NONA BIENNALE DE L’AVANA
divertimento e riflessione
M.Castaneda – di GI – 10 prile 2006
La Nona Biennale de L’Avana ha confermato di essere il più importante avvenimento delle arti plastiche a Cuba. Quest’affermazione è resa possibile da una presenza assai variegata, che vede in quest’occasione la presenza di 250 artisti di 52 paesi.
Anche il presidente della Biennale e del Consiglio Nazionale delle Arti Plastiche, Alejandro Rojas, è di questa opinione ed ha affermato per GI che l’evento "da l’opportunità al pubblico cubano, agli artisti, ai critici, di entrare in contatto con un numero importante di creatori ed allo stesso tempo è un’opportunità eccezionale per la promozione di quel che stanno facendo i nostri artisti", tenendo conto che le arti plastiche cubane stanno vivendo un momento particolarmente eccezionale".
Siamo tutti testimoni dell’avvenimento pubblico spettacolare che costituisce ogni inaugurazione delle esposizioni della Biennale, nel Lam, nelle Belle Arti, nella Piazza Vecchia o nella Fortezza di San Carlos de la Cabaña. "Questo la dice lunga su quanto abbiamo fatto nel paese per la promozione delle arti plastiche e del prestigio del quale godono i nostri artisti, dell’importanza che ha l’opera che da Cuba si sta realizzando e che in quest’opportunità incontra uno scenario moltiplicatore che permette di promuoverla e considerarla come merita.
SAURA E TUNICK NEL LAM
Due delle mostre invitate appositamente alla Biennale, esposte negli affascinanti saloni del Centro d’Arte Contemporanea Wilfredo Lam, hanno costituito un successo ed un privilegio: al piano alto, 39 fotografie pitturate dello spagnolo Carlos Saura e nella sala che bordeggia il cortile interno sette immense fotografie del nordamericano Spencer Tunick.
Il geniale cineasta spagnolo non ha potuto essere presente all’inaugurazione poiché, come dice nella lettera che ha inviato, sta lavorando a pieno ritmo per "preparare il mio film ‘Io, don Giovanni’, cosa che mi obbliga a recarmi in Italia ed Austria proprio in questi giorni".
È questa la prima volta che vengono esposte le sue foto pitturate "e qui a L’Avana, per la quale conservo sempre un affetto viscerale, perchè alcuni dei miei migliori amici appartengono o appartenevano a questa città ed alla vostra cultura. Il mio quasi fratello, il regista cinematografico Tomás Gutiérrez Alea; il pittore ed intimo amico Servando Cabrera Moreno; mio fratello Antonio, il pittore, che ha sempre conservato il suo amore per Cuba, così come il mio buon amico, anche lui scomparso, Antonio Gades".
Saura si considera, naturalmente, prima di tutto un cineasta (quasi 40 pellicole) perchè, afferma nella sua lettera, "è il miglior mezzo d’espressione che conosco per raccontare le storie che mi interessano e per utilizzare la musica ed il ballo che tanto mi appassionano" e condivide con i suoi "amici cubani" le modalità d’inizio di questo interessante lavoro di pitturare le foto:
"Tutto iniziò quando, invece di gettarli nel cestino dei rifiuti, decisi di pitturare gli ingrandimenti fotografici difettosi realizzati nel mio laboratorio. Adesso con le stampanti e le macchine fotografiche digitali tutto è più facile e le tentazioni sono maggiori. Ma io non utilizzo altri mezzi che non siano la base fotografica sulla quale disegno e dipingo con pastelli, tinte, lapis, penne e biro. Conservo sempre la fotografia originale che è il fondamento di queste opere, anche se a volte la ricreazione plastica e pittorica finisce con l’eliminare qualsiasi traccia della foto servita da base".
