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La proibizione di viaggiare a Cuba devasta le famiglie locali
K.Johnston - 22 aprile 2006
La visita di un musicista cubano a San Luis Obispo ha messo sul tappeto la proibizione da parte degli USA di recarci nel territorio del nostro vicino caraibico.
È una proibizione che danneggia in particolar modo due prominenti cubano-americani, ai quali non viene permesso di vedere le loro famiglie: Delvis Fernández, fondatore e presidente del Fondo Educativo dell’Alleanza Cubano-Americana, che vorrebbe portare sua madre di 88 anni (non vedente) a Cuba per far visita alla sorella diabetica di 86 anni, alla quale è stata recentemente amputata una gamba e il cui progettato viaggio è illegale in base ai restrittivi regolamenti dell’Amministrazione americana e George ‘Jorge’ Milanés de Los Osos, che vuole recarsi a L’Avana per vedere la zia novantaquattrenne moribonda, Carmen, che – secondo una tipica usanza cubana di estensione familiare – lo allevò. Ma le leggi nordamericane gli proibiscono di andare.
"Che razza di società siamo se violiamo i diritti basilari della parte più fondamentale della civiltà, la famiglia?" chiede Fernández, che si è trasferito dal suo ufficio a Washington D. C. fino a See Canyon per stare più vicino ai figli e ai nipoti.
"La separazione delle famiglie sta causando molta sofferenza ai cubani", dice e aggiunge che "voglio che il popolo americano sappia che la politica dell’Amministrazione Bush ha esacerbato un problema terribile".
I cubano-americani possono recarsi a Cuba ogni tre anni per far visita ai loro familiari, mentre tutti gli altri americani non vi possono nemmeno mettere piede. Le nuove regole hanno ridefinito la famiglia come nucleo composto da madre, padre e fratelli. Zii, cugini e nipoti non rientrano nella definizione, ragione per cui a Fernández non viene permesso di accompagnare la mamma ammalata a visitare la sorella.
"Potremmo venire arrestati se andiamo a trovare la nostra famiglia, se uniamo due anziane, due sorelle che si vogliono bene, al tramonto delle loro vite", ha manifestato Fernández con un forte sospiro.
I funzionari dell’Amministrazione hanno precisato che la proibizione ha lo scopo di sostenere l’embargo degli Stati Uniti e di restringere il flusso di fondi al Governo di Fidel Castro, nonché di accelerare un cambio di regime. È questa la ragione per cui i cubani non possono viaggiare negli Stati Uniti, dove potrebbero guadagnare soldi.
L’unico musicista che attualmente può compiere viaggi di andata e ritorno è il chitarrista e compositore cubano Pablo Menéndez, che si è presentato nel Colegio Costa il 17 aprile. Ma si tratta di un caso speciale.
Pablo Méndez nacque ad Oakland, in California e si recò a Cuba nel 1966 (quando aveva 14 anni) a far visita ai genitori e a studiare musica. Ha vissuto e suonato nell’Isola da allora, come parte attiva della scena musicale cubana.
Méndez non può essere accompagnato dai membri della sua band, ‘Mezcla’ (nominata al Grammy) e invece di un concerto ha offerto un tributo in multimedia alla musica cubana. Lo spettacolo è stato co-patrocinato dall’Alleanza Cubano-Americana della Costa Centrale, un gruppo locale fondato da Milanés dopo che questi tornò a visitare il suo luogo di nascita a Cuba, nel 2000.
Milanés si riunì con Pablo Fernández dodici anni fa, quando partecipò ad un concerto del gruppo ‘Mezcla’ nel nord della California, promosso da Carlos Santana. "’Mezcla’ è l’acqua più fresca e limpida che io abbia provato", ha manifestato Santana.
