|
|
Una lotta che sapremo combattere fino alla vittoria, sempre!
Intervento di Ricardo Alarcon di Quesada, presidente dell'Assemblea Nazionale del Potere Popolare di Cuba, nella cerimonia di consegna del Premio Internazionale Benito Juarez ai Cinque Eroi
|
|
Memorial José Martí, Avana, 12 Settembre 2006 |
|
Caro compagno Raul.
Stimata Bertha Zapata Bela, presidentessa del Comitato Organizzatore del Premio Benito Juarez.
Juan Mari Bras, eminente lottatore per l'indipendenza della sua Patria e fratello da sempre della Rivoluzione e del popolo di Cuba.
Compagni della delegazione portoricana al Forum dei Paesi Non Allineati, che ci stanno accompagnando.
Compagno Miguel Bonasso.
La situazione dei Cinque è uno scandalo tale che è difficile parlarne, disse Noam Chomsky già tre anni fa. È una sfida, quello che si espone, dicendo qualcosa su questo caso -che un uomo che domina il linguaggio con tanta precisione, un uomo del talento di Chomsky, riconosceva che di questo, per il fatto scandaloso che è, è difficile parlarne -, ma bisogna farlo, perché, come si è segnalato già qui in questo atto, uno degli elementi principali che fanno più scandaloso questo caso è il silenzio che tenta di imporsi su di lui, che contrasta col fatto che ogni giorno sorgono nuove e nuove prove che dimostrano, oltre qualunque dubbio, che quello che lesse Bertha, quello che affermiamo costantemente è verità: che sono eroi che furono imprigionati ingiustamente, esclusivamente per opporsi al terrorismo e che inoltre durante tutto questo processo fraudolento che fu imposto, furono violate un ed un'altra volta, non solo le norme internazionali, i principi costituzionali, bensì perfino i procedimenti e le norme di lavoro dei tribunali nordamericani.
Basta guardare un po' all'indietro, a questo fine settimana ed al giorno di ieri. Il passato venerdì si produsse un scandalo nella città di Miami; prima, un onesto, coraggioso giornalista cubano aveva denunciato, quello che ancora era nascosto, che era il fatto che una serie di auto-nominatosi giornalisti di questa città, in realtà, sono agenti salariati del governo degli Stati Uniti. E non di qualunque ramo del governo, ma li paga, li ha pagati per anni l'apparato di propaganda anticubana del governo degli Stati Uniti, che maneggia decine di milioni di dollari ogni anno, attraverso la Giunta di Trasmissioni di Radio e di Televisione verso Cuba, grazie ai quali alcuni di questi impiegati hanno ricevuto migliaia di dollari negli ultimi anni.
Io ho -non lo portata fino a qua, non voglio spaventare nessuno con molti documenti in mano -, un documento più spesso di questo, che trattiene gli articoli editi da uno da quegli individui sui Cinque, perché bisogna dire che questa dozzina di agenti del Governo nordamericano mascherata da giornalisti, furono l'elemento principale nella campagna dei mezzi locali per trasformare in una grossolana farsa tutto questo processo giudiziale.
La giudice, la stessa giudice che li condannò, in più di un'opportunità si lamentò di quella valanga di commenti, di analisi che inondarono tutti i mezzi di Miami, ed ora si sa che quella valanga era organizzata dal governo degli Stati Uniti, che di quella campagna di distorsione, quella campagna mediatica che servì per rarefare l'atmosfera, per conformare quello che i tre magistrati degni di Atlanta qualificarono come il temporale perfetto, uno degli elementi di quel temporale era proprio questo fatto. Questo battere sistematico, giorno per giorno, tentando di distorcere l'immagine dei nostri compagni, tentando di pressionare la giuria; perché dà la casualità che loro sono, precisamente loro, quelli che ricevono una mensilità dal governo degli Stati Uniti, che si dedicò a contribuire a promuovere l'isteria anticubana ed inoltre a pressionare i membri della giuria.
