
2 novembre 2006
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La FMC ripudia il blocco

Noi
donne cubane ripudiamo energicamente il blocco economico, finanziario e
commerciale per mezzo del quale il nostro popolo viene aggredito da più di 4
decenni e che adesso il Piano Bush, che pretende di conquistarci brandendo la
clava nel nome della libertà, ha reso più duro. Orgogliose della nostra storia
di ribellione contro la dominazione e delle lotte per la giustizia e
l’uguaglianza, non accettiamo imposizioni nè ci sottomettiamo al diktat
dell’impero.
Coloro
che vietano che ci vengano venduti qualsiasi tipo di beni compresi i medicinali
e finiscono per aggredire i rapporti familiari limitando i permessi per le
visite, sono gli stessi che tentano di sedurci con il loro concetto di
democrazia. No, grazie. Le donne cubane non si fanno abbindolare dalla
cosiddetta "transizione". Non ci attrae l’idea di tornare ad una situazione che
abbiamo conosciuto e già sradicato.
Siamo
andate avanti in mezzo a difficili circostanze. Per le donne cubane il blocco
non è un tema astratto, carta straccia o politica da salotto. Ha segnato e segna
la vita quotidiana.
Se
l’economia della nazione si deteriora perchè occorre acquistare prodotti più
cari in mercati lontani, anche l’economia familiare ne soffre. Per ragioni di
tradizione che ci impegniamo a cambiare, noi donne continuiamo a portare il
maggior peso del significativo lavoro domestico. Preparare da mangiare in casa,
occuparci di fare il bucato, le pulizie e dell’igiene personale non sono lavori
insignificanti, perchè garantiscono l’imprescindibile riproduzione della vita.
E’ inumano il blocco perchè attenta alla dinamica familiare. Oggi non esiste un
settore dove la donna cubana non sia presente. In alcuni, come la salute e
l’educazione, abbiamo sperimentato una femminilizzazione della forza
qualificata.
Esempi
dell’impatto del blocco sono la scarsità di determinati materiali di sostegno
alla docenza e la carenza di certi medicinali ed equipaggiamenti che si
producono negli Stati Uniti, cosa che rende difficile uno svolgimento ottimale
del loro significativo lavoro a migliaia di insegnanti, assistenti pedagogiche,
dottoresse, infermiere e tecniche.
Il
blocco è una politica di forza che attenta al più sacro diritto di qualsiasi
essere umano: il diritto alla vita, viola il benessere fisico e spirituale delle
famiglie e mina la sicurezza. Il blocco è un’espressione brutale di violenza.
Di
fronte ai colpi della politica dell’odio, abbiamo potenziato la nostra
solidarietà reciproca, nella famiglia, nella comunità e nella sfera sociale.
Inoltre offriamo e riceviamo la solidarietà internazionale, compresa quella di
amiche e organizzazioni femminili statunitensi che respingono l’ostilità del
governo yankee.
I
nuovi annessionisti sognano di dividere il popolo cubano e indebolire la sua
ferrea volontà. Noi donne siamo nel loro mirino in quanto bastione della
famiglia e pilastro dell’attività comunitaria e sociale. Ma noi non ci lasciamo
ingannare, sappiamo riconoscere il nemico e le sue intenzioni. Abbiamo la nostra
organizzazione, la Federazione delle Donne Cubane, nata per nostra volontà senza
ascoltare ordini stranieri nè ricevere altro pagamento che l’allegria di fare
Rivoluzione. Siamo parte essenziale della grandiosa opera trasformatrice di
questo paese e siamo decise a continuare ad esserlo.
Abbiamo conosciuto 10 successive amministrazioni statunitensi che hanno tentato
di farci arrendere prendendoci per fame, perseguitandoci, cercando di umiliarci.
Hanno fallito e falliranno perchè così hanno deciso varie generazioni di uomini
e donne di questo paese indomabile, fedeli alla loro storia di dignità.
30 ottobre 2006
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Ferma convinzione di resistere
alla brutalità yanki

Il nostro
eroico popolo ed il suo governo rivoluzionario lottano da più di 45 anni contro
il criminale blocco economico imposto dall'imperialismo nordamericano con
l'obiettivo di distruggere la Rivoluzione cubana.
