Gibara (Cuba) 19 aprile 2006 M.Sacchetti  - www.ilmanifesto.it

 

Cuba, orizzonti

 

del desembargo

 

Festival del «Cine Pobre» A Gibara, fino al 23 aprile, la quarta edizione della rassegna. Sguardo su storie e simboli della cinematografia cubana del terzo millennio, dalla fiction al documentario Racconti del nuovo corso Sullo schermo «Santiago y la Virgen en la Fiesta del Fuego» diretto dall'attore Jorge Perugorria, ma anche «Barrio Cuba», del maestro habanero Humberto Solás
 

 


Il «Festival del Cine Pobre», il cinema povero, di Gibara, quarta edizione, si tiene dal 17 al 23 aprile (con proiezioni anche a Santiago di Cuba) diretto dal maestro del cinema cubano Humberto Solás (Lucía, Cecilia, El siglo de las luces, Miel para Oshún). reduce dal successo riscosso, anche ai festival di San Sebastian e Cartagena (Colombia), dal suo ultimo film Barrio Cuba, realizzato in digitale e coprodotto da Icaic (l'istituto del cinema cubano) e Spagna.
«Vogliamo dar vita a una nuova rete di produzione conseguente e coerente col nostro livello di sviluppo economico e culturale» - dichiarava Solás già l'anno scorso a Gibara durante la terza edizione del festival . E frutto di questa impostazione, anche sul piano stilistico, è proprio
Barrio Cuba, riflessione intima sugli aspetti più contraddittori dell'Avana contemporanea, divenuta negli ultimi anni (vedi Suite Habana di Fernando Perez) un vero e proprio oggetto mediatico nella cinematografia nazionale e internazionale. Il recentissimo e controverso Habana Blues dello spagnolo Benito Zambrano (tutt'altro che «cinema povero») ne è un'ennesima dimostrazione, così come lo è stato alla fine del millennio Buenavista Social Club di Wim Wenders (e il suo clone meno riuscito, Musica Cubana di German Kraal) dove sempre appaiono i luoghi comuni della città, come il Malecón e la musica dei «vecchietti Doc».
Ma proprio a quell'esperienza Solás si riferisce in modo costruttivamente critico quando oggi dichiara: «Si tratta di approssimazioni edonistiche o approssimazioni critiche, però incomplete, della rappresentazione di una città tanto complessa».
«Abbiamo superato la tappa in cui tutte le tematiche trattate nel nostro cinema venivano espresse in chiave di commedia e sembrava quasi una maniera riduttiva di trattare i significati e lo spessore drammaturgico. Adesso il punto di messa a fuoco è un po' più serio...», conclude Solas (habanero Doc, nato il 4 dicembre del 1941), dichiarandosi ottimista sulle possibilità di un nuovo corso del cinema cubano nell'era del «Desembargo».
Eppure, guardando all'estetica post-neorelista del Solás di
Barrio Cuba, pur ospitando il meglio degli attori cubani (Jorge Perugorria, Isabel Santos, Luisa Maria Jimenez, Mario Limonta, Barbaro Marìn, etc.) e coltivando il mito Junghiano «dell'eterno ritorno», si resta con la sensazione di un film in molti momenti fatalmente vulnerabile, una commedia agrodolce delle coincidenze sincretiche e delle storie intrecciate con risvolti fortemente abbandonici e decisamente strappalacrime, soprattutto per uno spettatore europeo più smaliziato e meno addentro nella classica «idiosincrasia a Los Cubanos».
Ma il cineasta, presidente e promotore del Festival del Cine Pobre che si celebra nella cittadina orientale di Gibara, detta anche «la Villa Blanca de los cangrecos» (il «villaggio bianco dei granchi»), guarda già oltre, e ha espresso l'intenzione di fondare, nella medesima località, una nuova scuola di cinema, (per la quale sta cercando con instancabile tenacia i finanziamenti), con caratteristiche un po' diverse da quella internazionale Avanera di San Antonio de los Baños. Una scuola innovativa, aperta a tutti gli studenti cubani e del mondo che non possono contare su borse di studio e sponsorizzazioni di nessun tipo.