Questo è esattamente quello che gli avvocati chiamano un'evidenza nuova, che è sorta ora, il venerdì 8 settembre, che si unisce all'interminabile lista di violazioni al dovuto processo, così come gli piace dire agli avvocati, ognuna delle quali era più che sufficiente per annullare tutto il processo imposto contro i compagni. Quello fu il venerdì ed ieri lunedì, 11 settembre, a cinque anni dell'abominevole atto contro il popolo di New York e contro il popolo nordamericano--che Cuba fu la prima in condannare, che ripudiamo, che respingiamo, perché noi sì combattiamo il terrorismo-, ieri ovviamente, il presidente Bush fece vari discorsi ed i mezzi informativi nordamericani sono stati il giorno intero, giorno e notte parlando, ricordando questo fatto, qualcosa che viene bene per le prossime elezioni: muovere il tema del terrore.
Ora, nessuno parlò di questo che è datato 11 settembre dell'anno 2006. Questo documento -io l’ho portato fin qui nel caso qualcuno lo volesse vedere - è l'ordine del magistrato disponendo la liberazione di Luis Posada Carriles, l’11 settembre. Non potevano scegliere un altro giorno, l’11 settembre negli Stati Uniti un magistrato sceglie questa data e non un'altra, per emettere questo documento, il quale vale la pena analizzare. Tra le altre cose lui spiega che il governo degli Stati Uniti fece una serie di gestioni tentando di cercare che qualche altro paese accogliesse e desse rifugio a Luis Posada Carriles. Ci sono tutti i dati, la lettera, la comunicazione di Dipartimento di Sicurezza della Patria è datata il 17 novembre dell'anno 2005 e l'inviarono a vari paesi; oltre a questo fecero gestioni verbali con vari governi, ne menzionano sette: Canada, Honduras, Costa Rica, Panama, Salvador, Messico e Guatemala, ma nessuno di questi governi –secondo quanto informa qui il magistrato-, accettò di dare i documenti di viaggio al signor Posada Carriles, consegnargli passaporto, documenti, identificazione -ricordiamo che lui ha uno status legale abbastanza confuso - ed ammetterlo; ma il governo degli Stati Uniti -secondo questo documento ufficiale - è da vari mesi che si dedica a tentare di cercare a Posada Carriles un posto dove possa vivere tranquillamente e non l'ha incontrato, e dal momento che non l'ha ottenuto, è una delle ragioni che usa il magistrato per decidere la sua liberazione.
Sapete voi quale è l'altra ragione? Lo dice varie volte, per esempio nella pagina 16: il Governo non presentò nessun documento, nessuna prova, nessun testimone nell'udienza che potessero determinare su questo. Il governo degli Stati Uniti aveva potuto fare una gestione addizionale affinché il signor Posada non fosse liberato, allegando che era vincolato o si sospettava che era vincolato con attività terroristiche ma -leggo la pagina 21 del documento -: il Pubblico Ministero Generale non certificò mai che questo signore fosse un terrorista o un pericolo per i suoi antecedenti violenti.
Nella pagina 22 il magistrato spiega che c'è un'altra possibilità, per ragioni speciali, che anche il Governo poteva sollecitare perché si mantenesse in prigione una persona la cui deportazione è stata ordinata; ma il Governo non ha fatto mai gestione alcuna affinché si trattenga il signor Posada, prendendo in considerazione circostanze speciali. Non hanno fatto nient'altro che identificarlo come un immigrante sprovvisto di documenti, cosa che è un insulto alla nazione messicana e alla nazione latinoamericana. Ci sono milioni di lavoratori umili che emigrano o tentano di emigrare, migliaia che sono catturati ed espulsi senza esitazioni attraverso la frontiera. Molto vicino a dove è alloggiato il signor Posada Carriles, ad alcuni metri del suo comodo alloggio, proprio di là escono tutti i giorni migliaia di messicani, di centroamericani espulsi senza possibilità di fare gestioni davanti ai tribunali, senza avvocati, senza stampa che li difenda. È un insulto per loro, -in speciale per le migliaia che non ritornano perché perdono la vita nel deserto o perché sono assassinati da quelli che negli USA si chiamano tranquillamente cacciatori di immigranti - paragonare il signore Posada Carriles con un semplice immigrante, ed è quello che dice il signore magistrato che ha fatto il governo degli Stati Uniti. Secondo la Corte Suprema, un immigrante illegale che non possano deportare non può rimanere tutto il tempo in prigione eccetto che sia un terrorista, eccetto che ci siano ragioni speciali, ma il Governo non le usò. E non lo dico io, lo dice questo documento di un tribunale nordamericano.