Nel decorso di dieci amministrazioni nordamericane, democratiche o repubblicane,
esecutrici di una guerra non dichiarata destinata a restaurare il suo dominio
sui destini della nazione cubana, le nostre generazioni, fedeli ai loro
principi, hanno difeso, vittoriose, fino all'ultima delle conquiste raggiunte
dalla nostra Rivoluzione che ci situano tra le nazioni libere e sovrane del
mondo.
Questa costante aggressione economica, finanziaria, commerciale e culturale, che
ha causato al nostro paese danni stimati in più di 86000 milioni di dollari,
causando sofferenza e morti al nostro popolo mediante il rallentamento
nell'acquisizione di medicine ed alimenti, si incrementa includendo l'aumento
delle pressioni a paesi terzi in franca violazione della sovranità degli stessi,
ed ignorando le risoluzioni approvate dalle Nazioni Unite che chiedono la
cessazione immediata di questa politica di genocidio contro il nostro popolo.
Il prossimo 8 novembre l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite affronterà per
la quindicesima volta il tema del blocco contro Cuba, si ascolterà dalla voce
dei nostri degni diplomatici la ferma posizione del popolo cubano che difendono
il nostro diritto alla vita.
Noi Combattenti della Rivoluzione Cubana c'uniamo al richiamo mondiale per la
cessazione del blocco e lo facciamo con la ferma convinzione di essere Migliori
Lavoratori, come c'espose recentemente il compagno Raúl Castro, "lavorando con
organizzazione, costanza e disciplina, educati semplicemente nello stretto
compimento del dovere".
Conosciamo che il nostro nemico è poderoso, ma essi devono sapere che nelle
nostre fabbriche, nei nostri solchi agricoli, nelle nostre aule di studio, nei
nostri quartieri e città e nelle nostre trincee, UNITI AL PARTITO FONDATO DA
FIDEL, SIAMO INVINCIBILI!
Patria o morte
Vinceremo
Associazione di Combattenti della Rivoluzione Cubana
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27 ottobre 2006
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I contadini cubani
contro
il blocco ed il
Piano Bush

Mai prima, in tutta la storia dell'umanità, si è sottomesso popolo alcuno ad una
politica tanto crudele e criminale come hanno fatto i successivi governi degli
Stati Uniti contro il popolo cubano.
Il blocco economico, commerciale e finanziario che durante più di 47 anni gli
Stati Uniti hanno imposto al nostro paese, ha privato Cuba non solo delle
somministrazioni imprescindibili, ma anche di mercati per i suoi prodotti e di
crediti per il commercio. Ha impedito l'accesso ad alimenti e medicine,
attrezzature mediche, mezzi sanitari per la lotta contro piaghe e malattie,
infine, ha ostacolato il nostro sviluppo, in tutti i sensi, con danni che si
calcolano in più di 86000 milioni di $.
Si tratta di una politica sistematica di ostilità e aggressioni fallite, dirette
come proprio i governanti nordamericani hanno riconosciuto, a creare crisi
economica, penuria, fame ed un stato di disperazione e scoraggiamento che
producano il rifiuto del popolo cubano al suo Partito e Governo.
Come continuità di questa politica questo governo ha creato un aborto diabolico
attraverso la chiamata Commissione di Aiuto ad una Cuba Libera che non è più che
un piano per distruggere la Rivoluzione cubana e proposto nuove misure che
restringono i diritti dei suoi cittadini ad avere comunicazione e interscambio
specializzato di qualunque tipo, sia culturale, sportivo o scientifico e coi
propri parenti nell'Isola.
A nome dei centinaia di migliaia di contadini e dei loro familairi che, come
parte del popolo di Cuba stiamo soffrendo direttamente le conseguenze di questo
crudele blocco, l'Associazione Nazionale dei Piccoli Agricoltori ( ANAP)
condanna energicamente questa misura genocida che è costata numerose vite e
migliaia di milioni di dollari all'economia cubana.
La risposta dei contadini cubani davanti a questa aggressione ed a qualunque
manovra del nemico imperialista, è stata aumentare la produzione, continuare
fortificando l'unità intorno al Partito, a Fidel e Raúl, prepararci ogni giorno
meglio alla difesa, per convertirci, come integranti delle Forze Armate
Rivoluzionarie, in quel vespaio di popolo, del quale parlò il nostro Comandante
in Capo, se l'imperialismo osasse aggredire la nostra Patria.
