3 dei quasi 600 prigionieri USA a Guantanamo si sono suicidati. Sarà poi così ? C’è ancora chi riesce a credere a tutto ciò che dicono il Pentagono e la Casa Bianca? Non saranno piuttosto deceduti a causa dalle torture - che a Guantanamo sono un mezzo usuale per ricavare “preziose informazioni” - spinte oltre ogni limite di sopportazione umana? Il comandante del campo, il contrammiraglio Harry Harris, ha dichiarato che le morti non sono “un gesto di disperazione ma un atto di guerra”. Sic. “Chapeau” agli USA per l’ “uomo giusto al posto giusto”. Per fortuna Amnesty International condanna senza mezzi termini, gli Alleati - e anche sempre piu’ numerosi Deputati USA - insistono nel chiedere la chiusura del famigerato carcere. Per fortuna G.W. Bush si è detto “preoccupato” e ha chiesto un trattamento “umano” delle salme. Sic.
Nessuno però, almeno a livello di chi fa opinione, si chiede mai cosa facciano gli USA con una base in terra cubana, neppure da quando è stata trasformata in un vero e proprio carcere “speciale” e campo di torture! Nemmeno in Svizzera, uno dei pochi paesi al mondo a non avere mai avuto - che fortuna ! - nessuna base militare di paesi terzi sul suo suolo.
Gli USA misero gli occhi su Cuba all’inizio del 19esimo secolo rendendo pubblico l’obbiettivo di impadronirsene per la strategica posizione geografica. Negli anni tra il 1805 e il 1810 gli USA proposero di comperare (si, una proposta di compra-vendita !) Cuba agli Spagnoli che l’avevano colonizzata. Questi rifiutarono. Nel 1823 il segretario di Stato USA John Quince Adams annunciò che Cuba “sarebbe irrimediabilmente caduta nelle mani nordamericane nel momento in cui non fosse più stata una colonia spagnola”. Nello stesso anno il presidente USA James Monroe adottò la famosa dottrina che avvertiva le potenze europee che “l’America è riservata unicamente ed esclusivamente ai Nordamericani”. Nell’aprile del 1898 il Congresso USA approvò una risoluzione che favoriva l’intervento nordamericano nel conflitto spagnolo - sudamericano. Il 16 luglio 1898 ci fu la capitolazione degli Spagnoli e il 10 dicembre dello stesso anno fu firmato il “trattato di Parigi” che consegnò agli USA Puerto Rico, Le Filippine e Guam. Cuba venne indicata come “territorio speciale” nel quale gli USA si sarebbero installati dopo la pacificazione. Gli USA non persero tempo e col generale Wood in testa, convocarono a Cuba un’Assemblea costituente incaricata di redigere la Carta magna della futura repubblica, esercitando forti pressioni (per i Cubani, il tristemente famoso emendamento Platt) che incidevano sulla sovranità nazionale e ne limitavano l’autodeterminazione. La clausola 3 dell’emendamento Platt riservava il diritto agli USA di intervenire per “preservare l’indipendenza” di Cuba e sostenere un Governo “adeguato” ai loro interessi. La clausola 7 obbligava Cuba a cedere zone del suo territorio per lo stabilimento di basi navali, civili e militari.
L’8 novembre 1902 il Governo USA sollecitò “a carattere perpetuo” l’affitto di alcune zone atte a divenire basi navali. Una violenta reazione popolare cubana fece sì che gli USA si concentrarono su una sola base: Guantanamo. Dopo lunghi negoziati, il 10 dicembre 1903 gli USA presero possesso del territorio corrispondente all’attuale base di Guantanamo impegnandosi a pagare allo Stato cubano un affitto annuo pari a circa 4.100 dollari odierni. La somma, non indicizzata, non fu mai adeguata ai cambiamenti monetari e ancora oggi viene versata dagli USA tale e quale. Cuba, paese con una sua dignità, dalla vittoria della Rivoluzione (1959) respinge al mittente il denaro considerando la base militare USA di Guantanamo “un pugnale piantato nel cuore della terra cubana”.
Cuba ha chiesto più volte l’annullamento del contratto e l’allontanamento della base USA. Gli USA hanno sempre risposto picche. Eppure “ogni Stato, Comunità e prima di tutto ogni persona responsabile e convinta che l’autentica umanità tra le nazioni e i popoli può esistere solo se c’ è giustizia, deve chiedere, in nome della giustizia, che gli USA abbandonino Guantanamo senza condizioni. Subito!” recita ed esorta un Manifesto firmato da personalità quali Rigoberta Menchú, Adolfo Pérez Esquivel, Nadine Gordimer e Noam Chomsky.