L'America
Latina non è più
il cortile
di casa degli Usa
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giovedì 16
novembre 2006
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R.Zibechi
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Cinque anni dopo gli
attentati dell’11 settembre, la superpotenza comandata da George W. Bush
attraversa il suo momento di più grande isolamento e di debolezza in America
latina. Per la prima volta dalla seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti hanno
cessato di essere il fattore preponderante nella politica continentale, ad un
tale punto che possiamo oggi dire che un tipo di multilateralismo regionale si è
installato sul continente. Il Brasile è il principale contrappeso di Washington
nella regione, ma non occorre sottovalutare l’importanza crescente di paesi come
l’Argentina, il Venezuela, ed anche il Messico post Fox, come nuovi fattori di
potere.
L’elenco di eventi sfavorevoli al consenso di Washington dagli attentati dell’11
settembre è la prova più evidente che nonostante la “guerra contro il
terrorismo”, una nuova situazione si realizza in America latina. I movimenti
sociali continuano ad essere il fattore più dinamico, accompagnati da una serie
di governi progressisti o di sinistra che, nonostante le loro esitazioni,
formano una nuova realtà. Nel dicembre 2001, una potente insurrezione popolare e
delle classi medie argentine ha spazzato via il governo di Fernando de Rúa, e la
persistenza delle mobilitazione ha colpito il suo successore, Eduardo Duhalde.
Nel 2002 e 2003, l’attivismo di base ha permesso di sventare un colpo di Stato
condotto contro Hugo Chavez, bloccando l’industria petrolifera che si prefiggeva
di mandare a casa il governo. L’usura del neoliberismo in Brasile ha permesso
l’accesso al governo di Luiz Ignacio Lula da Silva, e, nell’ottobre 2003, un
movimento impressionante indigeno e operaio ha messo fine al governo repressivo
e neoliberale di Gonzalo Sanchez de Lozada in Bolivia. Nel 2005, la prosecuzione
della mobilitazione sociale ha costretto alle dimissioni il suo successore,
Carlos Mesa, ed ha permesso il trionfo inatteso elettorale del dirigente
cocalero (dei produttori di coca, nota) Evo Morales. Questo stesso anno la
sinistra trionfava in Uruguay, evitando per la prima volta alle parti
tradizionali il controllo dell’apparato statale.
In Equatore, nonostante la trazione del governo diretto da Lucio Gutierrez (1),
i movimenti hanno impedito il consolidamento delle tendenze neoliberiste e sono
riusciti, nei primi mesi del 2006, a impedire la firma del trattato di libero
scambio con gli Stati Uniti, contemporaneamente hanno ottenuto un’importante
vittoria contro l’impresa petrolifera statunitense Oxy (2). Anche in Colombia,
il paese più vicino agli Stati Uniti di tutto il subcontinente, i progressi
delle forze d’opposizione alla politica di Washington sono innegabili: la
guérilla non è stato superata nonostante il dispiegamento del Piano Colombia, ed
una forza elettorale di sinistra è riuscita a rompere il bipolarismo
tradizionale in questo paese, modificando i rapporto di forza. In Perù,
nonostante la sconfitta del candidato nazionalista Ollanta Humala, la potenza
degli strati popolari limita l’allineamento del nuovo governo di Alan Garcia
agli Stati Uniti.
