LE DONNE NELLE FORZE

 ARMATE RIVOLUZIONARIE  

Fiori verde ulivo. Circa il 20% degli ufficiali dell’esercito  cubano sono donne

 

GUSTAVO BECERRA  - speciale per Sí por Cuba - 1 maggio 2006


 

Dal 1959 le donne cubane fanno parte dell’avanguardia che ha portato avanti il processo di trasformazioni sociali della Rivoluzione. Non è un caso chele donne  costituiscono il 70% della forza tecnica dell’Isola.

 

Le cubane hanno avuto molto a che cedere con il Trionfo rivoluzionario, lottando dapprima contro la sanguinaria dittatura di Fulgenzio Batista della clandestinità e poi sulla Sierra Maestra. Donne emblematiche come Celia Sánchez, Aydeé Santamaría, Vilma Espín, Melba Hernández…  

 

Oggi non esiste settore senza le cubane, compreso l’esercito, nel quale hanno raggiunto una presenza del 20% tra gli ufficiali; la maggioranza entra molto giovane nelle scuole militari a livello pre-universitario integrato al sistema nazionale d’educazione. Questi alunni a cuba sono chiamati “Camilitos” perchè la scuola è dedicata al Comandante Camilo Cienfuegos, scomparso in un incidente aereo al principio della Rivoluzione.

 

La  Costituzione della Repubblica di Cuba sancisce questo diritto conquistato già da 45 anni e permette alle donne l’accesso, secondo i meriti e le capacità, in  tutti i ruoli e impieghi dello Stato, come in tutte le gerarchie delle Forze Armate Rivoluzionarie – FAR- della sicurezza e dell’ordine interno.

 

Inoltre sono state adottate misure speciali per garantire il diritto delle donne a partecipare alle attività della difesa, come militari professioniste, per un periodo di due anni, o nelle Milizie delle Truppe Territoriali MTT o le Brigate della Produzione e Difesa. Nelle MTT, organizzazione armata che risponde alla dottrina della guerra di tutto il popolo, le lavoratrici, le donne di casa, le intellettuali e le studentesse costituiscono circa il 50%.

 

Le donna con il rango militare più alto nelle FAR è la Generalessa di Brigata Delsa Puebla, conosciuta affettuosamente come Tetè Puebla, deputata della Assemblea Nazionale e membro dell’ Associazione dei Combattenti della Rivoluzione.

 

 

 “DIRIGIRE GLI UOMINI NON È UN COMPITO  FACILE”

 

 

Yaíma Torres Sánchez     cinque anni fa decise di lasciare la natale Pinar del Río,  con l’obiettivo di incorporarsi al Servizio Militare Volontario Femminile. Oggi a  25 anni è capo di un sottogruppo di una unità dei truppe speciale.

 

“La mia missione è educare il combattente e vegliare che compia i suoi doveri. Dirigere uomini non è facile, ma tra di noi vige un assoluto rispetto”, ha dichiarato la giovane a Granma l’8 marzo scorso.

 

Sulla sua camicia si possono vedere diverse decorazioni concesse dalle FAR tra le quali quella di combattente per la produzione e la difesa e quella dei servizi speciali. Inoltre è istruttrice di arti marziali.

 

Un’altra giovane ben truccata con la sua uniforme verde olivo impeccabile, Yatnirros Martínez, è cadetta di 22 anni e ha detto a un giornalista della BBC:

 

“ Nel nostro paese noi donne possiamo appartenere alle forze armate e questo è sempre stato il mio sogno”.

 

La maggiore Lucilla Hernández Bernal di una piccola unità della difesa antiaerea dell’Esercito Centrale, opera da 15 anni nelle FAR e sostiene che ci sono molte donne in questa Patria, che dirigono posti chiavi della difesa e altre centinaia di migliaia disposte a stare in avanguardia se gli Stati Uniti decidessero di attaccare l’Isola. 

 

Io insegnavo in una scuola  media e sono entrata nella vita militare con il detto Servizio Volontario Femminile. Ho seguito dei corsi: sono entrata come capo di plotone, poi mi hanno nominato sottotenente, poi capitano... adesso sono maggiore. 

 

 

UNA DONNA  INTERNAZIONALISTA

 

 

La presenza femminile non è certo mancata nelle  innumerevoli missioni internazionaliste, anche in quelle militari, che hanno contribuito alla causa liberatrice dei popoli nel mondo e soprattutto in Africa.

 

Aracely Careaga è un esempio: 30 anni fa comandava una compagnia femminile che il Governo Rivoluzionario mandò in Angola. Alla fine del ‘75 Aracely fu selezionata dalla Federazione delle Donne Cubane assieme ad altre 134 compagne per andare in Africa e combattere contro le truppe razziste del Sud Africa. Allora era membro della Segretaria Nazionale dell’organizzazione femminile e fu una sfida, un onore e un impegno.

 

Per 30 giorni si addestrarono con rigore di veri soldati nella scuola “Interarma Antonio Maceo”. Furono preparate in fanteria, tiro in combattimento, addestramento per le situazioni di guerra, in topografia e sanità militare. Poi giunse la partenza. 

 

La strada per l’aeroporto sembrò a  tutte più lunga dell’abituale. Tre ragazze tra le quali Aracely incontrarono Vilma Espín, presidentessa della FMC, che era andata a salutarle e con sorpresa di tutte le ricondusse in città dove le aspettavano Fidel e Raul Castro. Dopo una spiegazione dettagliata del Capo della Rivoluzione sulla situazione della guerra e lo stato della missione che dovevano compiere,  quel volo partì per Luanda. 

 

“Gli uomini cercavano di proteggerci, ma noi eravamo esposte al pericolo in ogni momento e in ogni luogo: eravamo in un paese in guerra”, racconta Aracely.

 

Le donne furono sistemate nella sede della Missione Militare di Luanda, nelle Unità dei fronti nord, sud, est e nella regione di Cabinda.

 

Sparse nella geografia dell’Angola, moltiplicarono i risultati del loro lavoro compiendo molte missioni. Quando si firmarono gli accordi di pace con l’Africa del Sud, nel marzo del 1976, le dirigenti della FMC si dedicarono a fare le consulenti per l’Organizzazione delle Donne Angolane, OMA.

 

Tra il 1982 e il 1984 Aracely andò in Angola altre  volte: una per lavorare all’organizzazione del primo congresso della OMA, su richiesta delle donne angolane e poi a compiere missioni civili nell’ambasciata cubana.

“Ho imparato molto dalle donne africane dal loro spirito di lotta, ma ho anche imparato dalle mie compagne che hanno dimostrato d’essere disciplinate, coraggiose e sensibili. Nel 1991, quando le truppe si ritirarono definitivamente, mi hanno invitato di nuovo”.

 

Le compagne angolane la consideravano una parte del loro gruppo. Ricordando quella tappa Aracely sottolinea che il maggior privilegio è stato rappresentare le m¡gliaia di cubane che erano disposte a compier qualsiasi missione che fosse stata loro assegnata in Africa.

 

Aracely non è più la ragazza di 30 anni fa: ha i capelli bianchi e custodisce ricordi e aneddoti di quelle che furono e che sono le donne combattenti cubane.