Con la stessa energia, i nostri più di 300000 associati delle 4331 Cooperative
di Produzione Agropecuaria e di Crediti e Servizi del paese, esigiamo dal
governo degli Stati Uniti che rispetti le risoluzioni approvate, durante 14 anni
consecutivi, dall'immensa maggioranza dai paesi membri delle Nazioni Unite e
metta fine al blocco economico, commerciale e finanziario che dura già da quasi
mezzo secolo.
Giammai il nostro paese potrà essere conquistato o annesso. La consegna di
Patria o Morte significa la decisione di consegnare prima le nostre vite che
ritornare al passato di obbrobrio, umiliazione, sgomberi, insalubrità e miseria
che soffrirono le famiglie contadine.
Oggi come sempre, ratifichiamo al Comandante in Capo ed a Raúl, che ogni
cooperativa, ogni famiglia, ogni proprietà e comunità dei nostri campi si
trasformeranno in trincee inespugnabili per sconfiggere il nemico se tentasse
qualche avventura genocida.
I contadini cubani restano, come firmi pilastri della Rivoluzione, nel
combattimento giornaliero, avendo come alternativa l'unità e come unica opzione,
La Vittoria!
VIVA CUBA LIBERA!
Associazione Nazionale dei Piccoli Agricoltori
26 ottobre 2006
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Un'altra volta l'Impero tornerà a
rimanere isolato nei banchi
dell'ONU
Afferma nella sua dichiarazione
contro il blocco ed il Piano Bush
l'Associazione Nazionale degli
economisti e Contabili di Cuba

Solo durante l'ultimo anno, da quando, nel novembre 2005,
l'Assemblea Generale dell'ONU domandò
agli Stati Uniti, per la
quattordicesima volta
consecutiva, la cessazione del blocco, ascende ad oltre 4108 milioni di $
il saldo del danno economico diretto causato dal blocco a Cuba.
I numeri dimostrano l'impatto reale che il blocco ha sulla vita nazionale. Non è
un embargo, bensì una guerra economica ingiusta ed illegale, codificata dalle
leggi internazionali come genocidio.
Ma le cifre non riescono a riflettere la grandezza della barbarie. Come parte di
un popolo che ha resistita al blocco più duraturo e ferreo imposto a nazione
alcuna, conosciamo i rigori che questo assedio origina nella vita giornaliera
dei cubani. Costi economici si coniugano con costi umani.
Come Economisti e Contabili di Cuba sappiamo bene, inoltre, di un altro saldo
impossibile da quantificare: quello che le illegali misure e contravvenzioni,
imposte in modo unilaterale dagli Stati Uniti, hanno impedito di fare alla
nostra economia. Quanto di più avrebbe potuto produrre il nostro paese senza le
enormi spese in noli, senza le restrizioni ad importare, senza l'assedio alle
operazioni finanziarie; avendo accesso ai mercati che ci chiude l'ingiusta
pretesa nordamericana di isolarci?
L'attuale amministrazione statunitense, in nome di una democrazia manipolata per
imporre, di contro, l'unipolarità e l'egemonia, ha incrudito il cerchio col la
messa in esecuzione del chiamato Piano Bush
per distruggere la Rivoluzione Cubana, il cui ampliamento contiene misure che
significano più sanzioni, più persecuzione, maggiori rappresaglie a coloro che
osano eludere le sue leggi. E come se fosse poco hanno annunciato la creazione
di un gruppo per indurire il blocco a Cuba.
Incrementato, negli ultimi anni, dalla prepotenza, il blocco si scaglia contro
terzi, offesi nella loro sovranità per il carattere extraterritoriale di una
politica che sempre più umilia e punisce coloro che osano commerciare con
l'Isola.
Con questi antecedenti, l'Assemblea Generale dell'ONU si appresta ad esaminare
nei prossimi giorni la risoluzione cubana che
esige mettere fine a questa guerra brutale. I più di 68000 membri
dell'Associazione degli Economisti e Contabili di Cuba sono sicuri che
l'accompagnerà la ragione e la solidarietà dei popoli. Un'altra volta l'impero
tornerà rimanere isolato nei banchi dell'ONU, di spalle al mondo: schiacciato
dal peso della sua propria ingiustizia.
Associazione Nazionale degli Economisti e Contabili di
Cuba
19 novembre 2006 - www.granmma.cu |
Dichiarazione dell’Unione
dei
Giornalisti di Cuba

La stampa, il giornalismo e i giornalisti cubani, come
tutti i nostri connazionali, soffrono gli effetti del criminale blocco degli
Stati Uniti, intensificato in modo pazzesco dall’amministrazione Bush. Questa
politica non solo tenta di uccidere da fame e malattie il nostro popolo, ma di
impedirgli anche di conoscere e diffondere la verità di Cuba e il mondo dai
propri mezzi.
