente’ si è reso conto del fatto che Posada Carriles si dedicava a molte ribalderie. Naturalmente le armi rinvenute a Porto Rico servivano per cacciare gli uccellini, con il fucile mitragliatore calibro 50, dotato di mirino telescopico a raggi infrarossi. Tutto ciò è stato dimostrato in un processo nel quale tutti: pubblico ministero, giudice, ecc. erano membri della mafia", ha puntualizzato.
Il leader della Rivoluzione ha argomentato che "in molti erano contrari al mio viaggio a Panama, perché era evidente il piano per eliminarmi fisicamente. Ma i pericoli di perdere la vita non mi hanno mai impedito di viaggiare". Ha ricordato i suoi viaggi prima al Moncada e poi dal Messico a Las Coloradas nel ‘Granma’, uno yacht costruito per dodici uomini e che ne trasportò ottantadue.
Ha confutato le dichiarazioni di Eduardo Soto, avvocato di Posada, che insiste sulla concessione dell’asilo politico per il suo assistito, in quanto Fidel Castro farebbe tutto il possibile per farlo scomparire dalla faccia della Terra.
"E’ tutto il contrario", ha affermato Fidel, "quel che vogliamo è che viva e soffra sulla faccia della Terra, adesso che ha messo alla prova i suoi amichetti del Governo per vedere cosa faranno con lui. Questo è quel che vogliono loro: farlo sparire, liberarsi di lui. Se potessero lo sotterrerebbero sotto il prato della Casa Bianca", ha detto.
"Un mostro vivo è meglio di un mostro morto", ha asserito. "Adesso sta circolando nelle arterie dell’impero e non nascosto in un qualche luogo del Centroamerica".
Ha messo in discussione l’etica di questi uomini ed ha citato le orribili parole di Posada Carriles quando, appena ucciso a L’Avana il giovane turista italiano Fabio Di Celmo, vittima degli attentati esplosivi compiuti negli alberghi, disse: "E’ triste che qualcuno sia morto, ma non possiamo fermarci". "Si trovava nel luogo sbagliato nel momento sbagliato".
Riferendosi alle affermazioni dei nemici, secondo le quali qui governa un dittatore, Fidel Castro ha affermato che a Cuba il dittatore è il popolo intero, che detta le leggi della Repubblica e della Rivoluzione.
La riunione è iniziata con la proiezione di un documentario
contenente le testimonianze dei familiari delle vittime e dei sopravvissuti
degli atti terroristici perpetrati dall’impero e dai suoi mercenari.