E ho quest’altro documento che volevo mostrare loro. Questo è l'Accordo di Montreal sulla soppressione degli atti ostili contro l'aviazione civile, del 1971, il cui articolo 7 sembra redatto per Bush e per Posada Carriles. Questa Convenzione si approvò nel 1971 con un senso più universale e generale, e si approvò per insistenza dei piloti di aviazione, per insistenza delle imprese aeree che argomentarono alle Nazioni Unite che i crimini contro l'aviazione civile avevano una caratteristica speciale perché sono troppo inumani, non danno la minore possibilità di sopravvivenza a chi sia vittima di un attacco come quello che soffrirono i nostri compatrioti alle Barbados il 6 ottobre 1976. L'articolo 7 di questo Accordo dice che quando in un paese si trova qualcuno che in un altro Stato sia accusando per essere complice in qualunque attività contro l'aviazione civile, se lo Stato dove si trova questa persona non l'estrada, allora, e cito testualmente, sarà obbligato, senza eccezione di nessun tipo, a giudicarlo lui.
Dove dice qui che potrà cercare di vedere se convince il governo del Salvador a che nasconda l'accusato? Dove dice la Convenzione che potrà cercare una terza strada? No. Senza eccezione di nessun tipo, ed è già da anno e mezzo il signore Posada Carriles negli Stati Uniti, e gli Stati Uniti non hanno fatto un solo passo per rispondere al sollecito di estradizione del Venezuela, e neanche hanno fatto un solo passo per processarlo come una persona che stava essendo giudicata per un delitto contro l'aviazione civile.
In altre parole, questo Accordo, a partire da alcuni mesi, è un foglio senza valore. Gli Stati Uniti stanno distruggendo vari degli accordi principali della lotta contro il terrorismo, ma non sperino di leggere niente di questo nei grandi mezzi di comunicazione nordamericani.
Mi dicono che non era una notizia la decisione di mettere in libertà Luis Posada Carriles? Non vuole dire che si sia eseguito. C'è un margine di dieci giorni affinché il Governo, se vuole, ricorra in appello; mi immagino che non lo faccia, se fino ad ora non ha fatto niente, assolutamente niente per evitare che si desse questo risultato.
Ma anche ieri, 11 settembre a Miami -una altra casualità, un altro modo di commemorare quell'orrendo ed abominevole atto contro il popolo nordamericano -, ci fu l'annuncio che il governo degli Stati Uniti, cioè la Procura del Sud della Florida, era giunto ad un accordo con alcuni signori che erano stati fermati, il signore Álvarez ed il signore Mitat, dopo avere loro sequestrati un enorme arsenale di armi ed esplosivi, per essere usati contro il nostro paese, contro il nostro popolo, contro la nostra patria. Loro non si sono nascosti nel dirlo, lo ripeterono, lo ha ripetuto ieri il signore Santiago Alvarez in una lettera che inviò ai mezzi di comunicazione di Miami.
