CITTA' DEL
VATICANO - I rapporti diplomatici tra Santa Sede e Cuba, lo stato di salute
del lider maximo, le opinioni personali di Fidel Castro su Benedetto XVI:
Raul Roa-Kouri è da due anni ambasciatore di Cuba presso la Santa Sede. Una
posizione delicata che porta a smussare gli aspetti più spinosi, a
cominciare dalla libertà religiosa, problema inesistente per l'ambasciatore,
secondo il quale "il governo non pone ostacoli alla Chiesa". Eppure, in
passato, lo stesso Roa-Kouri si era scontrato con i vescovi dell'isola, dopo
aver rilasciato il 3 settembre del 2005 un'intervista all'agenzia italiana
Asca. Una volta elogiato Ernesto Che Guevara, il diplomatico aveva accusato
i vescovi, a suo dire vicini agli Stati Uniti e agli esuli cubani, a
differenza dei sacerdoti e del clero. Parole che furono commentate con
durezza dal cardinale Jaime Ortega, arcivescovo de L'Avana e presidente
della conferenza episcopale, che definì l'insinuazione dell'ambasciatore a
dir poco oltraggiosa.
Come sono oggi i rapporti tra
Chiesa e governo cubano?
“Il governo non pone ostacoli alla Chiesa: anzi la sta aiutando nella
costruzione di un nuovo seminario, il terzo nel Paese. C’è un rapporto di
dialogo. Nel nostro Paese c’è libertà religiosa e questo non è un problema.
Ci sono altre questioni, come quella dell’educazione cattolica. Secondo la
nostra Costituzione, l’istruzione è un diritto-dovere dello Stato e non ci
possono essere scuole private. Non è stata una misura contro la Chiesa
cattolica, ma a Cuba l’educazione è pubblica, gratuita, fino all’Università.
Certamente, il catechismo è affidato alla Chiesa, non c’è alcun dubbio.
Questo rapporto di dialogo fra Chiesa e Governo continua anche con Raul".
E sul fronte delle relazioni
diplomatiche con la Santa Sede? Su quali fronti può esserci collaborazione?
“Abbiamo avuto 70 anni di relazioni diplomatiche ininterrotte. L’anno
scorso, c’è stata una spinta al dialogo fra Conferenza episcopale e Governo.
Certamente, ci sono sempre alcuni aspetti da discutere, però il dialogo va
avanti. I contatti sono diventati più fluidi. Recentemente ho avuto modo di
incontrare il cardinale dell’Havana, Jaime Ortega, e ho potuto costatare che
c’è un dialogo serio e continuo. I rapporti con la Santa Sede sono rapporti
normali che si sviluppano sempre più con il tempo. Ho ricevuto
un’accoglienza molto simpatica da parte del Vaticano. I temi più importanti,
a parte quelli che riguardano i rapporti Stato-Chiesa a Cuba, preoccupano
tutti: il tema della pace, la lotta al terrorismo internazionale, il fatto
che la via militare non è la migliore per combattere il terrorismo. Anche il
dialogo interreligioso. C’è a Cuba la volontà del dialogo ecumenico tra
Chiesa cattolica e le altre fedi, soprattutto protestanti, ebrei. Un altro
tema di collaborazione tra Vaticano e Cuba è quello della lotta alle
pandemie, soprattutto all’Aids. A Cuba abbiamo un istituto di malattie
tropicali molto buono e conosciuto".
Dovendo fare un bilancio personale,
quali sono le attività svolte in questi due anni di missione in Vaticano?
