GUANTANAMO
Quattro anni di
troppo: il caso di Jumah al-Dossari (tratto dal sito di Amnesty)
21 febbraio 2006
La cattura e l'arrivo a Guantánamo
Jumah Mohammed Abdul-Latif al-Dossari è stato arrestato in Pakistan alla fine
del 2001 e trattenuto per diverse settimane dalle autorità di quel paese. In
seguito è stato prelevato da agenti Usa e trasportato in aereo nella base di
Kandahar, Afghanistan. Durante il volo è rimasto ammanettato, con le mani dietro
la schiena, e incatenato. Quando ha protestato per il dolore, è stato preso a
calci e pugni nello stomaco, facendogli vomitare sangue. Al-Dossari è rimasto
nella base aerea di Kandahar per circa due settimane, in una tenda gelida che
ospitava anche altri detenuti e con un secchio come toilette. È stato
interrogato svariate volte e torturato (i segni sono ancora visibili). Nel
gennaio 2002, è stato trasferito con un volo militare Usa a Guantánamo Bay. Per
tutto il tempo del viaggio, è rimasto incatenato alla struttura interna del
velivolo ed è stato costretto a indossare cuffie e occhiali da lavoro con le
lenti annerite. Anche in questo caso, ha protestato ed è stato picchiato. In
seguito, gli sono state date delle pillole per farlo dormire. Dopo molte ore,
l'aereo è atterrato in una località ignota e al-Dossari è stato trasferito su un
altro velivolo che si è diretto a Guantánamo Bay. Inizialmente, il prigioniero è
stato messo nel campo X-Ray e lasciato ammanettato in una cella frequentemente
visitata da topi, serpenti e scorpioni. In seguito, è stato spostato nel campo
Delta, dove è rimasto in totale isolamento anche per cinque mesi consecutivi.
La tortura
"Gli prese la faccia e la fece sbattere contro il pavimento di cemento. C'era
sangue dappertutto. Poi lo portarono via dalla cella e aprirono il tubo
dell'acqua. La cella era piena di acqua mescolata al sangue. Lo abbiamo visto
tutti..."
"L'uomo si tolse lo scudo, si levò l'elmetto e, quando la porta fu aperta, prese
la rincorsa e diede una ginocchiata proprio tra le scapole di Jumah. Quell'uomo
pesava oltre un quintale."
(testimonianze di ex detenuti di Guantánamo sulle torture inflitte ad al-Dossari)
Al-Dossari afferma di essere stato torturato sia a Kandahar che a Guantánamo.
Nella prigione afgana la tortura era sistematica; in un caso, ha vomitato e poi
è svenuto. Secondo quanto ha denunciato:
- i soldati Usa urinavano sui detenuti e spegnevano sigarette sulla loro pelle;
- un soldato lo ha spinto con la faccia a terra mentre altri colleghi gli
camminavano sopra;
- è stato preso a calci in faccia e colpito a un occhio con un oggetto che non è
riuscito a identificare;
- è stato costretto a camminare a piedi nudi sul filo spinato e gli hanno spinto
la faccia a terra su un pavimento pieno di vetri rotti;
- è stato sottoposto a scariche elettriche;
- i soldati Usa gli hanno sputato addosso e lo hanno minacciato di morte.
A Guantánamo, al-Dossari afferma che:
- durante gli interrogatori veniva incatenato, minacciato di stupro, di morte e
di uccisione dei suoi familiari e regolarmente picchiato;
- nel corso di un interrogatorio è stato avvolto in bandiere israeliane e
statunitensi e gli è stato chiesto cosa pensasse della politica degli Usa verso
Israele. Un addetto all'interrogatorio ha preso una copia del Corano, l'ha
gettata a terra, l'ha calpestata e ci ha urinato sopra. Un funzionario dell'Fbi
presente a Guantánamo ha scritto in un rapporto di aver visto un detenuto
avvolto in una bandiera israeliana durante un interrogatorio;
- è stato costretto ad assistere a scene di sesso tra i secondini e gli è stato
proposto di fare sesso con le donne in cambio della sua collaborazione negli
interrogatori;
- è stato brutalmente picchiato dalla Forza di risposta rapida. I soldati hanno
più volte sbattuto la sua testa contro il pavimento fino a quando ha perso
conoscenza. Alla scena hanno assistito tre detenuti, i quali affermano che
l'episodio è stato ripreso con una telecamera.
In un libro intitolato "Inside the wire", un ex soldato dell'intelligence Usa
racconta di aver visto il volto di al-Dossari sfigurato, nero e blu, diversi
giorni dopo il pestaggio. Nel rapporto di un agente dell'Fbi che intervistò il
prigioniero poco tempo dopo, si legge che al-Dossari "aveva una ferita recente
sul naso", di cui porta ancora oggi segni evidenti.
La detenzione al
campo 5
"Mi spiega come posso non diventare pazzo?" (al-Dossari al suo avvocato)
Nel mese di maggio del 2004, al-Dossari è stato trasferito al campo 5, una
struttura concepita sul modello delle "prigioni di super-massima sicurezza"
degli Usa, dove si trova tuttora. Il prigioniero rimane anche 24 ore su 24 in
una cella d'isolamento di cemento. La luce rimane costantemente accesa, così
come dei grandi e potenti ventilatori il cui rumore volutamente impedisce ai
detenuti di comunicare da una cella all'altra. Al-Dossari può fare esercizio
fisico solo un'ora - talvolta ridotta della metà - alla settimane, da solo in un
piccolo recinto. L'acqua nella cella è gialla e puzza di immondizia. In
un'occasione, il prigioniero vi ha trovato dei vermi. Solo da poco, gli viene
fornita una bottiglia d'acqua al mese (secondo alcune fonti, dopo lo sciopero
della fame del luglio scorso, ai detenuti vengono fornite tre bottiglie al
giorno). Il cibo è scarso rispetto agli altri campi e ogni tanto risulta
avariato. Al-Dossari viene interrogato con regolarità e minacciato di essere
trasferito alla base aerea di Bagram, Afghanistan, dove gli viene detto che il
trattamento è persino peggiore di quello di Guantánamo. A seguito delle torture
e della prolungata detenzione (in isolamento da oltre un anno), al-Dossari è in
uno stato di grave sofferenza sia fisica che psicologica. Negli ultimi due anni
ha avuto problemi di cuore e dolori e insensibilità al braccio sinistro. Soffre
di vertigini, dolori ai denti e disturbi alla vista.