Discorso di
apertura al Festival della Gioventù e degli Studenti, Caracas, Repubblica
Bolivariana del Venezuela
Agosto 2005
Sono passati 60 anni da quando,
proprio in questi giorni, si verificava il più grande atto terroristico che la
storia ricordi, un vero e proprio genocidio commesso dall’imperialismo
nordamericano: le bombe atomiche su Hiroschima e a Nagasaki. Ricordiamo con
dolore quei giorni e rendiamo un tributo alle vittime, condanniamo quell’atto e
lo segnaliamo come la più grande azione terroristica che la storia ricordi.
Oggi, 60 anni dopo: così come su quei popoli esplosero le bombe atomiche per la
morte, qui, nella valle di Caracas, sta esplodendo una bomba atomica per la
vita: la gioventù del mondo è qui. Noi siamo con il mondo per salvarlo. Il mondo
dei nostri figli e dei discendenti di tutti noi. Parlavo di una vera bomba
atomica per la vita. La gioventù del mondo è giunta da ogni dove: dall’acqua,
dalla terra e dall’aria, qui in questa Caracas, culla di uno dei più grandi
uomini che siano apparsi in questa terra: Simòn Bolìvar, il liberatore di questa
parte del mondo. All’erta, all’erta, che cammina la spada di Bolivar per
l’America Latina, ed oltre l’America Latina, per l’intero continente. Anche
negli Stati Uniti sta camminando la spada di Bolivar, in Canada, nei Caraibi ed
oltre.
15000 giovani sono già giunti in Venezuela, e continuano ad arrivare; mi
informano che in questo momento, allo scoccare della mezzanotte, stanno
arrivando delegazioni dal Guatemala, dal Centroamerica, dal Salvador, dal
Nicaragua, e domani continueranno ad arrivare delegazioni. Mi dicevano gli
ambasciatori venezuelani, dalla Colombia, dal Brasile, dai paesi dei Caraibi,
che valanghe di giovani si sono ritrovati nelle nostre ambasciate a chiedere
informazioni su questo 16˚ Festival Mondiale della Gioventù e degli Studenti che
oggi stiamo inaugurando in questa maniera splendida, nella Caracas bolivariana,
con questa allegria, con questo colore, con queste bandiere, con queste parole,
con questo amore, con questa passione, con questa speranza, con questa forza.
A coloro che mi chiedono se il festival verrà trasmesso nei canali televisivi,
desidero rispondere che abbiamo trasmesso il festival per quattro ore nella
catena nazionale di radio e televisione, dalle 6 alle 9-10 di sera. Poiché
quest’ora non è buona per la catena nazionale (sono passate le undici di notte)
stiamo trasmettendo in primo luogo per canale 8, per Vive e per Telesur; stiamo
trasmettendo per tutto il mondo. Ho detto al ministro Izarra che anche domani
riproporremo quest’evento, nella catena televisiva nazionale, ad un ora serale,
in modo che tutto il popolo possa percepire l’importanza di ciò che sta
avvenendo in questa serata e in questa notte dell’8 di agosto, qui a Forte Tiuna,
di fronte all’Avila , di fronte ai Caraibi, qui dove comincia il Sudamerica,
dove i Caraibi si fondono con il fiume Orinoco e con la magia della selva
Amazzonica, dove si mescolano i Caraibi con le Ande; qui in Venezuela, dove
confluiscono tutti i percorsi, in questa porta caraibica, amazzonica,
sudamericana, andina, integratrice. Da qui voglio cominciare quest’intervento;
non è l’ora adatta per un discorso, sono già sei ore che voi state sfilando.
Hanno sfilato qui 144 paesi del mondo, delegazioni di 144 paesi, circa 15000
giovani dei cinque continenti. Voglio raccogliere il sentimento del popolo di
Simòn Bolivar, il sentimento di tutto il Venezuela per dirvi, giovani di tutto
il mondo: benvenuti in Venezuela! Benvenuti in questa patria che è anche patria
vostra, benvenuti in questa terra, ragazze e ragazzi di differenti
organizzazioni sociali, di differenti organizzazioni politiche che siete
presenti qui. Miguel Maderia, il nostro presidente, il presidente della
Federazione Mondiale della Gioventù e degli Studenti, ci ricordava che 60 anni
fa nasceva questa federazione, nasceva precisamente in quei giorni, dopo le
bombe di Hiroschima e Nagasaki; nasceva nel momento in cui finiva la Seconda
Guerra Mondiale. Osserviamo retrospettivamente, ragazze e ragazzi del mondo, che
cosa è avvenuto in questi 60 anni di storia mondiale, di storia universale.
