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Seconda giornata a Vienna del quarto vertice
internazionale Ue-Alc fra i sessanta capi di Stato e di governo dell’Unione
europea ed i suoi Paesi candidati, America Latina e Caraibi. Il summit ha
concentrato nella giornata di ieri gran parte delle discussioni sulle sue
tematiche chiave.
Gli interventi significativi della giornata sono stati diversi. Si è iniziato
dall’apertura del cancelliere austriaco Schuessel, padrone di casa che ha
formulato il discorso di apertura, passando poi per un intervento critico del
presidente messicano Fox, che assicura la copresidenza per Paesi latino
americani e caraibici, oltre l’intervento del primo ministro britannico Blair,
un discorso del presidente della Commissione Barroso e del segretario generale
delle Nazioni Unite, Kofi Annan.
“L’Ue ha un grande interesse per l’America latina ed è interessata ad ampliare i
rapporti con questa regione”: questo è quanto nell’intervento d’apertura dei
lavori il cancelliere austriaco e attuale presidente di turno dell’Ue, Wolfgang
Schuessel, parlando davanti ad una platea foltissima di capi di Stato e di
governo.
Barroso ha da parte sua lanciato un appello a lavorare assieme alla sicurezza ed
al benessere mondiale. “È molto importante fare un maggiore lavoro di
convergenza non solo sugli interessi economici, ma anche sui nostri valori” ha
ribadito il presidente della Commissione.
Nel suo intervento, Annan ha invece sottolineato l’urgenza di “creare
occupazione per i giovani” nei due continenti, soprattutto in America latina,
per migliorare le condizioni di vita e creare un deterrente per tutte quelle
persone che vedono l’emigrazione come ultima soluzione di un dramma sociale
persistente. Il segretario dell’Onu ha però duramente condannato le
nazionalizzazioni in Sud America, affermando che rischiano di minare alla base
ogni investimento straniero nella regione.
Il presidente messicano Vicente Fox ha voluto invece affermare la sua vocazione
liberista, polemizzando con decisione sulla nuova spinta populista che sta
sorgendo e concretizzandosi sempre più nel suo continente. L’Ue è “un modello
ambizioso che potrebbe essere esemplare per noi” mentre “il populismo evita di
perseguire gli obiettivi ambiziosi”, che secondo lui non è un incentivo per la
coesione e l’incremento della ricchezza del popolo, ma un vero e proprio freno
per lo sviluppo. Una frecciata indirizzata in particolar modo alla politica dei
presidenti del Venezuela Hugo Chavez e di quello della Bolivia Evo Morales, che
negli interventi dei giorni scorsi hanno sottolineato la loro vocazione
populista e sociale. In particolare Chavez ha tenuto a sottolineare che “Il
neoliberismo ha iniziato il suo declino ed è vicino alla fine”.
L’argomento nazionalizzazioni è stato citato anche dal premier britannico Tony
Blair, che ha esortato i due leader a non comportarsi in modo “irresponsabile”.
“Quello che fanno Paesi come la Bolivia e il Venezuela della loro politica
energetica, è un fattore che interessa a tutta la comunità internazionale. La
mia sola richiesta è quella che l’esercizio dei poteri di questi Stati sia
responsabile di fronte alla comunità internazionale”.
Dopo gli interventi dei leader, è seguita l’apertura di alcune sessioni di
lavoro durante le quali sono stati affrontati dodici temi in agenda, tra i quali
democrazia e diritti umani, il rafforzamento dei rapporti multilaterali,
l’ambiente, l’energia, la lotta al terrorismo ed alla droga, le politiche
migratorie ed il contrasto alla povertà.
Ancora una volta al centro delle discussioni, il problema energetico delle
nazionalizzazioni nel continente sudamericano; un fattore che rivela quanto sia
forte la lobby energetica nel Vecchio Continente. Nel testo che hanno poi
discusso i capi di governo, redatto dalla controparte europea, si allude al
diritto di ogni Stato sovrano ad agire per il meglio che crede, ma non senza
dare segnali chiari che facciano prevedere le mosse del medesimo esecutivo. Una
problematica che richiama fortemente il problema degli indennizzi, negati dallo
Stato boliviano e venezuelano, per il passaggio delle concessioni dalle
multinazionali allo Stato.
Per il momento, però, nessun accordo in campo energetico è stato ancora siglato.
Oltre agli argomenti di natura economica, è la tendenza politica del continente
sudamericano che preoccupa di più i vertici europei. Un populismo dilagante sta
conquistando a furor di popolo i governi delle nazioni latine, restituendo
spesso ai nativi del continente il potere sulle loro terre, sulle loro risorse
energetiche e soprattutto sui loro destini. Un fattore che sta letteralmente
decapitando il continente latinoamericano dall’influenza occidentale degli Stati
Uniti e spesso anche di quella europea. Un fattore che di certo non va giù alla
cosiddetta sfera ‘democratica’, che farà di tutto per impedire questa tendenza.
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