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Democrazia, diritti umani, multilateralismo, droghe, crimine
organizzato, ambiente, energia, disoccupazione, povertà, migrazione.
Questi sono «fra gli altri» i temi di cui si parlerà nel quarto vertice
Unione europea-America latina che si apre domani a Vienna. Molta carne
al fuoco, per due soli giorni di vertice. Troppa. Anche perché arriva in
una fase critica sia per i 25 europei sia per i 33 latino-americani, in
particolare per i 5 più 3 del Mercosud - Brasile, Argentina, Uruguay e
Paraguay, cui si è aggiunto il Venezuela, con Bolivia e Cile come
associati -, sia infine per le recentissime tensioni fra i due blocchi
dopo la nazionalizzazione del gas boliviano del primo maggio scorso. In
particolare fra la Bolivia di Evo e la Spagna del socialista Zapatero,
padrino della Repsol-Ypf, la Francia di Chirac e la Gran Bretagna di
Blair, preoccupati per la perdita di parte dei profitti di rapina delle
loro Total e British Gas.
Anche i progetti di integrazione latino-americana attraversano una
impasse seria. Se Lula e Kirchner (oltre allo stesso Zapatero) hanno
reagito dignitosamente alla mossa di Evo Morales («la rispettiamo»), le
tensioni sono palpabili sottotraccia fra il Brasile che invade il
mercato argentino con le sue merci; fra i grossi Brasile e Argentina da
un lato e i piccoli Paraguay e Uruguay dall'altro, che si sentono
trattati da fratellastri più che da fratelli nel Mercosud, tanto che
Tabaré Vazquez, pur socialista, minaccia (anche se poi smentisce) di
voler passare al rango di associato e, giorni fa a Washington, ha
stretto un «accordo commerciale» con gli Usa che potrebbe essere
l'anticamera di un Trattato di libero scambio vero e proprio. Il che
significherebbe la sua automatica (auto)esclusione dal Mercosud che ha
fatto dell'opposizione all'Alca, l'Accordo di libero scambio delle
Americhe, uno dei suoi punti non negoziabili. Per nulla sottotraccia è
invece lo scontro esploso fra Argentina e Uruguay sulla storia delle
papeleras, le due frabbriche di cellulosa che la spagnola Ence e la
finnica Botnia stanno costruendo sulla riva orientale del fiume Uruguay
e che gli argentini dell'altra sponda del fiume fanno di tutto (compreso
una denuncia alla Corte internazionale dell'Aja appena presentata) per
fermare adducendo «ragioni ambientali».
Un altro elemento di tensione sottotraccia ma palpabile è l'attivismo
aggressivo del venezuelano Chavez, che forte dei proventi del petrolio,
cerca di accelerare i progetti di integrazione latino-americana a tutto
campo - economico ed energetico ma anche politico in chiave anti-Bush. E
questo crea problemi non solo ai vassalli di Bush ma anche ai compañeros
di centro-sinistra, tipo Lula e Kirchner.
Sulla sponda europea il «populismo» (come è bollato tutto ciò che non è
neo-liberismo) di molti governi della nuova onda latino-americana è
guardato con sospetto, come se quello di un Berlusconi (fino a ieri) o
del francese Sarkozy o del polacco Kaczynski fosse meglio.
Ma il vero nodo a Vienna saranno i temi economici. Perchè Ue e America
latina incroceranno i ferri sui temi economici. Con il commissario
europeo, l'inglese Peter Mandelson, a esigere la riduzione del
protezionismo agricolo europeo e in prospettiva il suo smantellamento; e
il ministro degli esteri brasiliano Celso Amorim a pretendere che
l'apertura totale - tipo quella del devastante ma lucroso ventennio
ultimo del '900 - dei mercati del Mercosud e dell'America latina ai
prodotti industriali, investimenti e servizi europei. Senza tenere conto
dell' «asimmetria» che era il nodo che ha affondato l'Alca e che è il
nodo con l'Europa. La Ue è il secondo partner commerciale, dopo gli Usa,
dell'America latina e il primo di Mercosud e Cile.
Quello di Vienna sarà il quarto round di un match che si annuncia ancora
lungo e duro. Dopo la firma di un accordo di associazione, il primo
vertice fu a Rio de Janeiro nel '99 quando fu lanciata una «partnership
strategica biregionale». Poi a Madrid nel 2002 e a Guadalajara, in
Messico, 2004. Nel frattempo molta acqua è passata sotto i ponti - gli
Usa hanno aggirato l'Alca imponendo la firma di Tlc ai singoli paesi
centro e latino-americani; la Ue si è allargata da 15 a 25 e ha firmato
accordi di associazione con il Messico e il Cile; l'America latina ha
svoltato verso (centro)sinistra. Ma sul piano di una «partnership
strategica bilaterale» si è fatta poca strada. E gli europei rischiano
di perdere un'occasione storica per affondare la lama nello strappo che
sembra aver parazialmente staccato il Cono sud dagli Usa. Ora
l'obiettivo è la firma di un trattato di libero scambio Ue-America
latina nel 2010.
Certo non sarà con una delegazione come quella italiana a Vienna - il
sottosegretario agli esteri Giampaolo Bellamio e il ministro alle
politiche comunitarie Giorgio La Malfa - che l'Italia potrà cogliere
quell'occasione storica.
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