Nel
novembre 2002 quattro ufficiali del Ros hanno compiuto una missione
segreta a Guantanamo, per interrogare almeno sei detenuti nella prigione
speciale dell'esercito statunitense, senza alcuna autorizzazione della
magistratura italiana. Lo ha rivelato un capitano dei carabinieri di
Torino che, dopo aver partecipato a quella «spedizione autorizzata dal
comandante del Ros, generale Ganzer», ha testimoniato ieri in corte
d'assise nel processo contro tre marocchini arrestati nel 2005 per
terrorismo internazionale. Mentre il pm Elio Ramondini ammetteva
«sorpreso» che la Procura di Milano non ne aveva «mai saputo niente», i
difensori hanno tuonato contro «indagini inquinate».
«Finalmente c'è la conferma — dichiara
l'avvocato Sandro Clementi — che tanti investigatori italiani hanno
pescato informazioni da persone sottoposte a tortura giungendo a
legittimare la struttura illegale di Guantanamo». Subito anche l'altro
difensore, Luca Bauccio, chiede alla corte di chiamare a deporre il
generale Ganzer. Il pm Ramondini replica che Guantanamo «è fuori dal
processo: negli atti non ce n'è traccia». Dopo una breve camera di
consiglio, il presidente Luigi Cerqua dichiara già chiuso il caso
giudiziario: «Le testimonianze non sono ammesse perché riguardano
circostanze estranee al giudizio» e comunque «non hanno portato a
svolgere indagini contro gli attuali imputati».
Ma intanto il caso è diventato politico. Il
vicepresidente del Senato Milziade Caprili (Rifondazione) parla di
«fatto inaudito e gravissimo» e chiede a «Prodi e Parisi» di «riferire
subito in Parlamento» su una missione «incostituzionale». Luigi
Malabarba, l'ex parlamentare comunista filo-Pollari, ricorda che un
altro capitano del Ros (Ludwig) aiutò la CIA a sequestrare Abu Omar e
conclude: «Se i vertici di carabinieri e polizia hanno autorizzato
interrogatori extra legem nel lager di Guantanamo, devono dimettersi».
Mentre l'ex presidente Cossiga rinfaccia alla Digos di Milano (che ha
inquisito CIA e Sismi) di aver fatto «colloqui investigativi a
Guantanamo nel luglio 2002». Quella missione però non era segreta: due
funzionari della Digos furono autorizzati dai magistrati a verificare se
tra i detenuti di Guantanamo, catturati nel 2001 in Afghanistan, ci
fossero davvero dieci immigrati che alla nostra polizia risultavano
reclutati in Italia.
Su quella trasferta a «Camp Delta» aveva
deposto pubblicamente il vicequestore Bruno Megale: i colloqui con i
prigionieri rimasero fuori dal processo, ma il «riconoscimento fisico»
fu considerato valido anche dalla Cassazione, che ha confermato tutte le
condanne (fino a 8 anni) contro la «cellula di viale Jenner». Il nuovo
processo ora riguarda l'ex imam e due ex tesorieri della moschea di
Varese. L'inchiesta, nata nel 2002 a Torino, è finita a Milano per
competenza. «Andammo a Guantanamo per cercare notizie sul rischio di
attentati in Italia — ha testimoniato il capitano del Ros —. Non
riferimmo nulla all'autorità giudiziaria. Fu la prima e unica trasferta
del Ros a Guantanamo, dove però erano già stati poliziotti italiani,
francesi, tedeschi, svizzeri e spagnoli». «Solo un detenuto si fece
interrogare — ha aggiunto —: di quei colloqui informali prendemmo
appunti, ma nulla fu riversato nel processo». Soltanto «dopo la
spedizione a Guantanamo», ne furono «avvisati in via informale i pm
Tatangelo e Ausiello», che però, ha concluso il teste, «hanno fatto
finta di non sapere».
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