Alla guerra economica, commerciale e finanziaria si aggiunge un
attacco mediale spietato di quasi mezzo secolo. Attorno all’Isola è stato creato
un assedio di aggressioni radiofoniche e televisive, con trasmissioni sovversive
delle mal chiamate Radio e TV Marti, proprietà del governo statunitense,
indirizzate a provocare un cambiamento nel sistema politico cubano. A questo
scopo nel budget federale di quel paese si stanziano decine di milioni di
dollari ogni anno.
Per incrementare l’invio forzoso di segnali televisivi dispongono
di più di un aereo; per la radio, per 30 stazioni radio destinano ogni settimana
contro il nostro paese più di 2.200 ore di programmazione. Questo bombardamento
di menzogne, manipolazioni e inganni comprende la programmazione di emittenti di
taglio terrorista al servizio dei gruppi estremisti radicati nel Florida,
calpesta i regolamenti internazionali e avvelena costantemente lo spazio
radioelettronico.
In questa atmosfera rarefatta si svolge quotidianamente
l’esercizio del giornalismo cubano, settore che si vede pregiudicato anche
perchè si impedisce o diventa più caro l’ottenimento di equipaggiamento o pezzi
destinati al funzionamento e lo sviluppo dell’industria poligrafica, la radio e
la TV.
L’esempio di Internet è molto illustrativo. Chiusura di mercato e
prezzi elevati delle risorse tecnologiche nel periodo speciale provocarono che i
mass media cubani non avessero un’attiva e dinamica presenza nella rete di reti
fino alla fine del secolo scorso. È nota la negativa di accesso alle
applicazioni informatiche e di software da parte di compagnie multinazionali
nordamericane che dominano il mercato di questi prodotti e danneggiano anche i
nostri mass media.
Per identici motivi Cuba non è mai riuscita a collegarsi a
Internet tramite un cavo ottico sottomarino ed è costretta a utilizzare i
satelliti che sono più costosi e di limitata portata con un servizio lento.
A tutta questa realtà si sommano altre misure del governo
americano nella sfera della comunicazione, l’informazione e il giornalismo,
contenute nella Legge Helms-Burton e nel cosiddetto Piano Bush per una supposta
transizione a Cuba, il cui allegato segreto fa supporre progetti di aggressione
militare e che non sono che strumenti per l’annessione e il ritorno al passato,
che nel caso dei mass media implica l’applicazione di un modello totalitario di
stampa commerciale, escludente, sulla base della dittatura del mercato, la
concentrazione della proprietà e il mercenarismo intellettuale, sempre più
allontanato dall’etica, la verità e i principi.
È tale la sfacciataggine di questo tipo di mezzi, di cui gli USA
desiderano il ripristino sognando di reimporli a Cuba, che, con la firma di una
delle spie mascherate da giornalisti pagati dal governo degli Stati Uniti e che
la mafia anticubana di Miami, il Nuovo Herald ha recentemente annunciato nuove
azioni del clan Bush per inseguire e reprimere cittadini che nel territorio
statunitense violino la legislazione del blocco, tra questi coloro che
commercino, inviino rimesse o viaggino nell’Isola per paesi terzi.
I giornalisti cubani, insieme al popolo, esprimono il loro
ripudio a questa politica immorale e di genocidio del Governo Usa, e proclamano
che ogni azioni imperiale indirizzata a ostacolare o impedire l’adempimento
della nostra funzione sociale di informare in modo verace e preciso il nostro
popolo e il mondo, è condannata al fallimento perchè non raggiungerà i suoi
obiettivi, come è successo negli ultimi 47 anni.
Chiediamo alle organizzazioni giornalistiche dell’America Latina
e del mondo, e ai mass media e giornalisti onesti di esigere ed investigare il
contenuto dell’allegato segreto del Piano Bush e di esigere ai loro governi il
sostegno alla risoluzione presentata nelle Nazioni Unite che chiede la
sospensione immediata del blocco nordamericano contro Cuba, che ha recato danni
per più di 86 miliardi di dollari e causato sofferenze e penurie al popolo
cubano.
Unione dei Giornalisti di Cuba
19 ottobre 2006
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