Festival del «Cine Pobre» A
Gibara, fino al 23 aprile, la quarta edizione della rassegna. Sguardo su storie
e simboli della cinematografia cubana del terzo millennio, dalla fiction al
documentario Racconti del nuovo corso Sullo schermo «Santiago y la Virgen en la
Fiesta del Fuego» diretto dall'attore Jorge Perugorria, ma anche «Barrio Cuba»,
del maestro habanero Humberto Solás
Il «Festival del Cine Pobre»,
il cinema povero, di Gibara, quarta edizione, si tiene dal 17 al 23 aprile (con
proiezioni anche a Santiago di Cuba) diretto dal maestro del cinema cubano
Humberto Solás (Lucía, Cecilia, El siglo de las luces, Miel para Oshún).
reduce dal successo riscosso, anche ai festival di San Sebastian e Cartagena
(Colombia), dal suo ultimo film Barrio Cuba, realizzato in
digitale e coprodotto da Icaic (l'istituto del cinema cubano) e Spagna.
«Vogliamo dar vita a una nuova rete di produzione conseguente e coerente col
nostro livello di sviluppo economico e culturale» - dichiarava Solás già l'anno
scorso a Gibara durante la terza edizione del festival . E frutto di questa
impostazione, anche sul piano stilistico, è proprio Barrio Cuba,
riflessione intima sugli aspetti più contraddittori dell'Avana contemporanea,
divenuta negli ultimi anni (vedi Suite Habana di Fernando Perez) un vero
e proprio oggetto mediatico nella cinematografia nazionale e internazionale. Il
recentissimo e controverso Habana Blues dello spagnolo Benito Zambrano (tutt'altro
che «cinema povero») ne è un'ennesima dimostrazione, così come lo è stato alla
fine del millennio Buenavista Social Club di Wim Wenders (e il suo clone
meno riuscito, Musica Cubana di German Kraal) dove sempre
appaiono i luoghi comuni della città, come il Malecón e la musica dei
«vecchietti Doc».
Ma proprio a quell'esperienza Solás si riferisce in modo costruttivamente
critico quando oggi dichiara: «Si tratta di approssimazioni edonistiche o
approssimazioni critiche, però incomplete, della rappresentazione di una città
tanto complessa».
«Abbiamo superato la tappa in cui tutte le tematiche trattate nel nostro cinema
venivano espresse in chiave di commedia e sembrava quasi una maniera riduttiva
di trattare i significati e lo spessore drammaturgico. Adesso il punto di messa
a fuoco è un po' più serio...», conclude Solas (habanero Doc, nato il 4 dicembre
del 1941), dichiarandosi ottimista sulle possibilità di un nuovo corso del
cinema cubano nell'era del «Desembargo».
Eppure, guardando all'estetica post-neorelista del Solás di Barrio
Cuba, pur ospitando il meglio degli attori cubani (Jorge Perugorria,
Isabel Santos, Luisa Maria Jimenez, Mario Limonta, Barbaro Marìn, etc.) e
coltivando il mito Junghiano «dell'eterno ritorno», si resta con la sensazione
di un film in molti momenti fatalmente vulnerabile, una commedia agrodolce delle
coincidenze sincretiche e delle storie intrecciate con risvolti fortemente
abbandonici e decisamente strappalacrime, soprattutto per uno spettatore europeo
più smaliziato e meno addentro nella classica «idiosincrasia a Los Cubanos».
Ma il cineasta, presidente e promotore del Festival del Cine Pobre che si
celebra nella cittadina orientale di Gibara, detta anche «la Villa Blanca de los
cangrecos» (il «villaggio bianco dei granchi»), guarda già oltre, e ha espresso
l'intenzione di fondare, nella medesima località, una nuova scuola di cinema,
(per la quale sta cercando con instancabile tenacia i finanziamenti), con
caratteristiche un po' diverse da quella internazionale Avanera di San Antonio
de los Baños. Una scuola innovativa, aperta a tutti gli studenti cubani e del
mondo che non possono contare su borse di studio e sponsorizzazioni di nessun
tipo.