Non possiamo non ricordare, in breve, quel grande avvenimento storico che ha
segnato il mondo – e lo sta ancora segnando – e che è avvenuto alla fine degli
anni 40, vale a dire la Rivoluzione Cinese, Mao Tse- Tung, il Grande Timoniere,
che profuse nel mondo forza, coraggio ed una grande speranza. Anche negli anni
50 vu furono molti eventi. Tra le altre cose – ma questo è insignificante – mi
toccò di nascere, e ciò avvenne nel 1954. Ma soprattutto, qui in America Latina,
esplose la Rivoluzione cubana! Fidel Castro e los barbutos dell’Havana. Nasceva
una nuova storia, appariva il “Che”, giovane per sempre, spinta ideale per noi
combattenti di questa terra e del mondo intero. Grandi avvenimenti che stavano
indicando una strada, che stavano aprendo una via.
Negli anni 60, tra le altre cose, vi fu guerra del Vietnam, la Resistenza eroica
e la vittoria del popolo vietnamita. Gli anni 60 e gli anni 70 sono qui, di
fronte a noi, per insegnarci che mai un impero è stato e mai sarà invincibile, e
che quelli che sono davvero invincibili, quando decidono di essere liberi, sono
i popoli ! Anche gli anni 70 furono segnati da avvenimenti straordinari e
importanti.
Si sollevò la speranza dal Cile di Salvador Allende, dal popolo cileno: e la
speranza, Allende e il popolo cileno furono poi massacrati dall’imperialismo
nordamericano.
Poi si verificò un vero e proprio terremoto planetario : la caduta dell’Unione
Sovietica, tra la fine degli anni 80 e l’inizio degli anni 90. Con essa si ruppe
l’equilibrio geopolitico mondiale; in quel vuoto crebbe smisuratamente
l’aggressività imperialista degli Stati Uniti d’America, che sempre hanno
preteso di dominare il mondo. Da Caracas noi diciamo loro che non saranno più i
padroni ! Lo saranno i popoli!
Anni 90: con la caduta dell’Unione Sovietica e del cosiddetto campo socialista,
il capitalismo cantò vittoria. Fu così, ragazze e ragazzi, che sorse la tesi
della fine della storia, la tesi della fine dell’evoluzione dell’umanità, fu da
qui che sorse la tesi della globalizzazione neoliberista, una maschera dietro la
quale si nasconde l’espansione imperialista, la quale, secondo la corretta
espressione del grande Vladimir Ilich Uliánov, non è altro che la fase suprema
del capitalismo.
Sorse, quindi, la tesi del “villaggio globale”, si spensero molte lotte,
morirono grandi speranze, furono congelati molti progetti, molte battaglie,
nacque il cosiddetto “consenso di Washington” e su di noi giunse l’assalto del
neoliberismo, del capitalismo, dell’imperialismo. Bisogna discutere, ragazzi, di
cosa furono quegli anni 90, incluso il fatto che la parola capitalismo sparì
praticamente da ogni scritto, sparì dal dizionario, come segno di questo vero e
proprio congelamento ideologico; il mondo entrò in una grande crisi morale, in
una grande crisi ideologica, in una terribile incertezza. Tuttavia non dovevano
passare molti anni affinché, come la fenice, dal fondo della terra, dal fondo
dei fiumi, cominciassero a riaffiorare le combattenti ed i combattenti e, con
loro, la corrente rivoluzionaria che oggi ripercorre di nuovo il nostro pianeta
e il cui destino non sarà altro che crescere nei giorni, nei mesi e negli anni a
venire. Perché questo processo sta appena cominciando: c’è una nuova alba nel
mondo, e noi siamo parte di questo meraviglioso risveglio dell’idea della
centralità assoluta dell’essere umano, della giustizia, dell’uguaglianza, della
pace, della lotta contro la guerra e contro l’imperialismo, della lotta contro
lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo; è una lotta antica, quanto lo stesso essere
umano.
