Per ben comprendere la direzione della politica USA è sufficiente
leggere la prima pagina del New York Times o del Wall Street Journal - per
quanto penoso sia. Io evito il Times ma leggo il (Wall Street) Journal
tutti i giorni per via dell'audience che raggiunge - le elite commerciali
e governative vi trovano un’informazione reale che li guida nel loro
lavoro. E così nonostante che il Journal sia una voce del business e
dell'imperialismo USA, saperlo leggere significa trarne abbondanti ed
utili informazioni e temi centrali sul come la politica USA si appresta ed
essere.
Il Wall Street Journal mette in evidenza ora come Evo Morales sia una
bersaglio USA. L'edizione del 2 maggio è un buon esempio, conteneva un
editoriale di prima pagina dal titolo: "Bolivia sequestra i giacimenti di
Gas Naturale con bella mostra di Nazionalismo Energetico." Solo il titolo
è già una chiamata alle armi che è ben difesa nel pezzo che segue.
L'avvio si avvale della bollente retorica basata sulla tesi che Evo
Morales sia stato "plagiato dalla lotta di Hugo Chavez contro le compagnie
petrolifere" e che il 1 Maggio (il giorno della celebrazione in tutto il
mondo delle classi lavoratrici, festeggiato in USA per la prima volta in
grande stile) ha nazionalizzato la più grande riserva di gas naturale del
paese, San Alberto, e ordinato all'esercito di prenderne il controllo, e
di controllare pure tutte le altre." Il pezzo prosegue spiegando come
abbia ordinato alle compagnie che sfruttano le riserve di accettare
"termini più ristretti o di lasciare il paese."
La legge boliviana recita chiaramente che lo stato ha la proprietà delle
risorse del paese. Finora ha permesso agli investitori stranieri di
operare nei giacimenti e di prendere la quota maggioritaria della
produzione gestendone la vendita a fini commerciali di profitto. L'anno
scorso, comunque, la Bolivia ha aumentato la quota statale sino
all'effettivo 50% della produzione aumentando tasse e royalties. Ieri il
governo è andato oltre dichiarando che la proprietà statale riguarda anche
il gas estratto e che le compagnie operanti nei due giacimenti più grandi
avranno solo una quota pari al 18% della produzione.
Tradurre il Messaggio del Journal, incluso ciò che essi mancano di
spiegare, è un compito serio. Infatti quello che essi mancano di
puntualizzare è che questi "termini più ristretti" sono semplicemente il
diritto della Bolivia, di una nazione indipendente (al pari delle altre),
di prendere la maggioranza dei benefici dalle sue risorse naturali e che
gli investitori stranieri hanno quote lì solo perché lo Stato glielo
permette. Ma invece di essere grati, il Journal chiarisce, senza
dichiararlo, che gli investitori sono voraci e vogliono per se stessi la
quota del leone e ai termini che essi preferiscono. Taciuto o non
sufficientemente spiegato è che nazionalizzazione non significa esproprio.
Evo Morales ha chiarito che gli investitori stranieri non perderanno i
loro diritti. Quello che perderanno una volta che il piano di Morales sarà
implementato (lui ha dato loro 6 mesi di tempo per adattarsi) è la loro
scorretta quota di azioni e profitti, la quale mai hanno avuto il diritto
legale di avere. Secondo il piano di Morales verrà stipulato un nuovo
contratto fra governo e investitori stranieri il quale garantisce che il
popolo della Bolivia, riceverà la quota maggioritaria delle sue proprie
risorse naturali, mentre al tempo stesso gli investitori stranieri avranno
la loro corretta quota ma niente di più. Questo significa poi che soltanto
il governo deciderà i termini dell'azionariato e le eventuali tasse sul
patrimonio, piuttosto che lasciare che siano le Grandi Compagnie
Petrolifere a farlo, influenzate dalla lunga mano degli USA, perché è
ancora così, naturalmente. Il Journal è divenuto dunque più acceso da come
si evince nelle sue campagne contro Chavez; accusa che gli alti prezzi
sull'energia hanno riacceso un onda di nazionalismo da Caracas a Mosca.
Naturalmente, dimentica di citare la nazione sopra a tutte le altre dove
il cosiddetto nazionalismo e protezionismo è una religione nazionale: gli
USA. Qui, dove vivo, nessun investitore straniero è autorizzato a entrare
(soprattutto quelli delle nazioni sottosviluppate) se non per alcune
limitate fasce. Così, secondo le regole imperiali degli USA (l'unico
autorizzato, nessun altro ammesso), quello che va bene per noi non è
permesso ad altri, perché lo diciamo noi.
