Gli ex-presidenti
sotto processo
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Mercoledì 22 Marzo 2006 -
13:12
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Cristiano Tinazzi
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Il procuratore speciale Pedro
Gareca ha chiesto il rinvio a giudizio degli ex-presidenti Jorge Quiroga
(2001-2002), Gonzalo Sánchez de Lozada (2002-2003) e Carlos Mesa (2003-2005) per
avere violato la costituzione sottoscrivendo 107 contratti di sfruttamento con
diverse imprese petrolifere senza che fossero ratificati dal parlamento. Gareca
ha inoltre sollecitato un processo penale contro l’ex-presidente Eduardo
Rodríguez, predecessore dell’attuale capo di stato, Evo Morales, per la consegna
e la disattivazione di uno stock di missili negli Stati Uniti. Avendo ottenuto
già il ‘via libera’ della Corte Suprema, il procuratore dovrà aspettare ora la
decisione dello stesso parlamento che avrà l’ultima parola. Le richieste
giungono in un momento delicato nel panorama politico boliviano in cui i diversi
partiti si preparano a una consultazione elettorale importante per gli equilibri
politici del paese. Gareca ha respinto le critiche dell’opposizione che lo ha
accusato di ‘interessi politici’ per la sua vicinanza al ‘Mas’: “Esistono
sufficienti indizi di colpevolezza per avviare i processi contro gli accusati”
ha ribadito il procuratore in una conferenza stampa a La Paz.
E sul fronte del lavoro, il presidente boliviano Evo Morales sta studiando di
aumentare il salario minimo e addirittura di raddoppiarlo, fino a 109 dollari.
Attualmente lo stipendio di base in Bolivia è fermo a 54,5 dollari da alcuni
anni. “Il Gabinetto economico - ha spiegato Morales - mi ha detto che lo
aumenteremo del 50%, però io chiedo il 100%. Il salario minimo deve essere di
880 bolivanos”. Morales ha chiarito che spera in nuove sostanziose entrate per
il governo, come 40 milioni di euro per una causa intentata contro alcune
compagnie petrolifere per debiti tributari. Smentite inoltre le voci che
vedevano molto vicina l’adesione della Bolivia al TLC con gli Stati Uniti dopo
il rifiuto della Colombia a mantenere aperto il suo mercato alla soia della
Bolivia, mercato chiuso per l’effetto d’un accordo con Washington. Il presidente
ha affermato che il suo governo non firmerà mai il Trattato di Libero Commercio,
TLC, con gli Stati Uniti ed ha proposto in cambio un Trattato di Commercio tra i
Popoli, il TCP. “Non negozieremo mai il TLC e voglio che lo sappiano i boliviani
e i popoli dell’America Latina”, ha detto Morales, che ha sostenuto che un
accordo di quel genere danneggerebbe in modo notevole i piccoli, i medi e i
grandi produttori della Bolivia. Morales ha considerato inaccettabile che le
imprese di alcuni Paesi invadano i Paesi latinoamericani con i loro prodotti
sussidiati e questo è quel che accade con il TLC. In cambio ha proposto la
promozione di un Trattato di Commercio tra i Popoli, TCP, per far sì che i
piccoli produttori, i microimpresari e le cooperative, le imprese comunitarie e
i poveri che producono possano avere un mercato. Il neo presidente ha segnalato
che preferisce il TCP perché aiuterà a creare lavoro e ad affrontare la povertà
invece di accrescerla e far aumentare la disoccupazione, tutti effetti provocati
dal TLC. Morales ha così annullato le esigenze di settori dell’impresa e dei
gruppi politici tradizionali minoritari che vogliono che il governo negozi il
trattato con Washington. Il vicepresidente, Alvaro García, ha dichiarato che la
proposta del TCP corrisponde alla visione strategica del presidente e del
governo della Bolivia, anche se non ci sono opposizioni nel continuare a
svolgere negoziati con la Colombia e gli USA.
A proposito della chiusura del mercato colombiano alla soia, Morales ha detto
che il governo continuerà la lotta per nuovi mercati e tra le possibilità ha
citato Cuba, il Venezuela e altri Paesi della regione e del mondo.