Si misero d’accordo ed arrivarono ad una transazione, per la quale il Governo solo li accusa di un’imputazione : possedere quelle armi, non il loro uso, non la finalità, non le altre cose che erano derivate dal loro possesso, bensì per avere alcune armi senza permesso, riconoscendo che sono patrioti, riconoscendo che non era per fare danni agli Stati Uniti, bensì per fare danni a Cuba. Loro accettano che violarono la Legge in quell'aspetto, ed allora li metteranno alcuni mesi in prigione, il massimo sono 60, cioè, cinque anni, ma hanno già vari mesi di detenzione; ed ovviamente, gli avvocati difensori hanno spiegato già che stanno dialogando con la Procura per ridurlo, rendere la cosa molto meno grave, in modo che questi signori staranno in libertà completa, può essere che in un anno o due. Anche per altra strana ragione decisero di rendere pubblico il fatto l’11 settembre dell'anno 2006.
Quale è la ragione, la spiegazione, la giustificazione per la quale noi diciamo che i nostri compagni non sono colpevoli di niente, ma sono innocenti e più che innocenti, sono eroi? Loro stanno sacrificando le loro vite nella lotta contro il terrorismo, compiendo una missione sacra della Patria che ha bisogno di difendersi e questa necessità conduce al dovere di difenderla ed al diritto di farlo; ma andare a farlo senza armi, andare a farlo senza praticare la violenza, andare a farlo senza causare danno a nessuno e mettersi nei peggiori ambienti di Miami, tra i peggiori terroristi, tra i peggiori assassini, per tentare di conoscere i loro piani, per aiutare il nostro popolo a prevenirli.
Questo non è un delitto che meriti una sanzione, questa è una prodezza che merita riconoscimento ed omaggio che li fa creditori della gratitudine eterna del nostro popolo, ma non solo dei cubani, bensì di tutti i popoli del mondo; in definitiva contro tutti loro ed in questione contro quelli della nostra regione nella misura in cui i terroristi contino sul patrocinio ufficiale e nella misura in cui si nasconda la verità che rinchiude questo caso dei Cinque, si sta mettendo anche in pericolo e colpendo i diritti di altri.
Trenta anni si realizzano tra poco della distruzione dell'aeroplano cubano vicino alle Barbados, ma l'ultimo anno, si seppero cose che non si sapevano prima, come che il governo degli Stati Uniti era informato in anticipo che andava a succedere questa cosa. Ci sono documenti che furono resi noti da poco più di un anno, relazioni del Dipartimento di Stato, relazioni della CIA, relazioni dell’FBI, ed in uno di questi, si legge –grazie ai loro documenti, non ai nostri - una riunione che ebbe luogo a Caracas, in settembre di quell'anno e lì il signore Orlando Bosch, fermo davanti ad un microfono e davanti ad un pubblico, non so quante persone c’erano, ma era un atto pubblico, ostentò, di come era riuscito bene il fatto di Letelier, e sono più o meno le sue parole. Dopo questo accaduto -disse: Ora facciamo un'altra cosa ben importante. E secondo questa relazione ufficiale nordamericana, nel seguente paragrafo dice: Posada, che stava lì - mi disse che quell'azione molto importante era distruggere un aeroplano cubano.
Sono documenti loro, che provano che sapevano che si decideva di attaccare il nostro aeroplano, sapevano chi erano quelli che pensavano di farlo, dove stavano quelli che avrebbero fatto questa atrocità e non fecero assolutamente niente per ostacolarlo e quello che stanno facendo, da allora fino ad oggi, è tutto quello che sta alla loro portata per ostacolare che si faccia giustizia, come lo prova questo documento.
Loro non hanno detto che Posada Carriles era sotto processo per questo motivo, né hanno detto che loro sapevano che era uno degli autori della distruzione dell'aeroplano, no, semplicemente arrivò senza visto. Arrivò senza visto e lo vogliono varare per un altro paese che sia disposto a raccoglierlo e stanno attivamente cercando chi sia disposto a prestarsi a questa manovra. Un altro dossier di quelli resi pubblici, rende conto che prima, nell'anno 1975, a Santiago del Cile ci fu una riunione tra gente della DINA ed alcuni signori che erano arrivati da Miami, organizzata da un signore che risiedeva lì e che risponde al nome di Orlando Bosch Avila. Lui li convocò, li riunì e dice questo dossier nordamericano: nella riunione si ricordò di assassinare Letelier (così letteralmente).