Sicché, compagni e compagne, compatrioti di questa grande patria, sebbene i
decenni 50, 60, 70, 80 e 90 furono molto duri e difficili, colmi per un verso di
grandi speranze e anche di grandi frustrazioni, questo decennio in cui viviamo,
il primo del secolo XXI e il primo del terzo millennio, è il più importante.
Esattamente a metà di questo primo decennio, nell’agosto del 2005, siamo giunti
a concentrarci nella Caracas bolivariana, in migliaia e migliaia di giovani dal
mondo intero, che hanno prodotto questo festival, il quale rappresenta molto più
che un incontro di allegria, di speranza e di gioventù: esso rappresenta un
meraviglioso scenario per il dibattito delle idee, per la battaglia delle idee,
per la costruzione e la ricerca della strada verso altri orizzonti.
Per questa ragione lasciate che vi dica, ragazze e ragazzi, che noi e voi siamo
contemporaneamente di fronte ad una sfida gigantesca, che ci chiama a gran voce.
Non si tratta soltanto di lottare negli scenari ristretti di ogni paese o negli
scenari di ogni regione o continente per le idee in cui crediamo, per il
socialismo in cui crediamo, come l’unica strada necessaria per costruire un
mondo nuovo e differente: non si tratta solo di questo. C’è qualcosa di più: si
tratta , ragazze e ragazzi, di salvare il mondo. La sfida che abbiamo davanti è
la salvezza del nostro pianeta, minacciato dalla voracità dell’imperialismo
nordamericano, che non rispetta confini.
L’imperialismo Usa, l’impero nordamericano è il più grande nella storia di tutti
gli imperi. Non solo è il più potente economicamente, tecnologicamente e
militarmente, ma è anche il più aggressivo, il più selvaggio, il più crudele ed
il più assassino che sia mai esistito nella storia del mondo. Desidero salutare,
in special modo, la presenza qui, nel nostro festival, di questa numerosa
delegazione di giovani nordamericani, che hanno sfilato con i giovani di tutto
il mondo; desidero salutare i ragazzi statunitensi. In loro riconosciamo i
grandi combattenti che questo popolo ha avuto, tra loro Walt Whitman; in loro
riconosciamo Martin Luther King, il martire dei popoli. In loro riconosciamo
l’intero popolo degli Stati Uniti, dalla cui coscienza e dalla cui azione
dipenderà, in buona parte, la salvezza del pianeta. Perché un giorno sgorgherà
dalle vene aperte di questo popolo l’ispirazione dei suoi migliori combattenti;
un giorno il popolo degli Stati Uniti si unirà ai popoli del mondo per salvare
il pianeta dall’imperialismo, dalla guerra e dalla distruzione.
L’impero romano non era ipocrita, era impero, e come tale si considerava e si
definiva; l’attuale impero statunitense invece, il “Mister Morte”, annuncia di
combattere per la democrazia ma, in realtà, si scaglia contro la democrazia
stessa. Occorre forse ricordare come è stata aggredita, nel secolo XX, la
democrazia in America Latina, nel Cile di Salvador Allende, nella Repubblica
Domenicana di Juan Bosch, il rivoluzionario socialista caraibico; il Guatemala
di Jacopo Arbenz; Grenada, Haiti e Panama ? Tutta l’America ha patito la
baionetta e l’assalto feroce dell’imperialismo nordamericano in questi cento
anni.
Aveva ragione Bolivar, ragazzi, aveva ragione Simon Bolivar, quando dall’alto di
queste stesse terre ( prestate attenzione alla data che vi richiamo: appena il
1826, appena il 1826 ! ) lanciò quella che possiamo definire una profezia : “
Gli Stati Uniti sembrano destinati dalla “Provvidenza” a colmare l’America di
miserie in nome della libertà!”. E lo disse con la sua capacità d’interpretare
il senso della storia e progettare il futuro; lo disse lottando, assieme ad
altri liberatori e combattenti, come José de San Martì, José Gervasio Artigas,
Antonio Nariño, José Ignacio, Abreu e Lima, Antonio José de Sucre, Manuela Sáenz,
la liberatrice del liberatore, e molti altri.
