Il
presidente boliviano Evo Morales, ha denunciato e respinto le pressioni
nordamericane contro la designazione del capo di un’unità militare, che ha
definito "ricattatorie ed intimidatorie".
Evo, in un discorso pronunciato nel vicino municipio di El Alto, ha riferito
che il capo della missione militare statunitense in Bolivia, Daniel Barreto,
ha inviato una lettera al Governo boliviano, per comunicare la
"de-certificazione" di una forza congiunta contro il terrorismo.
La
misura implica l’immediato ritorno di quattro militari boliviani addestrati
negli USA e la cessazione della fornitura di alcune attrezzature, il tutto per
un valore di circa 300.000 dollari, che il presidente ha definito "briciole".
"Deploriamo che il comandante del gruppo militare degli Stati Uniti abbia
iniziato a ricattare ed intimidire le nostre Forze Armate", come rappresaglia
per la designazione a capo dell’unità di un militare non gradito dal paese del
Nord.
"Non accettiamo che un gruppo delle Forze Armate degli USA, ricattando, ponga
il veto o imponga il cambiamento di un Comandante", ha affermato.
Morales ha segnalato che, per quanto riguarda la cooperazione cessata, si
tratta di briciole che servono soltanto per controllare la Bolivia, per
mantenere agenti segreti infiltrati "e non vorremmo che gli agenti segreti
servano al Governo USA", ha sostenuto.
Morales ha sostenuto che la Bolivia, nonostante i suoi limiti economici, è un
paese degno che sta vivendo una nuova fase della sua storia e nessun capo
militare verrà cambiato su richiesta delle Forze Armate nordamericane.
Ha
aggiunto che in Bolivia sono finiti i tempi in cui i ministri e i capi
militari venivano nominati su raccomandazione degli USA.
Il
portavoce presidenziale Alex Contreras si è espresso nello stesso senso,
difendendo il diritto del Capo dello Stato a rendere pubblico il ricatto, per
ragioni di dignità nazionale ed ha segnalato che il popolo deve conoscere
quanto avvenuto.
Il
capo dei deputati del governante Movimento al Socialismo (MAS), Gustavo
Torrico, ha condannato le politiche di sottomissione della sovranità nazionale
alla dominazione nordamericana, portate avanti dai precedenti governi.
Ha
denunciato che, per effetto di queste politiche, un colonnello statunitense
dispone di un ufficio e di un’infrastruttura nel II Dipartimento
(Intelligenza) dell’Esercito ed ha chiesto la fine di questa situazione.
Ha
aggiunto che il nuovo Governo boliviano ha appena scoperto le dimensioni della
penetrazione nordamericana nei servizi di sicurezza ed in altre istanze ed è
determinato a porvi fine, come promesso da Morales poco prima di assumere la
presidenza.
Il
Capo dello Stato ha censurato anche la procedura utilizzata da Washington (una
lettera del capo della missione militare), indicando che non corrisponde ai
canali stabiliti per le relazioni tra i due Governi.
"Se vogliono fare una comunicazione ufficiale sull’aiuto militare o qualsiasi
forma di cooperazione, devono farla ufficialmente attraverso l’Ambasciatore
degli Stati Uniti, rivolgendola al ministero degli Esteri o a qualsiasi altro
dicastero", ha puntualizzato.
L’incidente è il secondo ufficialmente conosciuto tra l’amministrazione del
presidente Evo Morales, insediatasi il 22 gennaio e quella del presidente
nordamericano George W. Bush.
Il
22 gennaio il presidente boliviano ha chiesto che venga rispettata la dignità
e la sovranità nazionali, dopo il ritiro del visto (per presunti sospetti di
terrorismo), alla senatrice del MAS Leonilda Zurita, vecchia compagna di lotte
popolari del presidente.
Washington ha ridotto i fondi per l’assistenza militare alla Bolivia, come
rappresaglia per la decisione del MAS di non ratificare nella Camera dei
Deputati, dove il partito di Governo detiene la maggioranza, un accordo
d’immunità per le truppe nordamericane.
Il
Governo sostiene un processo nel Ministero Pubblico per la consegna di decine
di missili terra-aria delle Forze Armate agli USA, avvenuta durante la
presidenza di Eduardo Rodríguez, il quale ha denunciato che Washington ha
agito senza l’autorizzazione del suo Governo.