Più tardi, in settembre, come già dissi (ho invertito un po' la cronologia), si celebra come tutto è riuscito bene. Orlando Bosch Avila vive oggi a Miami, e nessuno l'ha disturbato a casa sua malgrado il governo degli Stati Uniti abbia da 30 anni informazioni dai suoi propri agenti che indicano che questo signore partecipò ad un atto violento, nient'altro e niente meno nella capitale degli Stati Uniti, a piena luce del giorno che costò la vita non solo ad un insigne fratello latinoamericano come era Orlando Letelier, ma anche ad una giovane nordamericana, Ronnie Moffit che rimase uccisa in quell'esplosione, ma nessuno ha domandato a Bosch, nessuno l'ha disturbato.
Un altro dei documenti resi pubblici spiega la struttura ed organizzazione del CORU. Quell'anno si produssero anche molti altri incidenti, molti altri atti terroristici. Uno di loro infame, indegno, fu l'assassinio di Santiago Mari Pesquera, figlio del nostro compagno Juan Mari Bras. Ammazzarono il figlio per ammazzarlo, per colpire anche lui, in un momento che il movimento indipendentista stava in uno dei suoi periodi di più auge diretto da lui, da Juan Mari Bras. Dove sono gli autori di quell'assassinio? Quando furono processati? Dove sono quelli che assassinarono dopo alcuni anni ad un giovane cubano-portoricano chiamato Carlos Muñiz Varela? Io mi ricordo molto bene, io era allora a New York, quando uccisero Carlitos, loro riconobbero che era stato il CORU, l'ammazzò il CORU, ma nessuno sa che cosa è il CORU. No, loro sì sapevano che cosa era il CORU, in uno di quei documenti c’è tutto il diagramma, l'organizzazione, chi dirigeva questo gruppo a Porto Rico, chi ha avuto le piste per trovare gli assassini del nostro compatriota Carlos e quelli che ammazzarono tuo figlio, Juan. Ma come mai di questo non parlano i grandi mezzi, come mai questo non è dato da conoscere al popolo nordamericano, l'impunità e la complicità col crimine continuano a prevalere, benché non sarà per sempre.
È molto difficile parlare di un caso tanto scandaloso, come diceva Chomsky, ma dobbiamo parlare tutti i giorni e moltiplicarci in questo sforzo. Per questo motivo questa giornata internazionale di solidarietà, per questo motivo in molte parti del mondo molti compagni, molti amici, molte personalità stanno tentando di promuovere la solidarietà con nostri Cinque compagni e la denuncia al terrorismo promosso dagli Stati Uniti.
I nostri compagni che soffrono condizioni carcerarie particolarmente difficili perché è negato loro inoltre, nel caso di due di loro, perfino il diritto più elementare, che è l'essere visitato dalle proprie mogli. Ed a tutti, le tremende difficoltà che implica che la famiglia richieda un permesso nordamericano per arrivare fino là. Lottare per la loro libertà e promuovere la solidarietà con loro, ovviamente, per i cubani non vuole dire che non collochiamo anche nel suo giusto posto, insieme a lei, la solidarietà con tutti i carcerati politici degli Stati Uniti. In primo luogo, coi nostri fratelli portoricani, dei quali si parla molto poco, ma che sono in prigione per il delitto di lottare per l'indipendenza della loro patria; ed è anche lottare per la libertà e per i diritti di Mumia Abu Jamal e di tanti afro-nordamericani che sono andati in prigione per lottare contro il razzismo, per lottare per i diritti del loro popolo e che nelle prigioni sono più discriminati e picchiati.