Quanto al programma di questa edizione, tra le anteprime spicca il documentario
Santiago y la Virgen en la Fiesta del Fuego,diretto dall'attore Jorge
Perugorría (Fragole e Cioccolato) insieme ad �?ngel Alderete, sulla
passata edizione del Festival del Caribe che tutte le estati si svolge a
Santiago de Cuba, e ancora un corto tributo all'anziana attrice Aurora Basnuevo,
intitolato Adela, dai toni molto drammatici, che in un primo momento
doveva appartenere alle storie incrociate di Barrio Cuba.
Una retrospettiva - organizzata da uno dei patrocinatori del
festival,l'Istituzione Roberto Rossellini - sarà dedicata proprio a Rossellini
in occasione del centenario della nascita («Tra i film italiani che più hanno
segnato la mia formazione cinematografica primeggiano senza dubbio Roma Città
Aperta di Rossellini e Il Vangelo Secondo Matteo di Pierpaolo
Pasolini, che proiettammo a Gibara pochi anni fa, senza sottotitoli...» ricorda
Solás). Nella giuria internazionale siedono per il festival 2006 Renzo
Rossellini e Alessandra Riccio (condirettore insieme a Gianni Minà della rivista
Latinoamerica), il direttore della fotografia francese Jacques Loiseleux,
Rachid Ferchiu, pioniere della tv tunisina, lo spagnolo Jaime Noguera, direttore
del Festival Internacional de Cortometraje y Cine Alternativo de Benalmádena e
Maria Lourdes Cortés (Costa Rica) direttrice del Fondo de Fomento al Audiovisual
de Centroamérica y Cuba (Cinergia). Il direttore della fotografia cubano Rafael
Solis, codirettore del documentario Montaña de luz sulla missione dei
medici cubani in Venezuela della «Operacion Milagro» e il regista televisivo
Rigoberto Jiménez, che proprio nella scorsa edizione del Festival ha ricevuto il
Gran premio per il miglior documentario (Los ecos y la niebla)
completano, insieme all'attrice Coralia Veloz (Lista d'attesa, La vita
è un fischio) la componente cubana della giuria.
Oltre alle sezioni fiction e documentario, il festival offre una selezione,
scelta tra le circa 130 opere presentate, di videoarte, opere sperimentali e
nuove sceneggiature, gettando uno sguardo sul cinema cubano del terzo millennio.
Un oggetto dalle definizioni aperte e molto controverse, che in alcuni casi si
esprime attraverso metafore fin troppo prevedibili, rappresentando la
«mimetizzazione» di ferite generazionali insanabili. Spesso i registi cubani,
forse senza volerlo, si citano tra di loro, sovraesponendo l'immagine degli
anziani e dei niños indifesi (Pioneros para el comunismo) e mettendo in
scena versioni parodistiche del «jineterismo callejero» (il «rimorchio» di
strada a pagamento) e delle tante famiglie sfasciate in crisi, piene di «patrastos
y matrastas» (patrigni e matrigne), dove si litiga, si piange e poi finisce
quasi sempre con riconciliazioni a «tarallucci e vino», anzi, a «chismes, sexo,
tabaco y ron» (pettegolezzi, lussuria, tabacco e rum).
Come spogliarsi allora della «sindrome adottiva», di un eccessivo localismo -
buonismo (il discorso vale anche per il pluripremiato Viva Cuba
di J. Carlos Cremata Malberti, come per l'esilarante Perfecto Amor Equivocado
di Gerardo Chijona)?
Come riuscire a spaziare di più, esplorando territori drammaturgici di maggiore
respiro, scavalcando il muretto di quell'immaginaria «terrazza con vista sullo
stretto della Florida», ovvero il Malecón Avanero?
Confidiamo nell'istinto autoliberatorio della «vecchia guardia» e
nell'indiscutibile creatività delle nuove leve come Pavel Giroud, Lester Hamlet,
Esteban Insausti (Tres Veces Dos), Arturo Sotto. Il promettente Arturo
Infante (Utopia), il caustico e trasgressivo Eduardo del Llano (Monte
Rouge) e molti altri preparati autori che, armati delle loro videocamere
digitali, sono
impazienti di raccontare nuove storie.
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