Un nuovo fronte di crisi si è aperto in Bolivia con la
decisione di sei prefetti (sorta di governatori con poteri limitati) di
rompere qualsiasi dialogo con il governo del presidente Evo Morales,
convocando allo stesso tempo una riunione nazionale "in difesa della
democrazia".
I sei prefetti (sui nove esistenti nel paese) appartengono all'opposizione e
hanno adottato la posizione radicale di "non partecipare ad alcuna riunione
convocata dal capo dello stato" con il proposito di respingere il progetto
governativo di far adottare dal parlamento una legge di controllo della loro
gestione.
Reagendo a questa iniziativa il portavoce presidenziale, Alex Contreras, ha
osservato che "la determinazione dei prefetti di impedire qualsiasi
controllo organico sul loro operato mostra che l'obiettivo di alcune realtà
locali di sfuggire con tutti i mezzi alla supervisione dello stato".
Allo stesso tempo i prefetti di La Paz, Santa Cruz, Beni, Pando, Tarija e
Cochabamba hanno colto l'occasione per manifestare la loro opposizione al
voto del fine settimana nell'assemblea costituente, i cui lavori sono in
corso a Sucre, in base al quale i singoli articoli della nuova Costituzione
saranno adottati a maggioranza assoluta - come vuole il partito di governo
Movimento al socialismo (Mas) - e non con i due terzi dei voti.
In una dichiarazione dal titolo "In difesa dell'assemblea costituente e
della democrazia" i prefetti convocano in modo urgente entro la fine del
mese a Cochabamba un "Grande incontro nazionale della Bolivia democratica"
con l'obiettivo "di difendere la legalità, la democrazia e l'unità della
patria che sono in pericolo".
Da giovedì, infine, è in corso uno sciopero della fame contro le decisioni
adottate nell'assemblea costituente a cui partecipano membri del partito di
Unità nazionale.