Ho incominciato parlando di questo fine settimana, se saltiamo al fine settimana anteriore, possiamo incontrare nel sito della Casa Bianca, un documento, con quei nomi rimbombanti che loro usano: Strategia Nazionale di Lotta contro il Terrorismo, paragrafo 15. Questo documento mi immagino che per lo meno l'abbia letto il signor Bush, dato che esce con la sua firma. Paragrafo 15: “Ogni Stato che accolga, protegga o dia protezione ad un terrorista, è tanto colpevole come il terrorista stesso e deve rendere conto su questo”. Possibilmente, non ci risulti facile incontrare altri momenti di coincidenza con questo pensatore profondo, acuto che è George W. Bush, ma in questo siamo d’accordo: sì, è la verità, i Bush sono tanto colpevoli come i Posada Carriles, tanto colpevoli come i Bosch, tanto colpevoli come quegli assassini che in quegli anni 70, non solo seminarono la morte qua, Miguel Bonasso, ma anche nelle tue terre, responsabili delle migliaia di torturati, di scomparsi. Erano gli stessi, perfino usavano gli stessi simboli molte volte, non si faceva chiamare Condor, Bosch, in alcuni dei suoi momenti di megalomania terroristica? Anche lui fu il condor, per lui era un gran orgoglio essere il condor ed essere parte dell'operazione Condor ed essere associato a lei.
I nostri cinque compagni stanno mostrandoci, inoltre, il cammino di consistenza, di non lasciarsi spaventare o afflosciare dalle difficoltà. Voi avete visto tutte le loro reazioni, di tutti e cinque quando seppero, isolati nella prigione, dell'infame decisione del Tribunale di Atlanta di questo ultimo 9 agosto.
Che cosa dissero loro, alle madri, alle mogli? In alcuni casi loro seppero da voi, in altri casi lo avevano saputo prima. Tutti lo vedono come un momento di una battaglia che bisogna continuare, che non li scoraggia, che non li debilita. Continueranno ad inviare messaggi, continueranno a comunicarsi con le persone solidali che scrivono loro, continueranno a sforzarsi perché la lotta per la loro liberazione continui, la campagna di liberazione dei Cinque che ha avuto sempre come motore principale, come guida principale e come esempio principale a Gerardo, Ramon, Antonio, Fernando e René. Tutti gli altri, insieme, non possiamo sentirci soddisfatti con quello che abbiamo fatto comparato con quello che ognuno di loro, nella solitudine della sua cella, nelle condizioni più ostili, ha fatto per questa battaglia, che loro non la vedono solo come il momento del recupero della loro libertà ed il momento di ritornare alla loro Patria, alle loro famiglie, lo vedono, come patrioti e come rivoluzionari conseguenti che sono, come parte della lotta di tutti i popoli per la loro emancipazione.
Per questo motivo è che sono sicuro che loro ricevono questo Premio che hanno consegnato ai loro parenti, con la certezza che è parte di questa battaglia, con gratitudine, con riconoscimento per gli organizzatori che hanno dato un appoggio sostanziale a questa campagna con questa decisione di venire qua a consegnare la medaglia Benito Juarez ai nostri compagni.
Come cubano devo dire che è impossibile pensare a Juárez e vedere questo messaggio di solidarietà che ci viene dato in suo nome, senza ricordare che Benito Juarez sarà sempre associato alla parte più cara della solidarietà tra nostri due popoli, quello del Messico e quello di Cuba. Quando questo paese iniziava la sua lotta per l'indipendenza, quando non avevamo alleati, né amici, quando non potevamo contare su nessuno, sì abbiamo potuto contare col presidente Juarez; ed è ricordato per sempre nelle parole del Padre della Patria: “Lei sì può comprenderci, lei sì ci capisce, con lei sì posso contare”.
Fratelli e sorelle messicani, grazie per questa espressione di solidarietà. Sono sicuro che ognuno dei Cinque, se domandassimo a loro, non solo vi ringrazierebbero, ma vi direbbero che anche voi potete contare su Gerardo, su Ramon, su Antonio, su Fernando e su René, in una lotta che sapremo combattere, fino alla vittoria sempre.