“È un incarico molto interessante che non mi sarei mai immaginato di
ricoprire. Lavoro in diplomazia dal 1959, abbastanza tempo, credo che questa
sarà la mia ultima missione. È un posto sui generis, diverso da tutti gli
altri perché non è una ambasciata presso un altro Stato, ma presso la Santa
Sede. Certamente, la Santa Sede è anche un altro Stato, ma c’è il capo della
Chiesa cattolica. Ho presentato le Lettere Credenziali a papa Giovanni Paolo
II e sfortunatamente è morto pochi mesi dopo. Non ho potuto avere un
rapporto forte con lui. Ma già l’avevo conosciuto nel 1979 quando è venuto
all’Assemblea Generale delle Nazioni Uniti, ero là come ambasciatore. Mi
impressionò molto il suo discorso: fu un discorso molto importante, ben
accolto dall’Assemblea Generale. Ricordo che gli parlai in inglese e mi
rispose: ‘Perché mi parli in inglese? Io parlo lo spagnolo’. È stata per me
un’esperienza interessante arrivare in Vaticano e avere la fortuna di essere
presente negli ultimi mesi del pontificato così lungo di Giovanni Paolo II.
E poi sono stato presente per l’elezione di Ratzinger. Ho vissuto così il
momento del passaggio tra i due pontefici”.
Cosa è cambiato con il nuovo papa?
“L’elezione di Benedetto XVI ha portato dei cambiamenti: il nuovo segretario
di Stato, il nuovo ministro per gli affari esteri, e poi i cambiamenti nei
dicasteri vaticani. Questo periodo è stato quindi anche di conoscenza. Avevo
conosciuto il cardinale Bertone durante la sua visita a Cuba qualche mese
fa, prima di diventare Segretario di Stato. In quell’occasione incontrò
anche il presidente Castro. Anche Martino è stato a Cuba recentemente per
presentare il compendio della dottrina sociale della chiesa. Credo che il
viaggio sia stata un’occasione interessante anche per loro, per conoscere la
realtà di Cuba, la Chiesa locale, gli intellettuali locali. Inoltre, a Cuba
ci sono circa 80 congregazioni ecclesiastiche e ho dovuto conoscere anche i
superiori di questi ordini. Ho avuto bisogno di tempo. Ho conosciuto quasi
tutti i superiori".
Cosa pensa Fidel Castro di
Benedetto XVI?
“Fidel Castro non conosce personalmente Benedetto XVI ma ha detto di aver
visto nel suo sguardo un uomo buono. Ha letto l'enciclica Deus caritas est,
e i suoi discorsi. Il presidente Castro aveva un profondo rispetto e
ammirazione per Giovanni Paolo II. Erano molto legati. Con Papa Ratzinger,
invece, non c'è stata occasione di un incontro personale. Tuttavia, al
cardinale Tarcisio Bertone in visita a Cuba, il lider maximo disse: ‘Porti
il mio invito al papa. Lo aspettiamo a Cuba".
Pensa che un viaggio sarà
possibile?
“Non c’è un invito formale. Dipende dal papa. Se lui vorrà, certamente sarà
il benvenuto sia per il governo, che per la Chiesa, che per il popolo. So
anche che Benedetto XVI pensa di viaggiare poco. Purtroppo non è stato
eletto alla stessa età di papa Wojtyla”.
Tornando alla vita politica di
Cuba, cosa dice delle reali condizioni di salute di Fidel Castro?
“Fidel Castro sta meglio, so che potrà tornare a svolgere le sue funzioni, è
fuori pericolo e non è vero, come dicono i servizi americani, che ha un
cancro e sta per morire. Castro è stato operato, ha avuto un periodo di
recupero abbastanza lungo. Lui pensava già di essere totalmente guarito ad
inizio dicembre. Ma continua la fase di recupero, a fare esercizi, ha
recuperato anche il peso perchè aveva perso più di venti chili. C'è anche da
dire che quella che ha subito è stata un'operazione piuttosto pesante. Ma
ora sta bene”.
Tornerà alla guida del Paese?
“Non so quando potrà tornare, ma dicono che si sta preparando. Castro non
vuole fornire informazioni sul suo stato di salute per un problema di
sicurezza nazionale, soprattutto verso l'unico nemico dell'indipendenza
cubana, cioè gli Stati Uniti”.
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