New York 15 giugno 2006 - F.Pantarelli www.ilmanifesto.it

 

 

GUANTANAMO «Lo chiuderei».Dopo i suicidi Bush risponde alle pressioni dell' Onu. «Ma là dentro ci sono detenuti pericolosi»

 

 

Di ritorno da Baghdad, George Bush si è presentato ieri nel Giardino delle rose della Casa bianca per continuare a «cogliere il momento» della morte di al Zarqawi in funzione elettorale. Poche ore prima il suo stratega Karl Rove, fresco di «assoluzione» nell'inchiesta del Cia-gate, era nel New Hampshire per dare la linea ai galoppini repubblicani del luogo. L'argomento principale da lui suggerito: sarebbero stati capaci i democratici di trovare la volontà di uccidere Mr. Zarqawi? Bush sperava di fare altrettanto e infatti sia nel pistolotto iniziale, sia rispondendo poi alle domande dei giornalisti, si è profuso in grandi elogi per il governo iracheno finalmente completato, ha annunciato l'operazione forward together, avanti insieme, destinata a ripulire le zone di Baghdad controllate dagli insurgent e ha cercato di fare apparire il pantano iracheno un po' meno melmoso. La tecnica sempre la stessa: una frasetta per precisare che «non siamo ancora al punto di svolta, ci aspettano ancora giorni difficili» e tante parole per dare la sensazione esattamente opposta.
Poi però qualcosa è successo. Da zone lontane dal Giardino delle rose hanno cominciato ad arrivare notizie dalle quali si deduceva che il resto del mondo era molto meno impressionato di Bush dalla «svolta positiva» celebrata dal suo viaggio semi-clandestino in Iraq. Da Ginevra, gli esperti dell'Onu che già avevano chiesto la chiusura di Guantanamo erano tornati sull'argomento alla luce del suicidio dei tre detenuti, dicendo che «era in buona parte prevedibile date le dure e prolungate condizioni di detenzione» e rinnovando la richiesta della «chiusura urgente» di quel carcere; il presidente della Commissione europea Barroso, commentando il voto unanime dell'altro ieri a Strasburgo contro Guantanamo se n'è detto «fiero» e anche Massimo D'Alema, alla vigilia del suo viaggio a Washington, ha annunciato che farà presente la «preoccupazione europea» per ciò che accade a Guantanamo.
Insomma gli Usa, lungi dall'essere quelli che «portano la democrazia in Iraq e nel Medio Oriente» ormai sono soprattutto «quelli di Guantanamo».
Bush non si tira indietro e impapocchia una risposta. «Anch'io - dice - voglio chiudere Guantanamo» perché «non c'è dubbio, Guantanamo manda, come dire, un segnale ad alcuni dei nostri amici... fornisce loro una scusa, per esempio, di dire: gli Stati Uniti non rispettano i valori ai quali vogliono fare aderire altri paesi». Una scusa?, si guardano l'un l'altro i presenti. Ma prima che qualcuno possa interloquire Bush va avanti: «La mia risposta è... è che noi siamo una nazione di leggi», un po' azzardata grammaticalmente ma efficace per quelli che stanno seguendo la conferenza stampa alla tv. Il problema, prosegue Bush, è che fra i detenuti di Guantanamo «ci sono persone che sono dannatamente pericolose», senza spiegare chi siano, di cosa siano accusate, perché in tre anni non siano state distinte da quelle che pericolose non sono, per non parlare del fatto che la stragrande maggioranza di quei detenuti - il 95%, stando ai documenti dello stesso Pentagono - non sono stati «catturati» in Afghanistan ma sono stati «comprati», nel senso che sono stati consegnati dai cacciatori delle generose taglie che gli americani, nei giorni seguenti il loro arrivo in Afghanistan, offrivano.
Per arrivare a un processo «stiamo aspettanto una sentenza della Corte Suprema», spiega ancora Bush.
In realtà quello che la Corte Suprema sta esaminando (la sua conclusione è prevista entro luglio) è il caso di Salid Ahmed Hamdan, indicato come un ex autista di Osama bin Laden e uno dei dieci detenuti (su 490) a essere stato rinviato al giudizio di un tribunale. Non un tribunale normale, però, ma militare. I suoi avvocati hanno contestato la cosa e la Corte deve appunto decidere fra tribunale militare e civile (ma c'è anche la possibilità che si dichiari incompetente). E' chiaro comunque che se la Corte Suprema dovesse decidere che il tribunale giusto è quello civile, per l'intera popolazione carceraria di Guantanamo cambierebbe tutto perché l'accusa, cioè il governo, non potrebbe più nascondersi dietro la «sicurezza nazionale» per evitare di produrre le «prove» della colpevolezza degli accusati.
Intanto, ieri, l'unica notizia proveniente da Guantanamo è stata che ai giornalisti arrivati lì dopo i tre suicidi è stato intimato di partire immediatamente, su un aereo appositamente organizzato. L'ordine è arrivato direttamente dall'ufficio di Donald Rumsfeld.