L’imperialismo ha disseminato il male. Tuttavia, nonostante il fatto che di
fronte a noi si erga questo potere sanguinario, lo stesso di Hiroschima e di
Nagasaki, tuttavia viviamo anche un’era di grandi opportunità. Perché non si può
asserire che questa ferocia e questo potere dell’ impero nordamericano lo
abbiano anche reso invincibile. No, non è invincibile questo impero, e noi siamo
chiamati a sconfiggerlo in nome della lotta contro la guerra e per la pace, in
nome della sopravvivenza stessa del pianeta.
Qui, in Venezuela, l’imperialismo nordamericano ha trovato alcune piccole
sorprese, perché qui da noi, ragazzi e ragazze, si sta compiendo semplicemente
ciò che aveva previsto Pablo Neruda, il grande poeta cileno e del mondo, quando
nel canto a Bolìvar lanciò quel verso:
Conobbi Bolivar in una lunga mattinata a Madri/ all’entrata del Quinto
Reggimento/
E guardando la caserma nella montagna, gli dissi:Padre, sei o non sei tu, o chi
sei?/
E lui mi rispose guardando la caserma della montagna:
Si sono io, ma mi sveglio ogni cento anni/quando si sveglia il popolo.
Ancora una volta Bolivar si è risvegliato nel popolo eroico del Venezuela! Ed
ancora una volta sta risvegliando i popoli dell’America Latina e dei Carabi!
Contro la coscienza e la volontà e contro la forza e l’unità di un popolo non
c’è imperialismo che tenga. Questo è stato dimostrato, negli ultimi anni, non
solo dal popolo venezuelano, ma anche dal popolo vietnamita, e qui dietro questa
collina che ha nome Ávila, ci sono i Caraibi; a poche miglia da qui, verso il
nordest esiste un popolo che ha resistito all’aggressione dell’imperialismo
nordamericano per più di 40 anni, di fronte a me si trova il popolo
rivoluzionario della Cuba socialista, della sorella Cuba, della Cuba marxista.
Salutiamo da qui questo vero e proprio gigante della lotta dei nostri popoli che
si chiama Fidel Castro, il presidente di Cuba. Vi voglio dire che ho regalato a
Fidel Castro una sedia di legno, del legno che viene da Apure, un’ottima sedia
per mettersi a vedere la televisione, ed io sono assolutamente sicuro che lui
non si è mai staccato da questa sedia, di fronte al suo televisore, dal momento
in cui è iniziato questo XVI Festival Mondiale della Gioventù. Salutiamo Fidel
Castro da qui, e salutiamo il popolo cubano, e tutti i popoli dei Carabi,
dell’America Latina e del mondo, ma in particolare il popolo cubano che con il
suo capo in testa ha dimostrato che l’impero nordamericano non è invincibile.
Più di 40 anni d’embargo, invasioni, cospirazioni, tentativi d’omicidio, minacce
d’invasione ! Ed il popolo cubano, un popolo veramente libero, è sempre lì, in
piedi, ad ergersi contro le avversità ed il potere dell’impero. Lo stesso vale
per il popolo venezuelano ! Libero, deciso e convinto di mantenersi in piedi
affrontando l’aggressione dell’imperialismo.
Dobbiamo sempre ricordarlo: l’imperialismo americano non è invincibile.
Tutti noi, cari compagni, giovani e studenti del mondo, siamo venuti a dibattere
sulla pace, per la solidarietà; ma in questo dibattito sulla pace è necessario
affrontare il tema della natura imperialista della guerra, della spinta
aggressiva dell’imperialismo e compreso ciò dobbiamo ricordare all’imperialismo
nordamericano che non gli permetteremo mai d’accarezzare l’idea d’invadere Cuba
o il Venezuela, d’invadere qualunque popolo che lotta per la propria libertà,
che intende far avanzare il processo rivoluzionario come lo stiamo facendo
avanzare noi. Dovremo ricordare all’imperialismo nordamericano, e soprattutto ai
falchi del Pentagono, ai signori della guerra nordamericani, che con noi non
debbono fare errori! Perché se un giorno venisse loro in mente la folle idea di
invaderci, gli faremmo mordere la polvere, difendendo la libertà della nostra
terra !
Ciò che sto dicendo non è altro ciò che già disse Fidel Castro; che se
all’impero nordamericano venisse in mente l’assurda idea che lo portò ad
invadere l’Irak e a massacrare il popolo irakeno; se gli venisse la folle idea
che lo portò ad invadere l’Afganistan , se gli venisse l’idea di invadere Cuba e
le nostre terre, inizierebbe la guerra dei Cent’anni e s’incendierebbe l’intero
nostro continente!