Fallimento della zona
di libero scambio
delle Americhe
Anche in Cile, che aveva già firmato un trattato di libero scambio con
Washington alla fine degli anni ‘90, il governo della socialista Michelle
Bachelet deve fare fronte alla riattivazione di movimenti come quello degli
studenti che rimettono in discussione molti assi della politica neoliberale come
l’abbandono dell’istruzione pubblica. Il Paraguay è forse il solo paese del
Sudamerica dove è più avanzata la politica militarista di Bush, tramite
l’entrata di truppe che beneficiano di un’immunità (3), la sistemazione di una
grande base militare a Mariscal Estigarribia e il dispiegamento dell’esercito e
di gruppi paramilitari formati dal ministero dell’interno nelle zone rurali
conflittuali. Gli eventi delle ultime settimane in Messico, rappresentano un
cambiamento formidabile. La vasta e massiccia mobilitazione contro la frode
elettorale nei confronti di Andres Manuel Lopez Obrador (AMLO), mostra una nuova
coscienza democratica che dovrebbe limitare le tendenze atlantiste del futuro
presidente Felipe Calderón. Tuttavia, il fattore decisivo è che la sommossa
zapatista non è più sola: la “comune” di Oaxaca, come viene chiamato il
movimento vigoroso che si è sviluppato in questo Stato contro gli enti locali
corrotti, annuncia una svolta nella politica messicana. Infatti, l’irruzione di
ampi settori della popolazione che rimettono in discussione non soltanto il modo
in cui funziona l’amministrazione ma il potere statale stesso, segnala che si
sta arrivando a un momento di crisi politica e di crisi del modello della
sovranità, che dovrà avere conseguenze profonde nel futuro immediato.
Ma forse l’evento più notevole si è registrato nel novembre 2005 a Mar del Plata,
durante il vertice delle Americhe (4). I paesi del Mercosur (Argentina, Brasile,
Paraguay ed Uruguay) più il Venezuela, hanno sepolto definitivamente la zona di
libero scambio delle Americhe, che era stata il modello di relazioni tra gli
Stati Uniti ed il resto del continente concepito dalla Casa Bianca. Di
conseguenza, l’amministrazione Bush ha intrapreso una potente offensiva per la
firma di trattati di libero scambio con molti paesi, riuscendo anche a ottenere
successi specifici. Alla firma del trattato di libero scambio con l’America
centrale (CAFTA-DR, iniziali in inglese) si aggiungono quelli firmati con la
Colombia ed il Perù, e la possibilità che il Paraguay e l’Uruguay prendano
questo stesso cammino. Ma i paesi decisivi della regione (il Brasile e
l’Argentina) hanno fatto passi significativi per invertire la situazione di
ristagno e di crisi del Mercosur.
L’entrata del Venezuela nell’ambito del blocco (Mercosur, nota), il
ravvicinamento crescente tra il Brasile e l’Argentina, dopo aver messo fine ai
vecchi conflitti commerciali e alla sfiducia tra i loro governi, e l’entrata
possibile della Bolivia, modificano radicalmente la situazione del Mercosur.
Anche se alcuni di questi governi non possono essere considerati governi
socialisti, hanno prodotto cambiamenti oltre la loro volontà. Lula è stato
rieletto con una vasta maggioranza a causa del cambiamento culturale che vivono
i più poveri (5). Certamente, questo cambiamento è influenzato dal programma
assistenzialista “borsa famiglia”, che consiste in contributi di circa 50
dollari ed altri vantaggi per 11 milioni di famiglie, cioè attorno a 40 milioni
di persone. Il programma è stato oggetto di critiche fondate per il suo
carattere assistanzialista, ma è certo che ha reso possibili due fatti che
modificheranno i rapporti di forza nel paese più importante del continente: ha
rotto la sovranità ed il controllo delle elite filoatlantiste in una regione
così importante come il Nordest. Fino ad oggi, i caciques praticavano forme di
clientelismo che garantivano loro l’onestà - reale o simulata - dei poveri. È in
questa regione che Lula ha ottenuto la maggioranza decisiva per essere rieletto.
In secondo luogo, per la prima volta nella storia del Brasile, i più poveri non
seguono i comportamenti politici delle classi medie, ma votano per un candidato
che considerano come loro.
