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«Tutte le organizzazioni internazionali a tutte le riunioni dichiarano che
bisogna combattere la povertà. Noi boliviani abbiamo cominciato a farlo,
assumendo la sovranità sulle nostre risorse. Allora non capisco quando poi
criticano il nostro decreto di nazionalizzazione del gas. Criticano la lotta
alla povertà fatta con le nostre proprie risorse?». Santos Ramirez Valverde,
presidente del senato nazionale boliviano, indirettamente risponde alle
polemiche sulla decisione di Evo Morales che il primo maggio scorso con un
decreto ha nazionalizzato il gas boliviano. E sembrano tutti d'accordo con lui
a Enlazando alternativas, l'evento parallelo al vertice dei capi di stato
europei, latinoamericani e caraibici cominciato ieri a Vienna. Continua
Ramirez: «Con il decreto abbiamo voluto recuperare il diritto di disporre del
nostro gas, aumentare il valore aggiunto ricavato dalle vendite all'estero
(prima erano un vero regalo, una cooperazione solidale da parte di noi poveri)
e garantire prima di tutto la copertura delle necessità interne di gas. Oggi
su 3,5 milioni di famiglie boliviane, solo 50mila hanno le tubazioni a
domicilio». Le altre comprano le bombole a caro prezzo o stanno al freddo.
Il decreto di Morales è la pietra dello scandalo al vertice. Capi di stato e
di governo sono arrivati a Vienna nella giornata di ieri pronti all'azione. E
quando il ministro degli esteri austriaco Ursula Plassnik ha giudicato
«importante che il governo boliviano faccia chiarezza sulle sue intenzioni»,
Morales ha chiarito immediatamente: «Non ci saranno indennizzi per le aziende
espropriate». Chi vuole dovrà rinegoziare accordi sulla base delle nuove leggi
boliviane, chi non vuole se ne andrà.
E' d'accordo con Evo e i suoi il gruppo Gue (Sinistra unita) del parlamento
europeo che, con Roberto Musacchio, ha annunciato battaglia a Strasburgo se,
come si teme, in occasione della prossima visita di Morales alcune forze
politiche europee prepareranno dichiarazioni critiche. Ma intorno al gas
boliviano c'è qualche problema nella stessa America latina. Celso Amorim,
ministro degli esteri brasiliano, l'altro giorno ha detto in modo chiaro cosa
pensa il «socialdemocratico» Lula delle intrusioni del «rivoluzionario» Chavez,
sceso al fianco di Morales: «Il presidente Lula - ha rivelato Amorim in
un'audizione al senato brasiliano - è arrivato a dire a Chavez che potrebbe
pregiudicare non solo il gasdotto, ma anche l'intera integrazione
sudamericana». Le due sinistre latinoamericane hanno cominciato a guardarsi
storto, o peggio.
Sul lato venezuelano il deputato del Movimento quinta repubblica, Filinto
Duran, non si mostra preoccupato: «Celso è un moderato», commenta. E il Pt
brasiliano? Valter Pomar è uno dei responsabili esteri del partito: «Non
abbiamo problemi con Chavez, nessuna divisione all'orizzonte. Certo pensiamo
che si esponga troppo, non tiene conto che negli altri paesi non c'è una base
di sostegno così forte. Negli anni '60 la sinistra latinoamericana fece
l'errore di credere che si potessero creare tante Cuba nel continente, e fu
sconfitta. Poi bisogna capire che abbiamo le elezioni ad ottobre e la destra
coglie ogni occasione per attaccarci. Sul gas Lula ha subito appoggiato la
decisione di Evo e la destra brasiliana lo ha accusato di fare gli interessi
di altri paesi anziché il nostro, che è destinataro dell'80 per cento del gas
boliviano. Poi nella forma pensiamo che Morales abbia fatto gesti non
necessari, come mandare i militari ai pozzi. E avrebbe anche potuto
consultarci di più».
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