Il Journal proseguiva dicendo che Morales imita "Mr. Chavez" (è un
Presidente e come tale andrebbe nominato) nelle misure contro le
Compagnie, e che Morales e Chavez stiano "cercando di fare i furbi con le
compagnie petrolifere straniere". E non poteva neanche resistere
dall’evocare lo spettro di Fidel Castro e il fatto che sia Chavez che
Morales abbiano stipulato un accordo di libero commercio lo scorso fine
settimana con l'uomo più odiato dall'imperialismo USA. Ma il giornale
aggiunge dettagli a questa storia nel lungo pezzo. Il candidato peruviano,
Ollanta Humala, favorito nelle prossime elezioni presidenziali contro il
filo-statunitense Alan Garcia, ha dichiarato che si dovrebbero
nazionalizzare le risorse naturali come il gas e i minerali. Ed Evo
Morales ha chiarito che intende nazionalizzare le altre risorse della
Bolivia iniziando dalle foreste e dalle miniere. Inoltre, un'altra goccia
amara sopra l'incubo che gli USA stanno avendo in America Latina, il mese
scorso l'Ecuador ha varato una legge per tagliare i profitti selvaggi
delle compagnie di greggio (inclusa la Occidental Petroleumm USA )
conferendo al governo (cioè al popolo) il 50% dei profitti della compagnia
petrolifera se il mercato internazionale del petrolio eccede i prezzi
stabiliti nel contratto in corso.
Cosa questi sviluppi significhino per gli USA e come
pensa di rispondere.
E’ certamente un guaio per gli USA in America Latina, e per il petrolio,
lì come anche in Irak, Nigeria e chissà dove ancora potrebbe diffondersi.
Allora cosa bisogna fare e cosa probabilmente sta per accadere. Gli USA
stanno spendendo bilioni di dollari per cercare di mantenere il tesoro in
petrolio che ha rubato dopo aver invaso l’Irak. Ha anche chiarito di avere
disegni per le stesse risorse presenti nel vicino Iran, e che potrebbe
attaccare questo paese perfino usando armi nucleari. E se tutto questo non
è abbastanza per essere digerito in un solo piatto, essi si trovano di
fronte ad un dilemma in Venezuela che hanno cercato ben tre volte di
risolvere senza successo. Il Venezuela ha riserve di idrocarburi persino
più grandi dell’Irak o dell’Iran (probabilmente il secondo produttore al
mondo dopo l’Arabia Saudita) ed è guidata da un uomo coraggioso che non
intende svendere la sovranità della nazione (ne’ le sue risorse) al vicino
imperialista del nord che lo chiede ed esige. Ed ora il “virus” di essere
veramente indipendenti ha iniziato a diffondersi in Bolivia, in Perù se
Hamala vince le vicine elezioni, e speriamo in Ecuador ed in altri
significativi gruppi di opposizione in paesi come la Nigeria o il Nepal.
Queste nazioni, o i Gruppi di opposizione presenti in essi stanno
chiedendo a gran voce giustizia ed equità per il popolo e stanno iniziando
ad alzare la testa e a richiedere i diritti che loro spetta. Se li
otterranno sarà una brutta notizia per gli USA e per gli interessi delle
multinazionali dominanti che fanno profitti sfruttando le risorse delle
nazioni sottosviluppate e della loro forza lavoro a basso costo.
Hugo Chavez e Evo Morales questo lo sanno e hanno agito con coraggio
contro questi eterni abusi, in difesa dei diritti dei propri popoli. Ma il
loro comportamento è intollerabile per gli USA che faranno di tutto per
evitare la perdita dei loro speciali privilegi. Dobbiamo aspettarci, non
ne ho dubbi, e l’ho scritto diverse volte, che se il fuoco è diretto
contro gli interessi statunitensi, gli USA non dormiranno sonni
tranquilli: i piani sono già in circolo e riguardano un quarto tentativo
di detronizzare Hugo Chavez, ed essi includono persino l’ipotesi
dell’assassinio e possibile è anche un eventuale assalto armato dalle
truppe di invasione USA.
La scorsa domenica la VHeadline ha pubblicato una mia recensione sul nuovo
libro di Noam Chomski “Gli Stati Falliti”. In un’email che ho ricevuto da
Chomski il 29 Aprile, l’autore aggiorna la sua concezione e fornisce una
dura previsione sulle prospettive future, cito testualmente: “non sarei
sorpreso nel vedere in atto movimenti secessionisti (ispirati dagli USA)
nelle regioni produttrici di petrolio dell’Iran, del Venezuela e della
Bolivia; aree tutte accessibili alle forze militari USA e lontane dai
governi, in cui gli USA si attiverebbero per ‘difenderli’ e costo di
colpire il resto del paese”.
Io condivido questa prospettiva sebbene non conosca esattamente quali
siano i piani che il mio governo ha in mente, sono fermamente convinto
però e lo dichiaro, che qualcosa di grande è pronto per cacciare il
Presidente Chavez (ed ora forse anche Evo Morales) e che sarà evidente
solo quando i fuochi di artificio inizieranno. Il pezzo della rubrica del
Wall Street Journal di oggi rafforza la mia convinzione.
Stephen Lendman vive a Chicago
Visitate il suo blog al sjlendman.blogspot.com.
traduzione dall'inglese di Paolo Teobaldelli per resitenze.org