Per Carlos Saura è una cosa assai gradita che la sua mostra venga esibita nel Centro che porta il nome di Wilfredo Lam: "negli anni ’50 in casa di un amico di mio padre a Cuenca, mio fratello Antonio si sorprese vedendo due quadri di Wilfredo Lam appesi nel salone. Secondo quanto ci disse il padrone della casa Wilfredo Lam rimase a Cuenca alcuni giorni e gli regalò questi due quadri grato per la sua amicizia ed aiuto. Il fatto che io adesso esponga in questo Centro Wilfredo Lam la mia opera suggella forse un legame personale che si espande nella misteriosa e profonda relazione esistente tra i nostri due popoli".
Sono diverse le foto del nordamericano Spencer Tunick, un artista che documenta la figura umana negli spazi pubblici. Alcuni critici catalogano le sue opere come "una forma astratta di rappresentare il paesaggio, una strategia cartografica molto specifica e una maniera di stabilire l’impronta del tempo nel suo luogo".
Tunick, per raggiungere i suoi obiettivi, organizza una sorta di installazioni vive nelle quali utilizza centinaia, migliaia di volontari e con loro combina "scultura, interpretazione ed arte tellurica".
KCHO A CIELO APERTO
Il tema centrale della Biennale, ‘Dinamiche della cultura urbana’, in qualche modo, grazie alla curatela generale, ha portato a questa molteplicità di discorsi che circondano lo spazio della visualità del mondo contemporaneo. Dalle foto di Carlos Saura, dipinte nell’intimità, ai grandi quadri di Tunick, ma anche l’innovatrice azione plastica ‘Vivi e lascia vivere’.
L’installazione è stata realizzata nella Piazza Vecchia da uno dei più apprezzati artisti cubani, Alexis Leyva Machado (Kcho), che ha agglomerato tredicimila mattoni da lui stesso disegnati e cotti, dalla forma di piccola imbarcazione e che gli spettatori hanno potuto portarsi via (coloro che hanno avuto fortuna il giorno dell’inaugurazione se li sono portati via firmati da Kcho).
OREFICERIA E FUMO
Il Museo Nazionale delle Belle Arti (edificio d’Arte Universale) è sempre una visita obbligata ancora di più oggi che, nell’ambito della biennale, sono allestite nelle sue sale due impressionanti e differenti mostre. Al quarto piano ‘La seducción y el oficio", dello scultore e orefice cubano Pepe Rafart e ‘Silencio a voz alta’, dell’artista italiano Claudio Parmiggiani.
Lo storiografo della città Eusebio Leal ha definito Rafart un genio completo. "Rafart", ha detto Leal, "è capace di modellare da una scultura ad un vaso, o un pezzo per il servizio della tavola più raffinata".
La seduzione... è composta da nove pezzi in marmo ed argento e, come sigillo di Rafart, trae i suoi modelli dalla natura e li trasforma "nelle più esotiche creature".
Gioie e pezzi d’oreficeria che hanno un nesso inestimabile con la tematica della Biennale poiché, ha riflettuto Leal, l’amore per la bellezza dell’artista si esprime sempre, che si tratti della casa o di un giardino e la fissa in maniera tangibile.
Parmigiani ha un’altra forma per apprezzare la bellezza ed il pubblico dell’esposizione non rimarrà indifferente, casomai si stupirà. In ‘Silencio en voz alta’ si raggruppa un’opera che, come bene ha espresso nel catalogo Moriama Clavijo, direttrice delle Belle Arti, "è presente e non lo è, è nello stesso tempo materiale ed immateriale, contemporaneamente tangibile ed intangibile".
Parmiggiani ha portato alla Biennale una proposta attraente ed originale. Le mura della sala mostrano soltanto il contorno di misteriose forme, segnate dalla cenere che lascia il fumo.
Sono solo sagome di libri e strumenti musicali, riaffermate dal suono.
Alla gratitudine per l’esperienza dell’esposizione si aggiunge il debito per la donazione di una delle sue opere, concepita appositamente per il Museo delle Belle Arti.
La Nona Biennale costituisce un momento per il
dialogo tra gli artisti e per il confronto con il pubblico. Discorsi diversi,
supporti differenti e dall’avanguardia. Uno spazio che arricchisce. |