«Un caso dichiaratamente politico: uno dei
pochi nella giurisprudenza
statunitense in cui l'ingiustizia prevale apertamente sul diritto». Così il
celebre penalista Leonard Weinglass definisce la vicenda giuridica dei 5
cubani, detenuti dal '98 nelle prigioni nordamericane con l'accusa di aver
cospirato contro il governo.
Un caso - afferma ancora Weinglass - «simile a quello di Anthony Russo, che
mostrò le menzogne di Nixon durante la guerra del Vietnam». Weinglass, già
difensore di Angela Davis, Jane Fonda e di Mumja Abu-Jamal e oggi del cubano
Antonio Guerrero, condannato all'ergastolo insieme ai suoi 4 compagni - era
in partenza per Roma. Doveva intervenire ieri in un albergo di Roma insieme
a Gianni Minà e all'eurodeputato dei Comunisti italiani Marco Rizzo in
un'iniziativa, organizzata da Italia- Cuba sulla vicenda. Ma, a seguito di
un malore, il medico gli ha proibito di viaggiare in aereo. All'iniziativa,
sarà presente solo Roberto Gonzalez Sehwerert, altro membro del collegio di
difesa (e fratello di uno dei 5).
Al telefono, Weinglass ricapitola il caso dei cinque e spiega le ragioni del
suo impegno a loro favore. La vicenda ha inizio del 1998. Allora, 5 agenti
segreti cubani, 2 dei quali cittadini statunitensi, vengono arrestati a
Miami, in Florida. Contro di loro, 26 capi d'imputazione per altrettante
violazioni delle leggi federali nordamericane: «24 - precisa l'avvocato -
sono accuse di carattere tecnico: documenti falsi per alcuni di loro,
mancata registrazione come agenti segreti presso il procuratore generale. Le
altre 2, invece, attengono alla cospirazione». «E' un teorema giudiziario
applicato quando esistano implicazioni politiche - spiega Weinglass - e
punisce un accordo illegale che intercorra fra almeno due persone: passibile
di ergastolo anche quando il progetto sia rimasto allo stadio intenzionale.
Basta dimostrare con prova circostanziale che è esistito il patto». Nel caso
dei 5, è valso il presunto accordo.
Da qualche anno, i 5 sono infiltrati tra gli anticastristi di Miami e - come
racconta lo scrittore Gabriel Garcia Marquez nel volume Il terrorismo degli
Stati uniti contro Cuba, curato da Gianni Minà e edito da Sperling& Kupfer -
è in corso una delicata missione diplomatica cubana presso il governo Usa.
Ma questo non emerge.
I 5 - dice ancora Weinglass - non negano la loro attività «patriottica», e
«in base alle leggi statunitensi, si appellano alla causa legittima»,
applicabile nel caso in cui «si commetta una violazione tecnica per evitare
un danno maggiore in termini di vite umane». Le vite umane, sono quelle dei
cittadini cubani: oltre 2.000 sono morti a causa degli attentati, subiti da
Cuba via Miami. Ma i giudici della Florida - uno stato che conta circa
650.000 esiliati cubani, il cui voto ha avuto un peso determinante
nell'elezione di Bush nel 2000 - valutano diversamente. E così - racconta
ancora Weinglass - 7 mesi dopo, arriva l'imputazione più grave nei confronti
di Gerardo Hernandez, accusato di aver «cospirato per abbattere 2 aerei da
turismo di esiliati anticastristi, sconfinati nello spazio cubano». Gli
aerei furono abbattuti il 24 marzo '96 e 4 esiliati morirono.
In base alla legge sulla cospirazione, racconta ancora il penalista, «Hernandez,
infiltratosi nel gruppo Hermanos al Rescate, organizzazione che finanziava i
voli, non è stato accusato di alcun atto specifico, ma di aver fatto parte
di una cospirazione tesa ad abbattere gli aerei». Risultato? Gerardo
Hernandez è condannato a due ergastoli, Antonio Guerrero e Ramon Labanino a
uno, Fernando Gonzalez a 19 anni, e René Gonzales a 15. E' il dicembre 2001,
a tre mesi dall'attentato dell'11 settembre e in piena «guerra al
terrorismo». Il processo, cominciato nell'autunno del 2000, si è concluso 7
mesi dopo: il più lungo processo penale degli Stati uniti, che ha preso
avvio «nell'unica città degli Stati uniti - dice Weinglass - in cui i
musicisti che arrivano da Cuba non possono suonare -. Nella ricerca dei
giudici popolari - aggiunge - furono scartati i giovani e gli afro-americani
e il portavoce della giuria dichiarò che gli sarebbe piaciuto vedere la
caduta del dittatore Castro».
Dopo la sentenza del 2001, i 5 ricorrono presso la Corte d'appello di
Atlanta in Georgia, competente per la Florida. La lunga serie di ricorsi
ottiene il primo esito favorevole il 9 agosto 2005: i giudici di Atlanta
annullano all'unanimità la sentenza emessa a Miami, viziata da «parzialità».
Ma il 27 settembre 2005, il procuratore generale della Florida si appella e
chiede ai giudici di tornare sulla decisione. E così avviene il 31 ottobre
2005. Da allora, il collegio allargato di 12 magistrati, chiamato a
decidere, non si è ancora espresso. «Possono metterci ancora altri mesi»,
dice Weinglass. Se va bene, i 5 avranno un altro processo. E se va male? «Ci
sono ancora due appelli - dice Weinglass - ma intanto la priorità è fare
uscire gli accusati dalla condizione di isolamento in cui si trovano, far sì
che ottengano i permessi di visita. E' un caso che fa discutere e mobilita
studenti, artisti, operai».