ACCORDO D’INTEGRAZIONE ENERGETICA
N.Diaz – di GI – 25 aprile 2006
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Il Governo degli Stati Uniti è preoccupato. È stato così impegnato a scatenare guerre e seminare conflitti nel mondo che ha trascurato quel che stava succedendo nel suo cortile di casa, dove la sua ostinazione ad imporre il neoliberismo ad oltranza ha provocato non solo l’ingovernabilità del modello ma anche la conformazione, su iniziativa delle maggioranze delle popolazioni di una buona parte dei nostri paesi, di nuove e praticabili opzioni con le quali sbarrare il passo a secoli di dipendenza e dominazione.
I capi di Stato della Bolivia Morales e dell’Uruguay Vázquez, si sono incontrati alcuni giorni fa nella capitale paraguayana Asunción e, assieme al presidente di questo paese sudamericano Nicanor Duarte Frutos, hanno invitato il Presidente venezuelano Chávez a condividere la nascita di un nuovo progetto d’integrazione: la costruzione di un gasdotto lungo quasi 800 km dalla Bolivia fino al Paraguay e all’Uruguay a beneficio dei loro popoli.
Il progetto dell’anello energetico andrebbe ad aggiungersi, arrivato il momento e compiuti gli aggiustamenti necessari, al megaprogetto Gas del Sud, già firmato dai capi di Stato del Venezuela, Hugo Chávez; del Brasile, Luis Inacio Lula da Silva e dell’Argentina, Néstor Kirchner, che il leader bolivariano ha definito l’inizio di un sogno: formare l’arco del gas sudamericano al quale si potrebbero integrare il Perù ed altre nazioni.
L’accordo, sottoscritto il 20 aprile scorso, consta di un Protocollo d’Intesa nel quale i firmatari si sono impegnati (per mezzo di una Commissione Trinazionale) ad avanzare negli studi di fattibilità per la costruzione del detto gasdotto. Il negoziato e la firma dell’Accordo d’Integrazione Energetica dovranno essere pronti prima della fine dell’anno.
Il Venezuela apporterà collaborazione tecnica e finanziaria.
È stata ugualmente importante la decisione del presidente paraguayano, Nicanor Duarte, di offrire al suo omologo boliviano il porto di Casado affinchè la Bolivia lo impieghi in usufrutto e lo utilizzi per costruirvi, eventualmente, una raffineria per la vendita degli idrocarburi. La Bolivia è la seconda riserva di gas del Sudamerica.
Gasdotto del Sud, Megasdotto, Arco del Gas Sudamericano, Petrosur e Petrocaribe costituiscono, al di là dei loro iniziatori regionali e delle carenze energetiche di alcuni e dell’apporto di altri, componenti un nuovo progetto d’integrazione latinoamericana che si sta aprendo il passo e che potrebbe, con il tempo, realizzarsi nell’ambito dell’ALBA (Alternativa Bolivariana per le Americhe).
Si tratta della costruzione di un modello di relazioni internazionali basato sulla solidarietà, sul rispetto delle asimmetrie strutturali, la complementarietà e non sulla competizione, su una politica d’inclusione che veda imperare l’uguaglianza e la cooperazione nel momento di negoziare firme e convegni ed il cui obiettivo sia l’essere umano e non il mercato. Un modello dal quale venga per sempre eliminato l’inganno del libero commercio.
La riunione di Asunción è in questo senso fondativa e dimostra che i vecchi patti d’integrazione regionale non hanno futuro, in quanto figli deformi del modello capitalista e della sua tappa neoliberista.
Non è un caso che politologi e osservatori, difensori del libero commercio e del mercato, abbiano cominciato a fare una campagna contro questi nuovi percorsi d’integrazione.
Stanno intenzionalmente agitando un fantasma politico-ideologico con il quale pretendono di "scomunicare" i progetti di liberazione che ispirano il Venezuela bolivariano di Hugo Chávez e la Cuba socialista di Fidel Castro, leader con una chiara visione del futuro e una provata vocazione solidaristica e di cooperazione.
Come può essere oggi difesa, per esempio, la Comunità Andina delle Nazioni (CAN) dopo che due dei suoi Stati membri, Colombia e Perù, hanno firmato il Trattato di Libero Commercio con gli Stati Uniti e l’Ecuador sta per farlo sotto la pressione di Washington a danno di altri che, come la Bolivia, perde così il mercato per la sua soia, ad esempio.
Come può essere difesa quando, dalla firma del TLC con gli USA, peruviani e colombiani non potranno sviluppare medicinali generici, meno costosi per le economie nazionali e che, se prodotti, libererebbero questi popoli dalla dipendenza delle transnazionali dei medicinali.
Come si può difendere se peruviani e colombiani dovranno accettare che siano gli stessi Stati Uniti a certificare l’ingresso in queste nazioni della carne arrivata dal territorio USA, esponendosi al rischio di eventuali o congiunturali malattie, che nessun paese terzo vorrebbe correre.
Non è un segreto per nessuno che l’Amministrazione USA, fallita l’imposizione dell’ALCA originale, ha scommesso sui TLC come strumento della sua tradizionale politica del "divide et impera" e per impedire che l’America Latina arrivi unita ad un negoziato nel quale si difendano gli interessi nazionali.
I Trattati di Libero Commercio costituiscono, come direbbe l’accademico cubano Osvaldo Martínez, "uno specchietto per le allodole per coprire la vera politica di dominazione e sfruttamento".
Il libero commercio, in un’economia mondiale globalizzata e transnazionalizzata, dominata da gigantesche corporazioni e dove gli Stati Uniti e l’Europa praticano un serrato protezionismo selettivo, è una finzione, ha avvisato questo analista delle tematiche dell’economia mondiale.
Il Presidente venezuelano, di fronte a questa realtà, ha dato istruzione al suo ministro degli Esteri Alí Rodríguez, sabato 22 aprile, di porre fine all’associazione di Caracas alla Comunità Andina delle Nazioni, perchè è "un’istanza utile soltanto alle elites, alle transnazionali e non al nostro popolo, agli indios, ai poveri", ha affermato e perchè si stanno modificando gravemente e pericolosamente i principi originari che le dettero origine nel 1969.
Ha enfatizzato che "la Comunità Andina delle Nazioni è ferita a morte e oggi posso dire che è morta. L’hanno uccisa, non esiste. Il Venezuela abbandona la Comunità Andina".
La firma da parte degli USA di Trattati di Libero Commercio con nazioni della Comunità Andina significa che questo potenziale mercato di 120 milioni di persone verrà controllato dalle transnazionali nordamericane a svantaggio dei produttori locali, che non riceveranno sussidi statali e le cui esportazioni verranno decimate, mentre nel mercato interno non potranno competere con i prodotti statunitensi.
Nel caso del Venezuela, così come denunciato da Chávez, il paese verrebbe inondato da prodotti nordamericani che, una volta entrati in Colombia, verrebbero nuovamente esportati nel paese vicino, traendo vantaggio dalle agevolazioni reciproche delle nazioni facenti parte della Comunità.
Il presidente uruguayano Tabaré Vázquez, ha coinciso con il suo omologo venezuelano sul fatto che "vogliamo più e meglio MERCOSUR ma non quello di oggi, piagato da problemi che affliggono principalmente i paesi più piccoli del blocco".
Vogliamo, ha detto, essere gli artefici del nostro destino, del nostro futuro, vogliamo essere lavoratori, operai della costruzione di un’America del Sud più unita, fraterna, giusta, egualitaria e rispettosa delle ricchezze dei nostri popoli.
Quest’opinione si sta estendendo nel sub-continente e Washington si preoccupa. |