|
Un quetzal, un quetzal la colla!, cosí inizia il piccolo Daniel la sua
giornata in un furgoncino a Cittá del Guatemala, dove si guadagna il
pisto (soldi) per aiutare la sua famiglia.
Mentre cerca di convincere i passeggeri di che comprino la sua economica
merce, la madre fa il bucato e la sorella cura la patoja di tre anni d'etá.
A quasi 200 km dalla capitale, in un angolo del freddo dipartimento di
Totonicapán, Marisa prepara molto presto un tavolo con cestini pieni di
manías (noccioline) e fave.
Non vai a scuola? domando e la sua risposta é convincente: Devo curare
la vendita. Quando non c'é al mattino nel suo posto, accompagna la mamma
al pomeriggio con la sorella più piccola avvolta in un perraje (coperta
per caricare i bambini sulle spalle).
Sulla montagna, nel pieno mercato di Momotenango, Luis Tzul grida alla
ricerca di clienti per lustrargli le scarpe. Sebbene porto scarpe da
ginnastica, la mia identità di straniera si rivela e mi tira il vestito
con la speranza d'ottenere una buona ricompensa.
Quando finisce
la sua giornata può essere che arrivi a circa cinque quetzales,
sufficiente per mangiare qualcosa, perché la competizione degli altri
lustratori é forte. Per questi bambini, la scuola é un sogno
impossibile. Da piccoli lavorano duramente per aiutare a completare il
guadagno della casa.
Lo stato di povertà e povertà estrema in cui vivono sei d'ogni una
famiglia in Guatemala, fa dell'infanzia un potenziale economico per la
sopravvivenza. A ciò si somma una cultura autoritaria, maschilista e
discriminatoria che visualizza il bambino e, di più ancora, la bambina,
come esseri con minimi diritti.
Nelle zone rurali, per esempio, l'incidenza della povertà é quasi tre
volte maggiore che nell'area urbana, il che si traduce in esclusione
sociale, etnica, economica e culturale. E sebbene é una tradizione che
in età molto giovane i figli aiutino nella campagna o carichino pesanti
quantitativi di legno, la precaria situazione attuale obbliga i genitori
a impiegarli in lavori duri e pericolosi come qualcosa di naturale.
Cifre dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIT) fanno conto di
che approssimativamente un milione d'infanti, tra i cinque e i 17 anni,
conformano il 20% della popolazione economicamente attiva (PEA) nel
Guatemala.
Sebbene esiste una legge che proibisce la contrattazione dei minori
di 14 anni, questi lavorano in settori che vanno dall'agricoltura,
manipolando pesticidi, nelle miniere esposti al piombo o rompendo pietre
sulle rive dei fiumi. Li si vede anche manipolando polvere da sparo
nelle fabbriche clandestine di fuochi d'artificio, o facendo a gara
negli immondezzai con i cani per qualcosa da mangiare.
Altri lavano automobili negli scarsi minuti che gli offre il semaforo,
vendono in negozi, mercati e angoli, si truccano da pagliacci e si
mostrano in autobus e vengono impiegati come brochas (aiutanti che
viaggiano appesi dalla porta degli autobus gridando la rotta alla
ricerca di maggiore quantità d'utenti).
In tutti i casi, si espongono a rischi fisici e pericolosi che attentano
contro la loro vita, crescita e integrità psicologica, principalmente
quando si conosce che più di due mila bambini sono sfruttati
sessualmente in case clandestine. I tentacoli di queste reti sono estesi
a tutto il paese e proliferano, secondo l'OIT. Melle sue piú diverse
varianti, pornografia, spettacoli pubblici e privati di tipo sessuale o
erotico e sesso remunerato.
D'accordo con fonti provenienti dal Pubblico Ministero, il fenomeno è
ogni giorno più inquietante perché la pornografia non è un delitto
tipificato nel Codice Penale, il che impedisce punizioni severe contro
questo tipo di flagello. Le fonti per questo lucrativo affare provengono
dal traffico dei minorenni, in buona parte rapiti, o di quelli che
abbandonano le proprie abitazioni vittime del maltrattamento. Una volta
sulla strada, si espongono alle bande dei ladri, la droga e qualsiasi
tipo d'abusi.
Un riflesso di ciò, è l'allarmante incremento degli assassini di bambini
e adolescenti che si riassume nel termine infanticidio nelle relazioni
annuali dell'Ufficio dei Diritti Umani dell'Arcivescovato. L'infanzia
non scampa alla violenza generalizzata che vive il paese e allo stato di
sfiducia verso le istituzioni incaricate di mettere freno a quel che si
considera già un'epidemia che raggiunge tutti gli strati e settori
sociali. Nel 2005, persero la vita circa 500 minorenni a conseguenza
delle armi da fuoco e nel 2006 la cifra continua in salita.
Dietro ogni storia s'affaccia la povertà con i suoi tentacoli:
denutrizione cronica, mortalità di 40 per ogni mille nati vivi (46 nella
popolazione indigena), 20% della popolazione fuori dal sistema di salute
ed elevata diserzione scolare.
E sebbene diverse istituzioni come Casa Alleanza, l'Agenzia di Notizie
in favore dell'Infanza e l'Adolescenza (La Nana) e l'UNICEF scommettono
per il rispetto ai diritti dell'infanzia e la gioventù, la risposta a
livello di Stato e dei mezzi di comunicazione è insufficiente.
Un monitoraggio della stampa nel 2004 realizzato da La Nana dimostrò che
lo spazio nei notiziari dove più appaiono i bambini e adolescenti
corrisponde a quello dei fatti più tristi ("cronica roja"), quasi sempre
come vittime però molto poco come protagonisti. Sono i grandi
dimenticati dall'agenda dei notiziari e anche dal Governo. Il Guatemala
da le spalle al suo maggiore tesoro, che in buona misura vive e cresce
escluso e invisibile.
*L'autrice è giornalista di
Prensa Latina
|