Quanto al programma di questa edizione, tra le anteprime spicca il documentario Santiago y la Virgen en la Fiesta del Fuego,diretto dall'attore Jorge Perugorría (Fragole e Cioccolato) insieme ad �?ngel Alderete, sulla passata edizione del Festival del Caribe che tutte le estati si svolge a Santiago de Cuba, e ancora un corto tributo all'anziana attrice Aurora Basnuevo, intitolato Adela, dai toni molto drammatici, che in un primo momento doveva appartenere alle storie incrociate di
Barrio Cuba. Una retrospettiva - organizzata da uno dei patrocinatori del festival,l'Istituzione Roberto Rossellini - sarà dedicata proprio a Rossellini in occasione del centenario della nascita («Tra i film italiani che più hanno segnato la mia formazione cinematografica primeggiano senza dubbio Roma Città Aperta di Rossellini e Il Vangelo Secondo Matteo di Pierpaolo Pasolini, che proiettammo a Gibara pochi anni fa, senza sottotitoli...» ricorda Solás). Nella giuria internazionale siedono per il festival 2006 Renzo Rossellini e Alessandra Riccio (condirettore insieme a Gianni Minà della rivista Latinoamerica), il direttore della fotografia francese Jacques Loiseleux, Rachid Ferchiu, pioniere della tv tunisina, lo spagnolo Jaime Noguera, direttore del Festival Internacional de Cortometraje y Cine Alternativo de Benalmádena e Maria Lourdes Cortés (Costa Rica) direttrice del Fondo de Fomento al Audiovisual de Centroamérica y Cuba (Cinergia). Il direttore della fotografia cubano Rafael Solis, codirettore del documentario Montaña de luz sulla missione dei medici cubani in Venezuela della «Operacion Milagro» e il regista televisivo Rigoberto Jiménez, che proprio nella scorsa edizione del Festival ha ricevuto il Gran premio per il miglior documentario (Los ecos y la niebla) completano, insieme all'attrice Coralia Veloz (Lista d'attesa, La vita è un fischio) la componente cubana della giuria.
Oltre alle sezioni fiction e documentario, il festival offre una selezione, scelta tra le circa 130 opere presentate, di videoarte, opere sperimentali e nuove sceneggiature, gettando uno sguardo sul cinema cubano del terzo millennio. Un oggetto dalle definizioni aperte e molto controverse, che in alcuni casi si esprime attraverso metafore fin troppo prevedibili, rappresentando la «mimetizzazione» di ferite generazionali insanabili. Spesso i registi cubani, forse senza volerlo, si citano tra di loro, sovraesponendo l'immagine degli anziani e dei niños indifesi (Pioneros para el comunismo) e mettendo in scena versioni parodistiche del «jineterismo callejero» (il «rimorchio» di strada a pagamento) e delle tante famiglie sfasciate in crisi, piene di «patrastos y matrastas» (patrigni e matrigne), dove si litiga, si piange e poi finisce quasi sempre con riconciliazioni a «tarallucci e vino», anzi, a «chismes, sexo, tabaco y ron» (pettegolezzi, lussuria, tabacco e rum).
Come spogliarsi allora della «sindrome adottiva», di un eccessivo localismo - buonismo (il discorso vale anche per il pluripremiato
Viva Cuba di J. Carlos Cremata Malberti, come per l'esilarante Perfecto Amor Equivocado di Gerardo Chijona)?
Come riuscire a spaziare di più, esplorando territori drammaturgici di maggiore respiro, scavalcando il muretto di quell'immaginaria «terrazza con vista sullo stretto della Florida», ovvero il Malecón Avanero?
Confidiamo nell'istinto autoliberatorio della «vecchia guardia» e nell'indiscutibile creatività delle nuove leve come Pavel Giroud, Lester Hamlet, Esteban Insausti (Tres Veces Dos), Arturo Sotto. Il promettente Arturo Infante (Utopia), il caustico e trasgressivo Eduardo del Llano (Monte Rouge) e molti altri preparati autori che, armati delle loro videocam
ere digitali, sono impazienti di raccontare nuove storie.