Governi e movimenti
Durante questi cinque anni, due tendenze - annunciate già da molti anni - si
sono consolidate, ed hanno preso oggi un nuovo slancio. L’elenco dei governi
sfavorevoli a Washington si è prolungato, come pure quella dei governi che
prendono distanza con le politiche di Bush e con quelle degli organismi
finanziari internazionali. Oggi, Cuba è meno sola che mai ed un’aggressione
degli Stati Uniti riguardo all’isola dovrà contare sull’opposizione certa e
ferma della maggior parte dei paesi latino-americani. Ma anche il Venezuela è
più in sicurezza, non soltanto per il rafforzamento della sua posizione interna,
grazie al consolidamento del processo bolivariano e la capacità di Hugo Chavez
di tessere una molteplicità di alleanze su scala globale, ma anche per il
sostegno ottenuto da paesi come il Brasile, l’Argentina e la Bolivia. Molti
paesi della regione, come il Brasile e in misura inferiore l’Argentina, hanno
iniziato a sfidare l’impero su un terreno così delicato come l’arricchimento
d’uranio. Ricordiamo che a causa delle politiche neoliberali degli anni ‘90,
questi paesi hanno dismesso o paralizzato i loro progetti nucleari, che
riprendono ora nuovamente slancio. La politica d’autonomia e di cooperazione
militare tra il Brasile e l’Argentina, le loro posizioni congiunte sui
cambiamenti che richiedono nell’ambito del fondo monetario internazionale (FMI),
il dinamismo del commercio e della cooperazione Sud-Sud e, presto, la creazione
di una nuova valuta che sostituirà il dollaro per il commercio regionale, sono i
punti più noti di una nuova realtà regionale.
Infine, il punto decisivo. I movimenti sociali della regione non sono stati
messi in scacco e conservano la loro capacità d’azione e le loro potenzialità
intatte, anche quando il discorso socialista e i piani girati verso i poveri
hanno creato loro gravi difficoltà. Nulla segnala che l’onda di attivismo di
base sorta in mezzo agli anni 90 si sia estinta. Al contrario, è quest’onda di
mobilitazioni che ha permesso la delegittimazione del modello neoliberale e le
condizioni perché sorga una nuova politica in ogni paese ed in tutta la regione.
Non è certo che questa nuova situazione sia stata creata dall’abbandono delle
regione da parte degli Stati Uniti, per mettere a fuoco la loro attenzione sul
Medio Oriente e l’Afghanistan. Ciò sarebbe come osservare il mondo dalla cima.
E, cosa che è certa, è che in fondo, alla base delle nostre società, sta
crescendo una nuova coscienza, che la “guerra contro il terrorismo” di Bush,
consegnataci durante quest’ultimi cinque anni, non ha scosso.
Note:
1)
Il colonnello Lucio Gutierrez si è fatto conoscere in occasione del colpo di
mano del governo di Jamil Mahuad, in alleanza con i movimenti indigeni, nel
gennaio 2000. Dopo essere stato in prigione, ha fondato il suo partito: Società
patriottica. In seguito ha saputo raccogliere attorno alla sua candidatura alla
presidenza molti movimenti sociali e, soprattutto, gli indigeni. Una volta al
potere (2003), quello che era descritto come il nuovo “Hugo Chavez”, è tornato
radicalmente a indossare la sua giacca ed ha tradito i suoi impegni. Il
movimento indigeno che ha rotto con lui dopo molti mesi di partecipazione al
governo è uscito molto indebolito di quest’esperienza. Gutierrez è stato
investito nell’aprile 2005 da una violenta rivolta.
2)
Il 15 maggio 2006, il governo ecuadoriano ha annullato il contratto di
sfruttamento dell’impresa multinazionale occidentale Petroleum corp. (OXY) che
operava nell’ovest del paese in seguito a irregolarità legali commesse dalla
stessa impresa. Si tratta senza dubbio di una vittoria del movimento sociale che
richiedeva da tempo l’espulsione di queste multinazionali statunitensi.
3)
Recentemente il governo del Paraguay presieduto da Nicanor Duarte Frutos ha
annunciato a Washington che non desiderava accordare l’immunità alle truppe
statunitensi che realizzano esercitazioni sul suo territorio. Irritata,
l’amministrazione Bush ha deciso non di inviare più truppe in Paraguay nel 2007.
4)
Quarto vertice delle Americhe, Mar del Plata, Argentina, dal 4 al 5 novembre
2005.
5)
Con grande sorpresa di numerosi osservatori, Lula non è stata rieletto al primo
turno delle elezioni presidenziali brasiliane lo scorso1 ottobre scorso, vicendo
poi al ballottaggio contro il candidato della destra.