Si è concluso a Cordoba il vertice del Mercosur,
il primo con il Venezuela membro a pieno titolo. L'obbiettivo del vertice è
stato raggiunto: dare per superata la crisi degli ultimi mesi, provocata dal
conflitto Argentina-Uruguay per le cartiere, dalle lamentale dei «piccoli»
Paraguay e Uruguay per l'egemonia brasiliana e dall'incognita del Venezuela nel
gruppo.
La presenza di Chavez si è fatta sentire da subito sull'ordine del giorno; si è
parlato molto della costruzione del Megaoleodotto del Sud, che dovrebbe
trasportare idrocarburi da Caracas a Buenos Aires deviando verso il Brasile, e
che da ieri ha incorporato definitivamente nel progetto la Bolivia e assicurato
vantaggi relativi anche a Uruguay e Paraguay.
Si è accennato anche a un'altra idea nata in ambienti venezuelani: il sogno di
una «Banca del Sud», il cui ruolo potrebbe sostituire quello che ha avuto l'Fmi
negli ultimi lustri in America Latina. Nata in ambito di tecnici del governo di
Chavez, la proposta è stata raccolta dall'Argentina che da qualche mese aveva
inviato propri economisti a Caracas per contribuire allo sviluppo del progetto,
mentre il Brasile di Lula, dapprima scettico, si è avvicinato sempre di più alla
bozza fino ad accettare che rientrasse fra gli argomenti di cui discutere in
questo vertice. Secondo i centri finanziari e gli investitori internazionali si
tratta di un'eresia, o tutt'al più di una «proposta pittoresca»: che aspettarsi,
d'altronde, da chi ha speculato sul Sudamerica quando era il diligente allievo
della scuola Fmi, e banco di prova mondiale di un liberismo selvaggio?
Di fatto, visto che il principale ostacolo alla costruzione del Megaoleodotto
sarà trovare chi vi investa senza porre condizioni di pagamento che vincolino le
politiche pubbliche, i due progetti potrebbero puntare allo stesso obiettivo:
smarcarsi dai finanziamenti-ricatto di Fmi e Banca Mondiale creando un proprio
fondo per i progetti di sviluppo. All'orizzonte, in un colpo solo, indipendenza
energetica e finanziaria. Una risposta a quell'istanza di autonomia dai diktat
occidentali che si è fatta sempre più strada nelle classi popolare e media
sudamericane negli ultimi anni,e resa visibile a livello rappresentativo da
quell'ondata neo-populista al governo che tanto poco piace agli Usa. Autonomia
lanciata esplicitamente dall'Alba (Alternativa Bolivariana de las Americas, in
contrapposizione all'Alca) di Chavez, Morales e Castro. E proprio Castro ieri,
davanti a 80.000 persone, ha chiuso, con un lungo discorso all'insegna della
fine dell'impero Usa in America Latina, la Cumbre de Los Pueblos para la
Soberanìa y la Integraciòn, vertice parallelo indetto dalla società civile che a
sua volta promuove l'integrazione sudamericana: quella fatta dai popoli, però, e
non dai governi.
Nel documento finale dell'altro vertice tornano alla ribalta i nodi irrisolti
del continente ignorati dal vertice dei «grandi»: le riforme agrarie quasi
sempre rimaste un'utopia, la repressione e la discriminazione dei popoli
indigeni, la militarizzazione della società e l'espansione dei quartieri
marginali nelle città. E si avanza anche una richiesta precisa riguardo alla
crisi in Medioriente: che il Mercosur sospenda subito i contatti con Israele
relativi a un prossimo trattato di libero commercio.
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