Milanés, impressionato dalla mescolanza di ritmi africani tradizionali, canzoni cubane, jazz, bues e rock, volle assistere al concerto di Pablo Menéndez nel primo club di jazz de L’Avana, ‘La Zorra y el Cuervo’. Rimasero in contatto e il musicista cubano è stato invitato sulla costa centrale per la presentazione del 17 aprile al Collegio Costa. Milanés, con la nuova definizione di famiglia formulata dalla famiglia Bush per i cubano-americani, non può recarsi di nuovo legalmente a L’Avana, poiché lì ha solo zii, cugini e nipoti. Ai suoi figli nati in California non è permessa un’esperienza di prima mano con le loro radici cubane.
"Che assurdità quella di legare la politica estera alla separazione della famiglia, specialmente per una persona che ama i valori familiari come me", ha concluso Milanés.
Una pallottola, quando Milanés aveva tre anni, durante le lotte rivoluzionarie a Cuba, perforò la parete sopra la culla del bambino e suo zio lo caricò su un aereo perchè si riunisse con i genitori a Miami. Il ritorno a Cuba dopo aver vissuto 40 anni negli Stati Uniti è stato per Milanés un’alterazione nella sua vita".
"Quando calpestai il suolo cubano, nel 2000, i sentimenti contrastanti che provai mi fecero quasi piegare le ginocchia. Mi sentivo a casa".
Dice che adesso, se vuole visitare di nuovo Cuba legalmente, dovrà sposarsi con una nativa dell’Isola e vederla solo ogni tre anni, anche se i due avranno figli.
La versione di Fernández ha un tono simile. Arrivò negli Stati Uniti da Cuba nel 1957 all’età di 17 anni per studiare nel college di Salt Lake City. Si iscrisse, con una conoscenza limitata dell’inglese, ad un corso di matematica, laureandosi e divenendo professore nella zona della baia. Tornare a Cuba per incontrarsi con la sorella più giovane 22 anni dopo fu un’esperienza drammatica per lui. L’aveva vista l’ultima volta quando aveva 4 anni d’età. "Abbiamo bisogno del legame, dell’esperienza quotidiana, di tutte queste piccole cose della vita che perdiamo, questo è quel che crea l’amore", ha detto Fernando.
Successivamente sua sorella soffrì di un aneurisma e la sua famiglia negli Stati Uniti non potè vederla prima della morte. Quest’esperienza continua a segnare profondamente Fernández e fece nascere in lui l’idea di formare il Fondo d’Educazione dell’Alleanza Cubano-Americana, che promuove l’espansione del commercio, soprattutto alimenti e articoli medici e che l’anno scorso ha testimoniato di fronte alla Commissione sui Diritti Umani a Ginevra.
Ma, nonostante i loro sforzi, le disposizioni americane sui viaggi ed il commercio si sono indurite. Non sono più permessi nemmeno gli scambi educativi ed artistici, come quello realizzato nel 2000 a Cuba dall’Accademia della Danza di San Luis Obispo.
Alcuni americani si rifiutano di seguire le direttive dell’Amministrazione per i viaggi a Cuba, tentati dal pensiero che l’Isola è più vicina agli USA di Santa Barbara a San Luis Obispo.
Molti americani, nonostante rischino multe fino a 65.000 dollari (secondo il ‘Los Angeles Times’), si recano a L’Avana passando dalla porta di servizio, cioè da Canada, Giamaica o Messico. Almeno 500 cittadini statunitensi sono stati multati l’anno scorso per aver viaggiato a Cuba, secondo il ‘Times’.
La maggior parte dei nordamericani, secondo Fernández, non sono al corrente delle restrizioni ai viaggi da parte dell’Amministrazione. "Qualsiasi statunitense con il quale parliate, si dichiarerà in disaccordo con questa politica. Dobbiamo far venire a galla questa crudeltà, in modo che la gente faccia un passo avanti e dica che ‘questo non va bene’. Verrà il giorno in cui si dirà ‘basta’, è sufficiente".
Fernández, circondato nel suo ufficio di See Canyon da libri cubani, foto e un
busto di Martí, cita l’eroe nazionale cubano: "Assistere ad un crimine e non
fare niente è come commettere il crimine".
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