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Forse per la prima volta l'America latina si
doveva presentare al vertice di Vienna con l'Unione europea su posizione
di forza. Capace di far valere, contro un'Europa che predica bene e
razzola male, i suoi diritti in campo politico e il suo peso in campo
economico per esigere un tratto non più di parente povero e di
territorio di conquista delle ricchezze che - nonostante il secolare
saccheggio - la rendono ancora un Eldorado. Forte per aver mostrato di
non essere più solo il cortile di casa degli Stati uniti e aver indicato
qualche via d'uscita in controtendenza rispetto al devastante
neo-liberismo di rapina degli ultimi 20-30 anni.
Ma a Vienna si è presentata un'America latina divisa. E una sinistra
latino-americana divisa.
E' innegabile che l'America latina si ritrovi a uno snodo cruciale. La
svolta verso (centro)sinistra di questi ultimi anni non basta più a
nascondere i problemi e i contrasti. Problemi e contrasti che si sono
riacutizzati senza che i nuovi meccanismi di integrazione siano riusciti
prima ancora che a risolverli, a evitarli, facendo emergere contenziosi
vecchi e nuovi corredati da un'infinità di guerre e guerricciole anche
recenti nonché da rivendicazioni che avvelenano i rapporti (fra i vecchi
basta ricordare il secolare contenzioso sullo sbocco al mare della
Bolivia negato dal Cile, fra i nuovi lo scontro fra Argentina e Uruguay
per le papeleras).
All'inizio sembrava che il brasiliano Lula, l'argentino Kirchner, il
venezuelano Chavez, l'uruguayano Vazquez, il boliviano Morales e perfino
la cilena Bachelet potessero stare tutti nello stesso calderone.
Sembrava che il Mercosud, il Mercato economico del sud costituito nel
'91 da Brasile, Argentina, Uruguay e Paraguay (a cui sta per aggiungersi
il Venezuela e vorrebbe aggiungersi la Bolivia, con il Cile come
distante associato) potesse progredire verso la strada impervia
dell'integrazione, dandosi una struttura più vicina alla Ue anziché
rimanere più o meno al livello di un'unione doganale. Sembrava che il
fermo rifiuto di Lula e di Kirchner all'Alca made in Usa potesse
coincidere con l'iper-attivismo (anche sul piano ideologico) di Chavez
e, ora, di Morales. Sembrava che la «Comunità sudamericana di nazioni»,
nata a Cuzco nel 2004, potesse accelerare il processo. Sembrava che la
intifada india nei paesi andini e l'antimperialismo spinto di Chavez
potessero confluire nella socialdemocrazia ortodossa di Lula (e ora di
Vazquez) o eterodossa di Kirchner. Sembrava che il nazionalismo
energetico - il petrolio venezuelano, il gas boliviano, il grande
gasdotto latino-americano - potesse far partire una macchina che invece
ora è in panne. E' bastata una mossa logica, attesa, per nulla
rivoluzionaria come la nazionalizzazione del gas boliviano per grippare
un motore che già sbuffava.
Per farla ripartire l'America latina oggi si trova di fronte a tre
diversi «meccanici». Uno è il meccanico del Mercosud che, privo com'è di
strumenti di compensazione a favore dei soci più piccoli - basti
ricordare il ruolo dei fondi strutturali della Ue per Spagna e
Portogallo -, rischia di frantumarsi fra le tentazioni egemoniche del
pur essenziale asse «socialdemocratico» Brasile-Argentina e la
giustificata rabbia degli anelli deboli Uruguay-Paraguay. Il secondo
meccanico su piazza è l'asse Chavez-Morales (con il Fidel Castro nel
ruolo di grande vecchio), che anche lasciando da parte le idiozie alla
Repubblica sulla «sinistra militarista», ha in testa un progetto molto
più radicale, antimperialista e antineo-liberista (e molto più
rischioso). Il terzo meccanico è una vecchia conoscenza: il meccanico di
Washington che, non riuscendo a mettere in moto la macchina dell'Alca,
«offre» (impone) a ciascun paese il suo bel Trattato di libero commercio
su scala bilaterale. A lui si sono già rivolti paesi amici (come il Cile
del socialista Lagos) o vassalli (come il Perù di Toledo e la Colombia
di Uribe) e altri sono tentati (come l'Uruguay del socialista Vazquez e
l'Ecuador).
L'America latina dovrà sciogliere i suoi nodi a sinistra. Perché se no
tornerà la terra da preda che è sempre stata per tutti i conquistadores.
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