Molte grazie.
|
|
Inizia la giornata mondiale per la liberazione dei
|
|
12 settembre 2006 - www.granma.cu |
|
|
|
Con la consegna del premio Benito Juárez ai familiari dei Cinque Eroi, comincia la giornata mondiale per esigere la liberazione di questi combattenti antiterroristi cubani detenuti ingiustamente negli Stati Uniti.
Il premio viene conferito da differenti gruppi sociali messicani a leader e personalità del mondo che si sono distinte nella lotta per la difesa della sovranità e l’autodeterminazione dei loro popoli.
Durante la consegna del premio, il comitato organizzatore ha sottolineato che la vita e la resistenza di questi Eroi della Repubblica di Cuba sono una chiara testimonianza dell’irriducibile impegno della loro lotta politica e pacifica nella legittima difesa dell’autodeterminazione del loro paese e del diritto inalienabile della nazione ad avere un governo frutto della Rivoluzione.
| |
30 agosto 2006 - www.granma.cu |
|
I riceveranno il Premio Internazionale Benito Juárez
|
|
I Cinque cubani prigionieri negli Stati Uniti riceveranno il Premio Internazionale Benito Juárez, come riconoscimento per la loro infaticabile lotta a favore della pace, della giustizia e contro il terrorismo. Questo premio è conferito da diversi gruppi sociali messicani a leaders e personalità del mondo distintesi nella lotta per la difesa della sovranità e dell’autodeterminazione dei popoli.
Gli Eroi della Repubblica di Cuba Gerardo Hernández, Fernando González, Ramón Labañino, René González e Antonio Guerrero, che a Miami si infiltrarono in gruppi estremisti d’origine cubana per impedire atti terroristici contro l’Isola, hanno meritato questo riconoscimento, ha riportato Xinhua.
Il comitato organizzatore ha enfatizzato che le vite e la resistenza di questi cinque cubani sono "una chiara testimonianza del loro impegno irriducibile nella lotta politica e pacifica per la legittima difesa dell’autodeterminazione di Cuba e del suo diritto inalienabile a mantenere il Governo scaturito dalla Rivoluzione".
Il premio, che si ispira al pensiero di Benito Juárez, Benemerito delle Americhe, secondo il quale "il rispetto del diritto altrui, tanto tra gli individui come tra le nazioni, è la pace", venne istituito ad Arusha (in Tanzania), 19 anni fa durante la celebrazione del 75º anniversario del Congresso Nazionale Africano (ANC la sigla in inglese).
Il premio venne conferito la prima volta al combattente antiapartheid sudafricano Nelson Mandela, quando questi era ancora in prigione e in seguito anche al presidente Fidel Castro.
Altri premiati sono stati l’ex presidente del Nicaragua, Daniel Ortega; la guatemalteca Rigoberta Menchú, Premio Nobel della Pace; César Chávez, leader degli immigranti messicani negli Stati Uniti; il vescovo del Chiapas, D. Samuel Ruiz; l’estinto leader palestinese, Yasser Arafat e l’attuale presidente del Venezuela Hugo Chávez.
Il comitato organizzatore ha rivolto un appello alle organizzazioni politiche, popolari, sindacali, accademiche, studentesche dell’America Latina e del mondo affinchè sottoscrivano il conferimento, che avverrà a L’Avana il 12 settembre prossimo, vista l’impossibilità per i Cinque di riceverlo personalmente.
Il 12 settembre 1998 questi
giovani cubani vennero arrestati durante un’operazione del FBI negli USA e
condannati complessivamente, nel 2001, a quattro ergastoli e 77 anni di carcere. |
|
7 luglio 2006 - www.prensalatina.it |
|
Concesso Premio Internazionale ai cubani antiterroristi
|
|
30 marzo 2006 |
|
Il Comitato Organizzatore del Premio Internazionale Benito Juárez ha dato questo riconoscimento ai Cinque cubani antiterroristi
incarcerati negli Stati Uniti.
|