La Bolivia di Morales, un detonatore

 

nel ‘cortile degli Usa
 
 

| lunedì 26 giugno 2006 | Giovanni Lanza  |
 


La storia della Bolivia, così come quella di tutti gli Stati del Sud-America è troppo lunga e complessa per poterla raccontare in un articolo. Occorre quindi riassumere le fasi dell’escalation di ingerenza capitalistica americana nel Paese latino-americano.
Dopo aver trascorso il 19° secolo in lotta contro gli altri Paesi sudamericani per la definizione dei propri confini, la Bolivia restò estranea alla Prima Guerra Mondiale, ma partecipò alla disastrosa guerra del “Chaco” (1932-35) contro il Paraguay, per il controllo della regione omonima. Dopo la sconfitta contro il più debole avversario dovuta a delle divergenze interne, la Bolivia si ritrovò con un governo nazionalista al potere in contrapposizione ai “baroni dello stagno”, dei veri e propri feudatari che controllavano l’economia nazionale.
Furono proprio questi baroni a ribaltare il governo nazionalista a favore di un altro pro USA che partecipò formalmente alla Seconda Guerra Mondiale.
Questo generò un forte risentimento nella popolazione poiché si trattava di fornire a Washington la materia prima a prezzi irrisori, senza nessun riconoscimento per l’economia nazionale.
Questo fu il primo assaggio di quello che capiterà anche in futuro. Tutto ciò portò alla rivoluzione del 1952, l’evento più importante dal giorno dell’indipendenza del Paese. Guidato da Victor Paz Estenssoro del Movimiento Nacionalista Revolucionario (MNR), il Paese uscì realmente dall’era feudale. Vennero nazionalizzate le miniere di stagno, fu istituito il suffragio universale e si decretò la riforma agraria (1953). I successi per il Partito nazionalista si susseguirono negli anni fino al golpe militare che portò alla presidenza il generale René Barrientos Ortuño (1964), colui che decretò la fine del “Che”, e che nell’anno successivo, per uno strano incidente aereo, trovò anch’egli la morte. Si susseguirono atri colpi di Stato militari e la Bolivia si unì a Brasile, Argentina, Paraguay, Uruguay e Cile per il piano continentale di assassinio degli oppositori politici, denominato “Plan Condor”, per poi passare a dei governi dittatoriali basati sul commercio della cocaina, fino all’avvento di una pseudo democrazia (1982) teleguidata da Washington.
La grave crisi economica del Paese condusse alla presidenza di nuovo il MNR con Víctor Paz Estenssoro (1985-89), che risanò l’economia statale ma al prezzo di gravi disagi sociali. Dopo una parentesi di governo di sinistra rivoluzionaria (1989-93) che proseguì però la politica neoliberale pro-Usa, venne rieletto il MNR con Sanchez de Losada (1993-97). Si trattava di un governo riformista d’impronta neoliberale con l’appoggio di alcuni Partiti della Sinistra boliviana.
Furono varate nuove riforme sia sociali che economiche. E’ questo il periodo delle privatizzazioni selvagge, di compagnie statali, che portarono a notevoli contestazioni ed accuse di “vendere la patria agli stranieri” (una cosa che in Europa accomuna molte Sinistre al governo). Con la presidenza di un ex dittatore, Hugo Panzer (1997-2001), appoggiato da una grande coalizione populista, furono capitalizzate anche le due raffinerie boliviane. Durante questo governo l’economia boliviana raggiunse il tracollo; inaspriti furono anche i conflitti con la popolazione che portarono alla rivolta dell’acqua di Cochabamba nel 2000.
Nel 2002 è rieletto al governo Sanchez de Losada, ma in meno di un anno scoppia una guerra civile cruenta che ha portato l’esercito a sparare sulla folla provocando una sessantina di morti (El Alto 2003). Il vicepresidente Carlos Mesa ritirò il suo appoggio al governo, Sanchez de Losada trovò rifugio a Miami, negli Stati Uniti.
Nonostante la sua abilità il vicepresidente non riesce a tenere unito il Paese; la parte orientale della Bolivia che costituisce più di due terzi del territorio, comincia a reclamare una maggiore autonomia dal potere centrale.
Per via della sua ambigua politica Mesa non riesce ad accordarsi con il leader dell’opposizione, Evo Morales, più vicino al popolo. Mesa allora decide di passare il potere per le questioni amministrative a Eduardo Rodriguez, Presidente della Corte Suprema boliviana, scontentando coloro che avrebbero voluto elezioni immediate.
Le elezioni, convocate lo scorso dicembre vedono dunque un grande successo di Morales e del suo Partito Movimento al Socialismo (MAS) che ottiene la maggioranza assoluta dei voti. Insediatosi nel gennaio 2006 quale nuovo Presidente Moralers può oggi contare sul pieno appoggio del suo MAS che però detiene la maggioranza alla Camera ma non al Senato.
Nel giorno della festa del lavoro, 1 maggio 2006, Morales nazionalizza per la terza volta nella storia boliviana, gli idrocarburi, creando apprensione in Spagna e Brasile, principali compratori del gas boliviano, ed in Argentina, principale destinataria del gas della spagnola Repsol.
Con questa riforma lo Stato boliviano guadagnerà circa l’80% dei profitti dell’estrazione del petrolio, ma le riforme di Morales proseguono.
Egli ha annunciato una nuova riforma agraria con l’obiettivo ufficiale di ridistribuire la terra ai contadini; proposta che secondo alcuni potrebbe generare dei conflitti tra i principali concessionari di terre e gli oltre 30 gruppi indigeni, oltre a dei problemi ambientali.
Per il prossimo luglio è stata convocata l’assemblea costituente per la nuova stesura della carta costituzionale.
Morales dovrà vedersi dai nemici interni ed esterni per difendere e mantenere le sue promesse elettorali. Per far ciò tutti i popoli sudamericani gelosi della propria sovranità e indipendenza sono a fianco dell’attuale governo boliviano.
E il sostegno a Morales sta dilagando: dall’Argentina di Kirchner al Venezuela di Chavez.
L’America Latina sta scuotendosi dal giogo dei padroni Usa