Lo Stato torna protagonista
|
Venerdi 19 Maggio 2006
|
Cristiano Tinazzi
|
Il
piano di sviluppo nazionale del
governo scommette su un nuovo tipo di modello statale che ‘decolonizza’
l’economia e la politica per mezzo di un incentivo alla produzione nei settori
dei campesinos e della popolazione autoctona, troppo spesso esclusi dai processi
decisionali.
“Il carattere essenziale del nuovo stato ruota attorno al concetto che un nuovo
potere deve sorgere dai settori popolari e specialmente da quelli indigeni,
dalle comunità dei campesinos e dai lavoratori dei campi e delle città”, recita
il titolo quarto di questo importante documento. Il governo intende attuare seri
provvedimenti per ottenere un radicale cambio di rotta nella gestione statale e
nell’importanza dello stato nell’economia. Si creerà a breve quindi, la
‘Corporación Ambiental Boliviana’ (Corabol), per controllare e gestire le
eccedenze economiche, l’accumulazione interna dei capitali e ridurre la
dipendenza dello stato dall’estero. Il progetto, racchiuso nel documento
‘Bolivia digna, soberana y productiva para vivir bien’ sarà presentato nei
prossimi giorni dal presidente, Evo Morales Aima. “Vogliamo smantellare il
neoliberismo sia in economia che nel sociale. Vogliamo orientare i nostri sforzi
affinché l’economia, la società e il potere politico riescano a generare le
condizioni necessarie a far sì che tutti, nessuno escluso, possa vivere
decentemente”, ha detto il ministro della Pianificazione per lo Sviluppo Carlos
Villegas, durante una riunione con i dirigenti della Confederazione degli
impresari privati della Bolivia (CEPB).
L’esecutivo aspira a costruire uno stato forte che, controllando le eccedenze
economiche basate sul recupero della proprietà delle risorse naturali, creerà un
nuovo modello produttivo basato sulla trasformazione industriale delle risorse
naturali e aprirà un nuovo processo di generazione della ricchezza per superare
la dipendenza dall’estero e sradicare la povertà nel Paese. Il governo, per
attuare questi propositi, si è proposto di realizzarli in obiettivi di medio e
lungo termine. In cinque anni si avranno i presupposti per migliorare le
produzioni interne e creare nuovi posti di lavoro, condizioni che porteranno ad
una migliore qualità della vita per la popolazione, specialmente in quei settori
della società più esposti e deboli. La meta è quella di arrivare ad un cambio
radicale rispetto all’attuale situazione di povertà della maggioranza dei
boliviani. In venti anni si spera di avere un Paese produttivo e ricco, inserito
a pieno titolo nel ‘sistema globale’ e libero da ogni indipendenza. Nei prossimi
dieci/quindici anni “si vuole arrivare ad avere un aumento del prodotto interno
lordo del 5/6% per annualità”, ha detto Villegas. Ma non è finita. Il presidente
della Repubblica Juan Evo Morales, mantenendo un altro impegno preso in campagna
elettorale, ha presentato il piano per la redistribuzione delle terre agli
strati più poveri della popolazione. Il progetto dell’esecutivo boliviano
prevede in prima istanza la distribuzione di cinque milioni di ettari di terreni
di proprietà pubblica; in una seconda fase La Paz provvederà a fare un
censimento delle terre di proprietà privata e a decidere quali espropriare per
poterle immediatamente mettere a disposizione delle famiglie bisognose. La
questione terriera è molto sentita in Bolivia, dove una minoranza di
latifondisti, secondo un recente rapporto diffuso dalla Chiesa cattolica,
detiene il possesso del 90% della superficie coltivabile nazionale. La
possibilità di una riforma agraria in passato ha provocato profonde lacerazioni
sociali, contrapponendo la maggioranza povera – in gran parte d’origine indigena
– con la minoranza ricca (e spesso bianca). Obiettivo di Morales è distribuire
terreni coltivabili a circa tre milioni di piccoli contadini boliviani, che
costituiscono non solo una forza produttiva essenziale per la crescita del Paese
ma anche la vasta base elettorale del primo presidente della Repubblica indigeno
della Bolivia. Intanto dalla Spagna arriva una notizia curiosa che fa capire la
nuova presa di coscienza del popolo boliviano: una delegazione di indigeni
Guaraní in visita a Madrid ha chiesto all’impresa petrolifera ispano-argentina
Repsol-Ypf il pagamento di 42 milioni di dollari di indennizzo per i danni
causati all’ambiente e alle terre ancestrali ad Itika Guasu, nel dipartimento
meridionale di Tarija, dove sono situate alcune delle più importanti riserve di
gas naturale del paese. “Prima che arrivasse la Repsol-Ypf nel 1997 vivevamo in
pace. Da allora abbiamo subito violazioni dei nostri diritti e della nostra
identità culturale, impatti disastrosi sulla natura, sfruttamento sistematico
dei lavoratori indigeni. L’impresa ha invaso territori sacri e costruito
impianti sulle tombe dei nostri avi” ha detto Fabian Callo, dirigente della
comunità autoctona di Campo Margarita. L’eventuale risarcimento sarebbe
destinato a un piano di sviluppo rurale, presentato dalle autorità Guaraní. La
Bolivia, con la presidenza Morales sta attuando una serie di riforme che
segneranno e condizioneranno le politiche dei Paesi sudamericani nei prossimi
anni.