Spunteranno dappertutto i popoli disposti a dimostrare all’imperialismo
americano che questo secolo sarà il nostro secolo, che non siamo disposti a
vivere genuflessi, che siamo disposti ad un’unica cosa : essere liberi.
Desideriamo ringraziarvi, ragazze e ragazzi: grazie per essere qui nel Venezuela
rivoluzionario, nel Venezuela che sta rinascendo per dire al mondo, come voi lo
state dicendo, che non è solo, che non resterà solo, che le lotte del Venezuela
sono le lotte di tutti i popoli del mondo per l’uguaglianza, per la libertà, per
la fraternità, per la pace, per la sovranità, per un mondo di uguali, perché nel
mondo nel quale viviamo, come diceva Bolivar, i nostri popoli vivano con il
maggior grado di felicità possibile.. Nel 1960 il grande filosofo e scrittore
Jean Paul Sartre visitò la Cuba rivoluzionaria e conobbe sia Fidel che il “Che”,
dopodiché ritornò in Francia e lasciò degli scritti sulla sua visita a Cuba.
Sartre disse una grande verità, ragazze e ragazzi, una verità per la storia, un
riconoscimento alla gioventù – non solo per la gioventù cubana, ma per la
gioventù di tutti i tempi, del passato del presente e del futuro – : “Le
condizioni, le circostanze imponevano una rivoluzione, era necessaria una
rivoluzione”. E aggiunse:
“ Solo la gioventù ha il coraggio, la passione e la purezza per compiere delle
vere rivoluzioni”.
Sono dati a voi i doni della passione, sono vostri i doni del coraggio e della
purezza per compiere la rivoluzione di cui il mondo oggi necessita per salvarsi.
La rivoluzione morale in primo luogo, la rivoluzione spirituale, una rivoluzione
che polverizzi l’egoismo, una rivoluzione nel campo etico, in quello morale, in
quello spirituale. Una rivoluzione che collochi l’essere umano, come diceva
Cristo, come l’alfa e l’omega, l’inizio e la fine; si tratta dell’umanesimo
rivoluzionario, dell’umanesimo sociale. Una rivoluzione che polverizzi
l’individualismo, l’ambizione, le perversioni del capitalismo; una rivoluzione
sociale che recuperi i sacri principi dell’uguaglianza e della libertà; una
rivoluzione politica che sviluppi la vera democrazia, con al centro il popolo,
non la falsa democrazia delle élites
La vera democrazia è quella che in Venezuela sta avanzando, una rivoluzione nel
campo spirituale ma anche in quello sociale e politico; una rivoluzione anche
nel campo economico, che ci permette di proseguire smontando i meccanismi
perversi dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo, che ci permette di proseguire
smontando i meccanismi perversi di dominio del sistema capitalista.
Io mi sono fatto coraggio e ho detto con tutta la mia forza e la mia convinzione
– e la prima volta che lo feci pubblicamente fu al Forum Sociale di Porto
Allegre, nel gennaio di questo stesso anno, 2005 – al popolo venezuelano e -
perché non dirlo? - ai popoli di tutta l’America Latina, dei Caraibi e del
mondo, che l’unica maniera che esiste per distruggere questo capitalismo feroce
che ci opprime è quello di riprendere, estendere, rafforzare la via al
socialismo nel XXI secolo.
Un socialismo che ci permetta di salvare il pianeta e le future generazioni, che
rivendichi il valore prioritario dell’essere umano, un socialismo che, come
disse Salvador Allende nel suo ultimo messaggio, renda possibile aprire “ i
viali dove transiterà l’uomo libero, dove transiterà la donna libera, dove essi
saranno liberi ed uguali”.
È in questo contesto che oggi, allo scoccare della mezzanotte dell’8 di agosto,
vicini all’alba del 9 di agosto di questo anno 2005, raccogliendo la passione e
l’amore della gioventù del mondo qui rappresentata e a nome dell’umile ed eroico
popolo di Simon Bolivar, con questo sentimento, con questa prospettiva, con
questo senso di sfida, con questa speranza e con questa volontà indomabile che
ci proviene da voi, dichiaro aperto, a nome di tutti, il XVI Festival Mondiale
della Gioventù e degli Studenti!
Viva il socialismo ! Viva la libertà!
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